Non viviamo soltanto in un’epoca di guerra ibrida: ci troveremo sempre più spesso a fronteggiare situazioni di «pace ibrida», che si trascineranno nel tempo
Si fa la guerra per raggiungere la pace: tutti – buoni e cattivi, aggressori e aggrediti – combattono per costruire un nuovo equilibrio, basato su accordi che consentano loro di ristabilire condizioni di convivenza migliori (o almeno accettabili). La pace, purtroppo, non è uno stato di natura, ma un compromesso tra volontà e interessi in conflitto; è dunque un «patto», termine che non a caso ha la stessa radice indoeuropea (*pak-s, *pak-tum). La sola eccezione è la resa senza condizioni, la debellatio, che mette la parte soccombente alla completa mercé dei vincitori: altrimenti bisogna parlarsi, trattare, arrivare a un accordo. Perché si possa stipulare un pactum sono necessarie non soltanto reciproca fiducia, ma la possibilità di controllare l’applicazione e il rispetto delle clausole. Tutto questo, negli ultimi decenni, è stato reso più difficile dalla forma «ibrida» assunta da molti conflitti....
L'analisi di Gastone Breccia è a questo link:
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