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Per il momento da Venerdì 30 maggio 2025 questo Blog sarà implementato solo con notizie ecclesiali della Parrocchia.  I Post con la proposta...

Il sacramento della riconciliazione non soddisfa i canoni dell’umanità del tempo

La catastrofe relativa alla fiducia dei fedeli nei ministri consacrati a causa dei loro abusi sessuali, di potere e di coscienza, e del loro successivo insabbiamento, richiede attualmente una revisione degli ambiti di esercizio dell’ufficio del ministero presbiterale. I cattolici e le cattoliche sono giustamente arrabbiati. Sono necessarie conversioni dello sguardo e del cuore. Ma servono soprattutto riforme istituzionali e procedurali.

Questo vale per il sacramento della riconciliazione. La confessione è uno strumento pericoloso. Lo è sempre stato, solo che in altri tempi non richiamava l’attenzione di nessuno il fatto che lo fosse. Attualmente, soprattutto quando la Chiesa vuole fare passi avanti nella sinodalità, è necessario valutare l’esercizio di questo sacramento; ma soprattutto occorre rivedere questo strumento in se stesso.

Il perdono è un aspetto chiave nel cristianesimo. Ma la Chiesa non ha un modo unico di offrirlo. Ad esempio, nella stessa Eucaristia ci sono almeno due momenti di perdono, all’inizio della Messa e quando i partecipanti si donano reciprocamente la pace. Le autorità ecclesiastiche fanno bene il loro lavoro quando esortano i cattolici a chiedere reciprocamente perdono; o quando fanno un appello per la riconciliazione nella società. Ma può ancora essere considerato normale il fatto che una persona debba rivelare la propria intimità ad un’altra? Non è davvero un’assurdità aspettarsi che una cristiana o un cristiano aprano il loro cuore a qualcuno?

È stato normale anni fa. Non lo è più oggi. Nella cultura odierna l’intimità delle persone è un aspetto della loro dignità umana. L’intimità deve essere condivisa solo in piena libertà. Si potrà dire che in quest’epoca ci si reca volontariamente da psicologi ai quali le persone raccontano tutto. Ma la natura dell’obbligatorietà in ambo i casi è molto diversa.
E se la confessione fosse assolutamente volontaria?

L'articolo di Jorge Costadoat S.J. a questo link:

https://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt202303/230306costadoat.pdf


Che cosa significa essere donna oggi?

È stato chiesto direttamente alle donne attraverso un sondaggio realizzato ad hoc per la Giornata Internazionale dei Diritti della Donna e questo è ciò che è emerso dalle loro risposte. 


Che cosa significa essere donna oggi? Ce lo chiediamo ogni giorno e ce lo siamo chieste a maggior ragione oggi, nella Giornata Internazionale dei Diritti della Donna. Per rispondere al quesito, avremmo potuto dilungarci in un excursus celebrativo delle infinite risorse di questo genere ingiustamente bistrattato o ci saremmo potute lanciare inun’invettiva contro la società patriarcale, denunciando le condizioni svantaggiate in cui le donne si trovano costrette a vivere. Entrambe due soluzioni valide, ma che sarebbero risultate asettiche e ridondanti. Per questo abbiamo deciso che era giunto il momento di coinvolgere le dirette interessate, lasciando che fossero loro a rispondere, ognuna attraverso la propria storia. Lo abbiamo fatto, lanciando un sondaggio ad hoc che in pochi giorni ha raccolto centinaia di testimonianze, talvolta differenti talvolta incredibilmente simili che, insieme, ci hanno permesso di ricostruire la realtà vissuta giornalmente sulla loro pelle. Una realtà cruda, ingiusta, difficile, da cui traspaiono rabbia e paure, ma anche tutta la forza e resilienza che occorrono oggi e da sempre per essere donne.


L'intero report di Jessica Genco a questo link:





Papa Francesco: dove ci sono donne la Chiesa cambia e va avanti

La donna «ha la capacità di avere tre linguaggi insieme: quello della mente, quello del cuore e quello delle mani. E pensa quello che sente, sente quello che pensa e fa, fa quello che sente e pensa. Non dico che tutte le donne lo facciano, ma hanno quella capacità, ce l’hanno. Questo è grandioso». Sono parole che Papa Francesco ha rivolto alla redazione di “Donne Chiesa Mondo” nell’udienza che si è svolta nella Sala dei Papi del Palazzo Apostolico.


