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La Ke’arà – il Vassoio del Seder


La composizione del piatto di Seder è precisa e altamente simbolica in quanto ogni alimento è associato ad un episodio importante della fuga del popolo ebraico dall’Egitto.

Il piatto del Seder è composto da:          
– 3 matzot     
– uova e osso                      
– erbe amare: maror (sedano) e lattuga 
– haroset


I 3 matzot       
I matzot (gallette di pane non lievitato) devono essere consumati e rappresentano la precipitazione del popolo israelita che è dovuto partire senza poter aspettare che il pane fosse lievitato. Ci vogliono 3 matzot: 2 per i 2 pani dei giorni di festa (che sono due), 1 che si divide a metà ed è il simbolo della separazione del Mar Rosso.

Secondo la tradizione ebraica, i 3 matzot rappresentano i tre patriarchi: Abramo, Isacco e Giacobbe. Secondo la Cabala, questi 3 matzot rappresentano invece i Cohen, i Levi e Israele simboli dell’unità del popolo ebraico.


Le uova e la coscia di pollo   
L’uovo è il simbolo del ciclo della vita (la vita e la morte) e una delle uova associata ad una coscia di pollo rappresenta il sacrificio fatto nel tempio.


Le erbe amare: maror (sedano) e lattuga (erbe amare)      
Le erbe amare servono a ricordare la sorte degli ebrei tenuti in schiavitù mentre la lattuga è il simbolo della pietà di Dio per il suo popolo che aiuta a fuggire dall’Egitto.


L’haroset
L’haroset è un miscuglio di noci, fichi, melograni, datteri, mele e vino rosso. Rappresenta i mattoni di argilla fabbricati dagli schiavi ebrei in Egitto.

La vita di ogni essere umano vale più del denaro dell’uomo più ricco del mondo


“C’è una frase che ho letto qui, recita la vita di ogni essere umano vale più del denaro dell’uomo più ricco del mondo. In questa frase è racchiuso il senso del mio essere qui nel primo giorno di settimana santa”. Così l’arcivescovo metropolita di Napoli don Mimmo Battaglia ha aperto la celebrazione eucaristica che si è svolta all’interno della fabbrica Whirlpool minacciata di chiusura

Don Mimmo ha detto che per lui la settimana di Pasqua inizia con un’azione per “sostare accanto alle infinite croci di oggi, dove Cristo continua a essere crocifisso” e per “sostare accanto alle vostre lacrime, che sono sempre sacre. Su questo altare ci sono le preoccupazioni e le paure, ma anche la speranza”.

“Quello di oggi – è un segno piccolo, che però vuole sottolineare tutta la vicinanza mia e della Chiesa a ciascuno di voi: noi ci siamo, siamo accanto a voi”. Così l’arcivescovo a aprendo la sua omelia durante la celebrazione eucaristica. Don Mimmo si è rivolto ai lavoratori, spiegando che la sua presenza “in questa fabbrica, nella quale entro con umiltà, è per dirvi che la Chiesa è con voi e condivide la vostra sofferenza. Insieme a voi la Chiesa chiede che si cerchino senza indugio strade da percorrere per trovare soluzione capaci di dare serenità a voi, alle vostre famiglie e ai vostri figli per riaccendere il sorriso e la speranza”.

Mercoledì. Accompagniamo Gesù in questa Santa Settimana - Mt 26,14-25

Uno di voi mi tradirà 

Quella parte di Giuda che è il noi, che il Signore non riconosce come suo progetto e che attende di essere resa nuova da Gesù che non condanna, ma che continua a farci percepire il suo amore per noi, nel battito del suo cuore ...

Ascoltiamo questo breve commento: https://www.youtube.com/watch?v=yoWpuZrzV3Y



In quel tempo, uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariòta, andò dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnare Gesù. 

Il primo giorno degli Ázzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Ed egli rispose: «Andate in città da un tale e ditegli: “Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli”». 

I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua. Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. 

Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?». Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». 

Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto».



Preghiamo

Dio di amore, che conosci l’umana debolezza e le nostre cadute in mezzo tante prove, noi ti preghiamo: rialzaci per la tua misericordia e porta a compimento l’opera che hai iniziato in noi.

