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Accesa a Roma la luce di Hanukkah per rilanciare gli accordi di Abramo

Gli ambasciatori di Israele e Marocco hanno acceso insieme la candela della luce di Hanukkah per scacciare l’oscurità e rilanciare gli accordi di Abramo. L’occasione è stata il 29 novembre a Roma presso la Fondazione Alcide De Gasperi nell’ambito dell’evento “Accordo tripartito Israele, Marocco, Usa. Un lume di pace a un anno dalla firma”.



La festività religiosa ebraica di Hanukkah cade infatti nel primo anniversario del riavvicinamento tra Israele e Marocco nell’ambito degli accordi di Abramo, accordi che l’ambasciatore israeliano, Dror Eydar, ha auspicato possano essere rilanciati con l’adesione di altri Paesi arabi anche grazie all’aiuto dell’Italia. “Abbiamo acceso la luce e scacciato l’oscurità. Anche l’Italia può aiutarci a estenderli ad altri Paesi della regione”, ha affermato il diplomatico israeliano. “La popolazione della regione si sta rendendo conto che il popolo ebraico fa parte del Medio Oriente. Gli ebrei vivono in Marocco da almeno duemila anni”. Ciò che Marocco e Israele hanno in comune infatti “è infinitamente più grande di ciò che li divide”.


L'intero articolo di Massimiliano Boccalini a questo link:

https://formiche.net/2021/11/hanukkah-accordi-di-abramo-marocco-israele/

Un'arte che il nostro tempo ha dimenticato


Festeggiare l'Avvento significa saper attendere: attendere è un'arte che il nostro tempo impaziente ha dimenticato. Esso vuole staccare il frutto maturo non appena germoglia; ma gli occhi ingordi vengono soltanto illusi, perché un frutto apparentemente così prezioso è dentro ancora verde, e mani prive di rispetto gettano via senza gratitudine ciò che li ha delusi. Chi non conosce la beatitudine acerba dell'attendere, cioè il mancare di qualcosa nella speranza, non potrà mai gustare la benedizione intera dell'adempimento.

Chi non conosce la necessità di lottare con le domande più profonde della vita, della sua vita e nell'attesa non tiene aperti gli occhi con desiderio finché la verità non gli si rivela, costui non può figurarsi nulla della magnificenza di questo momento in cui risplenderà la chiarezza; e chi vuole ambire all'amicizia e all'amore di altro, senza attendere che la sua anima si apra all'altra fino ad averne accesso, a costui rimarrà eternamente nascosta la profonda benedizione di una vita che si svolge tra due anime.
Nel mondo dobbiamo attendere le cose più grandi, più profonde, più delicate, e questo non avviene in modo tempestoso, ma secondo la legge divina della germinazione, della crescita e dello sviluppo.
Dietrich Bonhoeffer

Santi e imbalsamati: la riflessione del biblista Maggi sulla fine della vita

 


Parte dal raccapricciante destino dei corpi dei santi del passato la riflessone del biblista Alberto Maggi: 

Se al disfacimento dell’uomo esteriore non corrisponde il rinnovamento di quello interiore, si corre il rischio di invecchiare esteriormente senza ringiovanire interiormente, essere decrepiti fuori e dentro, diventare vecchi nel corpo e nello spirito (…)

 

Un antropologo o uno psicologo potrebbero certamente spiegare le origini e i motivi di queste pie perversioni che nulla hanno a che fare con Gesù e il suo messaggio. Queste pratiche di imbalsamazione e mummificazione dei cadaveri di santi e beati, sono indubbiamente in contraddizione con quanto la fede cristiana afferma riguardo la vita, la morte e la risurrezione.(...)

 

Gesù, per far comprendere che la morte non interrompe la vita, ma introduce l’individuo in una nuova dimensione, e che la morte non è una fine, ma una trasformazione che permette alla persona di liberare tutta l’energia d’amore che ha in sé, adopera immagini prese dal ciclo vitale della natura, dove è tutto un susseguirsi di nascita e di morte, e porta l’esempio del chicco di grano caduto in terra, che “se non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto” (Gv 12,24).


