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L'Albero di Pasqua cresce ....

                             

Mercoledì delle Ceneri era completamente spoglio. La prima Domenica di Quaresima si è arricchito del simbolo dell'acqua a ricordaci il racconto del Diluvio segno del Battesimo dopo il quale Gesù è stato sospinto nel deserto tentato tra le fiere e gli angeli.

Oggi, seconda Domenica di Quaresima, si è arricchito di fiori bianchi a ricordarci la trasfigurazione di Gesù:


Il Significato dell'Albero di Pasqua

Durante l’Avvento, seguendo le indicazioni degli Evangeli, abbiamo rovesciato le pietre della solitudine, del disorientamento, dell’insicurezza, della presunzione.

A Natale abbiamo festeggiato il Signore che ha posto la sua tenda, le sue radici nella nostra umanità e noi siamo chiamati ad affondare le nostre nella sua Parola, in particolare in quella che risuonerà nel cammino di questa Quaresima per poter essere, come dice il Salmo 1, quell’uomo che è come un albero piantato lungo corsi d’acqua, che dà frutto a suo tempo e le sue foglie non appassiscono.

Ecco allora perché, durante questo periodo liturgico, in Chiesa c'è un albero, inizialmente  totalmente spoglio. Ma, domenica dopo domenica, si arricchirà dei simboli che la liturgia di volta in volta suggerirà, fino ad essere carico dei suoi doni il giorno della festa della Risurrezione.

  

Un anno di pandemia in una solidarietà concretamente rinnovata


Un anno di pandemia ha rafforzato le relazioni tra i cittadini e le comunità islamica e cristiana del quartiere della Cita. Esattamente come il 28 febbraio 2020, anche stamattina Imam, parroco e alcuni rappresentanti delle comunità, dal centro del quartiere hanno elevato ad una sola voce “dal cuore del dolore quotidiano che immaginiamo dietro le finestre delle nostre case, una preghiera per la vita di tanti nostri fratelli e sorelle morti in quest’anno”.

Lo scorso 28 febbraio i fedeli non potevano andare né in moschea né in chiesa. Quest’anno hanno raccolto in entrambi i luoghi di culto delle offerte che stamattina hanno unito in un’unica busta. Martedì Habibul e don Nandino andranno con discrezione in una famiglia del quartiere impoverita dalla crisi e consegneranno il contributo.
L’anno scorso piantarono un ulivo impegnandosi nella preghiera comune, quest’anno si sono donati un ramo d’ulivo come segno della solidarietà concreta che unisce i concittadini, cristiani e musulmani, “in nome della fratellanza umana, che abbraccia tutti gli uomini, li unisce e li rende uguali!” (Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb e Papa Francesco, Abu Dabhi, 4 febbraio 2019).
Tra la commozione di Anna, un’anziana parrocchiana e le parole di Monir, che ha raccontato quante vittime hanno portato il contagio dalla Fincantieri alle nostre famiglie, è stato un segno di grande speranza e fiducia nel futuro vedere uniti musulmani e cristiani nella stessa invocazione: “con il dolore nel cuore, vogliamo dar voce e rendere una voce sola il pianto di tante famiglie che affidano alle mani di Dio i loro cari che non hanno potuto abbracciare e salutare”

Un momento della preghiera comune con la Comunità Islamica Bengalese:




Il testo della preghiera fatta dalle rappresentanze delle due Comunità è quello riportato sul Foglietto "La Resurrezione" di questa settimana.
Per la Comunità Islamica Bengalese erano presenti l'Imam, il Presidente della Comunità, il Tesoriere e i due segretari.
Le due Comunità si sono trovate unite nella condivisione della certezza di un Dio che non è proprietà di nessuno ma che è Uno ed ha a cuore l'intera umanità. In Lui tutti gli uomini si ritrovano chiamati alla fraternità e alla solidarietà spinti dalla sua misericordia.


Come segno dell'incontro, i rappresentanti delle due Comunità si sono reciprocamente donati un ramoscello di ulivo.


La Comunità Islamica Bengalese è composta di più di 300 credenti ed ha come luogo di incontro e di preghiera un piccolo magazzino nel quale, ogni venerdì, sono costretti a fare tre turni di preghiera per poter partecipare tutti e si scusano del "disagio" che posso dare all'intero quartiere. Ci si augura che possano trovare presto un luogo più adeguato alle loro esigenze.




Pensierino domenicale …. II di Quaresima – Mc. 9,2-10

Una gloria tentata, una tentazione gloriosa

Questa icona di Teofane il Greco (1340+1410) si trova all'Ereditare di S. Pietroburgo a poca distanza dalla Trinità di Rubliov. È stata realizzata intessendo sul fondo della figura di Cristo una trama di fili d'oro che divengono una vera e propria impressionante esplosione di luce. Non si può non rimanervi attratti.
 

Portati dalle domande che il Tempo Ordinario ci ha provocato a porre su Gesù vedendolo parlare ed agire con autorità, abbiamo iniziato l’attuale periodo liturgico nel quale siamo invitati a cercare risposte. Domenica scorsa l’Evangelo ce ne dava una prima presentandoci la pagina delle tentazioni. Gesù ci è apparso in tutto simile a noi: la vita dell’uomo è caratterizzata dall’essere costantemente nella tentazione di fare la propria volontà e non quella di Dio. 

