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I volti della Passione, la settimana santa tra pietà popolare e folclore

Don Massimo Naro racconta come siano cambiate nel tempo le processioni. Secolarizzazione, consumismo e deterioramento del sentimento credente si imponevano già a partire dal secolo scorso. Ma i volti di oggi parlano anche di altro

Si fa un bel parlare, in questi giorni della settimana santa, dello snaturamento della religione popolare in prospettiva culturale e turistico-commerciale che un po’ in tutt’Italia, anche nel Meridione e in Sicilia, è avvenuto negli ultimi scorsi decenni.

Si tratta, più precisamente, dello slittamento dalla pietà popolare al folclore, cioè – come dice il termine coniato nel 1846 dallo scrittore William John ThompsFolk-lore – il passaggio dalla custodia e dalla trasmissione intergenerazionale della più elementare e genuina “fede ecclesiale” alla riscoperta e alla fruizione ben organizzata di un certo “sapere popolare”. Questo passaggio fu motivato, a metà Ottocento, da interessi scientifici: era l’epoca in cui si affermavano ovunque – in Sicilia, per esempio, con il palermitano Giuseppe Pitré – le ricerche di antropologia culturale e gli studi etnografici, demoscopici, sociologici. Nel 1903 Michele Alesso dava alle stampe un suo saggio su Il giovedì santo in Caltanissetta (Usi, costumi, tradizioni e leggende), nella cui prefazione dichiarava l’intento di “porgere anch’io – annotava – il mio modesto contributo al Folk-lore della patria mia”. Evidenzio il caso di Caltanissetta perché è una delle diciotto città europee che costituiscono una rete internazionale tesa a valorizzare culturalmente le tradizioni popolari pasquali.


L'articolo continua a questo link: 

https://formiche.net/2023/04/passione-settimana-santa-pieta-popolare-e-folclore/

Il nostro incontro Comunitario di Riconciliazione

 Introduzione 

Si dice spesso che il sacramento della Confessione sia in crisi … ed è vero. Forse la causa di questa crisi sta nella confusione del senso del peccato con il senso di colpa, cioè con quel sentimento, più o meno cosciente, di disapprovazione e rimprovero verso se stessi che nasce in chi sa di aver trasgredito regole morali o religiose.

Chi come la maggior parte delle persone non compie gravi trasgressioni morali ha, invece, ancora più bisogno di lasciarsi illuminare dalla Parola del Signore, per scoprire che i veri peccati sono quelli contro la fede, la speranza e la carità e che sono peccati che creano divisione, anche all’interno di se stessi.

Ecco perché questa celebrazione è della Riconciliazione, del lasciarci riconciliare con Dio, con i fratelli e le sorelle, e anche ognuno con sé stesso, dal Signore Gesù, che per questo ha donato sulla Croce la sua vita per noi.  

Lasciamoci illuminare e guidare dal Vangelo delle tre domeniche centrali della Quaresima (quello della Samaritana, del Cieco nato e della Resurrezione di Lazzaro) nel cammino per incontrare il Signore: come condizione preliminare è richiesta la disponibilità ad uscire dalle nostre vecchie sicurezze e dai nostri radicati pregiudizi, per scoprire e accogliere la perenne novità del Vangelo. 

 

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 4,6-15)

 Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. 7Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». 8I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. 9Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. 10Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: «Dammi da bere!», tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». 11Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest'acqua viva? 12Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». 13Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; 14ma chi berrà dell'acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d'acqua che zampilla per la vita eterna». 15«Signore - gli dice la donna -, dammi quest'acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». 

Alla luce della Parola del Signore:

-       Signore Gesù, ci illudiamo di poter estinguere la sete di vita e di gioia, che hai seminato nel nostro cuore, con le cose piuttosto che con la relazione con le persone, con il godimento egoistico dei beni terreni, piuttosto che con la condivisione e la solidarietà … 

            Tutti: Perdonaci Signore, abbiamo peccato.

-       Nella nostra vita c’è sete di senso, che ci affanniamo a cercare nelle strade solitarie dei nostri progetti passeggeri, mentre tu ci doni l’acqua zampillante di vita eterna del tuo progetto, che nel Battesimo ci rende tutti figli dello stesso Padre e fratelli e sorelle in Te …  

             Tutti: Perdonaci Signore, abbiamo peccato.

-       Miliardi di persone nel mondo soffrono la sete fisica e la fame a causa della siccità e dei cambiamenti climatici, che investono anche il nostro Paese, eppure siamo come addormentati nel combattere, anche nella nostra vita, gli sprechi di cibo e di acqua e nel contrastare la produzione di gas serra, giustificandoci con la mancanza di fiducia nei piccoli contributi personali in questo enorme problema … 

             Tutti: Perdonaci Signore, abbiamo peccato.

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 9,39-41)

39Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». 40Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». 41Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: «Noi vediamo», il vostro peccato rimane».

