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Rendere il Conclave più lento: verso una riforma ?

Una riforma del conclave, seppur piccola, che non ne alteri la composizione, le funzioni, le maggioranze, ma ne dilati i tempi sarebbe assai necessaria. Per più ragioni


Nel dicembre 2023, da uno dei siti americani dediti alla denigrazione di papa Francesco, sono state lanciate due notizie. La prima era che il pontefice aveva indetto i lavori per una riforma del conclave: più che una notizia, una non-notizia, giacché la manutenzione dell’istituto conclavario nei secoli è stata comune, e nel corso degli ultimi due quasi una costante, a garanzia che nessuno potesse impugnare l’elezione lamentando l’obsolescenza delle norme. La seconda era che il papa avrebbe inserito nel conclave (come ha fatto nel sinodo dei vescovi) altre figure non cardinalizie per aumentare la “rappresentatività” del corpo elettorale: novità che significherebbe l’abbandono della regola gregoriana che dal 1049 riserva al solo clero “cardinale” di Roma l’elezione del vescovo dell’Urbe, e trasformerebbe la scelta del successore di Pietro nel casting per un Padre generale o nel ceo di una multinazionale cattolica – che non esistono.



Hamas, Fatah, l’ANP, l’OLP: il difficile tentativo di riconciliazione per il futuro della Palestina

Paola Caridi: In mezzo, tra la diplomazia regionale e le fazioni palestinesi, sta un popolo in Cisgiordania che negli ultimi sondaggi ha espresso nella sua quasi totalità sfiducia verso l’ANP, e un popolo a Gaza disperato, sotto i bombardamenti e alla fame. Il tempo non c’è più, per il processo di riconciliazione. C’è, a malapena, il tempo per un accordo.


Le dimissioni di Mohammed Shtayyeh erano già nell’aria da giorni. Erano implicite anche nelle affermazioni del primo ministro dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) alla Conferenza per la Sicurezza di Monaco di Baviera. “Siamo pronti a impegnarci – aveva detto Shtayyeh -. Se Hamas non è pronta, questa è un’altra storia. Abbiamo bisogno dell’unità palestinese”. A margine, l’economista ex rettore della più importante università palestinese, Birzeit, aveva poi confermato una riunione tra le fazioni palestinesi a Mosca, in programma per il 26 febbraio. E proprio ieri Mohammed Shtayyeh ha rassegnato le dimissioni sue e del suo governo, in carica dal 2019, rimettendo poi il mandato nelle mani del presidente dell’ANP, Mahmoud Abbas.

L'intera analisi di Paola Caridi a questo link:

Cammino sinodale. Mons. Bulgarelli (segretario): “Un’opportunità di partecipazione per le Chiese locali”

Al termine del Comitato nazionale, il segretario mons. Valentino Bulgarelli indica al Sir lo stato dei lavori. "Stiamo mettendo a tema i contenuti emersi nella fase di ascolto. L’invio da parte loro di proposte sarà il banco di prova per vedere se questo stile di lavoro ha funzionato"


Si è riflettuto assieme sui linguaggi e sulla comunicazione per “incarnarsi nella realtà” nell’annuncio del Vangelo. Punto fermo, la consapevolezza che “la missione non è proselitismo ma essenza costitutiva della Chiesa”. Quindi, la catechesi con la necessità di andare oltre il modello scolastico dell’iniziazione cristiana, l’aggiornamento della formazione dei presbiteri sviluppando l’idea di comunità vocazionali e la creazione di spazi formativi comuni tra laici e presbiteri e presbiteri e vescovi. Ecco la traccia dei lavori del Comitato nazionale del Cammino sinodale, che si è svolto a Roma, il 24 e il 25 febbraio. Ne parliamo con mons. Valentino Bulgarelli, direttore dell’Ufficio catechistico nazionale e sottosegretario della Conferenza episcopale italiana (Cei), che del Comitato è segretario. Seguendo il tema della corresponsabilità – riferisce -, è emersa la necessità di realizzare approfondimenti su alcuni nodi specifici, quali gli organismi di partecipazione e i vari ministeri. Poi, le riflessioni hanno toccato le strutture parrocchiali e la loro articolazione. Con uno sguardo alla gestione dei beni della Chiesa con la consapevolezza che si evangelizza anche utilizzando bene le risorse. Tutto ciò, seguendo uno stile ben determinato, quello di Evangelii Gaudium.
In questi mesi, verrà preparata ...