L’occasione era data dal decimo anniversario dell’inserto mensile de L’Osservatore Romano e dal quarto anniversario, con il prossimo numero di maggio, dell’attuale comitato coordinato da Rita Pinci che, a nome di tutta la redazione, si è rivolta al Pontefice sottolineando la bellezza di fare squadra. 

Nel suo «breve ma intenso discorso», riferisce L’Osservatore Romano, Francesco ha confidato di leggere “Donne Chiesa Mondo” «fin da quando era coordinatrice la professoressa Scaraffia». «Sempre l’ho letto, perché mi piace, mi piace questa sfida che è già nel titolo», ha specificato. 

E poi ha aggiunto: «Le donne hanno una capacità di gestire e di pensare totalmente differente da noi e anche, io direi, superiore a noi, un altro modo. Lo vediamo in Vaticano, anche: dove abbiamo messo donne, subito la cosa cambia, va avanti.


L'intero articolo di Gianni Cardinale a questo link:

https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/francesco-dove-ci-sono-donnela-chiesa-cambia-e-va

Il tema della Giornata internazionale della donna 2023 è "DigitALL: innovazione e tecnologia per la parità di genere"

In vista della Giornata internazionale della donna, la Commissione europea e l'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza hanno rilasciato la dichiarazione sotto riportata

"In occasione della Giornata internazionale della donna, pensiamo alla resilienza e alla forza delle donne. alla loro determinazione nel combattere le ingiustizie, alla loro dedizione nei confronti degli altri, al loro instancabile impegno a favore dei cambiamenti.
Non solo oggi, ma ogni giorno, siamo al fianco di tutte le donne per dare un impulso sempre più grande ai loro diritti in tutto il mondo. Vogliamo che le donne possano perseguire senza ostacoli i traguardi che si prefiggono.

L'aumento a livello mondiale dell'oppressione nei loro confronti e degli episodi in cui si attenta ai diritti umani di donne e ragazze sono allarmanti.
Siamo al fianco delle donne in Iran, le cui libertà sono sistematicamente limitate, e in Afghanistan, dove i talebani stanno cercando di cancellare la presenza di donne e ragazze dallo spazio pubblico, nonché in qualunque posto del mondo in cui i diritti e le libertà fondamentali delle donne sono minacciati o negati.
Siamo inoltre estremamente preoccupati per le notizie secondo cui le forze armate russe utilizzano la violenza sessuale contro donne e bambini in Ucraina come arma di guerra. Tali azioni costituiscono crimini di guerra e i responsabili devono essere assicurati alla giustizia. Continueremo a collaborare con i nostri partner internazionali per far sì che la Russia paghi per queste atrocità.
Per rafforzare la responsabilità globale, l'UE ha appena adottato un pacchetto di sanzioni nei confronti degli autori di violenze sessuali e di genere.

Vi sono anche buone notizie. L'UE ha preso decisioni fondamentali per garantire che le donne nell'UE abbiano le stesse opportunità degli uomini; ad esempio, con le nuove norme dell'UE sull'equilibrio di genere nei consigli di amministrazione delle società o sulla trasparenza retributiva. Intendiamo inoltre stabilire norme dell'UE per combattere la violenza contro le donne e la violenza domestica
Occorre fare di più. Una reale parità di diritti è ancora lontana e sarà realizzata solo quando ci daremo tutti da fare per promuoverla e tutelarla, in Europa e nel mondo intero". 

 

La ferocia dei coloni israeliani ad Hawara non è uno shock ma la vita quotidiana dei palestinesi in Cisgiordania

Case bruciate, auto carbonizzate, alberi distrutti. C'è ancora un intenso odore acre nella città di Hawara, a nord della Cisgiordania. Per più di cinque ore, domenica scorsa, la furia dei coloni israeliani si è abbattuta armata di pistole, spranghe di ferro, pietre, taniche di benzina in uno dei più gravi episodi di violenza di massa commessi da loro negli ultimi anni, all'indomani dell'omicidio di Hillel e Yagel Yaniv, residenti dell'insediamento di Har Bracha, uccisi da un uomo palestinese.