Potremmo anche essere rimasti delusi e “tentati” di dire che questo Gesù, nel quale noi avevamo visto una autorità diversa, in fin dei conti è così uguale a noi, tanto rimanerne delusi e di dire sconsolati come i discepoli di Emmaus: “speravamo ma …”.

Ma, oggi, un colpo di scena: Gesù si trasfigura davanti a tre discepoli. “Sei giorni dopo” dice Marco. Dopo che cosa? Dopo il primo annuncio della passione che aveva provocato la reazione di quel Pietro che l’aveva con riconosciuto come Signore, ma non accettava che dovesse morire tanto che, nell’Evangelo di oggi, vorrebbe fermare il tutto al momento della gloria, senza passare attraverso la strada della croce che Gesù riaffermerà anche poco più avanti. Interviene allora Padre a spazzare ogni tentazione dicendo: “Ascoltatelo!”. 

Il brano è ricchissimo di simbologie e richiami biblici. Uno per tutti che ci aiuta a comprendere la correlazione con la prima Lettura. “Ascoltate il figlio mio prediletto”: è l’identico termine usato per Isacco definito da Dio come l’unico figlio che Abramo ama, che predilige e glielo chiede in olocausto. La storia di uno richiama in tutto quella dell’altro e viceversa, dall’inizio alla fine e, da sempre, la Chiesa ha visto nella vicenda di Isacco una prefigurazione di quella di Gesù anche nel luogo da sempre identificato con il monte Moria, sia per l'olocausto di Isacco, sia per la crocifissione di Gesù. 

Però gli evangeli di queste due domeniche non vogliono raccontarci dei fatti eccezionali, dei miracoli. Piuttosto desiderano indicarci la realtà dell’uomo: il suo percorso nella vita ha le sue asperità non eludibili. Se vissute con coerenza e fedeltà, senza fughe, portano ad essere persone compiute secondo la volontà di amore del Padre che ci sostiene con la sua misericordia.

Forse si potrebbe anche dire che la trasfigurazione non è diversa dalle tentazioni; anzi si potrebbe giungere ad affermare che, per gli uomini e forse anche per Gesù stesso, la trasfigurazione è stata ed è una ennesima tentazione. Il Figlio prediletto è chiamato (tentato) a scegliere: essere fino in fondo un uomo adeguandosi in tutto alla nostra vita,  ai suoi rischi, alle sue difficoltà, oppure vivere in quella gloria che aveva presso il Padre. La sua fatica sarà quella di andare con decisione verso la Pasqua portando tutte e due queste cose: una gloria tentata tuttavia una tentazione gloriosa. È quel cammino che siamo chiamati a fare seguendolo.


Lieta domenica a tutti!




Il Foglietto "La Risurrezione" di Domenica 28 febbraio 2021






La nostra preghiera nella 2^ Domenica di Quaresima

                                                            LA DOMENICA DELLA TRASFIGURAZIONE

(Trasfigurazione: Aligi Sassu)

Introduzione all'Eucaristia:

Il cammino che abbiamo intrapreso da mercoledì delle ceneri è un cammino di liberazione da tutto ciò che ci impedisce di vivere la vita nuova di Cristo Risorto.

Dio oggi con la sua Parola ci fa il dono della singolare esperienza fatta da Abramo sul monte della promessa: “Io ti colmerò di benedizione e renderò molto numerosa la tua discendenza”, e di quell’altra, altrettanto singolare che Pietro, Giacomo e Giovanni hanno fatto di Gesù sul monte della Trasfigurazione: “Questo è il figlio mio, l’amato: ascoltatelo”.

Due esperienze solo apparentemente diverse, che però illuminano i giorni della Quaresima destinati a preparare con l’esercizio del dono di sé il grande segno pasquale: Dio è dalla parte dell’uomo, quello che ci chiede è sempre per il nostro bene, per la vita. 

Due esperienze che rivelano chi è quel Dio che ci ha chiesto di “uscire” verso il monte del sacrificio e chi è quel Gesù che sta in testa e ci sta guidando verso la Pasqua. Andare verso la Pasqua per noi cristiani significa andare verso la donazione totale di noi stessi, come altrettanti “figli prediletti” scelti per incarnare l’amore del Padre.

Tutto ciò, certe volte noi non lo capiamo; tutto ci appare opaco e fragile; ecco che la Trasfigurazione, anticipo della Resurrezione, è uno squarcio di luce sfolgorante piena di Amore, come gli apostoli che vedono un’altra realtà: sentono la voce del Padre, si fidano di quella Parola, anche se non capiscono e lo seguono cominciando una esperienza nuova di discepoli.

Oggi abbiamo abbellito il nostro albero con dei fiori bianchi che vogliono rappresentare la trasfigurazione di Gesù quando il suo volto e il suo corpo avevano iniziato a risplendere e le sue vesti erano divenute di un bianco abbagliante.