L'articolo di Filippo Passantino continua a questo link:

Il Papa: invita per sabato 2 marzo a una giornata di preghiera e digiuno per la pace

"Ho un grande dolore nel cuore per il peggioramento della situazione". Papa Francesco esordisce così al termine della catechesi all'udienza generale di oggi facendo riferimento all'Ucraina ma ampliando lo sguardo a tutti i conflitti nel suo ampio appello alla pace che non nasconde forte preoccupazione e rammarico per l'esito, per ora negativo, registrato dai negoziati internazionali. Come me tanta gente nel mondo sta provando angoscia e preoccupazione. Ancora una volta la pace di tutti è minacciata da interessi di parte"

Francesco prosegue: "Vorrei appellarmi a quanti hanno responsabilità politiche perché facciano un serio esame di coscienza davanti a Dio, che è il Dio della pace e non della guerra, il Padre di tutti non solo di qualcuno che ci vuole fratelli e non nemici. Prego tutte le parti coinvolte perché si astengano da ogni azione che provochi ancora più sofferenza alle popolazioni, destabilizzando la convivenza tra le nazioni e screditando il diritto internazionale".

L'appello a credenti e non credenti

Francesco sa che la politica non basta a cambiare i cuori, solo Dio può farlo, si rivolge quindi a tutti invitando credenti e non credenti ad unirsi in una supplica corale per la pace: "Gesù ci ha insegnato che alla insensatezza diabolica della violenza, si risponde con le armi di Dio, con la preghiera e il digiuno. Invito tutti a fare il prossimo 2 marzo una giornata di digiuno per la pace. Incoraggio in modo speciale i credenti perché in quel giorno si dedichino intensamente alla preghiera e al digiuno. La Regina della Pace preservi il mondo dalla follia della guerra". 





Osservatorio sul Nord Est: La vita di coppia non è più un must

"Saremo felici o saremo tristi, che importa? Saremo l'uno accanto all'altra. E questo deve essere, questo è l'essenziale.", diceva Gabriele D'Annunzio. Ma oggi è ancora "l'essenziale" essere "in due"? Guardando ai dati analizzati da Demos per l'Osservatorio sul Nord Est, sembra che questa visione debba essere quantomeno aggiornata. 


Gli intervistati di Veneto, Friuli-Venezia Giulia e della Provincia autonoma di Trento, infatti, si dividono equamente tra chi ritiene fondamentale avere un rapporto di coppia (42%) e quanti lo giudicano importante, ma non indispensabile (42%). Il 14%, poi, pensa che questa non sia una condizione necessaria per avere una vita piena e il 2% ritiene sia meglio non avere alcun legame.

Rispetto al 2009, però, sembra essersi affermato un progressivo individualismo. Quindici anni fa, infatti, la percentuale di nordestini che riteneva fondamentale avere un partner era il 59%, mentre oggi si ferma al 42% ...


La descrizione dei dati a cura di Natascia Porcellato continua a questo link:

https://www.blogger.com/blog/post/edit/4950829250718985246/1476697164331346255

con questi temi:

L'importanza di essere in coppia oggi

Cosa è importante nella coppia

Ecumenismo, verso Nicea 2025

Una serie di anniversari prepara al 2025, Anno Santo e 1700esimo anniversario del primo Concilio Ecumenico


Per un caso che sa di provvidenza, nel 2025, Anno Santo, la Pasqua secondo il calendario gregoriano e la Pasqua secondo il calendario giuliano coincideranno. E così, nell’anno in cui si celebra anche il 1700esimo anniversario del primo Concilio Ecumenico, il Concilio di Nicea, i cristiani di tutto il mondo celebreranno la Pasqua insieme, come se la Chiesa fosse ancora indivisa.

Non è così, eppure i progressi nel dialogo ecumenico compiuti nel corso degli ultimi anni, con la spinta decisiva data dal Concilio Vaticano II, fanno sperare in un cammino di unità meno accidentato. Come di consueto, durante la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani, gli officiali del dicastero ecumenico vaticano - a partire dal Cardinale Kurt Koch, prefetto – hanno pubblicato una serie di articoli che fanno il punto sul dialogo ecumenico in tutte le sue sfaccettature. Ne viene fuori un anno pieno di anniversari, e una serie di sfide da affrontare in vista di Nicea.

L'articolo di Andrea Gargliarducci continua a questo link:




 

Balducci e Dossetti, itinerari nel segno di fede e pace

Nella storia del cattolicesimo novecentesco c’è un sentiero stretto e poco battuto, che però ha prodotto un pensiero denso e vitale. Si tratta delle strade percorse da credenti «obbedienti in piedi» i quali hanno mantenuto sempre una fedeltà critica alla Chiesa, restando però in comunione con la gerarchia ecclesiastica.


Fra questi Ernesto Balducci, a cui Pietro Domenico Giovannoni dedica un volume che analizza in particolare gli anni Settanta, durante i quali si sviluppano le riflessioni sulla politica e sulla pace («Io amo il futuro». Ernesto Balducci e la pace alle soglie del terzo millennio 1971-1981, Nerbini, pp. 302, euro 35).