Le tue misericordie non sono finite, non sono esaurite le tue compassioni: rinnovale ogni giorno, perché grande è la tua fedeltà


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Non ci resta che cercare di essere come «il discepolo amato», quello che ha come nome proprio l’amore che Gesù ha per lui. Siamo chiamati a porre il nostro capo sul petto di Gesù per sentire ripetere, nei battiti del suo cuore, il nostro nome di «amati da lui». Allora, dopo i giorni della passione, potremo seguirlo nella sua casa, dove egli ci ha preparato un posto alla festa imbandita per noi.

 

A tavola con Gesù



È solo un caso che da Lunedì santo a Giovedì Santo, i vangeli siano tutti ambientati a tavola? 

Prima a Betania, poi nel cenacolo. La liturgia insiste nel farci proclamare questi passi nei quali Gesù nei suoi ultimi giorni sta a tavola…

La tavola è il luogo dove si condividono i pasti ma anche dove si giunge dopo il lavoro stanchi ed affaticati. È allora anche un luogo dove, si è accolti e ci si riposa, si dialoga, ci si confida.


La tavola è il luogo dove lui ha preso i nostri piedi sporchi, malati e li ha lavati.


Siamone certi, Lui ci accoglie così come siamo. Se ancora pensiamo ad un Dio pronto a giudicarci, rendiamoci conto che in questi giorni accadrà il più incredibile degli avvenimenti: un giudice sospende la nostra condanna, perché ha scelto di andare a morire al nostro posto. 


Solo l’amore crea”, diceva padre Massimiliano Kolbe, martire ad Auschwitz. 

Bussare alla vita

 


Questo interminabile inverno pandemico vorrebbe imporsi alla primavera della Pasqua che nonostante tutto avrà la meglio. E all’Apiario Solidale la spiritualità della comune lotta e responsabilità per la vita si apprende perfino nell’affascinante rito del bussare dell’apicultore alle porte delle arnie.             

Anche quest’anno Aldo, in una delle ultime mattine invernali, ha compiuto titubante questo gesto sconosciuto e rivelatore: si è chinato e ha bussato sulle arnie, in attesa della risposta delle api.            

Di solito, quasi all’unisono, rispondono in coro come a dire: siamo tutte vive! Ma se invece il silenzio è letteralmente “tombale”, significa forse che sono tutte morte…     
Eppure le sorelle api, tutte insieme, erano state prudenti, resistendo ai lunghi mesi dell’inverno con il miele tenuto dentro l'alveare. Lo avevano usato con parsimonia, sapendo che sarebbe stato la loro unica risorsa di vita. Ma allora è tutto finito? 

Da quel senso di morte può scaturire una straordinaria energia di vita e, come sperimenteremo in tutta la settimana santa, ancora una volta la morte non ha l’ultima parola.           
Aldo può confidare ancora nella sua capacità di dare vita e calore: apre subito l’alveare e appoggia nel palmo della sua mano il corpicino dell’ape regina, provando a rianimarla scaldandola col fiato e con l’amore.            

Che forza e che tenerezza in quel gesto!      
E perché allora non proviamo tutti a donare energia di vita nuova tenendo nel palmo della mano chi non ce la fa più per la pandemia?        
Scaldiamo tra le nostre mani cuori amici congelati dalla paura.      
Prendiamo in mano il peso morto degli scoraggiati. 
Tratteniamo come per una carezza o una coccola, con un po’ di amore, questo nostro mondo malato.


Per questo sia Buona la Pasqua!

Martedì. Accompagniamo Gesù in questa Santa Settimana - Gv 13,21-33.36-38

Uno di voi mi tradirà… Non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte.

Una notte che attende di essere illuminata. Ascoltiamo questo breve commento: 

https://www.youtube.com/watch?v=f9v0q2b144I



 

In quel tempo, [mentre era a mensa con i suoi discepoli,] Gesù fu profondamente turbato e dichiarò: «In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». 

I discepoli si guardavano l’un l’altro, non sapendo bene di chi parlasse. Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece cenno di informarsi chi fosse quello di cui parlava. Ed egli, chinandosi sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?». Rispose Gesù: «È colui per il quale intingerò il boccone e glielo darò». E, intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda, figlio di Simone Iscariòta. 

