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Abitare l’inquietudine del tempo

Se la teologia osasse “pensare le onde”, chiunque ci abita in mezzo, purché non abbia ostilità preconcette, la sentirebbe amica, forse interlocutrice.


Un articolo potente. È questo che ho pensato leggendo il testo che padre Antonio Spadaro, sottosegretario del Dicastero per la cultura e l’educazione, ha pubblicato su Avvenire del 19 gennaio (qui). Mi ha riguardato.

Spadaro parte dalla velocità dei cambiamenti che caratterizzano il mondo d’oggi: non sembra proprio che ci indichino un’epoca di cambiamenti, ma un cambiamento d’epoca. I cambiamenti che avvengono Spadaro li definisce rapidi; e spiega che “nell’aggettivo rapido si trova la radice del rapire, cioè afferrare, trascinar via”. Rapidus, ci ricorda con Calvino, non è ciò che è veloce, ma ciò che rapisce, trascina, travolge. Basta l’esempio della corrente elettrica, della luce, e del suo effetto sulle nostre giornate per capire. A questo punto del suo testo che spiega perché serva una “teologia rapida”, sostiene che occorra attraversare questo tempo rapido. E richiama il noto passaggio evangelico di Gesù che tra venti e onde paurose invita gli apostoli a passare all’altra riva. Qui interviene la prima osservazione del lettore, credente o non credente non credo che cambi molto....

La riflessione di Cristiano Riccardo continua a questo link:

https://www.settimananews.it/societa/abitare-inquietudine-del-tempo/?utm_source=newsletter-2025-01-21

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