Intenzioni di preghiera:

O Signore, aiutaci ad essere una “Chiesa in uscita” che non si accontenta dei traguardi raggiunti, ma che è in ascolto di situazioni di difficoltà che provengono da fratelli e sorelle vicini e lontani, per incontrarli e testimoniare loro l’amore di Dio che salva e che conduce alla Resurrezione. 

              Preghiamo

 

Perché sull’esempio di Abramo nostro padre nella fede, accogliamo le prove della vita come occasioni per compiere un percorso di liberazione dagli idoli, così da concludere il cammino quaresimale arrivando a fare Pasqua, cioè avendo maturato la scelta di essere dono per gli altri. 

              Preghiamo

 

Perché il nostro cammino di Quaresima sia orientato al bene, al bello, al buono, impegnandoci a digiunare dalle abitudini dannose: giudicare, disprezzare, criticare, lamentarsi, protestare, sottolineare le cose che non ci sono o che non vanno bene, imparando invece a guardare il bene che c’è nell’altro, a riconoscerne pregi e qualità, poiché è un fratello, è una sorella che cammina insieme a me. 

              Preghiamo

 

Perché la Trasfigurazione illumini la nostra mente e il nostro cuore a capire che la Passione di Cristo è un mistero di sofferenza, ma è soprattutto un dono d’amore infinito da parte di Gesù, e susciti anche in ciascuno di noi il desiderio di donare noi stessi per salvare qualcuno. 

              Preghiamo

 

Venerdì sera ci siamo incontrati sotto la tenda del monte della Trasfigurazione, attraverso la videoconferenza, e abbiamo condiviso la gioia immensa che ci viene donata dagli ambienti naturali, il mare, la montagna, la laguna, le grotte…, la natura, che è anteriore alle nostre capacità e alla nostra esistenza. Ti chiediamo, o Signore, di aiutarci a cambiare profondamente il nostro rapporto con il Creato, passando dal consumo al dono, dall’avidità alla generosità, dallo spreco alla condivisione, per renderci custodi del creato, anziché insaziabili consumatori. 

              Preghiamo

 

O Signore, la riflessione sull’enciclica “Laudato si’”, ci aiuti a sviluppare la consapevolezza che stiamo vivendo una grave crisi culturale ed ecologica e che siamo chiamati a modificare convinzioni e atteggiamenti, scegliendo nuovi stili di vita aperti al bene, alla verità, alla bellezza e non concentrati sul bisogno di comprare, possedere, consumare, per riempire il cuore vuoto, poiché il nostro cuore, invece, è abitato dalla tua Presenza. 

              Preghiamo                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          

(a cura di Piero e Francesca)


28 febbraio: Anniversario della pandemia alla Cita


 

Sempre nuove alleanze. Dall'Arcobaleno al "Il legare di Isacco"

 

Abel Pann, artista israeliano (1883 + 1963). Dagli occhi di Isacco legato sulla cascina di legna scende una lacrima mentre Abramo lo avvolge in un abbraccio e lo bacia affettuosamente per l'ultima volta tenendogli la faccia alzata a porgere il collo al coltello.

La prima lettura della liturgia della seconda Domenica di Quaresima di quest’anno B ci propone un episodio che normalmente noi indichiamo come “Il sacrificio di Isacco” ma, nella tradizione ebraica, viene invece indicato come “Il legare di Isacco”.

Domenica scorsa si è riflettuto sull'Arco dell'Alleanza posto dal Padre dopo il Diluvio, domenica Il legare di Isacco. Si inizia a delineare l’itinerario che la liturgia di questa Quaresima desidera proporci: un percorso attraverso le “alleanze” che il Padre stringe con l’umanità in una spirale di approfondimento nelle prossime Domeniche.


Si ripropone qui di seguito una sintesi del midrash (rilettura attualizzante rabbinica) di Genesi 22, così come è stato rielaborato da Eli Wiesel. Chiarisce un aspetto importante e il perché del titolo dato da Israele a questo episodio. Un'ultima precisazione: il midrash indica in 30 anni l'età di Isacco al momento di questa prova, quindi non era un "bambino" ma un uomo nel pieno delle sue forze con un padre già centenario ... le letture fatte mettendosi dalla parte dei diversi interpreti cambiano molto. Al centro di tutte rimane però la fiducia nell'altro e in Dio.


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A Dio non piace che l’uomo vada lui con rassegnazione. L’uomo deve andare verso Dio con consapevolezza e con l’amore. A Dio piace l’uomo non cieco, ma lucido, franco e non adulatore. Se Giobbe gli era caro, è perché sapeva tenergli testa; Abramo lo aveva interpellato a favore delle città peccatrici, molto prima della prova d’Isacco.

E la prova, qui, ha due significati. Dio la fa subire ad Abramo e, contemporaneamente, Abramo la fa subire a Dio. Come se Abramo dicesse: “Ti sfido, Signore: mi sottometterò la tua volontà; vediamo se tu arriverai fino in fondo, vediamo se lascerai fare, vediamo se continuerai a stare zitto quando è in gioco la vita di mio figlio, che anche tuo figlio”.