Il suo intero intervento a questo link:


https://www.illibraio.it/news/storie/santi-e-imbalsamati-1390186/

Franco Cardini: "L’uomo si è liberato di Dio, ma non sa cosa farsene di questa libertà"

Lo storico, autore di “Le dimore di Dio” (Il Mulino), a Huffpost: "Siamo come criceti su una ruota o come marinai di notte in mezzo al mare"


Articolo di Nicola Mirenzi apparso su huffingtonpost.it il 28 novembre

Franco Cardini è un professore di storia medievale e guarda il mondo contemporaneo con distaccato buonumore. “Può darsi che Dio troverà una dimora anche nei computer. Chi può dirlo”. Nel frattempo, ci sono i posti in cui ha dimorato già. “Il fatto che Dio sia in cielo, in terra e in ogni luogo, come dice il catechismo di Pio X, non esclude l’esistenza di spazi che Dio privilegia, posti in cui Egli si manifesta con più intensità che in altri. I luoghi citati dalle Sacre Scritture, per esempio”. Già usare la parola Dio, in un articolo di giornale che sarà pubblicato online, mette in allarme. Non c’è Dio, scriveva Cioran, che sopravviva al sorriso dello spirito. Che è poi la specialità della rete: prendere per il culo tutto. “Ma è anche vero il contrario”, dice Cardini. “Non c’è sarcasmo, ironia e cinismo che sopravvivano al cospetto di Dio. Si può negare, rifiutare, bestemmiare, dileggiare Dio: tutto ciò fa parte della nostra nullità, mentre la sua gloria non ne viene neppure sfigurata”. 


L'interessante intervista a questo link:

https://www.huffingtonpost.it/entry/luomo-si-e-liberato-di-dio-ma-non-sa-cosa-farsene-di-questa-liberta_it_61a34f68e4b07fe2011a3225

1 Domenica di Avvento – Lc 21,25-28.34-36

 Coraggio: ma non per sfuggire alle catastrofi imminenti, piuttosto dal torpore che ci impedisce di scorgere, nel travaglio della storia umana, il destino stesso del seme gettato che muore e porta frutto.



Quando, dopo un lungo cammino si giunge alla meta, normalmente ci si rilassa come quando si giunge a un rifugio in montagna. Non è però così la vita che, come l’ha definita il Guardini, è una realtà germinante di continuo, fatta anche e soprattutto di germogli ai quali non ci si può aggrappare, che non possono dare sicurezze. Regalano però i colori della primavera, “il profumo della bambina speranza” come ha scritto Peguy. S. Gregorio di Nissa dice che la vita “va da inizio in inizio, attraverso inizi che non hanno fine”.

Così, dopo un cammino durato un anno e concluso la scorsa domenica con la Festa della regalità di Gesù, ecco che ci è nuovamente chiesto di fare attenzione perché qualcosa sta accadendo, qualcosa sta venendoci incontro e, la nostra attenzione va direttamente al Natale con tutto quanto attorno a questo accade. Certo è vero che l’Avvento è il tempo delle promesse che la speranza insita in noi ci fa subito pensare in positivo: l’uscita dalla pandemia o la possibilità di correggere i nostri atteggiamenti per assicurare un futuro al nostro pianeta.

Invece no: l’Evangelo ci riporta indietro a due domeniche fa dove il brano di Marco ci annunciava che “il sole si oscurerà, la luna non darà più il suo splendore, gli astri si metteranno a cadere dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte”. Oggi in Luca leggiamo che “vi saranno segni nel sole, nella luna e delle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte”. Non ci viene dato il tempo di “rilassarci” un attimo e c’è da rimanere disorientati.

Ma anche oggi l’Evangelo non ci vuole raccontare la fine del mondo, ma il suo mistero e ci prende per mano incoraggiandoci e chiedendoci di uscire dal nostro torpore, di guardare in alto, di percepire la vita che pulsa attorno a noi, che soffre le doglie del parto che apriranno una vita nuova. Il cammino verso il Signore che viene non è mai finito, non è mai compiuto una volta per tutte.

La Liturgia della Parola in Avvento ha un doppio registro: da una parte ci incoraggia a levare il capo verso Colui-che-si-fa-vicinodall’altra ci chiede di rimanere attenti a quanto accade dentro e attorno a noi. È un invito a rimanere senza distrazioni bene saldi con i piedi sulla terra, ma contemporaneamente ad avere un passo leggero perché, come due domeniche fa, la nostra roccia è Cristo.