Alla luce della Parola del Signore:

-       Signore Gesù, quando ci troviamo nel buio della cecità, perché perdiamo di vista la Tua strada, e ci chiudiamo in noi stessi e ad ogni aiuto che può venire dagli altri e da Te, che sei l’unico che può ridarci la fiducia di sperare contro ogni speranza …

            Tutti: Perdonaci Signore, abbiamo peccato.

-       La presunzione di essere capaci di vedere ciò che è bene e ciò che è male con le sole nostre forze, di essere luce per noi stessi e per gli altri, nelle nostre certezze incrollabili, blocca già in partenza ogni confronto e dialogo con chi la pensa differentemente, impedendo la ricerca insieme di ciò che è giusto, vero e buono per la comunità … 

            Tutti: Perdonaci Signore, abbiamo peccato.

-       Spesso non avvertiamo l'urgenza della conversione e ci lasciamo prendere da una pigrizia spirituale, rinviando a domani la decisione del cambiamento, che invece dovremmo prendere con sincerità di cuore oggi, perché è oggi e qui che il Signore ci chiede di seguirlo ...

            Tutti: Perdonaci Signore, abbiamo peccato.

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 11,21-27.43-44)

21Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! 22Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». 23Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». 24Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell'ultimo giorno». 25Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà26chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». 27Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo» … 43Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». 44Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».

Alla luce della Parola del Signore: 

-       Signore Gesùhai detto che chi crede in Te, anche se muore, vivrà … ma quando non crediamo in Te, quando non crediamo che nel dono della propria vita agli altri c’è la vera vita, è allora che, anche se viviamo, siamo già morti …

            Tutti: Perdonaci Signore, abbiamo peccato.

-       Quando ci attardiamo nei nostri sepolcri del conformismo alla mentalità dominante e non abbiamo il coraggio della verità e della giustizia … 

            Tutti: Perdonaci Signore, abbiamo peccato.

-       Quando siamo come legati e bloccati dai pregiudizi nei confronti degli altri e, nelle nostre scelte, siamo guidati da interessi di parte e di comodo, stiamo rifiutando la liberazione dalla morte, che il Signore Gesù ci dona, perché la sua Pasqua diventi la nostra Pasqua …

            Tutti: Perdonaci Signore, abbiamo peccato.

 

Preghiamo:

Ci hai donato, Signore, la tua misericordia. Ci hai perdonato per mezzo del tuo Figlio, morto e risorto.

Infondi ora, o Signore, il tuo Spirito nei nostri cuori perché produciamo frutti di vera conversione. Per Cristo, nostro Signore. Amen 


 

Buon Triduo pasquale per giungere insieme a celebrare e a vivere la Pasqua del Signore!

 

Una domanda: È solo un caso che da Lunedì santo a Giovedì Santo, i vangeli siano tutti ambientati a tavola?



Prima a Betania, poi nel cenacolo. La liturgia insiste nel farci proclamare questi passi nei quali Gesù nei suoi ultimi giorni sta a tavola…

La tavola è il luogo dove si condividono i pasti ma anche dove si giunge dopo il lavoro stanchi ed affaticati. È allora anche un luogo dove, si è accolti e ci si riposa, si dialoga, ci si confida.


La tavola è il luogo dove lui ha preso i nostri piedi sporchi, malati e li ha lavati.


Siamone certi, Lui ci accoglie così come siamo. Se ancora pensiamo ad un Dio pronto a giudicarci, rendiamoci conto che in questi giorni accadrà il più incredibile degli avvenimenti: un giudice sospende la nostra condanna, perché ha scelto di andare a morire al nostro posto. 


Solo l’amore crea”, diceva padre Massimiliano Kolbe, martire ad Auschwitz. 

La gravidanza è sostituibile?

Il problema/dibattito sull’utero in affitto si rivela impegnativo e complesso per i risvolti umani e le implicazioni etiche. I punti controversi.


Migranti: le questioni oltre gli slogan

Erano state 2.406 le morti accertate nel Mediterraneo, e 2.062 nel 2021, senza che un’opinione pubblica distratta fosse disposta a versare qualche lacrima o, più ancora, a incrinare la leggenda di un paese assediato da torme di migranti. Ma la tragedia di Cutro alla fine di febbraio, a pochi metri dalle coste della Calabria jonica, ha scosso la coltre dell’indifferenza, obbligando tutti a guardare negli occhi la sorte di chi attraversa il mare con mogli e figli a rischio della vita. E obbligando a interrogarsi sui dispositivi di sorveglianza del mare e di salvataggio di chi è in pericolo.

Sono quindi serie le questioni che s’intrecciano intorno al naufragio di Cutro e delle risposte politiche che il governo ha fornito, prima con la campagna anti-ONG, poi con la tardiva e teatrale convocazione del Consiglio dei Ministri nella cittadina calabrese il 9 marzo scorso.