Allora, dopo il boccone, Satana entrò in lui. Gli disse dunque Gesù: «Quello che vuoi fare, fallo presto». Nessuno dei commensali capì perché gli avesse detto questo; alcuni infatti pensavano che, poiché Giuda teneva la cassa, Gesù gli avesse detto: «Compra quello che ci occorre per la festa», oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri. Egli, preso il boccone, subito uscì. Ed era notte.

Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire». 

Simon Pietro gli disse: «Signore, dove vai?». Gli rispose Gesù: «Dove io vado, tu per ora non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi». 

Pietro disse: «Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!». Rispose Gesù: «Darai la tua vita per me? In verità, in verità io ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte».



Preghiamo:

Concedi anche a me, oggi, di reclinare il mio capo sul tuo petto, Signore per attendere di essere da te illuminato.

Aiutami ad ascoltare il tuo suo silenzio, a contemplare il tuo sguardo, a fare mio il tuo sguardo che è rivolto a chi è stanco, affaticato, ammalato, oppresso, sconsolato... 

Aiutami ad essere il tuo petto dove chiunque possa trovare conforto.

 

* * * * * *


Se la pianta non si orienta verso la luce, appassisce. Se il cristiano rifiuta di guardare la luce, se si ostina a guardare solo le tenebre, cammina verso una morte lenta; non può crescere né costruirsi in Cristo.

A poco a poco Cristo trasforma e trasfigura tutte le forze ribelli e contraddittorie che ci sono dentro di noi... Piangere sulla nostra ferita ci trasformerebbe in uno strazio, in una forza che aggredisce con violenza noi stessi e gli altri, soprattutto chi ci è più vicino. Una volta trasfigurata da Cristo, la ferita si trasforma in una fonte di energia, in una sorgente da cui scaturiscono le forze di comunione, di amicizia e comprensione. Questa trasfigurazione è l'inizio della risurrezione sulla terra, è vivere la Pasqua insieme a Gesù; è un continuo passare dalla morte alla vita.

 

- frère Roger di Taizè -

Lunedì. Accompagniamo Gesù in questa Santa Settimana - Gv 12,1-11

L'unzione di Betania
A Betania (=la casa dei poveri) abitava Marta, Maria e Lazzaro. Ci viene un insegnamento su come accogliere il dono che Gesù sta per farci. Ascoltiamolo in questo breve commento: 




Dal Vangelo secondo Giovanni (12,1-8)
Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell'aroma di quel profumo. Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: «Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, vi prendeva quello che vi mettevano dentro. Gesù allora disse: "Lasciala fare, perchè ella lo conservi per sul giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me".
Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli av era risuscitato dai morti. I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Lazzaro, perchè molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.

Preghiamo
Gesù, aiutaci a diffondere il tuo profumo ovunque andiamo;
inondaci del tuo spirito e della tua vita;
prendi possesso del nostro essere pienamente,
perché tutta la nostra vita sia un'irradiazione della tua;
e chiunque ci avvicini senta in noi la tua presenza.
Resta con noi, così cominceremo a risplendere
come risplendi tu, per essere luce per gli altri.
Fa' che noi predichiamo te, senza predicare,
ma con il nostro esempio, con la forza che trascina,
con l'evidente pienezza dell'amore di cui il nostro cuore trabocca. Amen

cfr. John Henry Newman







 

Un suggerimento di ascolto per tre atteggiamenti

 



Don Marco Cairoli, biblista apprezzato di Como, commenta brevemente ma efficacemente la seconda lettura della liturgia della Domenica delle Palme come introduzione alla Settimana Santa offrendo lo spunto di tre atteggiamenti da fare nostri.
L'audio-video è stato proposto dall'Oders della nostra Diocesi. Ecco il link:


https://youtu.be/K55CbwxUBZQ


S. Paolo al Filippesi, cap. 2

5 Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù,
6 il quale, pur essendo di natura divina,
non considerò un tesoro geloso
la sua uguaglianza con Dio;
7 ma spogliò se stesso,
assumendo la condizione di servo
e divenendo simile agli uomini;
apparso in forma umana,
8 umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e alla morte di croce.
9 Per questo Dio l'ha esaltato
e gli ha dato il nome
che è al di sopra di ogni altro nome;
10 perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra;
11 e ogni lingua proclami
che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre.