Come Marco, Luca riprende le antiche profezie ma, come lui, vi legge in trasparenza l’evento cruciale del suo racconto: quello della croce. Là, infatti, sono accaduti gli eventi apocalittici annunciati (Lc 23,44) e là pure il Figlio dell’Uomo è venuto con potenza e gloria grande, non in uno scenario hollywoodiano, come quasi sempre immaginiamo, ma quale “re umile e salvato” del quale parlava Zaccaria: proclamato “re degli ebrei” sulla croce. Ecco l’evento determinante grazie al quale possiamo, reciprocamente incoraggiandociad alzarci, levare il capo e vedere l’inizio della nostra liberazione (il termine greco tradotto cosi, alla lettera significa redenzione”). È molto significativo che Luca scriva: “quando queste cose cominceranno ad accadere, alzatevi”; gli eventi della croce sono proprio l’inizio decisivo di cui aspettiamo il pieno compimento. 

La conclusione del discorso non può essere che una solenne messa in guardia, come era stata l’introduzione di questa sezione: Guardatevi dagli scribi”. Ora però non occorre più guardarsi solo da questi o da quelli che divorano le case delle vedove. Si tratta più profondamente di vegliare su noi stessi (Lc 17,3). Tutti i segni sono stati dati, “quel giorno”, il giorno della manifestazione piena ed evidente del regno di Dio, giungerà forzatamente all’improvviso. La messa in guardia concerne allora ciò che minaccia gli esseri umani di intontimento: eccessi di bevande alcoliche che possono condurre alla violenza e preoccupazioni della vita (Lc 8,14) che provocano l’agitazione e i cuori divisi (ricordiamo il rimprovero di Gesù a Marta, Lc 10,41), falsi obiettivi di vita, disperati e inutili esorcismi di ciò che temiamo. Quel giorno giungerà come una rete che congela all’istante la situazione che trova; occorre perciò incoraggiandoci reciprocamente restare svegli “perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere”; non si tratta di restare svegli per sfuggire alle catastrofi imminenti: “ciò che sta per accadere”. È piuttosto il pericolo di intontimento, le orge, le preoccupazioni, la mondanità …, in breve ciò che potrebbe minare la nostra perseveranza e portarci a vergognarci quando saremo davanti al Figlio dell’Uomo.

Quindi, di fronte alle continue realtà difficili che siamo chiamati a vivere, ci viene un invito a non rimanere atterriti, spaventati, demotivati, ma a “risollevarci”, ad “alzare il capo”, a guardare in faccia la realtà e a sfidarla perché al nostro fianco c’è sempre stato, c’è e rimarrà il Signore alla cui luce tutto diventa chiaro e che, al di là delle apparenze, ci chiede di scorgere nel travaglio della storia umana il destino stesso del seme gettato che muore e porta frutto.

Il problema allora non è se o quando ci sarà la fine, quando tornerà il Signore nella sua gloria; il problema è come vivere il presente: ciò che attendiamo ci è dato qui ed ora da vivere nella “memoria” della vita di Gesù, che ci apre il futuro nel nostro oggi alla novità del dono gratuito. L’invito è quello a vivere il presente da “amministratori fedeli e saggi” con responsabilità attiva e vigilante (Lc 12,42), per guadagnarci la nostra vera ricchezza (Lc 16,9-12). 

 (BiGio)

Il Foglietto "La Resurrezione" di Domenica 28 novembre




 

Il nostro Cammino d'Avvento: 1 Domenica


Quest'anno il Cammino di Avvento nella nostra Comunità sarà segnato da quattro "verbi" che caratterizzano la proposta della Liturgia della Parola.

Questo "verbo" sarà poi collegato con i temi principale del cammino che la Chiesa italiana e universale è stata chiamata a fare sul tema del prossimo Sinodo.

All'arco che quest'anno formerà la "Corona di Avvento" con le quattro lampade, ogni settimana sarà aggiunto un cartiglio con l'indicazione di quel "verbo" chiamato a ricordare il centro della Parola proclamata e del cammino che il Sinodo ci chiede di fare.

Il medesimo "verbo" sarà poi ricordato anche in un cartellone all'ingresso della Chiesa

Il primo "verbo", quello della prima Domenica di Avvento è:

I N C O R A G G I A R E


"Il Sinodo della e nella Cita"

Iniziare il cammino sinodale alzando il capo incoraggiandocipronti a portare speranza


Il Sinodo è vivere un’esperienza ecclesiale umile e disinteressata, nella logica delle Beatitudini. Questi tre tratti – umiltà, disinteresse, beatitudine – sono propri di una Chiesa che sa riconoscere l’azione del Signore nel mondo, nella cultura, nella vita quotidiana della gente. La sinodalità esprime la natura della Chiesa, la sua forma, il suo stile, la sua missione, il suo camminare insieme incoraggiandosi reciprocamente.