È in quel decennio infatti che Balducci, dopo aver collaborato con il sindaco di Firenze Giorgio La Pira, difeso l’obiettore di coscienza cattolico al servizio militare Giuseppe Gozzini e attraversato il Concilio Vaticano II e la contestazione cattolica, si sofferma su due temi: fede e rivoluzione, fede e scelta di classe. Due scelte inevitabili per l’autentico «uomo di fede», da praticare secondo una prassi di «liberazione» a tutto tondo: liberazione dalle strutture di sopraffazione e di alienazione capitalistiche, ma anche liberazione dalla morte e dal peccato, senza ridurre la fede a mera tensione morale.

Al passaggio del decennio ...

L'articolo di Luca Kocci continua a questo link:

https://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt202402/240207kocci.pdf


I credenti musulmani europei sono liberi di essere politicamente corretti?

Da come l’Unione europea saprà gestire le relazioni di formazione alla cultura politica inclusiva e sviluppare il processo di pacificazione in Medio Oriente, si determinerà anche la salute della politica democratica e della libertà del pluralismo delle autentiche e degne rappresentanze religiose in Europa. L’intervento dell’imam Yahya Pallavicini, presidente di Coreis, Comunità religiosa islamica, in occasione della riunione annuale con i leader religiosi europei svoltasi alla Commissione Europea


Secondo i maestri musulmani l’instabilità esteriore inizia quando le forze della disgregazione corrompono l’ordine spirituale ostacolando la comunità dei credenti e dei cittadini a vivere, studiare, lavorare, amare le famiglie e gestire le proprietà con l’intenzione di servire l’intelligenza della loro fede nella ricerca della Misericordia del Signore dei mondi.

L’instabilità colpisce lo spirito, l’anima e la salute di ogni persona. La mancanza di sicurezza mette in pericolo l’integrità fisica; la propaganda aggressiva e disonesta confonde il pensiero e impedisce la comprensione e la comunicazione tra le persone; la strumentalizzazione e l’abuso della religione corrompe la natura e la prospettiva della sensibilità spirituale.

In Europa, il quadro normativo (rule of law) argina le possibilità negative provocate dalle crisi e dalle emergenze internazionali difendendo i diritti e i doveri dei cittadini dalla arroganza e dalla tirannia di coloro che cercano di sfruttare il disordine per fomentare il caos. Proprio in questa sede della Commissione Europea il mese scorso il rappresentante cristiano ortodosso di Sua Beatitudine Bartolomeo ci aveva insegnato che Ethos vince sul Kaos!

L'articolo di Pallavicini continua a questo link:




Nella II Domenica di Quaresima abbiamo pregato così ...

Questa Quaresima segue la liturgia dell’Anno B che vede intrecciati la storia dell’Alleanza tra Dio e il popolo (1° lettura) e la nostra vita di battezzati in Gesù come figli del Padre (2° lettura e Vangelo). Abbiamo scelto di rappresentare questo cammino attraverso delle catene che dalla schiavitù del male, spezzandole di domenica in domenica, ci porteranno fino alla libertà di servire. 



Il "nome" delle 5 catene da spezzare per giungere alla libertà di servire

La “prova” di Abramo ci invita a spezzare la catena delle tradizioni, delle ideologie, delle posizioni di potere.

Le 10 Parole sono indicazioni per un cammino di vita che rompa la catena del camminare alla cieca, senza sapere dove andare

Ciro libera Israele troncando la catena dell’oppressione, dell’esilio indicando che la misericordia è la strada per la soluzione dei conflitti

Geremia profetizza la rottura della catena del vivere nelle formalità asettiche, invitando ad una coerenza nella vita

L’ultima catena distrutta sarà quella della morte attraverso la vita, la morte e la risurrezione di Gesù, il Cristo


Introduzione

Oggi la liturgia ci chiede di mettere al centro il mistero di Cristo, Figlio amato da ascoltare, e la prova di fede di un padre, Abramo, il quale è invitato a sacrificare a Dio proprio la vita di suo figlio Isacco. La prima catena da spezzare è quella delle tradizioni, delle ideologie, delle posizioni di potere.

Abramo non capisce, ma sa che Dio è fedele e si fida; vive anche lui la notte della passione, cammina con il figlio per tre giorni finché raggiungono il luogo indicato da Dio per l’offerta. Isacco è legato come «agnello» immolato, collocato sull’altare, offerto in sacrificio: ma proprio in quel «terzo giorno», dalla potenza di Dio, da Colui che è la Vita, dà la vita e ama la vita, è restituito a suo padre vivo, risorto.

