Nel 1994, il Rabbino capo di Roma, il grande e indimenticabile Elio Toaff, pubblicava un libro-intervista, Essere ebrei, edito da Bompiani, nel quale rispondeva alle domande di Alain Elkann sul significato dell’identità ebraica. Un libro di grande importanza, che aiutava non solo gli ebrei a capire cosa fossero, o potessero o dovessero essere, ma anche tutti gli uomini a capire quale sia o possa essere la loro identità, e come essa si possa forgiare, trasmettere, trasformare, attraverso un continuo confronto con se stessi e col mondo esterno.
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Capire gli ebrei per capire sé stessi
Esattamente trent’anni dopo, viene oggi pubblicato un libro – frutto di un lungo percorso di investigazione e riflessione – di altrettanto interesse con il medesimo titolo. Come insegnano i saggi, la parola Adam è scomponibile in due sillabe, l’alef iniziale e il successivo dam, che vuol dire sangue. Gli uomini sono tutti uguali, perché hanno tutti lo stesso sangue rosso, ma sono anche tutti diversi, perché ognuno di loro è segnato da un unico e irripetibile alef. E ciò, ovviamente, vale anche per gli ebrei, quantunque inesorabilmente condannati, da una millenaria distorsione, a essere monoliticamente raggruppati nella immaginaria prigione di un’identità fissa, piatta e unica, che, tutti insieme, li accomuna e (spesso) li condanna: sono, dicono, pensano, fanno…
La recensione del libro continua a questo link:
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