La Chiesa è stata concepita in movimento, nel viaggio di Abramo da Ur dei Caldei (cfr. Gen 11,31) e nelle chiamate di Gesù ai discepoli sul lago e sulle strade (cfr. Mt 4,18-23); la Chiesa è popolo pellegrino, che non percorre sentieri privilegiati e corsie preferenziali, ma vie comuni a tutti; la Chiesa non è fatta per stabilirsi, ma per camminare. La Chiesa è Sinodo (syn-odòs), cammino-con: con Dio, con Gesù, con l’umanità.

È un evento nel quale la nostra Comunità cercherà di porsi “in uscita” anche nelle case, negli ambienti di ritrovo, lavoro, formazione, cura, assistenza, recupero, cultura e comunicazione. Siamo chiamati ad ascoltare, percepire, raccogliere e raccontarci le emozioni negative e positive che incontreremo, come pure le domande di senso, il racconto delle ferite affettive e relazionali, delle esperienze e dei doni offerti e ricevuti.

Dio dota la totalità dei fedeli di un istinto della fede – il sensus fidei – che li aiuta a discernere ciò che viene realmente da lui in tutto quanto ascolteremo. La presenza dello Spirito concede ai cristiani una saggezza che permette loro di coglierlo intuitivamente.



(questi testi sintetizzano, rielaborandole, le note per il Cammino Sinodale della Chiesa italiana)






Le caratteristiche dell'Evangelo di Luca che ci accompagna nel nuovo Anno Liturgico che inizia oggi

L'Evangelo di Luca che ci accompagna da questa Domenica, non è un vangelo di prima evangelizzazione, ma di approfondimento della fede, di crescita spiritualeTre almeno i campi sui quali l’evangelista punta la sua attenzione.

La tradizione tramanda molti particolari della vita di S. Luca che però non trovano riscontri nel Nuovo Testamento. Di fatto non sembra nemmeno che il “caro medico” di cui parla Paolo nella Lettera ai Colossesi (Col 4,14) sia l’evangelista. Più importante sarà quindi evocare oggi la specificità del vangelo che porta il suo nome.

Il prologo del suo Vangelo è significativo. Unico fra gli evangelisti, l’autore vi si presenta utilizzando la prima persona del singolare (“io”) e vi appare come un rappresentante della terza generazione, dopo i “testimoni oculari”, che furono i primi “ministri della Parola”, e dopo i “molti” che cercarono di mettere ordine in ciò che i primi avevano detto. Dopo di loro, il nostro autore ha infine deciso di fare ricerche accurate per redigere un racconto il cui scopo non era di correggere i precedenti, ma di permettere a Teofilo e a ogni lettore “amico di Dio” – tale è il significato del nome “Teofilo” – di verificare la solidità dell’insegnamento ricevuto.

Il suo quindi non è un vangelo di prima evangelizzazione, ma di approfondimento della fede, di crescita spirituale. Tre almeno i campi sui quali l’evangelista punta la sua attenzione.

Anzitutto il pericolo delle ricchezze: più volte l’evangelista torna su questa tentazione, denunciando chi è “attaccato al denaro”, smascherando la cupidigia di chi si dice frustrato nella spartizione di un’eredità (cf. Lc 12,13-15), narrando di quel ricco che banchettava senza vedere il povero che ogni giorno era “gettato” alla sua porta (cf. Lc 16,19 ss.) o sottolineando il ruolo particolare dei poveri. È pure lui che rileva l’importanza della condivisione dei beni nella prima comunità cristiana (cf. At 2,44-45).

Vi è poi in questo vangelo una forte insistenza sulle figure femminili: diverse scene “al maschile” sono poi ripetute “al femminile”, fino a presentare delle donne discepole, come Maria Maddalena, Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode, Susanna e molte altre (cf. Lc 8,2-3), o Maria, sorella di Marta (cf. Lc 10,39). Non stupisce quindi che, nell’alba di Pasqua, siano almeno cinque le donne che ricevono l’annuncio che il Crocifisso è vivente (cf. Lc 24,10), mentre erano solo due nel Vangelo secondo Matteo (cf. Mt 28,1), o tre nel Vangelo secondo Marco (cf. Mc 16,1) e addirittura una sola in quello giovanneo (cf. Gv 20,1).