E Dio fa marcia indietro, cambia parere. Dallo scontro, è Abramo che esce vincitore. Ecco perché Dio spedisce un angelo per evocare l’ordine e rallegrarsi. Lui era troppo imbarazzato. (…)

Avendo sentito la voce celeste che gli ordina di risparmiare il suo figlio Isacco, Abramo dichiara: “Giuro che non lascerò l’altare, prima di averti detto, Signore, quello che ho nel cuore”.

“E sia - risponde la voce celeste - parla”. 

“Non mi hai promesso una discendenza numerosa come le stelle del cielo?” 

“Sì, te l‘ho promessa”. 

“E questi discendenti, a chi si appelleranno? Soltanto a me?” 

“No, dice la voce celeste, anche di Isacco”. 

“E non mi hai promesso che saranno gli eredi della terra?” 

“Sì, te l’ho promesso”. 

“Di chi saranno i discendenti?  Soltanto di me?” 

“No - dice la voce - anche di Isacco”. 

“Vedi, Signore - dice Abramo con vigore - poco fa avrei potuto farti notare che il tuo ordine era in contraddizione con la tua promessa; ho contenuto il mio dolore, non ho detto niente. In cambio, voglio che tu mi faccia questa promessa: quando i miei figli, e i figli dei miei figli, per tutte le generazioni, agiranno contro la tua legge e la tua volontà, tu non dirai niente”. 

“E sia - dice la voce di Dio -. Basterà che loro raccontino questa storia. E tutto gli sarà perdonato”.

Da quel momento, scaturisce tutto il resto. Si capisce perché Abramo è diventato sinonimo di Hessed, della Grazia. E sì, è stato caritatevole; non tanto verso Isacco, quanto verso Dio. Avrebbe potuto confonderlo e accusarlo; non l’ha fatto. Sottomettendosi alla sua volontà per tutta la vita, e anche oltre, al di là, ha manifestato la sua fede in Dio e nella sua misericordia. Ha vinto la partita e, come dice il midrash, a Dio piace essere vinto dei suoi figli.

 

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È così che il “Sacrificio di Isacco” diventa un “legame” per il Signore. 

Guardando l’arcobaleno che lui stesso ha posto, Dio si ricorderà la sua promessa di non distruggere più il creato. Quando il suo popolo gli ricorderà l’episodio di Isacco, perdonerà tutto. In ambedue i casi la Misericordia avrà il sopravvento per l'eternità. La prossima settimana un ulteriore approfondimento nella continuità ci aspetta…..



Questo è un altro dipinto di Abel Pann. Si conoscono tre versioni del "Legare di Isacco". Sono di una grande intensità ed esprimono bene il dramma, l'amore, la paura, l'abbandono.
In questa versione l'abbraccio di Abramo che tiene la testa di Isacco appoggiata sul suo petto esprime tutta la tenerezza di un padre che attende, rassicura, consola il figlio spaventato e piangente in un atteggiamento di abbandono confidente.


La Tenda della Parola - Oggi, venerdì 26 febbraio ore 20.30: il link

 



Vale la pena di trascorrere una serata IN COMUNITA' e anche oggi, VENERDI 26 febbraio 2021, farsi accogliere nella TENDA dove la Parola fermenta vita nuova...
Stasera poi, sarà bello conoscere a dialogare con una coppia di amici siciliani appassionati ed esperti di cura per la casa comune. Il sentiero che MARIANGELA E SILVIA avevano aperto venerdi scorso, è diventata una strada 


Hospitalito: "Le sfide dei tempi nuovi" - domenica 14 marzo - dalle 16 alle 18 on-line - Necessaria l'iscrizione

 LUNGO UN ANNO DI PANDEMIA, ALL'HOSPITALITO ci siamo interrogati sulle lezioni che avremmo dovuto imparare e sui tempi nuovi che il post-covid dovrebbe prospettarci. Ma sentiamo il bisogno di una riflessione esperta e di una ricerca allargata.

>> DOMENICA 14.03 INVECE DI CELEBRARE L'EUCARESTIA come facciamo di solito, parteciperemo attivamente all'importante momento proposta dal gruppo Segni dei tempi, in videochiamata da casa nostra. 

>>> SEGNATE ALLORA DOMENICA 14.03 DALLE 16.00 ALLE 18.00 e prenotate il vostro link per partecipare, in remoto a questo momento di studio e confronto. Ci arricchiremo anche con il prezioso contributo di SERENA NOCETI e SIMONE MORANDINI che è intervenuto all'ultimo Hospitalito. 

Occhio che è necessaria l'iscrizione a questo link:





La Prima Domenica di Quaresima abbiamo pregato così:


Signore, tu nel deserto hai lottato con Satana, cioè contro tutto quello che si oppone alla volontà del Padre. Perdonaci per tutte le volte che noi ci opponiamo o resistiamo ai suoi disegni anteponendo i nostri interessi personali
 

Signore, tu nel deserto hai incontrato le fiere che il profeta Daniele indica nella violenza, nei rapporti basati sulla forza, nelle ideologie, nei fanatismi, nei razzismi. Ti chiediamo perdono per tutte le volte che viviamo queste situazioni in famiglia, al lavoro, tra amici, nella società, in Comunità

           