«I coloni hanno attaccato la nostra casa, hanno sfondato le finestre, bruciato le auto e i camion di mio nipote. Hanno cercato di entrare nel mio autosalone e di dargli fuoco», ha raccontato a BBC News Abdel Nasser al-Junaidi, residente della cittadina che si trova a circa sei chilometri da Nablus.
«L'esercito non ha fatto nulla per difenderci. Ha sostenuto i coloni e li ha protetti. Gli spari provenivano sia dai coloni che da loro. Eravamo terrorizzati. È stato un attacco orribile e barbaro», ha proseguito al-Junaidi.
L'esplosione di violenza – avvenuta nello stesso giorno in cui Israele si è impegnato a fermare la creazione di nuove unità di insediamento per quattro mesi e a bloccare l'approvazione di qualsiasi nuovo insediamento per sei – è ancora sotto gli occhi di tutti. Abitazioni distrutte, negozi dati alle fiamme insieme a decine e decine di auto. Lunedì Hawara si presentava come una città fantasma, sotto assedio. Con negozi chiusi e strade vuote. Solo i coloni potevano transitare per le strade della città e la maggior parte lo ha fatto con aria di sfida e con 'rozza provocazione': suonando i clacson, mostrando il dito medio e urlando slogan come “morte agli arabi”. Lo racconta Gideon Levy sulle pagine di Hareetz.
Un'escalation d'ira che, forse, avrebbe potuto essere fermata perché prevedibile. Avvenuta in uno dei territori più militarizzati al mondo, tra l'altro.

L'intero reportage di Roberta Aiello a questo link:

https://www.valigiablu.it/hawara-devastazione-coloni-israeliani-cisgiordania/


Iran. Il giallo della studentesse intossicate con il gas. «Colpa dell'Occidente»

Quom, Sari, Pardis e ora Teheran e Ardabil. Gli episodi di avvelenamenti in massa di studentesse si ripetono in tutto l’Iran. Gli ultimi casi hanno riguardato un centinaio di allieve delle scuole superiori della capitale e del capoluogo dell’omonima provincia nordoccidentale. 

A Yarjani, inoltre, fatto meno usuale, sono state colpite le bambine delle elementari, ricoverate in ospedale dopo aver inalato del gas. Si ipotizza che la sostanza nociva potesse provenire da uno spray.


Nelle ultime settimane c’è stata un’impennata di episodi che, tuttavia, sono iniziati a novembre a Qom, quando una cinquantina di alunne hanno dovuto essere internate d’urgenza dopo aver manifestato nausea, emicranea forte, dissenteria. In tre mesi sono state oltre 1.200 le ragazze intossicate solo in due città: Qom e Boroujerd. Ma i centri coinvolti aumentano di giorno in giorno: si parla di circa una quindicina. Gli istituti diventati bersaglio sarebbero una trentina. 

Finora le autorità non sono riuscite a spiegare la causa del fenomeno. I fondamentalisti incolpano «gli Stati occidentali e anti-rivoluzionari», tra cui l’organizzazione dissidente Mujahedin Khalq.

Opposizione e attivisti, invece, accusano il governo di voler impedire alle giovani di studiare e di realizzare una ritorsione per le proteste contro l’obbligatorietà dell’hijab in corso da settembre nelle quali le studentesse hanno avuto un ruolo da protagoniste.

Un gruppo di genitori si è radunato di fronte alcune delle scuole dove sono avvenute le intossicazioni e ha intonato lo slogan delle manifestazioni “Donne, vita, libertà”.

In realtà, l’ipotesi degli attacchi occidentali non convince nemmeno una parte del governo. Perfino il vice-ministro della Sanità, Younes Panahi, ha negato che si tratti di incidenti e ha ventilato l’idea che gli avvelenamenti siano compiuti per tenere le ragazze lontane dalle aule. «Vogliono dare chiudere le scuole, soprattutto quelle femminili», ha detto Panahi secondo cui, inoltre, gli attacchi sarebbero realizzati con un composto chimico non identificato. Per fare luce sull’inquietante giallo e «alleviare la preoccupazione delle famiglie», il presidente Ebrahim Raisi ha incaricato il ministro dell’Interno, Ahmad Vahidi di un’inchiesta approfondita.