“Sacrificare” significa “rendere sacro”, cioè offrire a Dio, ciò che viviamo: la notte della morte non è mai l’ultima parola, ma è la via per la Vita senza fine, nella quale risplende la gioia. Questa certezza è la nostra certezza capace di illuminare le tenebre: «Ho creduto anche quando dicevo “sono troppo infelice”» (dal Salmo 115 di oggi); Cristo, «risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi» (II lettura). L’esperienza della Trasfigurazione nel Vangelo di Marco dice ai tre discepoli chiamati da Gesù quello che l’esperienza del Monte Moria aveva detto ad Abramo: Dio si fa vedere, si manifesta quale è, Egli vince la morte! 

Il tempo liturgico della Quaresima è per noi cristiani una prova come quella vissuta da Abramo: i deserti della vita che siamo chiamati ad attraversare dovremmo interpretarli alla luce della parola di Dio proclamata ed ascoltata, altrimenti resteremo prigionieri incatenati esclusivamente a tradizioni sociali. Siamo invitati a scendere dal monte per affrontare la quotidianità - che è anche sofferenza - per testimoniare il Vangelo della salvezza.


Intenzioni penitenziali

  1. Signore, trasfigurato sul monte, nutri la nostra fede con la tua parola - Kyrie eleison

  2. Cristo, splendore della gloria del Padre, purifica gli occhi del nostro spirito - Kriste eleison

  3. Signore, immagine dell’uomo nuovo, aiutaci affinché ti prendiamo ad esempio - Kyrie eleison


Preghiere dei Fedeli

Il messaggio di Papa Francesco per questa Quaresima è stato: “nella misura in cui questa Quaresima sarà di conversione, allora, l’umanità smarrita avvertirà un sussulto di creatività: il balenare di una nuova speranza”: perché la nostra conversione sia tenace fino a spezzare le catene che ci imprigionano negli stereotipi sociali: preghiamo.

Per la seconda volta Abramo è chiamato a vivere una fede incrollabile in Dio fino alla rinuncia dell’amatissimo figlio Isacco portatore di tutte le certezze. Signore, aiuta anche noi a rinunciare all’Isacco delle nostre sicurezze e ad abbandonarci a te, soprattutto quando la prova è più pesante e dolorosa; preghiamo.

Nel volto splendente di Gesù si rivela il volto di ogni donna, uomo, bambino. Signore, donaci occhi e cuore capaci di riconoscere in ogni essere umano la dignità di figlio o figlia di Dio, qualunque sia il colore della pelle, la fede professata, l’orientamento politico o sessuale; preghiamo.

Per tutte le popolazioni che si ritrovano a vivere quotidianamente gli effetti di guerre, malattie, eventi climatici estremi, Signore aiutaci a non voltarci dall’altra parte e a renderci utili secondo le nostre possibilità affinché il loro pianto venga consolato; preghiamo.

Per i fidanzati del nostro Vicariato, che si stanno preparando al matrimonio: perché, sorretti dall'esempio delle famiglie cristiane nelle nostre comunità, sappiano cogliere il tempo del fidanzamento come occasione per scoprirsi, accogliersi e progettare insieme il futuro: preghiamo.

Per noi e la nostra comunità. Signore donaci il tuo spirito e aiutaci a trasfigurare, fin da ora, la nostra vita nella famiglia, nel lavoro, nella parrocchia, per la strada, nei social; preghiamo.


Antifona di Comunione

Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo! (Mt 17,5)



  1. La catena delle tradizioni i che ci legano è stata spezzata

Il Foglietto "La Resurrezione" di Domenica 25 febbraio

 


II Domenica di Quaresima - Mc 9,2-10, la Trasfigurazione

C'è una faticosa salita da fare ed alla fine ci si trova soli e, a guardare dall'alto, la prospettiva cambia tutta: ciò che sembrava una sconfitta appare essere la pienezza dell'essere. C'è solo una condizione, un imperativo, non una imposizione ma una necessità.



La Liturgia domenica scorsa ci ha fatto comprendere con l’Evangelo delle “tentazioni” che Gesù ha vissuto tutte le prove, tutte le difficoltà che anche noi incontriamo che rendono più solida, più matura la nostra fede e la nostra adesione nella sua sequela. Oggi, nella contemplazione della Trasfigurazione, ci propone l’altra faccia della medaglia, del cammino che siamo chiamati a fare per giungere a comprendere pienamente la sua identità.

 

Sei giorni dopo” inizia così l’Evangelo di oggi e, se da una parte ci rimanda a verificare cosa sia accaduto sei giorni prima (la confessione di fede di Pietro alla domanda di Gesù: “La gente chi dice io siaE voi chi dite io sia?”), dall’altra il sesto giorno è quello della creazione dell’uomo che Dio afferma d’essere cosa “molto buona”, cioè secondo la pienezza della sua volontà d’amore. 

Alla fatica del cammino di ogni giorno, corrisponde allora ciò a cui è chiamata essere l’umanità secondo il progetto del Padre. È quanto ha vissuto Gesù ed è il cammino che siamo chiamati a fare nostro seguendo le sue orme. L’essere suoi discepoli non risparmia alcuna fatica; è una chiamata a mettere a disposizione la nostra vita fino a rinunciare all’identità che ci propone il mondo, per assumere quella del dono totale nel servizio che Lui ci propone.