Anzitutto, i numeri degli sbarchi smentiscono chiaramente il teorema secondo cui i profughi arriverebbero a causa della presenza delle navi umanitarie pronte a salvarle (i “taxi del mare”, o i “vice-scafisti”, secondo la crudele retorica sovranista). Le navi delle ONG nel 2022 hanno soccorso e sbarcato in Italia meno del 12% del totale delle persone arrivate via mare. Come si è scoperto nel caso di Cutro, gli altri arrivano o con i propri mezzi, oppure vengono tratti in salvo da Marina Militare e Guardia Costiera, a volte anche da comuni navi mercantili. Nel 2023, a decreto anti-ONG in vigore, a fine febbraio erano sbarcate in Italia 14.104 persone, contro 5.345 nel 2022 e 4.304 nel 2021. Dunque con meno navi umanitarie a presidiare il mare è arrivato il triplo dei profughi. Le ragioni delle partenze sono più complesse degli slogan. Basti pensare alla provenienza delle vittime di Cutro, in larga prevalenza afghane.

La seconda questione riguarda l’organizzazione dei soccorsi. Il governo non ha fornito spiegazioni convincenti, dicendo prima che non era stato avvertito, poi che il mare grosso aveva impedito di far uscire le navi militari, quindi, una volta resa nota la segnalazione di Frontex, che l’informazione non parlava di una barca in pericolo. E’ emerso un conflitto di competenze tra ministeri e corpi militari (Guardia di Finanza e Guardia Costiera), nonché un implicito discredito delle competenze tecnico-professionali degli addetti alla sorveglianza delle coste: serviva una segnalazione più circostanziata di Frontex per rendersi conto che la barca rischiava di affondare nel mare in tempesta? Sconcerta in ogni caso, per un governo che fa della difesa dei confini un principio inscalfibile, l’idea che un natante non identificato possa approdare indisturbato sulle nostre coste, senza essere intercettato e controllato.


L'articolo di Maurizio Ambrosini continua a questo link: 




E noi, che ne facciamo delle nostre Comunità? Sappiamo riconoscere che oggi è quel "tempo"?

Dal Vangelo secondo Marco (11, 12–25)

Mentre uscivano da Betània, ebbe fame. Avendo visto da lontano un albero di fichi che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se per caso vi trovasse qualcosa ma, quando vi giunse vicino, non trovò altro che foglie. Non era infatti la stagione dei fichi. Rivolto all'albero, disse: «Nessuno mai più in eterno mangi i tuoi frutti!». E i suoi discepoli l'udirono. Giunsero a Gerusalemme. Entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano e quelli che compravano nel tempio; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe e non permetteva che si trasportassero cose attraverso il tempio. E insegnava loro dicendo: «Non sta forse scritto: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le nazioni?  Voi invece ne avete fatto un covo di ladri».     

Lo udirono i capi dei sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo di farlo morire. Avevano infatti paura di lui, perché tutta la folla era stupita del suo insegnamento. Quando venne la sera, uscirono fuori dalla città.

La mattina seguente, passando, videro l'albero di fichi seccato fin dalle radici. Pietro si ricordò e gli disse: «Maestro, guarda: l'albero di fichi che hai maledetto è seccato». Rispose loro Gesù: «Abbiate fede in Dio! In verità io vi dico: se uno dicesse a questo monte: «Lèvati e gèttati nel mare», senza dubitare in cuor suo, ma credendo che quanto dice avviene, ciò gli avverrà. Per questo vi dico: tutto quello che chiederete nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi accadrà. Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi le vostre colpe»


In questa settimana seguiamo il Signore Gesù nella sua passione, morte e resurrezione e riviviamo i suoi gesti e le sue parole. Avvicinandoci a lui lasciamo che il suo amore più forte della morte ci conquisti per conoscere la salvezza che viene da Dio. 

L’Evangelo di Marco, che segue questa settimana di Gesù giorno per giorno, ci offre alla nostra oggi il racconto della purificazione del tempio. Il passo è una “narrazione a sandwich”, un procedimento letterario che l’evangelista utilizza frequentemente. Il brano centrale racconta come Gesù ha cacciato via i mercanti dal tempio: sia quelli che vendevano, sia quelli che compravano. Tante persone religiose, ma come tali, sempre tentate di uscire dalla gratuità del dono per fare della fede e con la fede un commercio. Gesù, con un gesto vigoroso, manda via tutti quelli che venivano nella dimora di Dio, non per cercare e pregare Dio, ma per inseguire il proprio profitto. “Della casa del Padre avete fatto un covo di ladri”, dice Gesù. 

E noi, che cosa facciamo del tempio del Padre, del tempio che dovremmo essere anche noi (cfr. 1Cor 6,16)? Che cosa facciamo delle nostre comunità, della chiesa? La parabola del fico, che fa da cornice al racconto della purificazione del tempio, risponde a questa domanda. 

Gesù è venuto tra i suoi con il desiderio di farci partecipi dell’amore del Padre. Ha sete di vedere le nostre vite, le nostre comunità, fiorire come alberi sani e rigogliosi, pieni di frutti che servono come cibo e come medicina per la vita di molti (cfr. Ez 47,12). Siamo addirittura chiamati a dare frutto sempre, ogni mese, tutto l’anno (cfr. Ap 22,2). 