Per approfondire:



Domenica 5 marzo: la nostra preghiera nella II Domenica di Quaresima

"Sperare al di là di ogni umana speranza"

Questo versetto dalla Lettera ai Romani (4,18) accompagna il nostro cammino verso la Pasqua di Risurrezione che ogni Domenica sarà articolato in una sintesi del messaggio evangelico. 

I Domenica: "Sperare di resistere alle seduzioni del potere"

II Domenica: "Sperare di saper accogliere l'invito: "Ascoltatelo!"


Introduzione

 

Eccoci alla seconda domenica di Quaresima e anche oggi le scritture ci accompagnano nel cammino di conversione che ci porterà a vivere la Pasqua.

Nel libro della genesi l’ascolto della parola di Dio provoca in Abramo l’estrema fiducia a mettersi in cammino perché si compia la promessa di fare di lui una benedizione “per tutte le famiglie della terra”.

Nella pagina del Vangelo di Matteo la voce dall’alto invita all’ascolto e a lasciarsi coinvolgere: è una pagina di luce che illumina il cammino di Gesù, la trasfigurazione è il segno carico di annuncio e di speranza.

Nelle scritture come queste ritroviamo le radici della nostra fede e cioè che c’è una luce che rende bella e divina l’umanità.

La trasfigurazione è il dono di luce e siamo invitati a scorgere nell’umanità che soffre e nel volto dei fratelli e delle sorelle che ci camminano a fianco il volto stesso di Dio. Lasciamoci trasformare da questa luce e anche il nostro sarà un cammino di salvezza e alleanza.

 

Intenzioni penitenziali



La Comunità Capi Servazzanio 1, partendo dalla cronaca di questi giorni del naufragio sulle coste di Curto di un barcone di profughi, ha proposto tre gesti da far nostri mentre non lo sono stati in quel tragico evento:
- guardare negli occhi vicino, chiedergli e chiamarlo per nome
- tendergli la mano aiutandolo ad alzarsi
- scambiarsi una notizia su se stessi



Preghiere dei fedeli


Ce lo chiede ogni settimana quindi preghiamo per Papa Francesco perché il signore li dia sempre la forza per continuare la sua opera di rinnovamento della chiesa. Preghiamo

 

Signore accogli tutti i fratelli e le sorelle vittime anche questa settimana di tragedie causate dall’egoismo e dall’incuria dell’uomo. Consola i loro familiari e rinnova in noi l’impegno a lavorare per un mondo più umano è più giusto. Preghiamo

 

Per la nostra comunità perché questo cammino quaresimale che ci prepara la Pasqua rafforza la fede nel Dio dell’amore e della gioia e la sappia portare al resto del mondo. Preghiamo

 

Come Abramo che si è fidato di Dio e ha lasciato la sua terra, le sue sicurezze preghiamo perché anche noi sappiamo trovare sempre nuove strade per avvicinarsi agli altri. Preghiamo

 

Per la chiesa, i vari ministeri e il popolo di Dio perché mettiamo sempre, prima di ogni altra regola, l’amore verso tutti. Preghiamo



Tre inviti dalla Liturgia della Parola


Non rimanere rinchiusi nel nostro io ...

... per essere una benedizione per gli altri ...

... ed essere una luce di speranza per tutti.



Una preghiera laica

di Erri De Luca


Mare nostro Mare nostro che non sei nei cieli e abbracci i confini dell'isola e del mondo, 

sia benedetto il tuo sale, sia benedetto il tuo fondale, 

accogli le gremite imbarcazioni senza una strada sopra le tue onde i pescatori usciti nella notte, l

e loro reti tra le tue creature, che tornano al mattino con la pesca dei naufraghi salvati. 

Mare nostro che non sei nei cieli, all'alba sei colore del frumento al tramonto dell'uva e di vendemmia. 

Ti abbiamo seminato di annegati più di qualunque età delle tempeste. 

Mare Nostro che non sei nei cieli, 

tu sei più giusto della terraferma pure quando sollevi onde a muraglia poi le abbassi a tappeto. 

Custodisci le vite, le visite cadute come foglie sul viale, 

fai da autunno per loro, da carezza, abbraccio, bacio in fronte, madre, padre prima di partire

Il Foglietto "La Resurrezione" di domenica 5 marzo



 

Per la gente di Aleppo ....


 

Mt 17,1-9 – II Quaresima - Una preghiera di Dio sussurrata a noi: "Vi supplico: ascoltatelo!"