È un cammino in salita al quale siamo chiamati da Gesù come lo furono Pietro, Giacomo e Giovanni: non tre privilegiati immagine della fatica (la salita) della sequela da imparare. Poco prima Pietro aveva contraddetto Gesù quando aveva annunciato che doveva essere rifiutato e venire ucciso: non era possibile che questo accadesse al Messia atteso e da lui riconosciuto come tale. Lo aveva fatto Pietro prendendo “in disparte” Gesù (Mc 8,32b) ed ora è Gesù che prende “in disparte” i tre discepoliloro soli”. Non può essere un caso il ripetersi di questa sottolineatura, è invece una indicazione precisa: se desideriamo comprendere Gesù è necessario che ci lasciamo portare in disparte da lui e rimanere noi da soli con lui, “cuore a cuore”. È quanto ci ha detto l’Evangelo di domenica scorsa con Gesù che, prima di iniziare la sua missione tra gli uomini, è in disparte, da solo nel deserto. Più volte ci viene presentata questa sua prassi come modello da imitare: l’azione va sempre preceduta da un momento di confronto con il Padre che avviene innanzitutto come “ascolto” di parole che si trovano nella Scrittura ed è la frequentazione di questa che ci fa capire cosa lui desideri da noi.

Se guardiamo la vita di Gesù nella “pianura del mondo” vediamo che alla fine ha perso tutte le sue battaglie; ma se facciamo la fatica di seguirlo, di salire con lui in disparte, cambia tutta la prospettiva: il servo sofferente diventa colui che manifesta tutto il suo amore. L’uomo sconfitto diventa l’uomo come il Padre l’ha pensato e creato a sua immagine e somiglianza, capace di vivere nelle miserie quotidiane guardando il bisogno dell’altro, tendendo la mano, aiutando a risollevarsi, non semplicemente guarendo bensì purificando dalle sue “malattie” che sono quegli “spiriti impuri” che ci legano e distorcono da come Dio ci ha creato in origine.

È questo quell’essere luminoso e l’avere delle vesti bianchissime “che nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche”: è opera del Signore, non dell’uomo ed è per questo che al battesimo veniamo rivestiti di una veste candida perché veniamo riportati all’origine, prima che la libertà donata ci porti a contraddire l’immagine d’amore del Padre.

E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù” non è un errore grammaticale quel “apparve” al singolare, è la Scrittura intera che si fa presente e conversa con Gesù ed è quello che veniamo invitati a fare anche noi nella preghiera che, vale la pena di ripeterlo, non è la ripetizione di formule, la richiesta di favori, il parlare a noi stessi. È prima di tutto ascolto della Scrittura e poi dialogo su quello che abbiamo ascoltato e ci dice oggi a noi come operare, nella concreta realtà che stiamo vivendo e che muta sempre. È per questo che S. Gregorio Magno diceva che la Scrittura “cresce con il suo lettore”: è un cammino di maturazione verso la pienezza che ci viene proposto di fare.

Certo, ci può spaventare perché è sempre esigente nei nostri confronti e sarebbe bello poter fermare il momento e non scendere a valle, ma è necessario farlo dopo aver appreso a ragionare come Dio per portare la sua “luce” nelle difficoltà della vita. Quella nube che scende e avvolge i discepoli è la presenza del Signore che si fa vicino, ci affianca e non ci lascia soli mai in nessun istante, in nessuna situazione: “Sarò con voi tutti i giorni fino alla fine dei giorni”. C’è una condizione, un imperativo: “Ascoltatelo”. Non una imposizione ma una necessità come lo è una fonte di acqua fresca zampillante in un deserto assolato senza orizzonti. In ebraico ascoltare è Shemà e questa lingua non ha astrattismi, quindi non è un semplice invito a porre attenzione a quanto ci dirà, ma è un dare la propria adesione concreta a quanto ci invita a fare. Non per nulla in Es 24,7 il popolo d’Israele promette di fare la volontà di Dio prima ancora di averla ascoltata.

(BiGio)

 

 

La risposta a una vita in salita nel disagio dell'incomprensione

«Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte». La vita dei tre discepoli alla sequela del Maestro Gesù cominciava ad essere come quel cammino verso la cima del monte: una vita in salita. 