Banksy. Graffiti sul limite - Passione e Resurrezione

 


Banksy ha realizzato questi lavori nel 2005 sul muro della barriera israelo-palestinese della Cisgiordania.

Pensando alla Passione di Gesù, cogliamo che la rete metallica in primo piano ricorda la sua cattura e il suo arresto e la separazione da tutti i suoi amici e conoscenti.Il filo spinato evoca la corona di spine e quindi le vessazioni e le torture cui fu sottoposto. Il muro grigio, altissimo e impenetrabile, evoca il mistero della morte, ma anche il muro di odio nei confronti di Gesù eretto dai capi dei sacerdoti, dagli scribi e dal sinedrio. 

Sappiamo però che la vita di Gesù non termina in un grigio sepolcro di pietra. 

Ecco allora che il buco lasciato dalla pietra del sepolcro rotolata via si apre sulla bellezza della resurrezione.

(da: insiemesullastessabarca)


 



La famiglia che non ci fu mai: l'Italia si è opposta a donare vaccini all'Africa

Un articolo di Tomaso Montanari in il Venerdì del 26 marzo 2021

Oggi fa una certa impressione leggere che proprio l'Italia si è opposta alla proposta di Francia e Germania di donare all'Africa le 13 milioni di dosi di vaccino necessarie per immunizzare tutti gli operatori sanitari. Salvarsi da soli è avarizia, diceva don Milani, salvarsi insieme è politica.

Egon Schiele, la famiglia, Olio su tela, 1918, Oesterreichische Galerie Belvedere, Vienna.

Quanto si ricorderà della pandemia di coronavirus, tra un secolo? Verrebbe da dire, speriamo poco o nulla: perché allora vorrebbe dire che tutto a un certo punto è finito davvero. Che non era una fase nuova, la rottura definitiva di un equilibrio: ma una delle tante epidemie dalle quali pensavamo di esserci liberati. Ma, invece, se ricorderemo, allora forse ci prepareremo anche. La ricerca al primo posto nella spesa degli Stati, cambi di paradigma, giustizia sociale e ambientale: questa dovrebbe essere l'eredità della pandemia. Tuttavia, se pensiamo alla spagnola, dobbiamo dire che dopo un secolo abbiamo dimenticato tutto. Qualche libro, qualche quadro ci ricordano cosa fu.
Questo su tutti. È un quadro di una bellezza e di una tristezza quasi insostenibili. Non lo si può guardare senza piangere. È l'ultimo quadro di Egon Schiele, nato nel 1890 e morto nel 1918. L'Albertina, il museo dell'accademia artistica di Vienna, conserva la gran parte dei suoi meravigliosi e inquietanti fogli in cui corpi nudi femminili e maschili si contorcono come fili di ferro. Una parossistica temperatura erotica domina questi corpi, disperatamente colmi di vita e insieme fragili come fiamme in una tempesta.

Qua invece vediamo lui, Egon. Con sua moglie Edith. E con il loro figlio, che Egon — e come lui nessun altro — non vide mai. Perché Edith morì, incinta di sei mesi, di spagnola. Era i128 ottobre 1918, ed Egon la seguì nella morte tre giorni dopo, alla vigilia di Ognissanti. Quel quadro era stato dipinto come una profezia: quella di una famiglia. Una profezia che non si avverò.

Cosa non faremmo, oggi per salvarli, se potessimo? Eppure abbiamo perso la memoria di quella terrificante epidemia: della quale non c'è un bilancio preciso, anche se le stime più prudenti parlano di 50 milioni di morti.

Se ci chiediamo perché, la risposta sta forse in un dato terribile: in Europa la Prima guerra mondiale fece più morti della spagnola, che invece massacrò i continenti e i paesi più poveri. E la storia la scrivono i più ricchi e "avanzati": così avanzati che riescono ad ammazzarsi a vicenda più e meglio delle più terribili malattie.