Una terza caratteristica, forse non estranea alle presenze femminili appena evocate, è l’insistenza con cui il vangelo lucano sottolinea la misericordia del Dio di cui Gesù è l’araldo e il volto. Pensiamo solo al grande capitolo 15, in cui sono narrate le famose parabole della misericordia, ma anche all’importanza della “compassione”, evocata con il termine greco splánchma che, prima di designare le “viscere di misericordia” del nostro Dio (Lc 1,78), qualifica l’utero della donna.

Questi sono tutti temi sui quali noi e le chiese possiamo ancora interrogarci oggi.

(fr Daniel Attinger)                     .


Un invito a ritagliarsi un momento di ascolto della Parola ogni giorno in questo Avvento

Con questa Domenica inizia l'Avvento.

Può essere utile essere accompagnati giorno dopo giorno in questo tempo che ci impegna nel cammino verso il Natale.

Proponiamo due possibilità: la proposta di un giovane prete di Bergamo e quella di un anziano conosciutissimo monaco. Buon Avvento! 

Don Manuel Belli (giovane prete della Diocesi di Bergamo dove insegna Teologia in Seminario) ogni giorno invierà un link a un video di 5 minuti con il Vangelo del giorno. Un messaggio che ti arriva ogni giorno è un invito a ritagliarsi un momento di ascolto della Parola con piccoli spunti (quelli della scorsa Quaresima sono stati davvero significativi, ndr) per la preghiera personale.
Si entra con questo link, solo l'amministratore può mandare messaggi, nessun video ma solo il link a YouTube così non viene intasata la memoria, sarà un solo messaggio al giorno: dunque niente spam! 

Ecco il link dove potersi iscrivere e ricevere il messaggio:



Un piccolo assaggio (per capire lo stile)
Il video-commento della 1 Domenica di Avvento:



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Enzo Bianchi non ha bisogno di presentazioni. Si potrà trovare una piccola meditazione quotidiana sulla pagina "Il Vangelo di oggi" sulla home-page del suo Blog:  https://www.ilblogdienzobianchi.it/home

Il Sudan grida al tradimento

Dopo il golpe i militari reintegrano il premier Hamdok, ma la piazza non crede all’accordo e denuncia: “Ci avete tradito”


Un "accordo" contestato per i suoi molti punti oscuri

Sulla scena politica sudanese pesa, ancora una volta, l’incognita sul ruolo dei militari. Anche dopo il reinsediamento del premier Hamdok, seguito al tentato golpe di ottobre, non sono chiari gli equilibri di potere sanciti dall’accordo che ha permesso al governo di transizione di rimettersi in moto. Dodici ministri del governo di transizione si sono dimessi in segno di protesta contro l'accordo tra Hamdok e i militari e le proteste dei cittadini continuano. In questo contesto c’è il rischio che anche l’attuale premier perda il sostegno dell’opinione pubblica, che non capisce fino a che punto Hamdok riesca a imporsi sui generali e quanto questi ultimi tengano in pugno l’esecutivo. In assenza di figure politiche alternative altrettanto credibili sul piano internazionale, l’erosione di credibilità di quelle attuali potrebbe avere effetti rovinosi sulla stabilità del paese

Il link al servizio dell'ISPI:

Piccola Rassegna Stampa: una selezione di temi .... (8 segnalazioni)


Questa piccola "Rassegna Stampafatta di indicazioni di articoli (con relativo link) su temi che si ritengono interessanti per le attenzioni spesso sollecitate nella nostra Comunità, o per situazioni importanti ma non molto presenti nei media. 

Un breve sommarietto ne anticipano il contenuto così si può scegliere quello che eventualmente interessa. In ogni caso anche solo la titolazione e il sommarietto offrono una informazione.

 


 

Francesco, la fratellanza e l’umanità disconnessa

Di Riccardo Cristiano | 19/11/2021

Nel messaggio che Francesco ha inviato pochi giorni fa a La Civiltà Cattolica e Georgetown University in occasione di un seminario sulla civiltà dell’incontro, il papa ha sottolineato l’assurdità di questa nostra epoca. Nell’iperconnessione che viviamo, siamo tutti disconnessi. Così la connessione tecnica diventa strumento di una disconnessione conflittuale tra culture, popoli, individui e ognuno, afferma Bergoglio, lo può constatare nella sua quotidianità

https://formiche.net/2021/11/francesco-fratellanza-civilta-cattolica/

 

Le richieste di papa Francesco 

di Giannino Piana in Rocca n. 23 del 1 dicembre 2021

Ricevendo in udienza lo scorso ottobre i rappresentanti dei movimenti popolari con i quali ha intrattenuto, fin dall'inizio del suo pontificato, un rapporto privilegiato papa Francesco ha colto l'occasione per fare un bilancio della odierna situazione mondiale e sottolineare l'urgenza di alcune scelte prioritarie, che vanno attuate se si intende promuovere un nuovo ordine internazionale fondato sulla giustizia e sulla solidarietà tra le classi sociali e tra i popoli della terra.

