Esperienze che ci trasfigurano. Rimaniamo noi stessi, ma il volto è come preso dalla luce che c'è dentro.

Nel brano del Vangelo - così come lo racconta Matteo - stupisce che la reazione di timore dei tre discepoli di Gesù non avvenga dinanzi alla sua trasfigurazione, né all’apparizione dei due grandi personaggi dell’AT, Mosè ed Elia (come in Marco), e nemmeno quando la «nube luminosa» (paradosso) li copre con la sua ombra (come in Luca); bensì quando la voce divina li invita al ascoltare il «Figlio, l’amato; in cui è posto il compiacimento (del Padre)»: «All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore».


Oggi rischiamo di sottovalutare ed emarginare, nella vita della Chiesa, l’ascolto della parola di Dio. Nella fede, deve essere esperienza “trasfigurante”, che non coincide con la lettura e l’ascolto di pagine bibliche e non va confusa con segni dei tempi individuati attraverso un giudizio del mondo letto solo come lontano rispetto alla morale cristiana. Ascoltare la parola di Dio significa scoprire la presenza del Signore e accoglierla in noi; ma si tratta di una presenza che è altra, è luce che «fa risplendere la vita», dice Paolo nella seconda Lettura. È la presenza luminosa che abita Gesù. È una presenza che ci raggiunge grazie alla voce di Dio che, attraverso le Scritture, rivela che Gesù è il Messia («Questi è il mio Figlio», Sal 2,7), che Lui è servo («In Lui ho posto il mio compiacimento», Is 42,1), e profeta («Ascoltatelo!», Dt 18,15).
 
Il timore dei tre discepoli all’invito all’ascolto della parola di Gesù esprime simbolicamente quello che la Parola provoca in chi l’ascolta: essa conduce al cambiamento del cuore, alla conversione. L’ascolto autentico della Parola la fa diventare, in noi, il centro, sempre nuovo, capace di innovare la nostra esistenza. Emblematico è Abramo: l’ascolto della parola di Dio provoca in lui una crisi, un esodo, un’uscita dalla casa della sicurezza e delle abitudini, per iniziare in cammino che non poggia su sicurezze umane e tantomeno religiose, ma solo sulla fiducia in Dio.
 
«Il suo volto brillò (letteralmente: «lampeggio») come il sole e le sue vesti divennero candide (letteralmente: «lucenti, splendenti») come la luce». È come se Gesù, su quel monte e in quel giorno avesse lasciato libero sfogo - per così dire - al mistero di luce che lo abitava. Uso questa immagine, forse un po' banalizzante il grande evento di rivelazione avvenuto sotto gli occhi di tre discepoli, perché mi permette di agganciare la realtà di Gesù alla nostra: o meglio, esprimere quell'aggancio alla nostra realtà che è stata l'umanità di Gesù. Come Lui ha lasciato libero sfogo al mistero di Dio che lo abitava, così anche noi ci trasfiguriamo, se lasciamo libero sfogo alla presenza di Dio, alla luce che abita in ciascuno di noi.
Penso che questo lo possiamo verificare. Ci sono esperienze che ci trasfigurano: come l'esperienza di Dio, l'esperienza della natura, l'accoglienza dell'amore. Rimaniamo noi stessi, ma il volto è come preso dalla luce che c'è dentro. È una trasfigurazione che svela la vera personalità di una donna e di un uomo. Una personalità che la vita e i problemi di ogni giorno soffocano, ma che, in quelle esperienze, appare in tutta la sua luminosità. Questo lo fa Dio, questo vuole per ciascuno di noi: che il proprio volto, come quello del Figlio, sia splendente come il sole, sia splendente di Lui, dentro i nostri umanissimi e caratteristici tratti umani.
 
Lo stesso termine per dire delle vesti di Gesù trasfigurato («come luce», phòs) ricorre per dire il paradosso che esprime la presenza di Dio: una nube, quindi oscura, ma «luminosa» (photeinè). Il medesimo termine ricorre anche nella seconda Lettura: la grazia di Dio «è stata rivelata ora, con la manifestazione del Salvatore nostro Gesù Cristo. Egli ha vinto la morte e ha fatto risplendere (photìsantos) la vita». Questo è il dono gratuito del Signore. La sua opera è far risplendere la vita umana. Testi biblici come questi ci radicano nella fiducia che questa luce che rende bella e divina l'umanità si affermerà, nonostante tante oscure tragedie umane, come quelle di questi giorni, delle quali è responsabile l'uomo e la sua disumanità.
 
(Alberto Vianello)

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