Però, il Signore ci trova spesso come l’albero di fico, senza i frutti della giustizia e della misericordia. Egli trova solo foglie, che prima o poi il vento disperde. E Gesù sembra fare un rabbuffo contro l’albero di fico che ha solo foglie, ma i discepoli, che non capiscono, dicono: “Hai maledetto l’albero ed è seccato!” (v. 21).

Intanto, nel brano c’è un elemento curioso quando l’evangelista annota: “Non era la stagione dei fichi” (v. 13). Gesù ha forse cercato frutti nella stagione sbagliata? No, e lo abbiamo già accennato: per chi vive secondo il vangelo è sempre la stagione dei frutti. Perché “egli è come un albero trapiantato presso corsi di acque e alla sua stagione darà il suo frutto” (Sal 1,3). 

I capi dei sacerdoti e gli scribi che in risposta al gesto di Gesù cercavano il modo di farlo morire (v. 18) sono come l’albero secco. Essi sono i capifila di tutti quelli che non colgono il tempo in cui Dio viene a salvare il suo popolo. 

E noi? Riconosciamo il tempo, l’oggi, in cui il Signore ci visita?

Gesù si è presentato come il vero tempio di Dio. Il suo corpo ucciso e risorto il terzo giorno è la presenza di Dio tra gli uomini. Il suo corpo siamo anche tutti noi credenti in Lui, presenza del Risorto nella storia e tempio dello Spirito Santo. Come allora incontrare il Signore e celebrarlo in Spirito e Verità?

Gesù risponde: “Abbiate fede” (v. 22). Abbiate la certezza nella fiducia che tutto quello che chiedete nella preghiera al Padre lo avete già ottenuto (v. 24). Dio rifiuterà forse di dare il suo Spirito a quelli che lo invocano? Insieme alla chiamata di seguirlo, il Signore non darà forse anche la sua Parola e la remissione dei peccati?

(sr Alice)

Noi, la Cina e la questione morale. L’intervento del sinologo Scarpari

L’ingerenza cinese, spesso sostenuta da interventi di natura finanziaria, è un fenomeno rilevante che si estende, in modo pervasivo e non sempre immediatamente percepibile, al mondo della politicadell’economiadella cultura, e in parte anche dell’associazionismo


Il comunicato del Comitato di redazione del Sole 24 Ore del 28 marzo 2023 ci riporta al tema dell’influenza e delle ingerenze cinesi nella vita politica, culturale e imprenditoriale del nostro paese, fornendoci un interessante motivo di riflessione. L’occasione nasce dalla pubblicazione, il 26 marzo, dell’ennesimo inserto propagandistico Focus Chinaquattro pagine di articoli di pura propaganda scritti da giornalisti cinesi dell’Economist Daily, testata statale di proprietà della Repubblica popolare cinese, autocelebrativi, volti ad attrarre investimenti fornendo una visione semplicistica ed edulcorata di una realtà assai più complessa e problematica. L’inserto, essendo a cura dell’azienda pubblicitaria del gruppo editoriale, sfugge a ogni controllo da parte della redazione, evitando in questo modo il pur minimo intervento da parte di giornalisti e opinionisti indipendenti. Non solo appare quindi inopportuno che il quotidiano della Confindustria, il più importante giornale economico italiano, si presti a “fare da grancassa per una dittatura” illiberale, dichiaratamente anti-occidentale e anti-democratica, “arroccata in politica estera su un sostegno filoputiniano”, ma è ancor più ambiguo che si continuino ad agevolare pratiche ritenute opache e ingannevoli, che sarebbe doveroso, oltre che saggio, evitare, come suggerito dal Copasir e, a livello europeo, dalla Commissione speciale sulle ingerenze straniere in tutti i processi democratici nell’Unione europea, inclusa la disinformazione. Il problema non riguarda unicamente il Sole 24 Ore, ma buona parte del settore dei media, come si evince, per l’Italia, dallo studio dell’Istituto Affari Internazionali di Roma dell’ottobre 2021 e, più in generale, dal rapporto di Freedom House del settembre 2022.

L'intervento di Maurizio Scarpari continua a questo link:


L'unzione di Betania (Gv 12, 1-11)

La liturgia continua a seguire Gesù negli ultimi sei giorni della sua vita in questa nostra realtà. Il gesto di Maria è l’espressione di una fede e di un amore profondo che sacrifica a Dio quanto ha di più prezioso. Tre giorni più tardi sarà Gesù a lavare e profumare i piedi ai discepoli ...