Siamo abituati a pensare la Quaresima come un tempo penitenziale, di sacrifici, di rinunce. L’Evangelo di oggi è invece pieno di luce, di una energia che desidera mettere ali alla nostra speranza verso un orizzonte del tutto nuovo, quello della Pasqua di Risurrezione e il mondo della Parusia dove “Non ci sarà più notte; (i suoi servi) non avranno bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà e regneranno nei secoli dei secoli” (Ap 22,5).


La vita di Gesù è stata un cammino verso Gerusalemme, dove l’aspettava la croce ma anche la risurrezione, vivendo come noi immerso nella seduzione dell’uso del potere. Questo, in sintesi, quanto l’Evangelo di domenica scorsa ci ha messo davanti agli occhi e il richiamo di Gesù è stato chiaro: ci è chiesto di vivere “di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”. Questa assiduità alla Parola è quello che conta perché in questa il Padre ci indica la sua volontà e troviamo la forza per rimanere fedeli a quel servizio agli altri al quale ci chiama.

 

Quando Gesù, nella pericope immediatamente precedente a quella di oggi, ha chiesto ai discepoli chi lui fosse, Simon Pietro (“Pietro” un soprannome che, per dirlo alla romana, significa “testa de coccio” come è la nostra) rispose “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Subito dopo Gesù “Cominciò a spiegare che doveva andare a Gerusalemme, venire ucciso e risorgere” Pietro (qui viene chiamato con il suo appellativo, non con il suo nome) “lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo” (due termini che vengono e non a caso, usati anche nell’Evangelo di oggi). Gesù si gira di scatto dicendogli che gli è Satana e lo invita a tornare dietro di lui (le stesse parole usate verso il diavolo nelle tentazioni) perché, invitandolo a pensare secondo gli uomini, tenta di farlo inciampare e deviare dalla volontà del Padre. E continua poi invitando tutti a prendere la propria croce e a seguirlo perché “quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero (usando il potere), ma (così) perderà la propria vita?”. La vita si “guadagna” non dominando ma servendo, non togliendo la vita ma offrendo la propria; l’effetto di questo orientamento per il bene degli altri è una trasformazione, come quella del bruco in farfalla: è una “trasfigurazione”.

È questo che vedono i tre discepoli “Sei giorni dopo” dopo il rimprovero a Pietro, quando Gesù “li prese e li condusse in disparte su di un alto monte”. Vedono ciò che Gesù aveva detto loro: “i giusti splenderanno come il sole” (Mt 13,43) e “il suo volto brillò come il solele sue vesti divennero candide come la luce”, come quelle dell’Angelo che rotolerà via la pietra davanti al suo sepolcro (Mt 28,3).

La nostra traduzione a questo punto dice: “Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù”, ma una traduzione più letterale rende e fa comprendere meglio: “Allora reagì il Pietro” cioè quella testa dura di Simone per dire “Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè, e una per Elia”. Lo chiede non tanto per quella visione in sé stessa, quanto perché in questo modo richiama la Festa delle Capanne e, una delle attese messianiche del tempo, affermava che il Messia si sarebbe rivelato durante quella festa che ricordava la liberazione dalla schiavitù egiziana e il periodo trascorso nel deserto verso la terra promessa guidati da Mosè. È infatti quest’ultimo che Simon Pietro pone, come personaggio più importante, al centro. Certo, aveva riconosciuto Gesù come il Messia, ma lo attendeva in una logica da liberatore con la forza usata da Elia che scannò 450 sacerdoti di una divinità concorrente. Ma “stava ancora parlando, quando ecco una nube - cioè la presenza divina - li coprì con la sua ombra” e, di fatto interrompendo Pietro, “ecco una voce che diceva: Questi è il figlio mio, l’amato”. È il Padre che interviene direttamente mettendo i puntini sulle “i” riaffermando quanto aveva già detto nel Battesimo di Gesù “in Lui ho posto il mio compiacimento”. Questa volta aggiunge, quasi come in una preghiera sussurrata, Ascoltatelo!” perché state dimostrando che, fino ad oggi, non avete ancora compreso e non state facendo quello che lui oramai da tempo vi sta dicendo. “Vi prego, vi supplico, vi raccomando” cambiate atteggiamento e seguite quello che Lui vi dice, non quello che voi pensate secondo le logiche del mondo che fanno perno sulle capacità umane e sul potere che possono esprimere, non sul servizio.