Signore, tu nel deserto sei stato supportato e sostenuto dagli angeli. Perdonaci per tutte le volte che ci rifiutiamo o ignoriamo la possibilità di aiutare qualcuno, di essere mediatori del tuo amore per tutte le creature, in tutte le situazioni di vita, in tutti i nostri incontri soprattutto con i più deboli, i più fragili, gli emarginati


Signore, ti preghiamo per la Chiesa, aiutala a non cedere al fascino dei sistemi di potere del mondo, dell’uso della forza, della menzogna, della diffamazione; aiutala ed essere coerente nell’esercizio del servizio all’unità e della fraternità di tutti gli uomini che tu ami; aiutaci nell’essere tuoi interpreti fedeli in essa. Noi ti preghiamo

  

Signore, in Italia abbiamo un nuovo Governo in una situazione difficile e complessa. Aiutaci ad essere vigilanti e a sostenere ogni iniziativa che tenda al bene comune, allo spirito di servizio e non all’esercizio del potere per fini personali, di partito o di movimento. Noi ti preghiamo


Signore, continuiamo ad essere in difficoltà a causa dell’epidemia in corso. Aiutaci ad essere gli angeli capaci di essere segni efficaci del tuo amore e, con la tua sollecitudine, di riuscire ad essere vicino a chi ha bisogno a partire dai più anziani, i più sofferenti, i più disorientati, i più soli. Aiutaci a saper tendere la mano.


Signore, aiutaci a rivedere il nostro modo di pensare, a sintonizzare la nostra vita, il nostro modo di pensare, di vedere e giudicare quanto accade sul tuo; aiutaci a cambiare il nostro modo di pensare e ad assumere il tuo e la tua scala dei valori spesso lontana dalla nostra. Noi ti preghiamo


Signore, aiutaci a camminare assieme, a porre le nostre radici nella Tenda della tua Parola, ad imparare ad essere tutti fratelli, a comprendere che non possiamo esserlo se escludiamo anche uno solo dei compagni di viaggio in questa vita e che dipende da noi nell’imparare ad articolare la nostra vita passando dall’io al noi, dal mio al nostro. Noi ti preghiamo


Signore, aiutaci a fidarci di te, stacci vicino nelle nostre tentazioni, sostienici nel non scegliere la via più facile, dacci il coraggio di seguire i tuoi insegnamenti, insegnaci a rimanere connessi sulle tue frequenze, a cercare il dialogo con i fratelli per non cadere nella tentazione di pensare solo a noi stessi. Noi ti preghiamo


Pensierino domenicale …. 1^ di Quaresima – Mc. 1,12-15


Gesù è davvero un nostro fratello: le ha provate tutte ci dice Marco. Durante l’intera sua vita si è confrontato con tutte le situazioni con le quali facciamo i conti noi, ma è anche sempre stato capace di rimanere fedele all’identità che è stato chiamato a realizzare.

Subito dopo il battesimo, lo Spirito spinge Gesù nel deserto, letteralmente “lo getta fuori”. Vale a dire che anche lui, come noi, ha dovuto fare i conti tra quello che desiderava, che immaginava per sé stesso e quello che gli chiedeva il Padre. È il deserto delle lotte, delle resistenze da vincere che misurano la distanza tra quei due poli, che anche noi viviamo ogni giorno lungo tutta la nostra vita. 

Il numero 40 desidera rammentare il cammino nel deserto di Israele, un percorso fatto di prove che lo temprano verso il raggiungimento della terra promessa, cioè della sua identità. È l’esperienza che tutti siamo chiamati a fare e che ha compiuto anche Gesù confrontandosi con la logica del mondo, con quello che intralcia, che si frappone a quel cammino. Satana è questo, non un nome personale e, a questi ostacoli, ciascuno è chiamato a darvi un nome perché ognuno ha le sue pietre d’inciampo, diverse da tutte le altre.

Marco ci dice che, in tutta la sua vita Gesù stava, cioè ha vissuto tra le fiere e gli angeli

L’immagine delle fiere è presa dal profeta Daniele che le individua nei poteri basti sulla forza: dai poteri economici a quelli ideologici, dai fanatismi ai razzismi. Gli angeli sono invece tutti coloro che sono segno reale dell’amore di Dio: dai genitori agli amici, da chi sa tendere la mano a chi sa consolare, ai samaritani. Noi, chi siamo: angeli o fiere?

Tra queste realtà Gesù annuncia che il Regno di Dio è già presente e ci chiede di cambiare mentalità, cioè di convertirci, rivedere il nostro modo di pensare di modificare la nostra scala di valori sintonizzando la nostra vita sulla sua, cioè credere all’Evangelo.

La liturgia di questa prima Domenica di Quaresima ci dice anche che il Signore è paziente e, per ricordarlo, ha steso il suo arco sulle nubi: segno di alleanza tra Lui e la terra. Non ci sarà più un diluvio a distruggere tutto che, però afferma S. Pietro, per noi è figura del Battesimo che ci salva in virtù della risurrezione di Gesù.  

Lieta domenica a tutti!