Infatti ci troviamo al cuore di una crisi tra Gesù e la gente, ma anche con la sua comunità c’è una profonda incomprensione. Pochi giorni prima, Gesù aveva troncato di netto la richiesta di segni, di miracoli, di cose eccezionali, che le folle chiedevano (cfr. Mc 8,11-13). Poi aveva duramente rimproverato Pietro, che rifiutava la figura, in Gesù, di un Messia ripudiato dall'autorità, ucciso, risuscitato dopo tre giorni (cfr. Mc 8,31-33). Per i discepoli diventava davvero come una salita l’entrare in un'ottica paradossale per il mondo: «Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà» (Mc 8,35). Un Messia che non raduna truppe, non frequenta quelli "giusti", quelli che contano; un Messia che non si fa pubblicità, che è un umile, un mite. A seguire Lui, si perde o si guadagna la vita?  
 
Sono domande che anche noi ci troviamo a porre, quando ci confrontiamo con la fede. È come se avessimo bisogno di un appoggio, di un sostegno, di una conferma. Forse sta qui il significato della trasfigurazione. Ma prima bisogna affrontare quella salita, quel lasciarsi prendere a parte rispetto ai nostri tanti pensieri; l'accettare di essere da soli, per vedere Lui solo, colui che, alla fine rimane, come esito vero della trasfigurazione: «Guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro».       
 
«Fu trasfigurato davanti a loro»: sì, proprio «davanti a loro». Questa volta, la lettura dell’episodio evangelico mi ha portato a porre l'accento su tale espressione: Gesù viene trasfigurato, ma al loro cospetto e alla loro vista. Proprio a loro tre, che si troveranno poi davanti ad un'altra visione, nell'orto degli ulivi: una trasfigurazione all’incontrario, quando non ci sarà più il loro Maestro in veste splendenti, ma con un'anima triste fino alla morte, fra la paura e l'angoscia (cfr. Mc 14,32-34). 
Proprio per questo, loro tre avevano bisogno di essere confermati, perché il legame con la sua morte e la sua risurrezione è fortissimo ed essenziale.          
 

Alla luce si aggiunge la voce: «Questi è il Figlio mio, l'amato, ascoltatelo!» È la voce del Padre, e la voce della Parola. Quella voce è come se dicesse: non vi siete sbagliati. Siete in difficoltà e vi domandate se vale proprio la pena di seguirlo, di andar dietro a uno che è mite e umile, uno che va a perdere la vita. Ebbene, ne vale la pena. Ascoltate Lui.
I tre discepoli avevano bisogno della conferma sul monte, perché, nella sequela di Gesù, avrebbero dovuto affrontare ben altro monte, quello del Calvario. Perciò la trasfigurazione è come una conferma, come un velo alzato sul futuro, che è il dono della vita e della risurrezione, il futuro più futuro di Gesù di Nazaret, il futuro più futuro dei discepoli.
 
Celebrare la trasfigurazione in questa domenica comporta scendere dal monte e camminare dietro a Gesù, in questo mondo, forse come i discepoli, cioè nel disagio, nell'incomprensione, nella non piena coscienza, prima di essere sorpresi dalla luce della risurrezione.

(Alberto Vianello)

Fu trasfigurato

La vita è considerata il valore più grande. Se ad essa si aggiungono la salute, i beni, la famiglia, la cultura, il prestigio sociale, tutte queste cose permettono la vera realizzazione dell'uomo e la piena felicità. Questo è almeno ciò che molti pensano.

Gesù, invece, propone qualcosa di molto più grande, che relativizza tutto questo. 



Dice qualcosa di incredibile e illogico: "Chi vuole salvare la propria vita, la perderà". Cosa c'è di più grande della vita? L’amore. Per amore, Gesù è disposto a perdere la vita.

 

Gesù aveva annunciato ai discepoli il suo destino di sofferenza e di morte. La reazione di Pietro era stata di deciso rifiuto. Non poteva accettare che il Maestro potesse finire in quel modo. E poi, cosa sarebbe accaduto ai discepoli e ai loro sogni di grandezza? 

Gesù gli spiega che la vera grandezza è amare fino all’estremo, e se si deve dare la vita fisica per dare vita, questa sarebbe una vittoria, che dà senso pieno all'esistenza, non una sconfitta.

La costruzione del racconto della trasfigurazione vuole essere una spiegazione simbolica di questo insegnamento. Gesù offre ai tre discepoli più tentati dal potere, Pietro, Giacomo e Giovanni, un'esperienza unica: "Li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro". Il cambiamento di figura, la trasfigurazione di Gesù, va oltre ogni possibilità umana: "Le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche". È una rivelazione, che toglie per un attimo il velo della vita quotidiana. 

L'immagine splendente di Gesù che i discepoli possono contemplare è una luce per affrontare le tenebre del destino annunciato. Vuole aiutarli a capire che la passione e la morte non sono l'ultima parola. Sono solo un passo verso la vittoria sulla morte, verso la vita trasfigurata e definitiva. Sono la manifestazione di una fedeltà estrema a un progetto di vita che esclude ogni forma di violenza e insegna un cammino di amore e di servizio fino ad accettare anche la morte.

