La legge 184 del 1983 che regola le adozioni in Italia compirà quarant'anni a maggio. La revisione che ha avuto nel 2001 non ne ha toccato l'impianto che sostanzialmente limita questa possibilità a "coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni". Ma questo riferimento stringente al vincolo matrimoniale è ancora attuale oggi?
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Per il momento da Venerdì 30 maggio 2025 questo Blog sarà implementato solo con notizie ecclesiali della Parrocchia. I Post con la proposta...
L'adozione da parte di coppie omosessuali. Il Nord-Est è diviso ma crescono i sì
16 schede per conoscere l’ebraismo
Le sedici schede sono il frutto di un lavoro tra gli Uffici della Segreteria Generale della Conferenza Episcopale italiana (Ufficio Nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso; Ufficio Nazionale per l’educazione, la scuola e l’università; Servizio Nazionale per l’insegnamento della religione cattolica) e l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
Tutto questo dice concretamente la reciproca stima e la fattiva collaborazione, fondata su un dialogo schietto e onesto, nel rispetto delle differenze e nella approfondita conoscenza delle tradizioni.
A fondamento di tale progetto sta l’attenzione condivisa per una corretta conoscenza e trasmissione dell’ebraismo. Per questa ragione, esperti della tradizione cristiana e della tradizione ebraica hanno individuato alcuni fra i temi più rilevanti.
Queste schede testimoniano come il processo avviato dalla svolta conciliare con Nostra Aetate n.4, sia attivo, efficace ed hanno lo scopo di assicurare alla scuola italiana testi IRC di qualità promuovendo cultura e conoscenza come vero antidoto ad ogni forma di antisemitismo. Questa pubblicazione è la testimonianza che ciò che è possibile fare deve essere fatto e fatto bene, con competenza, per la crescita delle nostre comunità e della società intera. Ci auguriamo che la collaborazione iniziata possa continuare con la scrittura di nuove schede e crescere sempre più.
- La Bibbia ebraica
- La Torah scritta e la Torah orale
- Il Nome di Dio
- L'elezione d'Israele
- Giustizia e misericordia
- Precetti e valori
- Il Calendario ebraico e il ciclo delle feste
- Il ciclo della vita
- Sacerdoti, Rabbini e ...Preti
- La donna nella cultura ebraica
- Il popolo d'Israele e la terra d'Israele
- Gesù/Yeshua ebreo
- Paolo/Shaul ebreo
- Cenni di storia degli Ebrei italiani
- Il Dialogo ebraico-cristiano dal Concilio Vaticano II ad oggi
- Descrizione del significato corretto di alcuni termini
- Libro schede
Guarda il video dell'evento:
Diaco: “I giovani hanno bisogno di essere ascoltati e valorizzati, soprattutto amati. Chiedono di ‘parlarsi di più’”
Da parte dei ragazzi “c’è una grande richiesta di condivisione e di comunità, a volte si sentono anonimi anche nei luoghi ecclesiali. Ci chiedono sincerità e coerenza, una Chiesa che vada al senso delle cose, calandosi nella quotidianità e dando a tutti la possibilità di esprimere il proprio pensiero”, spiega al Sir il direttore dell’Ufficio nazionale per l’educazione, la scuola e l’università della Cei
Giovani generazioni: fragilità, sogni e attese
Alcuni interessanti appunti presi a margine del convegno di dialogo ecumenico e interreligioso delle diocesi laziali dedicato ai giovani
Il saluto iniziale è stato d’impatto. Mons. Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino e di Anagni-Alatri, ha confessato che dopo l’uccisione di Thomas ad Alatri incontrare i giovani ha significato diventare ancora più consapevoli che dietro ciascuno di loro ci sono storie di vita, speranze, gioie, ma anche difficoltà, tristezze. Per cui bisogna chiedersi sempre se e quanto tempo spendiamo per fermarci ad ascoltarli, loro e gli adulti che li circondano. A tal proposito, Pietro Alviti ha presentato i risultati di un’intervista realizzata a più di 3000 giovani delle Scuole Superiori. I ragazzi non frequentanti le parrocchie sono risultati essere il 93% ma il 53% di essi vi ritornerebbe per realizzare attività di solidarietà e attività ricreative e sportive.Profondamente coinvolgente ed empatica è stata Daniela Lucangeli, ordinario in Psicologia dell’educazione e dello sviluppo all’Università di Padova, la quale, partendo dalle domande dei ragazzi espresse nei video condivisi in apertura di convegno, si è chiesta quale fosse il loro dolore più grande, quali fossero le loro aspettative. E, premesso che l’OMS definisce (1998) la salute come «uno stato dinamico di completo benessere fisico, mentale, sociale e spirituale, non mera assenza di malattia», ella ha evidenziato che la salute è dunque anche “qualcosa” di spirituale: l’organismo vivente della nostra specie ha bisogno di star bene nelle relazioni e negli scopi/fini che si prefigge. D’altra parte, la Lucangeli ha ricordato che scientificamente siamo un intero “SELF”, per cui dobbiamo smettere di scindere in modo dualistico, cartesiano, corpo e mente: “io non ho un cervello, io sono un radar vivente”. Noi non siamo questo organo, è questo organo che è noi. Noi siamo un intero senziente. Noi siamo filogeneticamente una unità corpo-mente.
