Una delegazione del governo militare birmano è arrivata in Bangladesh per discutere i termini di un ambizioso quanto controverso piano di rimpatrio dei Rohingya, la minoranza islamica oggi ritenuta come “il popolo più perseguitato al mondo”. I funzionari hanno raggiunto l’area di Cox Bazar, dove ha sede il più grande campo profughi al mondo.
Vivere in uno slum da anni, senza garanzie né prospettive, per scappare da un luogo dove lo stesso diritto alla vita è messo a rischio dalle autorità che lo governano. In un giorno diverso, un governo diverso - ieri il governo di Aung San Suu-Kyi, oggi la giunta militare - viene a bussare alle porte della baraccopoli per chiedere il ritorno di centinaia di migliaia di persone che si trovano lì per lo stesso motivo: fuggire le persecuzioni e l’invisibilità civile. È quanto accaduto lo scorso 15 marzo, quando una delegazione del governo militare birmano è arrivata in Bangladesh per discutere i termini di un ambizioso quanto controverso piano di rimpatrio dei Rohingya, la minoranza islamica oggi ritenuta come “il popolo più perseguitato al mondo”. I funzionari hanno raggiunto l’area di Cox Bazar, dove ha sede il più grande campo profughi al mondo. Qui, stando ai dati della sede bangladese dell’Agenzia ONU per i rifugiati (UNHCR), i rifugiati Rohingya sarebbero almeno 958 mila. Quasi l’intera popolazione un tempo residente in Myanmar. La stessa agenzia non cita apertamente la visita della delegazione birmana e il progetto pilota in questione, ma a un certo punto è comparso un avviso di fermo temporaneo delle operazioni di registrazione dei documenti fino al 6 aprile.
Il reportage di Sabrina Moles continua a questo link:
https://www.valigiablu.it/rohingya-myanmar-bangladesh-rimpatrio/
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