Così, oggi fa una certa impressione leggere che proprio l'Italia si è opposta alla proposta di Francia e Germania di donare all'Africa le 13 milioni di dosi di vaccino necessarie per immunizzare tutti gli operatori sanitari. Salvarsi da soli è avarizia, diceva don Milani, salvarsi insieme è politica.
E se guardo il quadro di Schiele, penso che oggi quella famiglia sia nera, e viva in Africa. E che se con tutta la nostra arte e la nostra cultura non pensiamo a salvarla, allora quell'arte e quella cultura non valgono davvero niente.

L' Albero di Pasqua cresce....

  

                                              

Mercoledì delle Ceneri era completamente spoglio. La prima Domenica di Quaresima si è arricchito del simbolo dell'acqua a ricordaci il racconto del Diluvio segno del Battesimo dopo il quale Gesù è stato sospinto nel deserto tentato tra le fiere e gli angeli mentre, la seconda Domenica, di fiori bianchi a ricordarci la trasfigurazione di Gesù. La scorsa Domenica ai suoi rami sono stati appesi dei rotoli di pergamena a ricordare il dono delle 10 Parole proclamate nella Prima Lettura. Nella Quarta Domenica di questa Quaresima, i suoi rami si sono ornati di anelli incrociati a rammentarci la fedeltà del Signore dalla quale siamo avvolti e che ci è stato proposto di far nostra.

Oggi, Domenica delle Palme, sono stati aggiunti rami di ulivo, simbolo di pace, riconciliazione, ricongiungendoci al messaggio della prima domenica di Quaresima: il ramoscello di ulivo portato dalla colomba a Noè ad indicare la rigenerazione e il rifiorire della terra dopo la distruzione causata del diluvio.


Il Significato dell'Albero di Pasqua

Durante l’Avvento, seguendo le indicazioni degli Evangeli, abbiamo rovesciato le pietre della solitudine, del disorientamento, dell’insicurezza, della presunzione.

A Natale abbiamo festeggiato il Signore che ha posto la sua tenda, le sue radici nella nostra umanità e noi siamo chiamati ad affondare le nostre nella sua Parola, in particolare in quella che risuonerà nel cammino di questa Quaresima per poter essere, come dice il Salmo 1, quell’uomo che è come un albero piantato lungo corsi d’acqua, che dà frutto a suo tempo e le sue foglie non appassiscono.

Ecco allora perché, durante questo periodo liturgico, in Chiesa c'è un albero, inizialmente  totalmente spoglio. Ma, domenica dopo domenica, si sta arricchendo dei simboli che la liturgia di volta in volta ha suggerito, fino ad essere carico dei suoi doni il giorno della festa della Risurrezione.



Ascoltando la passione ....

 

Oggi, ascoltando la Passione, siamo stati inviati a inginocchiarci ricordando quanto aveva detto mercoledì papa Francesco: "Anch'io con suo Ann mi inginocchio sulle strade del Myanmar”. Ieri in quel paese è stata un’ecatombe: quasi cento giovani inermi e nonviolenti uccisi da quelle “Forze Armate” che festeggiavano la loro Giornata. Il gesto di suor Ann aveva scosso il mondo quando aveva fermato l’esercito gettandosi a terra.

Oggi, ascoltando la Passione, alle parole "dando un forte grido consegnò lo spirito" siamo stati inviati a metterci in ginocchio davanti all'uomo che continua ad esse torturato ed ucciso in tropi angoli della terra. 

Oggi, ascoltando la Passione, siamo stati inviati a inginocchiarci ricordando i due bambini, di 5 e 13 anni uccisi a Yangon mentre sfidavano i soldati armati come quelli che, come si è ascoltato nel Vangelo: “lo condussero dentro il cortile, convocarono tutta la truppa, gli sputavano addosso e lo percuotevano alla testa”. Oggi i militari hanno dichiarato che i ragazzi erano stati avvertiti: “Spareremo alle spalle e alla testa”. E così hanno fatto. 

Oggi, ascoltando la Passione, siamo stati inviati a inginocchiarci ricordandoci in Cristo di tutti gli oppressi di tutti i Myanmar della storia




La Settimana Santa e il Triduo Pasquale

 


Oggi inizia la Settimana Santa che ci condurrà, seguendo passo a passo Gesù, a far memoria della sua passione, morte e risurrezione. Far memoria: “zikkaron” in ebraico che significa “rendere attuale”; non semplicemente ricordare, ma essere noi posti sotto la sua croce e scoprire il sepolcro vuoto.