L'intero interessante articolo di Alessandro Manfredi a questo link:
Società. Il mondo dei giovani ha bisogno di aprirsi agli altri
Di solito si parla di aspetti negativi, ma ci sono realtà buone tra i ragazzi e, se si va a conoscere le storie dei singoli, sono sempre il frutto di un’educazione improntata al rispetto e alla responsabilità: dietro c’è la famiglia, una buona scuola, la parrocchia, un’associazione di volontariato, un sodalizio politico
Dei giovani si tende il più delle volte a sottolineare maggiormente gli aspetti negativi che quelli positivi. Eppure, lo costato ogni giorno di più, sono tanti i giovani seriamente impegnati nello studio, nel lavoro, nei diversi campi del volontariato, nei ranghi dei diversi schieramenti della politica.
Per restare umani - Quaresima in tempo di guerra
Ogni tempo liturgico che ci è dato di vivere è un dono, un’opportunità per rimettersi in cammino, per ridare vigore ai nostri passi a volte esitanti, stanchi o delusi. Un dono che ci è offerto anche in questo tempo di guerra, patita non solo dagli abitanti dell’Ucraina, ma anche da tanti altri popoli della nostra Terra, impegnati in lotte più o meno dimenticate dall’opinione internazionale.
Nella Domenica di Lazzaro (V di Quaresima) abbiamo pregato così ....
"Sperare al di là di ogni umana speranza"
Questo versetto dalla Lettera ai Romani (4,18) accompagna il nostro cammino verso la Pasqua di Risurrezione che ogni Domenica sarà articolato in una sintesi del messaggio evangelico.
I Domenica (Tentazioni): "Sperare di resistere alle seduzioni del potere"
II Domenica (Trasfigurazione): "Sperare di saper accogliere l'invito: "Ascoltatelo!"
III Domenica (La Samaritana): "Sperare di saper riconoscere la vera sete"
IV Domenica (Il cieco nato): "Sperare si aver sempre gli occhi aperti sul mondo"
V Domenica (Lazzaro): "Sperare di vivere in eterno: è possibile già da oggi"
INTRODUZIONE
INTENZIONI PENITENZIALI
- Signore che hai dato significato nuovo alla morte, Kyrie eleison.
- Cristo, che fai passare dalla morte alla vita chi crede in te, Christe eleison.
-S ignore che ci chiami a vita nuova con la tua parola di salvezza, Kyrie eleison
PREGHIERE DEI FEDELI
- Signore invochiamo da te la pace in Ucraina e in altri luoghi nel mondo; apri le vie della giustizia nel cuore e nelle decisioni dei governanti, sostieni ogni opera di bene in favore degli oppressi e dei perseguitati. Per questo ti preghiamo.
- Per tutti i migranti, affinché la loro speranza di trovare una vita migliore non si infranga nei muri della burocrazia e della chiusura politica. Per questo ti preghiamo
Signore, sostienici nella lotta per promuovere una legislazione e una cultura di accoglienza. Per questo ti preghiamo.
- Signore, libera tutti noi dall’indifferenza e dal pessimismo. Ridesta nei nostri cuori la speranza per poter essere annunciatori di vita e di gioia. Per questo ti preghiamo
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Il nostro cammino in questa Quaresima 2023
"Sperare al di là di ogni umana speranza” (Rm 4,18)
1 di Quaresima Le Tentazioni | 2 di Quaresima La Trasfigurazione | 3 di Quaresima La Samaritana | 4 di Quaresima Il cieco nato | 5 di Quaresima Lazzaro |
Sperare di resistere alle seduzioni del potere | Sperare di saper accogliere l’invito: “Ascoltatelo!” | Sperare di riconoscere la vera sete | Sperare di avere sempre gli occhi “aperti” sul mondo | Sperare di vivere in eterno è possibile anche oggi |
V di Quaresima - Gv 11, 1-45
Dice il Signore: "Chi crede in me vive in eterno" - Vivere oggi da risorti in eterno è possibile: basta "credere" ma, questo, non è un'esercizio intellettuale.