Il banchetto è pieno di presentimenti della morte imminente di Gesù: i sei giorni prima della Pasqua, il suggerimento del traditore Giuda, la risposta di Gesù che richiama uno degli atti pietosi della sepoltura anticipato da Maria, l’accenno che lui non l’avrebbero avuto per sempre, mentre i poveri sì, infine l’insano proposito dei sommi sacerdoti di uccidere il risuscitato Lazzaro, che faceva tanta propaganda per Gesù, anche senza volerlo, con la sua persona. Nella volontà di uccidere Lazzaro si risente la volontà di uccidere Gesù. E’ il banchetto del mesto addio agli amici prima della morte. L’unzione di Bethania ha alla base il simbolo del profumo prezioso di nardo, importato in Israele dall’India, del valore di trecento denari, quasi il salario annuale di un bracciante.

Nel brano ognuno dei personaggi ha un nome e una particolare funzione. Lazzaro, colui che Gesù aveva risvegliato dai morti, era uno dei commensali. Il suo compito pare essere quello che attira la gente a Gesù.; Marta serve e Maria sparge il profumo; Giuda, quello che l’avrebbe tradito, fa sentire la sua voce che non del tutto stonata: serve, infatti, da richiamo ad un compito ben preciso della comunità dei credenti. Infine c’è Gesù, a cui si rendono gli onori di casa. Il servizio, infatti, ha Gesù come destinatario primario, e lo ha anche nel gesto di Maria, che è segno d’amore e di servizio insieme. Maria spande su Gesù il suo profumo assai prezioso e, osservandola, non si può non rammentare quella frase del cantico dei Cantici: “Mentre il re stava sul suo divano, il mio nardo spandeva il suo profumo” (1,12). E la casa si riempie della fragranza e fece gioire gli amici del Signore. E’ una cena di festa quella che celebrano con Gesù, un canto alla vita. Nonostante la voce fuori luogo di Giuda che deplora lo spreco del profumo, nascondendosi dietro una falsa carità verso i poveri. Invece il gesto di Maria è l’espressione di una fede e di un amore profondo che sacrifica a Dio quanto ha di più prezioso. In questa scena ci sono due sguardi contrapposti su Gesù: quello della donna e quello di Giuda. La donna pone Gesù al di sopra di tutto e indica un amore illimitato. Giuda pone il valore commerciale al di sopra della persona di Cristo. Con un commento forte, Giovanni rileva l’attaccamento di Giuda al denaro. Maria, quindi, simboleggia qui il vero discepolo che riconosce che Gesù vale di più di tutto l’oro del mondo.

La nostra preghiera nella Domenica delle Palme e di Passione

Introduzione alla benedizione e processione degli ulivi

Dio ha tanto amato il mondo che ha voluto donarci il suo Figlio Gesù Cristo. Noi vogliamo accoglierlo oggi, proclamando che è lui il Messia, il Salvatore degli uomini. In questa Quaresima, abbiamo visto Gesù partire per il deserto, salire sul monte della Trasfigurazione, incontrare la Samaritana, aprire gli occhi al cieco nato e richiamare Lazzaro alla vita.
Ora seguiamo Gesù nella sua ultima tappa, quella che lo condurrà dall’ingresso trionfale a Gerusalemme e alla morte sul Calvario, dalle tenebre della morte alla luce della Pasqua.  Partecipiamo con gioia al suo ingresso festante a Gerusalemme, 




Introduzione alla Domenica della Passione


“Le grida festose e l’accanimento feroce”. Questo è il duplice mistero che accompagna ogni anno l’ingresso nella Settimana Santa, nei due momenti caratteristici di questa celebrazione: la processione festosa che abbiamo appena fatto con i rametti di ulivo e la solenne lettura del racconto della Passione.
Il profeta Isaia nella prima lettura, ci descrive Il servo del Signore che affronta la sua “passione” nella sicurezza che Dio lo assiste.
Nella seconda Lettura S. Paolo ci dice che Gesù con la sua passione, crocifissione e morte, rivela il volto di Dio Padre che condivide in tutto la condizione umana.
Il racconto della Passione ci aiuta via via a renderci partecipi dell’atto di amore del Figlio di Dio che accetta di svuotare sé stesso e di donare tutta la sua vita per salvare l’umanità. Nelle ultime ore di vita di Gesù si intrecciano tutte le trame di odio e di potere che lo condannano ingiustamente alla morte in croce.
Lasciamoci coinvolgere da questa Parola, animati dallo Spirito Santo, per accompagnare con fede il nostro Salvatore nella via della Passione e avere sempre presente il prezioso insegnamento del “dono di sé” come modello di vita e di vittoria contro lo spirito del male. 


 
Preghiere dei fedeli
 
Per la Chiesa e per tutti i credenti: perché possano ritrovare nel Crocifisso il segno più grande dell’amore di Dio contro ogni violenza e abuso di potere. Preghiamo
 
Per le persone che esercitano un potere religioso, politico, sociale: perché imparino dalla vicenda di Gesù a mettersi al servizio del bene comune e ad evitare scandali e ingiustizie. Preghiamo. 
 
Per la nostra comunità che inizia la Settimana Santa: perché sia docile nell’accogliere la parola del Signore e possa essere plasmata ancora una volta dalle celebrazioni che vivremo. Preghiamo
 
Per tutti coloro che vivono la sofferenza, la malattia e lo sconforto, per chi è infermo, abbandonato, umiliato, perseguitato, calpestato nei suoi diritti: affinché tutti sperimentino l’abbraccio di Gesù crocifisso che attira a sé ogni cuore e gli rivela la tenerezza e la misericordia del Padre.   Preghiamo

Il Foglietto "La Resurrezione" di domenica delle Palme e di Passione

 


L’ingresso a Gerusalemme - Mt 21,1-11

L'ingresso a Gerusalemme: per la folla un grande equivoco che procede tranquilla secondo quelle che sono le sue aspettative senza lasciarsi interrogare dai segni posti da Gesù.



È giunto al termine il cammino della nostra Quaresima che ci ha chiamato a “sperare al di là di ogni speranza umana” (Rm 4,18) invitandoci a resistere alle seduzioni del potere, ad accogliere l’invito ad ascoltare il Signore che ci svela quale è la nostra “sete”, ci apre gli occhi per poter leggere la realtà con i suoi, inserendoci nella sua sequela di “inviato”, operare come lui ha operato ed avere così la nostra vita resa degna di essere vissuta in eterno, risorta già oggi nel nostro quotidiano.


Oggi è primo giorno della Grande e Santa Settimana e, nella nostra tradizione, facciamo innanzitutto memoria dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme. Facilmente comprendiamo questa circostanza come un momento di festa gioiosa e, a questo, siamo invitati a fare dalle stesse parole della Liturgia: “Imitiamo, fratelli e sorelle, lo folle che acclamavano Gesù”. Una volta poi in chiesa il tono di festa sarà bruscamente smorzato dalla proclamazione della Passione del Signore e in genere poco ci si sofferma sul voltafaccia della folla che, nell’arco di quattro giorni, passa dall’accoglienza di Gesù come un trionfatore, all’invocare la sua morte gridando “Crocifiggilo! Crocifiggilo!”.

Se, però, si facesse maggiormente attenzione a quello di cui si fa memoria, ci sarebbe poco da gioire nell’imitare quella folla festante che stende i suoi mantelli davanti al cammino del Signore. Azione che significa la volontà di mettere la propria persona – togliersi il mantello significava spogliarsi di ogni protezione - totalmente a sua disposizione, ad essere disponibili a sottomettersi e seguirlo senza condizioni. Questa “grande folla”, non fa attenzione ai segni posti da Gesù e procede invece tranquilla secondo quelle che sono le sue aspettative senza lasciarsi interrogare. In fin dei conti è l’atteggiamento di coloro che “sapevano” tutto nell’episodio della guarigione del cieco nato ma che, appunto per questo, non riescono a “vedere” e rimangono accecati, permangono nell’oscurità delle proprie sicurezze.

Eppure dovrebbe essere chiaro: Gesù siede su di un’asina a richiamare una profezia di Zaccaria (9,9) che Matteo rivisita adattandola alla figura del Signore, togliendone i caratteri trionfalistici. Non invita la Figlia di Sion ad “esultare” e a “giubilare” per l’arrivo del suo re che, Matteo, non aggettiva come “giusto e vittorioso” ma semplicemente lo definisce come “umile”. Questo perché la “vittoria” di Gesù sarà la sua Risurrezione che è il “” del Padre ad una vita vissuta nel dono totale di sé stesso e per questo degna di essere vissuta per sempre. È questa sua vita che lo rende “giusto” davanti a Dio e non giustificato (cioè “da Lui reso giusto” come sarà per noi nel momento del giudizio alla fine dei tempi).

Davanti all’incedere di Gesù, la folla taglia poi fronde e rami dagli alberi e li agita davanti al suo cammino facendogli cornice con questi. Questo significa che imita quanto accade per la Festa delle Capanne durante la quale una tradizione dice che si manifesterà il Messia e, infatti, la folla acclama Gesù con “Osanna al figlio di David” che significa “Forza, salvaci figlio di David!” chiedendogli di fare come tuo padre: restaurare il Regno di Israele con il potere e la forza. È un chiaro invito opposto alla missione che il Gesù sta compiendo. Non è venuto a “salvare” Israele come Figlio di Davide, cioè a riscattare il popolo dalla dominazione romana che era una delle più condivise caratteristiche del Messia atteso. La sua missione come Figlio di Dio è ben altra di quella politicamente vittoriosa e gloriosa che era vagheggiata dalla folla che lo circondava volendolo spingere in una direzione che non era quella da lui scelta: il dono di sé nella volontà del Padre. Era capitato già altre volte e di solito era svincolato via. Questa volta pare accettare ma è solo un abbaglio. Infatti appena entrato a Gerusalemme, nel cortile del Tempio, rovescerà i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe che avevano trasformato la Casa di preghiera del Padre in una spelonca di ladri.

Mentre entrava a Gerusalemme “tutta la città fu presa da agitazione”, fu turbata. È la medesima espressione che troviamo in Mt 2,3 quando i Magi giungono a Gerusalemme e chiedono dove sia nato il Re dei Giudei, indicazione che poi troveremo sul cartiglio apposto sopra la sua croce. 

Questo Evangelo e la sua azione nel tempio non possono non richiamare alla memoria quello della prima domenica di ogni Quaresima: le tentazioni, nelle quali Gesù rifiuta la seduzione del potere in qualsiasi forma e contaminazione questo possa manifestarsi, sia questo politico, sociale, sia quello del denaro e dell’interesse personale.

Basta allora poco alla folla rendersi conto che Gesù non era quel Profeta che loro attendevano come rispondevano a chi chiedeva chi fosse quel personaggio acclamato e, quindi, delusi e disillusi, passano velocemente dall’acclamazione alla richiesta di condanna.

(BiGio)

Questa Quaresima: percorsi diversi per giungere non solo a riconoscere ma ad aderire al Signore

Nelle domeniche di questa Quaresima, si sono incontrati tanti sguardi, apparenze, verità celate sotto la superficie, inviti a guardare oltre, ad uscire dai limiti autoimpostici e, soprattutto incontri, dialoghi faccia a faccia, gestiti quasi con tagli cinematografici e con inquadrature di tipo “primissimo piano” dalla fronte al mento, molto usate da Pier Paolo Pasolini nel suo film “Il Vangelo secondo Matteo”.



Un personaggio è stato una presenza fissa: Gesù. La prima domenica nel faccia a faccia con il Divisore che cercava di sedurlo ad usare la sua potenza a suo esclusivo vantaggio; la seconda nel dialogo con Mosè ed Elia e la voce del Padre che invitava i discepoli ad ascoltare quel Figlio disposto fino alla fine al dono di sé per gli altri, prospettiva che loro rifiutavano. Le seguenti tre domeniche c’è stato un salto e, al centro dell’attenzione, è balzata l’umanità con i percorsi che possono portarla al riconoscimento della signoria di Gesù.

Una umanità presentata nelle vesti di una samaritana, di un cieco nato e delle sorelle di un morto già sigillato nella sua tomba. Un Gesù che è disposto a deviare da un cammino senza asperità per passare in un territorio dove le contraddizioni e le possibilità di conflitto sono tante, per andare a cercare, fino ad aspettare la pecora smarrita o persa. Un Gesù al quale nel suo incedere verso Gerusalemme non sfugge nulla, tanto meno la realtà di una persona che non vede, perciò passiva e dipendente in toto dagli altri. Un Gesù che si attarda a giungere alla casa dell’amico in fin di vita perché le sorelle riescano a superare le loro attese e riconoscere chi è veramente Gesù.

Un Gesù che non dimentica nessuno, che si accorge del bisogno dell’altro, che fa fare il corretto cammino a chi si affida a lui. Questo attraverso tre situazioni contrastanti: la sete e l’acqua, il buio e la luce, la morte e la vita. Gli elementi che qualificano il cammino di chi si avvicina alla fede: il desiderio che zampilla da situazioni di vita concreta vissuta che riesce a far vedere oltre il ristretto orizzonte nel quale per comodità spesso ci si rinchiude e che fa esplodere una vita nuova e una novità di vita ricompresa alla luce di una Parola che disseta.

Se ben ci si pensa queste non sono novità. In fin dei conti è quanto è accaduto quando Dio ha fatto irruzione nella vita dell’uomo e che si ripete continuamente nella vita di ogni uomo. Quando si rivela nell’Esodo, afferma di aver ascoltato il dolore di un popolo oppresso che non lo conosceva ancora e di avergli dato gli strumenti per uscire dalla sua situazione di schiavitù, di tenebra. Sul monte Sinài quando offre la sua Alleanza inizia dicendo “Io sono il Signore Dio tuo”: c’è un “io” e, difronte a questo, un “tu” instaurando un rapporto di dialogo “faccia a faccia” invitando a imitare le sue orme “fate agli altri quello che io ho fatto a voi”. Questa è la sintesi del Decalogo, delle 10 Parole che non sono un “a priori” bensì indicazioni, obiettivi da raggiungere ai quali aderire e, nel farlo, i percorsi possono essere diversi per ciascuna persona; ciascuno ha il suo. 

 

Gli Evangeli delle tre domeniche centrali di questa Quaresima propongono, concatenate tra di loro, le caratteristiche generali di un cammino “battesimale”, cioè di chi giunge alla fede fino a “immergersi” nella vita del Signore. Partono da situazioni diverse: un incontro “cercato” da Gesù (la Samaritana), una presenza passiva ma bisognosa (il Cieco nato) incrociata durante uno spostamento, un fatto: la morte di un amico (Lazzaro). Ogni uomo ha una situazione diversa di partenza ed è in questa che in ogni momento può iniziare un percorso di iniziazione alla e di fede.

Nel primo Gesù viene incontrato come un “giudeo”, per i Samaritani un “diverso” con il quale loro, marginali, poco avevano da dirsi e più che altro si tenevano e venivano tenuti lontani dagli israeliti per non contaminarsi. Per noi oggi questi possono essere i senza fissa dimora, gli immigrati, tutte le situazioni degli ”scarti della società”, come li ha definiti papa Francesco. Nel secondo il cieco nato all’inizio lo definisce semplicemente “un uomo”, nel terzo le due sorelle lo considerano un “amico”. Approcci che evidenziano come all’inizio sia richiesto solo la disponibilità e la capacità di porre attenzione e accogliere l’altro da te e di intessere un dialogo: è qui che si differenziano i percorsi delineati nell’Evangelo di Giovanni.

La Samaritana intuisce e lo chiama subito Signore, ma ancora con l’accezione semplice di “padrone” e non di “Kyrios”, che è il titolo del Risorto. Poi va dai suoi compaesani e li invita a “venire a vedere”, raccontando quello che le era accaduto e il dialogo avuto ponendo la domanda “che sia lui il Messia?”, infine la presa di coscienza: “questi è veramente il Salvatore del Mondo” perciò di tutti gli uomini, di tutto il creato e non solo il restauratore del regno di Israele. Anche a noi può essere chiesto di allargare lo sguardo e interrogarsi con altri sull’identità di chi abbiamo incontrato e giungere ad andare oltre alle definizioni attese, sperate ma a volte escludenti di altri.

Il secondo passo del cieco nato è quello di individuare Gesù come un “profeta” ma al pari di tanti altri, poi come un “inviato da Dio” per passare infine, di fronte alla autorivelazione di Gesù e passare dall’incredulità al credere in Lui e a chiamarlo Kyrios.

Diverso ancora il percorso di Marta e Maria che già conoscevano Gesù e lo chiamavano Kyrios ma avevano gli occhi chiusi e ripiegati sulla loro e nostra realtà che rimanda sempre al futuro la possibilità di essere inclusi nel Regno eterno di Dio che è la sua “gloria”; senza capire che, invece, è già qui oggi, basta avere la capacità di accogliere il suo invito a seguire il suo esempio di partecipazione piena alla realtà degli uomini con la misericordia del Padre. Forse il percorso di Marta e Maria è quello che si avvicina di più a quello che è richiesto a chi già si pensa credente.  

È questo l’ultimo passo richiesto, non basta riconoscerlo come il Salvatore del Mondo, non basta credere in lui e chiamarlo Signore, è necessario aderire a lui e con lui farsi la misericordia del Padre per tutti gli uomini.

(BiGio)

La passione, la morte e la risurrezione sono inscindibili come unica è la liturgia del Triduo Pasquale

Oggi la Liturgia della Parola ci propone la Passione secondo S. Matteo. Sono molte le caratteristiche che distinguono questo racconto da quello degli altri Evangeli se non altro perché ha diversi episodi suoi propri esclusivi.



Nella lettura della Passione secondo Matteo si ha l’impressione di trovarsi di fronte a un quadro di grandi dimensioni o, meglio, a un polittico con un colore e un tono del tutto particolare che Matteo ha preparato per bene lungo tutto il suo racconto e che esprime in maniera precisa la sua sensibilità, la sua origine, la sua cultura. Questa tonalità e l’inconfondibile carattere che la contraddistingue è data da un elemento chiave nella trama del tessuto della sua passione: il sangue.

Attraverso un particolare al quale normalmente non si fa attenzione, Matteo desidera farci comprendere che il racconto della Passione è la spiegazione di tutto l’insegnamento di Gesù. Questo dettaglio è il fatto che termina tutti i cinque discorsi che compongono le parti del suo Vangelo con una espressione: “e avvenne che …” che fa da congiunzione con la sezione seguente. All’inizio della Passione la si trova per l’ultima volta però con un’aggiunta: “e avvenne che, quando Gesù terminò tutti questi discorsi…”. In questo modo desidera avvertirci che quanto segue non aggiunge nulla al suo insegnamento, ma che quanto avviene ne è lo sviluppo, si può dire la logica conseguenza.

È importante anche fare attenzione che Gesù non separa mai i tre elementi che caratterizzano questa sezione, vale a dire la passione-morte-risurrezione ed è anche per questa indivisibile che la liturgia del Triduo Pasquale è inscindibile pur sviluppandosi in tre momenti e giorni diversi: inizia il Giovedì Santo con la celebrazione della Messa nella Cena del Signore (che non per nulla termina senza la benedizione finale), continua  il Venerdì Santo con l’Azione liturgica della Passione e della Croce, termina il Sabato Santo con la Grande Veglia Pasquale. 

L’invito fatto ai credenti è di parteciparvi integralmente per celebrare degnamente la passione-morte-risurrezione del nostro Signore attraverso la quale ci ha donato la vita.

(BiGio)