I discepoli “presi da grande timore” sono sconcertati come dovremmo essere costantemente anche noi ogni volta che la misericordia del Signore interviene per suggerirci di correggere la nostra rotta. Lo fa avvicinandosi a noi, ci toccherà come sempre ha fatto e fa con gli ammalati guarendoli e ci dirà di alzarci (il verbo della risurrezione!) di rimetterci in piedi, di non temere a riprendere il cammino nella sua sequela, prendendo in mano la nostra vita (la nostra croce) con coraggio e andare verso la Pasqua e quella tavola imbandita alla quale siamo invitati, certi che le sue misericordie non sono finite, non sono esaurite le sue compassioni, ma che si rinnovano ogni mattina perché grande è la sua fedeltà. Senza temere di lasciarci prendere da lui per accompagnarci nella salita sul monte verso un luogo un po’ in disparte per avere un po’ di intimità con lui e comprendere che, per essere uomini “nuovi” ed avere quella bellezza splendente che i tre discepoli hanno visto in Gesù, è necessario donare la propria vita nel servizio rinunciando alle seduzioni del potere e del self-made man. 

(BiGio)

 

Esperienze che ci trasfigurano. Rimaniamo noi stessi, ma il volto è come preso dalla luce che c'è dentro.

Nel brano del Vangelo - così come lo racconta Matteo - stupisce che la reazione di timore dei tre discepoli di Gesù non avvenga dinanzi alla sua trasfigurazione, né all’apparizione dei due grandi personaggi dell’AT, Mosè ed Elia (come in Marco), e nemmeno quando la «nube luminosa» (paradosso) li copre con la sua ombra (come in Luca); bensì quando la voce divina li invita al ascoltare il «Figlio, l’amato; in cui è posto il compiacimento (del Padre)»: «All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore».


Oggi rischiamo di sottovalutare ed emarginare, nella vita della Chiesa, l’ascolto della parola di Dio. Nella fede, deve essere esperienza “trasfigurante”, che non coincide con la lettura e l’ascolto di pagine bibliche e non va confusa con segni dei tempi individuati attraverso un giudizio del mondo letto solo come lontano rispetto alla morale cristiana. Ascoltare la parola di Dio significa scoprire la presenza del Signore e accoglierla in noi; ma si tratta di una presenza che è altra, è luce che «fa risplendere la vita», dice Paolo nella seconda Lettura. È la presenza luminosa che abita Gesù. È una presenza che ci raggiunge grazie alla voce di Dio che, attraverso le Scritture, rivela che Gesù è il Messia («Questi è il mio Figlio», Sal 2,7), che Lui è servo («In Lui ho posto il mio compiacimento», Is 42,1), e profeta («Ascoltatelo!», Dt 18,15).
 
Il timore dei tre discepoli all’invito all’ascolto della parola di Gesù esprime simbolicamente quello che la Parola provoca in chi l’ascolta: essa conduce al cambiamento del cuore, alla conversione. L’ascolto autentico della Parola la fa diventare, in noi, il centro, sempre nuovo, capace di innovare la nostra esistenza. Emblematico è Abramo: l’ascolto della parola di Dio provoca in lui una crisi, un esodo, un’uscita dalla casa della sicurezza e delle abitudini, per iniziare in cammino che non poggia su sicurezze umane e tantomeno religiose, ma solo sulla fiducia in Dio.
 
«Il suo volto brillò (letteralmente: «lampeggio») come il sole e le sue vesti divennero candide (letteralmente: «lucenti, splendenti») come la luce». È come se Gesù, su quel monte e in quel giorno avesse lasciato libero sfogo - per così dire - al mistero di luce che lo abitava. Uso questa immagine, forse un po' banalizzante il grande evento di rivelazione avvenuto sotto gli occhi di tre discepoli, perché mi permette di agganciare la realtà di Gesù alla nostra: o meglio, esprimere quell'aggancio alla nostra realtà che è stata l'umanità di Gesù. Come Lui ha lasciato libero sfogo al mistero di Dio che lo abitava, così anche noi ci trasfiguriamo, se lasciamo libero sfogo alla presenza di Dio, alla luce che abita in ciascuno di noi.
Penso che questo lo possiamo verificare. Ci sono esperienze che ci trasfigurano: come l'esperienza di Dio, l'esperienza della natura, l'accoglienza dell'amore. Rimaniamo noi stessi, ma il volto è come preso dalla luce che c'è dentro. È una trasfigurazione che svela la vera personalità di una donna e di un uomo. Una personalità che la vita e i problemi di ogni giorno soffocano, ma che, in quelle esperienze, appare in tutta la sua luminosità. Questo lo fa Dio, questo vuole per ciascuno di noi: che il proprio volto, come quello del Figlio, sia splendente come il sole, sia splendente di Lui, dentro i nostri umanissimi e caratteristici tratti umani.
 