Questa immagine ha accompagnato la nostra liturgia Eucaristica a raffigurare le acque del diluvio: mabbul in ebraico. Termine che desidera dire come si siano ricongiunte le acque di sopra con le acque di sotto la terra, riportando tutto a prima della creazione come ci viene raccontato in Genesi. 
Poi le acque si ritirarono e fu come una nuova creazione. Il Signore ha posto il suo arco sulle nubi segno dell'alleanza tra lui e il creato per la quale non ci sarà più un altro diluvio.   
L'arco è l'arcobaleno che è composto di sette colori, sette come i giorni della creazione perché, quell'evento, comportò e fu una nuova creazione. Guardandolo, il Signore ricorderà e la pazienza, ricca di amore e compassione per le sue creature, sarà da allora ed è ancora oggi il suo carattere distintivo.



L'Albero Pasqua: significato


 

Durante l’Avvento, seguendo le indicazioni degli Evangeli, abbiamo rovesciato le pietre della solitudine, del disorientamento, dell’insicurezza, della presunzione.

A Natale abbiamo festeggiato il Signore che ha posto la sua tenda, le sue radici nella nostra umanità e noi siamo chiamati ad affondare le nostre nella sua Parola, in particolare in quella che risuonerà nel cammino di questa Quaresima per poter essere, come dice il Salmo 1, quell’uomo che è come un albero piantato lungo corsi d’acqua, che dà frutto a suo tempo e le sue foglie non appassiscono.

Ecco allora perché, durante questo periodo liturgico, in Chiesa c'è un albero, inizialmente  totalmente spoglio. Ma, domenica dopo domenica, si arricchirà dei simboli che la liturgia di volta in volta suggerirà, fino ad essere carico dei suoi doni il giorno della festa della Risurrezione.

 

Oggi, Domenica 21 febbraio, abbiamo appeso delle striscioline di carta che vogliono rappresentare l’acqua perché, nella prima Lettura tratta dal libro della Genesi, abbiamo ascoltato il racconto del diluvio e dell’arco dell’alleanza. Episodio che, nella seconda Lettura, S. Pietro interpreta come figura del Battesimo, che ora salva tutti noi in virtù della Risurrezione di Cristo.




Il Foglietto n. 22 del 21 febbraio 2021




Riflessioni sotto la "Tenda della Parola"


Ieri sera, sotto la Tenda della Parola, riflettendo su Gn 9,8-15, l'alleanza di Dio con Noè e i suoi discendenti dopo il Diluvio, sono state proposte queste riflessioni e queste preghiere:

Custodi e non dominatori, accolti per quello che siamo, con debolezze errori, fatiche. Non ci chiedi di cambiare ma ci ami così e ti allei a noi incondizionatamente.
E questo è il grande stupore, è il nuovo sguardo all'altro ed al creato come un tutt'uno di cui essere custodi e responsabili. E questa è la meraviglia del tuo amore.

Anna

 

Condividere è uno strumento di crescita e di costruzione. Valorizziamo le piccole cose, ci aiuteranno a portare dentro di noi affetto e amore.
Iliana

 


Signore, ti fai debole e ti metti dalla parte di noi peccatori, perché vuoi che ci convertiamo al tuo progetto di salvezza non per paura del castigo, ma per rispondere con amore al tuo Amore. Per questo preghiamo.

Gino

 

“Del sangue vostro, ossia della vostra vita, io domanderò conto Gen9,5”.
Dio ci chiama a vivere la nostra vita con responsabilità e cura, perché siamo per lui preziosi. Per questo ti preghiamo.
Eugenio

 

Quando il cielo contemplo e la luna e le stelle che accendo nell’alto, io mi chiedo davanti al creato che cosa è l’uomo perché lo ricordi.

Quanta pazienza hai sempre Signore con noi!

La Tenda della Parola: in Zoom venerdì 19 febbraio 2021 alle 20.30

    

         Venerdì 19 febbraio 20.30

                                         una sosta per ascoltare e pregare:

                                                     Un'Alleanza di Pace

                                                       con Silvia Roseano e Mariangela Gatti                 

                            


 

"Il Signore ha posto la sua tenda tra di noi" abbiamo celebrato a Natale.

La tenda è un luogo di sosta lungo il cammino delle carovane nel deserto ma anche del nostro cammino verso la Pasqua.

    La tenda dice:

        - movimento e spazio di accoglienza e incontro, 

        - protezione e rifugio 

        - l’essere pellegrini sempre 

        - lo sguardo di Dio che copre il mondo 

        - accoglienza e disponibilità all’ascolto


     La tenda è anche la casa sulla roccia della Parola che è:

        - movimento e spazio di incontro

        - protezione e rifugio

        - lo spazio dell'incontro che ci rende fratelli

        - dona la capacità di seguire il Signore, di esse capaci della sua sequela

 


            La tenda/casa sulla roccia:

        - ci rende fratelli, 

        - ci dona unità, comunione e coraggio 

        - ci infonde stabilità, solidità e fiducia negli altri, in noi stessi, nel futuro 

    





Il messaggio del Papa per la Quaresima al centro della celebrazione delle Ceneri


Qui sotto il messaggio del Papa per la Quaresima che è stato al centro della Celebrazione delle Ceneri.