Con Gesù appaiono due personaggi che rappresentano l'intero Antico Testamento: Mosè ed Elia, la Legge e i Profeti. Avevano parlato con Dio faccia a faccia ed erano stati gli intermediari che avevano parlato al popolo in nome di Dio. Ora parlano con Gesù, che è la nuova manifestazione di Dio, che non ha più bisogno di altre mediazioni. Pietro non capisce e continua a proiettare Gesù nell'orizzonte dell'Antico Testamento. Attende un Messia potente, che doveva manifestarsi gloriosamente nella festa dei Tabernacoli, la grande festa in cui il popolo viveva per otto giorni in capanne di rami, in ricordo dei quarant'anni di pellegrinaggio nel deserto e del dono della Legge. Per questo Pietro propone: "Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia".

La voce del Padre rivela l'identità di Gesù: "Questi è il Figlio mio, l'amato", del quale già Isaia aveva profetizzato, nei canti del Servo sofferente, dicendo che avrebbe assunto su di sé i nostri errori: "Egli si è caricato delle nostre sofferenze e si è addossato i nostri dolori. È stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità". Si deve ascoltare lui, anche quando sarà sfigurato dalla tortura: "Ascoltatelo!". Ora è lui la voce del Padre. Con la sua passione, morte e risurrezione egli rivela com'è Dio e qual è il cammino della donazione e della solidarietà che deve ispirare la vita del discepolo di Gesù. Nella lotta perché tutti abbiano vita, sarà disposto ad offrire la sua. 

Per seguire Gesù, i discepoli dovranno obbedire a questo invito del Padre e centrare la loro vita sull'ascolto della parola di Gesù. Anche Maria, la madre, lascerà come testamento lo stesso invito: "Fate quello che egli vi dirà": ascoltate la sua parola e mettetela in pratica.

 

(Bernardino Zanella)

La corsa all’oro verde? Cosa cambia con la scoperta dell’idrogeno nel sottosuolo

È in arrivo uno studio del Servizio geologico Usa che segnala l’esistenza di quantità massicce del gas nei giacimenti sotterranei di tutto il mondo, abbastanza per soddisfare il fabbisogno umano per secoli. Se estrazione e trasporto costano meno della produzione ex novo, siamo agli albori di una nuova industria. E c’è chi si è già lanciato

Secondo uno studio non ancora pubblicato del Servizio geologico degli Stati Uniti, ci sarebbero ben 5 mila miliardi di tonnellate di idrogeno sparse nei giacimenti sotterranei di tutto il mondo. La maggior parte è probabilmente inaccessibile, ha spiegato il geochimico e responsabile del rapporto Geoffrey Ellis presentando i risultati in anteprima a una conferenza dell’American Association for the Advancement of Science a Denver. Ma recuperarne anche solo una piccola parte “potrebbe comunque soddisfare tutta la domanda prevista – 500 milioni di tonnellate all’anno – per centinaia di anni”.

Si tratta di una scoperta potenzialmente rivoluzionaria.

L'intero servizio a cura di Otto Lanzavecchia continua a questo link:

https://formiche.net/2024/02/idrogeno-corsa-oro-sottosuolo/





Sinwar traditore, i palestinesi di Gaza contestano Hamas a Rafah

I palestinesi protestano contro i leader di Hamas, che li hanno abbandonati al loro destino. Chiedono farina e accusano Sinwar (forse in fuga in Egitto) di essere un traditore

Circolano in rete almeno tre video che mostrerebbero una manifestazione serale svoltasi nella Striscia di Gaza: una insolita protesta nei confronti di Hamas e del suo leader Yahya Sinwar (probabilmente ora in fuga in Egitto).

Un canale Telegram anti-Hamas chiamato “Gaza’s Liberators” ha diffuso nuovi video che documentano apparentemente le proteste contro il gruppo terroristico, che si sarebbero svolte nella scorsa notte nella Striscia.

Nei brevi filmati, che secondo quanto riferito sono girati a Rafah, la città del sud dove oltre un milione di sfollati di Gaza si stanno rifugiando dalla fuga, e a Jabaliya, nel nord della Striscia, si vedono persone che scandiscono slogan contro i leader di Hamas. I manifestanti urlano in arabo: “Ascolta ascolta Haniyeh, torna a casa dalla Turchia, ascolta ascolta Hamdan, torna a casa dal Libano”, riferendosi al capo dell’ufficio politico di Hamas Ismail Haniyeh, che ora vive in Qatar, e al suo vice, Osama Hamdan, che si trova in Libano.

I video e l'intera notizia a cura di Massimiliano Boccalini è a questo link:

https://formiche.net/2024/02/sinwar-traditore-i-palestinesi-di-gaza-contestano-hamas-a-rafah/





Gaza. Un punto di svolta? Intervista a p. Gabriel Romanelli e a Francesca Mannocchi

Apre il video di poco più di mezz'ora delle ACLI di Bergamo la testimonianza di p. Gabriel Romanelli su come sta vivendo la sua Comunità della Parrocchia di Gaza la difficile e drammatica situazione attuale.