 

La chiesa alla prova della pandemia. La Chiesa ritroverà il suo popolo?

di Franco Garelli

L’effetto “scrollo”. I credenti più impegnati e i “cattolici culturali”.

https://www.alzogliocchiversoilcielo.com/2021/11/franco-garelli-la-chiesa-alla-prova.html

 

In ascolto della volontà di Dio e del grido del popolo 

di Red. Cath. in Avvenire del 23 novembre 2021

A Città del Messico la prima assemblea ecclesiale dell'America Latina e dei Caraibi. Non la "classica" conferenza dell'episcopato latinoamericano, ma un «incontro del Popolo di Dio: laiche, laici, consacrate, consacrati, sacerdoti, vescovi, tutto il popolo di Dio che cammina» e in cui «si prega, si parla, si pensa, si discute, si cerca la volontà di Dio».

 

Il vescovo di Novara fa la guerra alla comunità di Pallanza 

di Valerio Gigante in Adista n. 42 del 27 novembre 2021 (Notizie)

Sinodalità, lotta al clericalismo, ruolo dei laici nella Chiesa. Temi che sembrano al centro del dibattito ecclesiale. Della spinta riformatrice di questo pontificato. Ma nelle tante realtà locali in cui si declina la vita ecclesiale si evidenzia la distanza talvolta siderale tra ciò che si proclama e ciò che si realizza.

 

Maddalena e il giardiniere di nome Gesù 

di Tomaso Montanari in il Venerdì del 26 novembre 2021

Chiamare per nome, dividere il cibo, prendersi cura: è così, lo sappiamo, che è possibile fare di ogni estraneo un amico. E chissà che non sia proprio questo il senso ultimo di quel memorabile dialogo. I nostri occhi spesso non bastano a riconoscere chi ci sta di fronte. Ma è proprio lì, in quello straniero, ciò che stiamo cercando: la nostra comune umanità. La salvezza. Imparare a chiamarci per nome in tutte le lingue del mondo, custodire insieme il Giardino: un'idea di resurrezione che, sì, assomiglia davvero a una danza.

 

Le donne yazide abbandonate dall'Europa 

di Marta Serafini in Corriere della Sera del 24 novembre 2021

Vendute come schiave, stuprate e uccise dall'Isis dopo il massacro di Sinjar del 2014, per loro ci sono stati proclami, premi, sostegno e dichiarazioni. Ma ora come altre migliaia di migranti iracheni, siriani e curdi, sono respinte al confine tra Polonia e Bielorussia

 

Si parte dalla Libia grazie ai corridoi Niger, aperta un'altra via di speranza 

di Paolo Lambruschi in Avvenire del 26 novembre 2021

Primo charter Onu dalla Libia con 93 richiedenti asilo. In 12 mesi arriveranno 500 persone vulnerabili tra cui bambini, vittime di tratta, di tortura e malati, liberati dalla detenzione o in mano ai trafficanti. Saranno accolti da Comunità di Sant'Egidio, Fcei e Tavola Valdese nelle comunità locali e potranno chiedere lo status di rifugiato. Dal Niger, altri racconti.

 

I mille avvocati di strada che restituiscono dignità ai senza dimora (e agli ultimi)


Sono lo studio legale più grande d’Italia, tutti “soci” volontari, con il fatturato più povero: zero euro. Assistono persone precipitare nella povertà dopo licenziamenti, sfratti, divorzi, costrette oggi a vivere sui marciapiedi, nei dormitori, in auto. Per tutti la sfida più grande: ottenere un indirizzo di residenza per non essere più invisibili.

Su "Internazionale" di Maria Novella De Luca; ecco il link:

http://www.libertaegiustizia.it/2021/11/13/i-mille-avvocati-di-strada-che-restituiscono-dignita-ai-senza-dimora-e-agli-ultimi/

Lunedì 29 novembre: Giornata Onu di solidarietà con il popolo palestinese

 Cosa possiamo fare? Io intanto la serata di LUNEDI la dedico alla Palestina!