Il Triduo Pasquale è una celebrazione unica che inizia il Giovedì Santo con la Messa in Coena Domini che termina senza la benedizione finale, prosegue con l’Azione Liturgica della Passione del Signore, per concludersi – dopo il Sabato Santo, l’unico giorno dell’anno senza alcuna liturgia – con la Veglia Pasquale che esplode della celebrazione della Risurrezione del Signore, il giorno di Pasqua.

Una settimana ricchissima, con la proclamazione di una parola da contemplare più che da commentare, che invita ad un esercizio: l’immedesimarsi, giorno per giorno, con ciascun attore, con ciascun personaggio che la liturgia giorno dopo giorno ci propone.


Lieto cammino in questa Settimana Santa!

Pensierino nella Domenica delle Palme - Mc 11,1-10

(Renato Gottuso, 1985 - Litografia a colori)


Domenica delle Palme: Mc 11,1-10

Oggi la liturgia fa compiere uno scatto, un salto deciso. Non è più tempo di camminare ponendoci domande su Gesù e ricevendo risposte. È tempo di decidere: seguirlo o abbandonarlo anche noi. L’Evangelo di Marco fa notare come all’inizio le folle che lo ascoltavano crescevano sempre di più, poi iniziano a scemare fino a ridursi una manciata donne, discoste, sotto la croce. 

Eppure oggi Marco ci narra e ci invita a far nostra l’attenzione minuziosa che ha Gesù fino alla fine per coloro che gli sono stati affidati, senza chiedere nulla in cambio. In un Evangelo stringato come di Marco, oggi si sofferma sui dettagli proprio per dirci questo, non per sorprenderci con la sua capacità di leggere e anticipare quanto accadrà. 

Inoltre, fino a questo momento aveva sempre rifiutato e tacitato chi voleva affermare la sua realtà. Oggi invita i discepoli a dire al padrone dell’asino che “il Signore (il Kyrios) ne ha bisogno” e si affretta a raccomandargli di rassicurarlo “lo rimanderà subito”, Gesù non è un padrone dispotico che ritiene suo possesso tutto (anche se, come Creatore, tutto gli appartiene), rispetta chi ne ha l’uso dal quale dipende il suo sostentamento quotidiano.

Come viene ricambiato? Viene equivocato “gli gridano: Osanna” che, di per sé è una invocazione: “Dio, aiutaci, salvaci!”. Qui invece assume un altro significato, non è una invocazione, è l’affermazione con atteggiamento scostante di presuntuosa sicurezza, che Gesù ora realizzerà “il regno del nostro padre Davide”. Gesù però aveva passato la sua vita tra di loro annunciando che Dio si era fatto presente, vicino a ciascuno, che aveva assunto la realtà di ognuno per trasformarla dall’interno, per offrire a tutti la possibilità di vivere in pienezza ciò per cui si è venuti al mondo; questo è il Regno d’amore del Padre che era venuto, viene e verrà. Non quello relativo a un potere temporale come quello realizzato da Davide.

Allora quel grido “Osanna” non è più una invocazione di aiuto, la disponibilità di accogliere l’amore di Dio, è la pretesa di dirgli cosa deve fare. È la tentazione di tutti, sia di chi lo precede quasi a volergli indicare la strada, sia chi a ruota lo segue; cioè sia di chi ha “ruolo”, sia di chi non ne ha, di chi supinamente si accoda alle grida degli influencer del momento; ieri come oggi, in ogni ambito.

Non tengono conto, non gli interessa che lui venga da Betania, che significa la Casa del Povero, vogliono che realizzi la loro volontà, le loro attese, le loro pretese, i loro progetti e non quelli del Padre, anche se più volte avevano già tentato di ucciderlo.

Dieci versetti intensi su cui confrontare la nostra vita, la nostra preghiera, il nostro rapporto con il Signore, la nostra realtà quotidiana.


Lieta Domenica a tutti!