Continua con due domande alla giornalista freelance Francesca Mannocchi sull'ultimatum dato da Israele per la liberazione degli ostaggi entro il 10 marzo e su quale futuro si stia ipotizzando per Gaza.


Francesca Mannocchi collabora con diversi canali televisivi e testate giornalistiche sia italiane, quali L'Espresso e La7 sia internazionali, ad esempio Al Jazeera e The Guardian occupandosi di migrazioni e conflitti riguardanti principalmente i paesi della Lega Araba e la Turchia. 

Ha ricevuto il Premio Franco Giustolisi "Giustizia e Verità" nel 2015 con l'inchiesta realizzata per LA7 sul traffico di migranti e sulle carceri libiche, il Premiolino nel 2016 e il prestigioso Premio Ischia Internazionale di Giornalismo nel 2021.


https://www.youtube.com/watch?v=8r2AyBhUHhg







I 40 anni dal Concordato: luci e ombre

A 40 anni dalla revisione del Concordato tra Italia e Chiesa cattolica - firmato il 18 febbraio 1984 dal premier Bettino Craxi e dal cardinale Agostino Casaroli, segretario di Stato - sono ancora più evidenti luci e limiti di quel testo che voleva superare i Patti Lateranensi del 1929.

Negli anni Ottanta del secolo scorso era politicamente urgente adeguare quell’accordo, per tagliarne, sul lato italiano, i «rami secchi» (gli articoli incompatibili con la Carta costituzionale della Repubblica) e, sull’altro lato, abolire norme stridenti con l’eredità del Concilio Vaticano II (1962- 65). Infatti, il Trattato del ’29, distinto ma collegato con il Concordato, all’articolo primo affermava: «La religione cattolica, apostolica e romana è la sola religione dello Stato«. E, premesso che «L’Italia considera fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica l’insegnamento della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica», il Concordato (articolo 36) stabiliva: esso, nelle scuole pubbliche, va affidato a docenti «approvati dall’autorità ecclesiastica». Il testo dell’84 abolì l’articolo 1° del Trattato, perché l’Italia, Stato laico, non ha più una religione ufficiale; a scuola, poi, l’«Insegnamento della religione cattolica» (Irc) è facoltativo; però i docenti, pur pagati dallo Stato, devono essere approvati dall’autorità ecclesiastica. La Conferenza episcopale italiana (Cei) a tutt’oggi ritiene assai soddisfacente tale regolamentazione, che rispetta la libertà degli alunni, i quali possono scegliere di non avvalersi dell’Insegnamento della religione cattolica; ma, oggi, quanti propongono di cambiare radicalmente lo «status quo», evidenziano che, spesso, non è affatto praticabile l’ora alternativa all’Irc; e, soprattutto, ritengono intollerabile che sia ancora obbligatorio il «nulla osta» episcopale per insegnarla.

L'articolo di Luigi Sandri continua a questo link:



Giubileo centrifugo

“Off the fence” è una parola d’ordine foriera di nuovo orientamento, sia per la Chiesa Cattolica, sia per chi si cura della “Res publica”


I prossimi mesi ci condurranno all’apertura della Porta Santa, con cui daremo inizio al Giubileo. Vi chiedo di intensificare la preghiera per prepararci a vivere bene questo evento di grazia e sperimentarvi la forza della speranza di Dio. Per questo iniziamo oggi l’Anno della preghiera, cioè un anno dedicato a riscoprire il grande valore e l’assoluto bisogno della preghiera nella vita personale, nella vita della Chiesa e del mondo. Saremo aiutati anche dai sussidi che il Dicastero per l’Evangelizzazione metterà a disposizione”.
Con queste parole pronunciate domenica 21 gennaio al termine dell’Angelus in Piazza San Pietro, Papa Francesco ci ha ricordato che tra  un anno vivremo un evento che, da oltre sette secoli, contraddistingue il cammino della cristianità, quello del Giubileo.
Lui stesso ci aveva indicato il 2023 come anno di riflessione sul Concilio Vaticano II (a sessant’anni dalla sua apertura) che, unito al 2024 come anno di preghiera, ci stanno preparando al Giubileo, la cui Bolla di indizione dovrebbe essere pubblicata nella prossima Solennità dell’Ascensione,  il 9 maggio 2024.
Quali suggestioni e quali aspettative possiamo darci in attesa della celebrazione ormai prossima (Natale 2024) del Giubileo del 2025?

L'articolo di Alessandro Manfredi è a questo link:

https://www.vinonuovo.it/comunita/esperienze-di-chiesa/giubileo-centrifugo/