Dott.ssa Violette Khoury, Palestinese cristiana cittadina israeliana, nata a Nazareth, laureata in farmacia, madre e nonna, impegnata da sempre per la giustizia e la Pace, responsabile del centro Sabeel a Nazareth dal ’96 al 2016. Nel 2014 ha fondato l’organizzazione Nasijona-Nazareth di cui è attualmente la direttrice.

 

Fr. Raed Abu Sahlieh palestinese, nato a a Zababdeh , già Vicario in Giordania, parroco in diverse località della Palestina, Professore presso il Seminario del Patriarcato Latino di Gerusalemme, prima segretario poi Direttore Generale della Charitas di Gerusalemme, attualmente parroco di San Giuseppe Lavoratore a Reneh (Galilea)

 

Sono gli amici di Sabeel che dialogheranno con Riccardo Michelucci giornalista, saggista e traduttore. Scrive per Avvenire, Focus Storia, il Venerdì di Repubblica ed è uno dei curatori della trasmissione “Wikiradio” di Radio Rai 3, in occasione della

 

Giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese.

Ci ritroveremo perciò in diretta Facebook

sulle pagine di Pax Christi Italia e di Bocche Scucite

lunedì 29 novembre alle 20,30 per l’evento:

“L’APARTHEID PALESTINESE:          UNA PANDEMIA SENZA FINE”

I dilemmi di una legge sull'eutanasia


Sulla rivista Rocca Giannino Piana, già docente di Etica cristiana all’Istituto Superiore di Scienze Religiose della Libera Università di Urbino e di Etica ed economia alla Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Torino, collaboratore di diverse riviste, ha scritto un articolo con il quale cerca di porre elementi di analisi sulla proposta di legge sull'eutanasia. Articola il suo intervento cercando di capire le origini e le diverse origini dell'aumento di questa richiesta, i rischi che un intervento legislativo sul fine vita - per quanto necessario - può porre, la necessità di una vigilanza attenta e costante. Termina ponendo i criteri per una valutazione morale.

A questo link il suo contributo al dibattito in corso: 

http://www.rocca.cittadella.org/rocca/allegati/800/PIANA.pdf

Don Tonino Bello venerabile. Il vescovo poeta dalla parte degli ultimi

Riconosciute le virtù eroiche del vescovo pugliese, passo importante verso la gloria degli altari. Nel 2018 il Papa aveva pregato sulla sua tomba 

Don Tonino Bello, il vescovo della “Chiesa con il grembiule

Incontrando il prefetto della Congregazione delle cause dei santi, il cardinale Marcello Semeraro, il Papa ha autorizzato la promulgazione del decreto che riconosce le virtù di monsignor Antonio Bello (1935-1993).

Chi era

Antonio Bello nasce ad Alessano (Lecce) il 18 marzo 1935 venendo battezzato il 15 aprile. Entra nel Seminario Minore di Ugento dove nel 1948 consegue la licenza di Scuola Media, per poi scegliere il liceo classico frequentato dal 1950 al 1953 presso il Pontificio Seminario Regionale “Pio XI” di Molfetta. Nel settembre 1953 si trasferisce a Bologna nel Seminario dell’Onarmo per i Cappellani del lavoro, frequentando i corsi di Teologia presso il Pontificio Seminario regionale “Benedetto XV” a Bologna. Ordinato sacerdote, l’8 dicembre 1957 ad Alessano, il 26 settembre di due anni dopo consegue la licenza in Teologia presso la Facoltà Teologia di Venegono e il 3 luglio 1965 si laurea in teologia alla Pontificia Università Lateranense. Il 30 settembre 1976 è nominato rettore del Seminario vescovile di Ugento e il giorno successivo vicario episcopale per la cultura. Parroco della Natività di Maria in Tricase dal 1° gennaio 1979, il 10 agosto 1982 è nominato vescovo di Molfetta, Giovinazzo e Terlizzi e il 30 settembre anche di Ruvo di Puglia ricevendo l’ordinazione episcopale il 30 ottobre successivo. Il 23 novembre 1982 riceve l’incarico presso la Conferenza episcopale pugliese (Cep) per “la Pastorale del turismo”, cui segue l’anno successivo il ruolo di “vigilanza nella formazione spirituale e la disciplina” nella Commissione episcopale di vigilanza del Pontificio Seminario Regionale “Pio XI” di Molfetta e il 12 dicembre 1984 quello di responsabile della “Pastorale del lavoro e dell’emigrazione”.