Lo stesso termine per dire delle vesti di Gesù trasfigurato («come luce», phòs) ricorre per dire il paradosso che esprime la presenza di Dio: una nube, quindi oscura, ma «luminosa» (photeinè). Il medesimo termine ricorre anche nella seconda Lettura: la grazia di Dio «è stata rivelata ora, con la manifestazione del Salvatore nostro Gesù Cristo. Egli ha vinto la morte e ha fatto risplendere (photìsantos) la vita». Questo è il dono gratuito del Signore. La sua opera è far risplendere la vita umana. Testi biblici come questi ci radicano nella fiducia che questa luce che rende bella e divina l'umanità si affermerà, nonostante tante oscure tragedie umane, come quelle di questi giorni, delle quali è responsabile l'uomo e la sua disumanità.
 
(Alberto Vianello)

La Parola, la politica, l’orrore, le morti. Non possiamo dirci cristiani

«Non bisogna farli partire», dice il potente di turno con una solennità sicura e sufficiente. Come se si dicesse a un bambino malato che muore per mancanza di cure: « Non dovevi nascere». Invece di paventare il morso di un eventuale delitto di omissione della cura, primo diritto al mondo di ogni creatura che si affacci alla vita.


Il coro dei profeti di partito corona d’enfasi retorica l’argomento del primo violino: l’Europa ha perso il suo altruismo, dicono, perché qualcuno non vuole mandare armi all’Ucraina. L’altruismo è il nome di quanto l’Europa occidentale dovrebbe fare verso l’Ucraina – poco importa se accogliendo donne e bambini profughi o collaborando a che sangue sia sparso – mentre lasciar morire i migranti che vengono da Sud questo si chiama giustizia, sapienza politica, custodia dei confini. Questo merita il giudizio paternalistico di chi regge il Paese.
Ma è la storia a smentire le false verità, a togliere qualsiasi, credibile dignità morale ai proclami di chi oggi governa in Europa. Gente che sembra non conoscere il passato che, appunto, sarebbe un maestro di vita. Difetto ancor più grave in chi si fa eleggere dicendosi cristiano o cristiana e, magari, non ha mai aperto una pagina dei testi “rivelati” e comunque non ne frequenta. Se l’avesse fatto, saprebbe che, anche qualche millennio, fa c’era tanta povera gente che era sottoposta alla schiavitù, proprio in quel Sud del mondo da dove ancor oggi salgono, su illeciti barconi, i profughi e i migranti, ritenuti i potenziali delinquenti, pericolosi nemici del benessere e della pace in Europa.

L'intera riflessione della teologa Rosanna Virgili a questo link:



La nuova Mappa dell’Intolleranza 7

Esce la settima edizione della Mappa voluta da VOX – Osservatorio Italiano sui Diritti, che fotografa l’odio via social. I risultati? L’odio online si radicalizza, si fa più intenso, più polarizzato. Appare evidente il ruolo di alcuni mass media tradizionali nell’orientare lo scoppio di “epidemie” di intolleranza. Tra le categorie più colpite, le donne ancora al primo posto, seguite dalle persone con disabilità e dalle persone omosessuali, tornate, dopo anni, nel centro del mirino.