Il Foglietto "La Resurrezione" - Domenica delle Palme - 28 marzo 2021

 




Questa sera, sabato 27 marzo, inizierà il primo giorno di Pasqua per i nostri "gemelli"


Questa sera, per gli ebrei sarà la prima notte nella quale celebreranno il Seder della festa di Pesah. L'Haggadah che sarà proclamata racconta di quattro notti, le stesse quattro notti delle quali noi saremo chiamati a fare memoria sabato, durante la nostra Veglia Pasquale.

È l'unica celebrazione che si svolge non attorno a un numero primo, ma al numero quattro: quattro azzime, quattro calici, quattro bambini, quattro domande, quattro cibi, quattro ... un racconto ricchissimo nel quale affondano profondamente e si abbeverano continuamente le radici della nostra stessa celebrazione Eucaristica.

Gli ebrei non sono solo nostri "fratelli", sono i nostri "gemelli" perché siamo nati assieme dallo stesso grembo del medio giudaismo e stiamo imparando a camminare nuovamente assieme.



Il Sabato di Lazzaro

“Lazzaro, vieni fuori” è la nostra vocazione di ogni giorno: vieni fuori da te stesso, dai tuoi limiti sempre più evidenti, dai tuoi condizionamenti sempre più pesanti, dalle tue chiusure sempre più miopi verso gli altri o le altre. Dal tuo destino di morte, dal sepolcro più o meno confortevole, più o meno puzzolente in cui ti sei rinchiuso. Ogni giorno, e sempre di più. “Quand’è che viene il Messia?” si chiedono i Rabbini. E rispondono con le parole del Salmo 95: “Oggi, se ascoltate la mia voce”
(fr Alberto di Bose)


C’è una tradizione nelle Chiese, in particolare quelle Orientali che, nella liturgia del sabato precedente la Domenica delle Palme, fanno memoria della risurrezione di Lazzaro come figura di quella di Gesù che avverrà una settimana dopo.

L’identificazione di questo sabato avviene seguendo gli ultimi giorni di Gesù negli Evangeli Sinottici (Marco, Matteo e Luca), che scandiscono di fatto il tempo giorno dopo giorno. Il primo di questa sequenza senza interruzioni è il sabato e viene narrata la risurrezione di Lazzaro.

La liturgia orientale prevede una processione nella natura alla ricerca dei segni della primavera, del risvegliarsi dei campi, dei fiori, delle prime gemme sugli alberi.

Durante questa processione vengono cantati dei salmi e proclamate due letture: la morte e la sepoltura di Giacobbe (Gn 49,29-50,24) e il brano della risurrezione di Lazzaro (Gv 11,1-57).

I salmi vengono cantati e le letture vengono lette a brevi pericopi fermandosi di fronte alle gemme e ai fiori.




I salmi, che qui vengono sintetizzati, sono divisi in due gruppi: il 142-143 e il 16-17

I primi due sono salmi di invocazione che si possono sintetizzare con due dei loro versetti: Signore, sii attento alla voce del mio pianto e per il tuo nome fammi vivere

I secondi due invece sono preghiere di fiducia al Signore al quale ci si affida in totale abbandono: Nelle tue mani è la mia vita, custodiscimi all’ombra delle tue ali

 

Salmo 142 - Sii attento alla voce del mio pianto

Ad alta voce supplico il Signore         
davanti a lui espongo la mia angoscia,

mentre il mio spirito viene meno.

Non c'è per me via di scampo,          

Io grido a te, Signore! 
Dico: «Sei tu il mio rifugio,     
sei tu la mia eredità nella terra dei viventi».

Ascolta la mia supplica           
Fa' uscire dal carcere la mia vita,      
perché io renda grazie al tuo nome;



Salmo 143 – Per il tuo nome fammi vivere

Signore, ascolta la mia preghiera!     
Per la tua fedeltà, porgi l'orecchio alle mie suppliche         
e per la tua giustizia rispondimi.

Il nemico mi perseguita,        

In me viene meno il respiro,  
il mio cuore cessa di battere.

A te protendo le mie mani,    
sono davanti a te come terra assetata         
Non nascondermi il tuo volto

in te mi rifugio.

Per il tuo nome, Signore, fammi vivere;        
per la tua giustizia, liberami dall'angoscia.