Don Nandino, dal messaggio, ha sottolineato in particolare questi due passaggi:

Nell’attuale contesto di preoccupazione in cui viviamo e in cui tutto sembra fragile e incerto, parlare di speranza potrebbe sembrare una provocazione. Il tempo di Quaresima è fatto per sperare, per tornare a rivolgere lo sguardo alla pazienza di Dio, che continua a prendersi cura della sua Creazione, mentre noi l’abbiamo spesso maltrattata

Stiamo più attenti a «dire parole di incoraggiamento, che confortano, che danno forza, che consolano, che stimolano, invece di parole che umiliano, che rattristano, che irritano, che disprezzano»


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
FRANCESCO
PER LA QUARESIMA 2021

“Ecco, noi saliamo a Gerusalemme…” (Mt 20,18).
Quaresima: tempo per rinnovare fede, speranza e carità.

Cari fratelli e sorelle, 

annunciando ai suoi discepoli la sua passione, morte e risurrezione, a compimento della volontà del Padre, Gesù svela loro il senso profondo della sua missione e li chiama ad associarsi ad essa, per la salvezza del mondo.

Nel percorrere il cammino quaresimale, che ci conduce verso le celebrazioni pasquali, ricordiamo Colui che «umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce» (Fil 2,8). In questo tempo di conversione rinnoviamo la nostra fede, attingiamo l’“acqua viva” della speranza e riceviamo a cuore aperto l’amore di Dio che ci trasforma in fratelli e sorelle in Cristo. Nella notte di Pasqua rinnoveremo le promesse del nostro Battesimo, per rinascere uomini e donne nuovi, grazie all’opera dello Spirito Santo. Ma già l’itinerario della Quaresima, come l’intero cammino cristiano, sta tutto sotto la luce della Risurrezione, che anima i sentimenti, gli atteggiamenti e le scelte di chi vuole seguire Cristo.

Il digiuno, la preghiera e l’elemosina, come vengono presentati da Gesù nella sua predicazione (cfr Mt 6,1-18), sono le condizioni e l’espressione della nostra conversione. La via della povertà e della privazione (il digiuno), lo sguardo e i gesti d’amore per l’uomo ferito (l’elemosina) e il dialogo filiale con il Padre (la preghiera) ci permettono di incarnare una fede sincera, una speranza viva e una carità operosa.

1. La fede ci chiama ad accogliere la Verità e a diventarne testimoni, davanti a Dio e davanti a tutti i nostri fratelli e sorelle.

In questo tempo di Quaresima, accogliere e vivere la Verità manifestatasi in Cristo significa prima di tutto lasciarci raggiungere dalla Parola di Dio, che ci viene trasmessa, di generazione in generazione, dalla Chiesa. Questa Verità non è una costruzione dell’intelletto, riservata a poche menti elette, superiori o distinte, ma è un messaggio che riceviamo e possiamo comprendere grazie all’intelligenza del cuore, aperto alla grandezza di Dio che ci ama prima che noi stessi ne prendiamo coscienza. Questa Verità è Cristo stesso, che assumendo fino in fondo la nostra umanità si è fatto Via – esigente ma aperta a tutti – che conduce alla pienezza della Vita. 

Il digiuno vissuto come esperienza di privazione porta quanti lo vivono in semplicità di cuore a riscoprire il dono di Dio e a comprendere la nostra realtà di creature a sua immagine e somiglianza, che in Lui trovano compimento. Facendo esperienza di una povertà accettata, chi digiuna si fa povero con i poveri e “accumula” la ricchezza dell’amore ricevuto e condiviso. Così inteso e praticato, il digiuno aiuta ad amare Dio e il prossimo in quanto, come insegna San Tommaso d’Aquino, l’amore è un movimento che pone l’attenzione sull’altro considerandolo come un’unica cosa con sé stessi (cfr Enc. Fratelli tutti, 93).

La Quaresima è un tempo per credere, ovvero per ricevere Dio nella nostra vita e consentirgli di “prendere dimora” presso di noi (cfr Gv 14,23). Digiunare vuol dire liberare la nostra esistenza da quanto la ingombra, anche dalla saturazione di informazioni – vere o false – e prodotti di consumo, per aprire le porte del nostro cuore a Colui che viene a noi povero di tutto, ma «pieno di grazia e di verità» (Gv 1,14): il Figlio del Dio Salvatore.

2. La speranza come “acqua viva” che ci consente di continuare il nostro cammino

La samaritana, alla quale Gesù chiede da bere presso il pozzo, non comprende quando Lui le dice che potrebbe offrirle un’“acqua viva” (Gv 4,10). All’inizio lei pensa naturalmente all’acqua materiale, Gesù invece intende lo Spirito Santo, quello che Lui darà in abbondanza nel Mistero pasquale e che infonde in noi la speranza che non delude. Già nell’annunciare la sua passione e morte Gesù annuncia la speranza, quando dice: «e il terzo giorno risorgerà» (Mt 20,19). Gesù ci parla del futuro spalancato dalla misericordia del Padre. Sperare con Lui e grazie a Lui vuol dire credere che la storia non si chiude sui nostri errori, sulle nostre violenze e ingiustizie e sul peccato che crocifigge l’Amore. Significa attingere dal suo Cuore aperto il perdono del Padre.