Al suo settimo anno di rilevazione, la mappatura consente l’estrazione e la geolocalizzazione dei tweet che contengono parole considerate sensibili e mira a identificare le zone dove l’intolleranza è maggiormente diffusa – secondo 6 gruppi: donne, persone omosessuali, migranti, persone con disabilità, ebrei e musulmani – cercando di rilevare il sentimento che anima le communities online, ritenute significative per la garanzia di anonimato che spesso offrono e per l’interattività che garantiscono

L'intera presentazione e analisi dei dati a questo link:



Non solo antisemitismo: l'antigiudaismo

In alcuni ambienti sembra che si faccia fatica ad accettare l’origine giudaica del cristianesimo. Forse non è un antigiudaismo esplicito, ma una sua forma strisciante, non meno pericolosa


Recentemente, abbiamo assistito al papa che commenta una lettera paolina rivelando un senso di emancipazione del cristianesimo sull’ebraismo, a un politico che scrive un tweet dove ritiene che il messaggio religioso ebraico sia qualcosa di superato dal cristianesimo, a commenti sul Vangelo della domenica pubblicati da quotidiani nazionali in cui Gesù è presentato in un «processo di superamento» del passato giudaico. Per non parlare del «rumore di fondo» di sedicenti cristiani che continuamente pubblicano post sui social network rivendicando la preminenza della propria religione sull’ebraismo. È lecito chiedersi se ci sia un filo comune che colleghi questi episodi. Forse non è un antigiudaismo esplicito, che almeno a parole da decenni viene pubblicamente condannato, ma una sua forma strisciante, di certo non meno pericolosa....

L'intero articolo di Giulio Mariotti a questo link:







Francesco, i dieci anni del primo Papa «globale»

Si compiono dieci anni di pontificato di Francesco. Non sono arrivati a tale traguardo né Giovanni XXIII né Benedetto XVI. Paolo VI, gran riformatore, governò tredici anni. Giovanni Paolo II, in ventisette anni, transitò la Chiesa dalla guerra fredda alla globalizzazione (dando pure un contributo «politico» specie in Polonia), ma i problemi del mondo globale lo hanno solo sfiorato. Bergoglio è il primo Papa «globale». Per capirlo meglio bisogna partire dal momento in cui è maturata la scelta del Papa argentino.


Perché i cardinali si diressero su Bergoglio nel 2013? Al conclave del 2005 egli fu l’alternativa a Ratzinger, la cui scelta sembrò rassicurante. Bergoglio era però un pastore, non amava il mondo curiale: anche il suo modo di governare (di cui aveva sofferto qualche ricaduta a Buenos Aires). Era poco simpatizzante per taluni wojtyliani, come il card. Lopez Trujillo, per i loro metodi imperativi. Era esterno all’Italia. Buona parte dei problemi di Curia erano attribuiti agli italiani dai cardinali che gli chiesero di bonificarla.


L'intero articolo di Andrea Riccardi a questo link:

https://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt202302/230226riccardi.pdf

Iniziamo a immaginare oggi i cristiani di domani

In un momento di crisi profonda dei tradizionali riferimenti religiosi è tempo di ripensare l’idea del vivere e del trasmettere la fede da questo pontificato emerge una traccia concreta 


Come sarà il cristianesimo del futuro? Nel libro Opzione Francesco. Per una nuova immaginazione del cristienesimo futuro (San Paolo, pagine 192,euro 16, da oggi in libreria) del quale proponiamo qui sopra un ampio estratto, il teologo Armando Matteo prova a “immaginarlo” alla luce del magistero del Papa. L’idea è di un cristianesimo che coltiva prassi e sogni di fraternità; che sa abitare le periferie e fare comunione con chi le abita; un cristianesimo che denuncia un sistema economico e sociale che ci prende soldi e anima; un cristianesimo che torna allo sguardo misericordioso diGesù. Questo richiede coraggio, amore per il Vangelo e per l’umanità.

L'intero articolo di Armando Matteo a questo link:


Aborto. A nord-Est oggi solo il 28% vorrebbe cambiare la legge

Tra qualche mese, la legge 194 compirà 45 anni: il complesso di norme che regola l'interruzione volontaria di gravidanza, infatti, è entrato in vigore il 22 maggio del 1978. Ed è su questo che l'Osservatorio sul Nord Est di {italicDemos si concentra: a quasi mezzo secolo, qual è l'opinione dell'area sull'aborto? Per questo, abbiamo utilizzato il posizionamento rispetto all'affermazione "Bisogna rivedere la legge sull'aborto per limitare i casi in cui è lecito": ad essere moltissimo o molto d'accordo oggi è il 28% dei rispondenti.



La lettura dei dati a cura di Natascia Porcellato a questo link: