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Questa Quaresima: percorsi diversi per giungere non solo a riconoscere ma ad aderire al Signore

Nelle domeniche di questa Quaresima, si sono incontrati tanti sguardi, apparenze, verità celate sotto la superficie, inviti a guardare oltre, ad uscire dai limiti autoimpostici e, soprattutto incontri, dialoghi faccia a faccia, gestiti quasi con tagli cinematografici e con inquadrature di tipo “primissimo piano” dalla fronte al mento, molto usate da Pier Paolo Pasolini nel suo film “Il Vangelo secondo Matteo”.



Un personaggio è stato una presenza fissa: Gesù. La prima domenica nel faccia a faccia con il Divisore che cercava di sedurlo ad usare la sua potenza a suo esclusivo vantaggio; la seconda nel dialogo con Mosè ed Elia e la voce del Padre che invitava i discepoli ad ascoltare quel Figlio disposto fino alla fine al dono di sé per gli altri, prospettiva che loro rifiutavano. Le seguenti tre domeniche c’è stato un salto e, al centro dell’attenzione, è balzata l’umanità con i percorsi che possono portarla al riconoscimento della signoria di Gesù.

Una umanità presentata nelle vesti di una samaritana, di un cieco nato e delle sorelle di un morto già sigillato nella sua tomba. Un Gesù che è disposto a deviare da un cammino senza asperità per passare in un territorio dove le contraddizioni e le possibilità di conflitto sono tante, per andare a cercare, fino ad aspettare la pecora smarrita o persa. Un Gesù al quale nel suo incedere verso Gerusalemme non sfugge nulla, tanto meno la realtà di una persona che non vede, perciò passiva e dipendente in toto dagli altri. Un Gesù che si attarda a giungere alla casa dell’amico in fin di vita perché le sorelle riescano a superare le loro attese e riconoscere chi è veramente Gesù.

Un Gesù che non dimentica nessuno, che si accorge del bisogno dell’altro, che fa fare il corretto cammino a chi si affida a lui. Questo attraverso tre situazioni contrastanti: la sete e l’acqua, il buio e la luce, la morte e la vita. Gli elementi che qualificano il cammino di chi si avvicina alla fede: il desiderio che zampilla da situazioni di vita concreta vissuta che riesce a far vedere oltre il ristretto orizzonte nel quale per comodità spesso ci si rinchiude e che fa esplodere una vita nuova e una novità di vita ricompresa alla luce di una Parola che disseta.

Se ben ci si pensa queste non sono novità. In fin dei conti è quanto è accaduto quando Dio ha fatto irruzione nella vita dell’uomo e che si ripete continuamente nella vita di ogni uomo. Quando si rivela nell’Esodo, afferma di aver ascoltato il dolore di un popolo oppresso che non lo conosceva ancora e di avergli dato gli strumenti per uscire dalla sua situazione di schiavitù, di tenebra. Sul monte Sinài quando offre la sua Alleanza inizia dicendo “Io sono il Signore Dio tuo”: c’è un “io” e, difronte a questo, un “tu” instaurando un rapporto di dialogo “faccia a faccia” invitando a imitare le sue orme “fate agli altri quello che io ho fatto a voi”. Questa è la sintesi del Decalogo, delle 10 Parole che non sono un “a priori” bensì indicazioni, obiettivi da raggiungere ai quali aderire e, nel farlo, i percorsi possono essere diversi per ciascuna persona; ciascuno ha il suo. 

 

Gli Evangeli delle tre domeniche centrali di questa Quaresima propongono, concatenate tra di loro, le caratteristiche generali di un cammino “battesimale”, cioè di chi giunge alla fede fino a “immergersi” nella vita del Signore. Partono da situazioni diverse: un incontro “cercato” da Gesù (la Samaritana), una presenza passiva ma bisognosa (il Cieco nato) incrociata durante uno spostamento, un fatto: la morte di un amico (Lazzaro). Ogni uomo ha una situazione diversa di partenza ed è in questa che in ogni momento può iniziare un percorso di iniziazione alla e di fede.

Nel primo Gesù viene incontrato come un “giudeo”, per i Samaritani un “diverso” con il quale loro, marginali, poco avevano da dirsi e più che altro si tenevano e venivano tenuti lontani dagli israeliti per non contaminarsi. Per noi oggi questi possono essere i senza fissa dimora, gli immigrati, tutte le situazioni degli ”scarti della società”, come li ha definiti papa Francesco. Nel secondo il cieco nato all’inizio lo definisce semplicemente “un uomo”, nel terzo le due sorelle lo considerano un “amico”. Approcci che evidenziano come all’inizio sia richiesto solo la disponibilità e la capacità di porre attenzione e accogliere l’altro da te e di intessere un dialogo: è qui che si differenziano i percorsi delineati nell’Evangelo di Giovanni.

La Samaritana intuisce e lo chiama subito Signore, ma ancora con l’accezione semplice di “padrone” e non di “Kyrios”, che è il titolo del Risorto. Poi va dai suoi compaesani e li invita a “venire a vedere”, raccontando quello che le era accaduto e il dialogo avuto ponendo la domanda “che sia lui il Messia?”, infine la presa di coscienza: “questi è veramente il Salvatore del Mondo” perciò di tutti gli uomini, di tutto il creato e non solo il restauratore del regno di Israele. Anche a noi può essere chiesto di allargare lo sguardo e interrogarsi con altri sull’identità di chi abbiamo incontrato e giungere ad andare oltre alle definizioni attese, sperate ma a volte escludenti di altri.

Il secondo passo del cieco nato è quello di individuare Gesù come un “profeta” ma al pari di tanti altri, poi come un “inviato da Dio” per passare infine, di fronte alla autorivelazione di Gesù e passare dall’incredulità al credere in Lui e a chiamarlo Kyrios.

Diverso ancora il percorso di Marta e Maria che già conoscevano Gesù e lo chiamavano Kyrios ma avevano gli occhi chiusi e ripiegati sulla loro e nostra realtà che rimanda sempre al futuro la possibilità di essere inclusi nel Regno eterno di Dio che è la sua “gloria”; senza capire che, invece, è già qui oggi, basta avere la capacità di accogliere il suo invito a seguire il suo esempio di partecipazione piena alla realtà degli uomini con la misericordia del Padre. Forse il percorso di Marta e Maria è quello che si avvicina di più a quello che è richiesto a chi già si pensa credente.  

È questo l’ultimo passo richiesto, non basta riconoscerlo come il Salvatore del Mondo, non basta credere in lui e chiamarlo Signore, è necessario aderire a lui e con lui farsi la misericordia del Padre per tutti gli uomini.

(BiGio)

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