Nell’attuale contesto di preoccupazione in cui viviamo e in cui tutto sembra fragile e incerto, parlare di speranza potrebbe sembrare una provocazione. Il tempo di Quaresima è fatto per sperare, per tornare a rivolgere lo sguardo alla pazienza di Dio, che continua a prendersi cura della sua Creazione, mentre noi l’abbiamo spesso maltrattata (cfr Enc. Laudato si’, 32-33.43-44). È speranza nella riconciliazione, alla quale ci esorta con passione San Paolo: «Lasciatevi riconciliare con Dio» (2 Cor 5,20). Ricevendo il perdono, nel Sacramento che è al cuore del nostro processo di conversione, diventiamo a nostra volta diffusori del perdono: avendolo noi stessi ricevuto, possiamo offrirlo attraverso la capacità di vivere un dialogo premuroso e adottando un comportamento che conforta chi è ferito. Il perdono di Dio, anche attraverso le nostre parole e i nostri gesti, permette di vivere una Pasqua di fraternità.

Nella Quaresima, stiamo più attenti a «dire parole di incoraggiamento, che confortano, che danno forza, che consolano, che stimolano, invece di parole che umiliano, che rattristano, che irritano, che disprezzano» (Enc. Fratelli tutti [FT], 223). A volte, per dare speranza, basta essere «una persona gentile, che mette da parte le sue preoccupazioni e le sue urgenze per prestare attenzione, per regalare un sorriso, per dire una parola di stimolo, per rendere possibile uno spazio di ascolto in mezzo a tanta indifferenza» (ibid., 224).

Nel raccoglimento e nella preghiera silenziosa, la speranza ci viene donata come ispirazione e luce interiore, che illumina sfide e scelte della nostra missione: ecco perché è fondamentale raccogliersi per pregare (cfr Mt 6,6) e incontrare, nel segreto, il Padre della tenerezza.

Vivere una Quaresima con speranza vuol dire sentire di essere, in Gesù Cristo, testimoni del tempo nuovo, in cui Dio “fa nuove tutte le cose” (cfr Ap 21,1-6). Significa ricevere la speranza di Cristo che dà la sua vita sulla croce e che Dio risuscita il terzo giorno, «pronti sempre a rispondere a chiunque [ci] domandi ragione della speranza che è in [noi]» (1Pt 3,15). 

3. La carità, vissuta sulle orme di Cristo, nell’attenzione e nella compassione verso ciascuno, è la più alta espressione della nostra fede e della nostra speranza.

La carità si rallegra nel veder crescere l’altro. Ecco perché soffre quando l’altro si trova nell’angoscia: solo, malato, senzatetto, disprezzato, nel bisogno… La carità è lo slancio del cuore che ci fa uscire da noi stessi e che genera il vincolo della condivisione e della comunione. 

«A partire dall’amore sociale è possibile progredire verso una civiltà dell’amore alla quale tutti possiamo sentirci chiamati. La carità, col suo dinamismo universale, può costruire un mondo nuovo, perché non è un sentimento sterile, bensì il modo migliore di raggiungere strade efficaci di sviluppo per tutti» (FT, 183).

La carità è dono che dà senso alla nostra vita e grazie al quale consideriamo chi versa nella privazione quale membro della nostra stessa famiglia, amico, fratello. Il poco, se condiviso con amore, non finisce mai, ma si trasforma in riserva di vita e di felicità. Così avvenne per la farina e l’olio della vedova di Sarepta, che offre la focaccia al profeta Elia (cfr 1 Re 17,7-16); e per i pani che Gesù benedice, spezza e dà ai discepoli da distribuire alla folla (cfr Mc 6,30-44). Così avviene per la nostra elemosina, piccola o grande che sia, offerta con gioia e semplicità. 

Vivere una Quaresima di carità vuol dire prendersi cura di chi si trova in condizioni di sofferenza, abbandono o angoscia a causa della pandemia di Covid-19. Nel contesto di grande incertezza sul domani, ricordandoci della parola rivolta da Dio al suo Servo: «Non temere, perché ti ho riscattato» (Is 43,1), offriamo con la nostra carità una parola di fiducia, e facciamo sentire all’altro che Dio lo ama come un figlio.

«Solo con uno sguardo il cui orizzonte sia trasformato dalla carità, che lo porta a cogliere la dignità dell’altro, i poveri sono riconosciuti e apprezzati nella loro immensa dignità, rispettati nel loro stile proprio e nella loro cultura, e pertanto veramente integrati nella società» (FT, 187).

Cari fratelli e sorelle, ogni tappa della vita è un tempo per credere, sperare e amare. Questo appello a vivere la Quaresima come percorso di conversione, preghiera e condivisione dei nostri beni, ci aiuti a rivisitare, nella nostra memoria comunitaria e personale, la fede che viene da Cristo vivo, la speranza animata dal soffio dello Spirito e l’amore la cui fonte inesauribile è il cuore misericordioso del Padre. 

Maria, Madre del Salvatore, fedele ai piedi della croce e nel cuore della Chiesa, ci sostenga con la sua premurosa presenza, e la benedizione del Risorto ci accompagni nel cammino verso la luce pasquale. 

Roma, San Giovanni in Laterano, 11 novembre 2020, memoria di San Martino di Tours

 

Francesco