Dal 1985 presidente di Pax Christi Italiana, il 12 maggio 1987 viene incaricato nella Cep del settore pastorale della “giustizia e pace”. Muore a Molfetta il 20 aprile 1993. È sepolto nel Cimitero di Alessano.

L’iter per la sua beatificazione si è aperto a livello diocesano il 30 aprile 2010 con la prima seduta pubblica nella Cattedrale di Molfetta. Oggi, infine, il via libera del Papa al decreto che ne riconosce le virtù eroiche. Monsignor Antonio Bello diventa venerabile.

Pastore poeta sempre dalla parte degli ultimi

Un amico, un compagno di viaggio, un pastore. Semplicemente un uomo. Monsignor Antonio Bello, per tutti don Tonino, è stato tante vite in una sola, unificate dall’amore a Dio e alla Chiesa, nel segno dell’attenzione privilegiata ai poveri, così come insegna il Vangelo. Apostolo della Chiesa con il grembiule, secondo una felice definizione, la sua anima sensibile e profonda si è tradotta in articoli giornalistici di forte impatto sociale, in preghiere nata dalla vita quotidiana, in poesie di struggente dolcezza spesso dedicate alla Vergine. Ma se chiedete a chi l’ha conosciuto vi dirà che di lui colpiva soprattutto la semplicità, il condividere l’esistenza comune della gente “normale”, l’avere la porta sempre aperta. Prima di casa, poi di parrocchia, infine in episcopio. Ci si rivolgeva a lui per un aiuto, per una parola di conforto, per avere un cuore aperto cui spalancare il proprio, dando un volto e un nome alle proprie angosce, cui don Tonino opponeva il Vangelo dell’antipaura quello che verrà letto domenica prossima, prima di Avvento: “Alzatevi… Levate il capo” (Lc 21, 25-28.34-36). Un richiamo che era un invito costante ad amare sempre l’uomo, ogni uomo, a partire dalla sua fragilità, dalle sue manchevolezze. «Capire i poveri era per lui vera ricchezza – disse papa Francesco il 20 aprile 2018 ad Alessano davanti al cimitero in cui è stato sepolto monsignor Bello –. Aveva ragione, perché i poveri sono realmente ricchezza della Chiesa». Un insegnamento da non dimenticare, soprattutto oggi «di fronte alla tentazione ricorrente di accodarci dietro ai potenti di turno, di ricerca privilegi, di adagiarci in una vita comoda». Quella che il “fratello vescovo" rifiutava, come sottolineò nei suoi famosi “auguri scomodi”. La forza per non cedere, per imparare a leggere la realtà con gli occhi del Padre la trovava nella tante ore in preghiera, nella celebrazione del Pane di vita, nell’amore all’Eucaristia. Pane spezzato, disse ancora papa Francesco sempre tre anni fa ma a Molfetta, che diventava pane di pace. Don Tonino sosteneva che «la pace non viene quando uno si prende solo il suo pane e va a mangiarselo per conto suo. […] La pace è qualche cosa di più: è convivialità». È «mangiare il pane insieme con gli altri, senza separarsi, mettersi a tavola tra persone diverse», dove «l’altro è un volto da scoprire, da contemplare, da accarezzare». Nel rispetto della diversità di ciascuno, diventando così convivialità delle differenze, immagine divenuta nel tempo riferimento anche per il dialogo ecumenico e interreligioso. Tuttavia nel giorno in cui la Chiesa riconosce la venerabilità del vescovo pugliese, passo importante nel cammino verso gli altari, non si può dimenticare le polemiche che accompagnarono tante sue scelte. 

Come il pellegrinaggio del 1992, quando, già malato di cancro, il 7 dicembre si imbarcò da Ancona insieme a 500 pacifisti per arrivare a Spalato e da qui raggiungere a piedi Sarajevo, da diversi mesi sotto assedio serbo in una sanguinosa guerra civile. La strada per la pace è «la nonviolenza attiva – disse in un cinema illuminato dalle candele perché mancava l’elettricità – gli eserciti di domani saranno questi: uomini disarmati». Un paradosso, un’iperbole d’amore che trova radice nella Parola e nella sua traduzione in una vita, piena, riuscita come quella di chi si affida al Signore. Io – scriveva don Tonino Bello sono «un buono a nulla. Ma capace di tutto, perché consapevole che, quanto più ci si abbandona a Dio, tanto più si riesce a migliorare la gente che ci sta attorno”.

Avvenire del 25 novembre