In queste settimane la liturgia ci fa fare un cammino attraverso le nostre paure. La paura di non saper colmare le nostre esigenze: siamo sempre alla ricerca di un’acqua che zampilli e ci risparmi la fatica di andare alla ricerca di ciò che può estinguere le nostre seti. Abbiamo paura del buio, di non riuscire ad avere la lucidità di sapere dove stiamo andando, di sbagliare, il terrore di ciò che ci è ignoto e sconosciuto.
Ma quello di cui abbiamo veramente paura è la morte tanto che la esorcizziamo continuamente cercando di rimuoverla dai nostri pensieri, ma è una paura che riassume e porta con sé ogni altra.
Nell’Evangelo di oggi Gesù incontra quella di un amico, ne rimane coinvolto tanto da non semplicemente piangere ma, con un’immagine molto più ricca, lascia scorrere le sue lacrime (questa la traduzione letterale e non semplicemente “si commosse profondamente”). Non è disperazione la sua: è dolore. La disperazione ti lascia inerme, ti fa abbandonare ogni speranza di futuro: si percepisce solo il vuoto senza una possibilità di salvezza per una vita che se n’è andata.
Quando il dolore lascia il posto alla disperazione, si fa spazio la rassegnazione che sembra essere l’unico rimedio per sopravvivere e, di fronte alle cronache quotidiane di morti e di morte siamo più che altro rassegnati, ripieghiamo arroccandoci su noi stessi. Pensiamo che tutto continuerà ad andare come sempre stato, che le guerre continueranno (ci basta che siano altrove dalla nostra realtà), che le malattie non saranno vinte, che le migrazioni continueranno con le morti che “inevitabilmente” comportano. Ma così, nella rassegnazione, muore anche la nostra vita.
Gesù invece, come Messia, è venuto a dirci che anche in queste situazioni buie e di morte, può germogliare una novità se noi abbiamo occhi per accorgercene e cuore per aderirvi. Ci ha mostrato che una vita donata per gli altri libera dalla paura della morte. Con il suo annuncio e con la sua vita ci ha mostrato che la storia può essere abitata da una novità radicale fonte e garanzia novità.
Se noi riusciamo a scorgere nel volto di Gesù i tratti del Signore, del Messia e del Figlio di Dio come hanno fatto Marta e Maria, può dirci: “Vieni fuori!”, esci dalle tue paure che sono i tuoi sepolcri sigillati e invitarci a sciogliere i legami che ci tengono legati, incapaci di reagire.
C’è un preciso invito di Gesù, quello di lasciar andare Lazzaro e, qui, l’Evangelista usa il medesimo verbo che adopera per indicare il cammino del Signore nel fare la volontà del Padre. In questo modo desidera precisarci che Lazzaro, una volta rianimato (e non risuscitato; si risuscita per l’eternità mentre lui morirà come tutti gli uomini), deve essere lasciato libero di immettersi nella sequela di Gesù ed è un invito a tutti noi. Una vita vissuta come Gesù ha fatto avrà il medesimo “sì” del Padre che la renderà eterna perché degna di essere vissuta per sempre.
Centrale in questo senso è l’affermazione solenne di Gesù: “Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me, anche se muore, vive; chiunque vive e crede in me non morirà in eterno”. Credere in Lui non è però una adesione intellettuale, è ben altra cosa: è inserirsi nel suo modo di vivere e di fare. Questo ci porta ad essere già oggi nella realtà del Regno di Dio che non muore e, questa, è la “gloria di Dio” che, se crediamo, possiamo “vedere” e “godere” tutti i giorni.
(BiGio)
Nella risurrezione di Lazzaro Gesù insegna ad amare
La fede è il luogo della risurrezione e l’amore non trattiene ma, più ama, più lascia liberi.
Il vangelo parla della morte fisica, e, dal punto di vista di Gesù, della morte di una persona amata, di un amico. E questa è forse l’unica, o almeno la più drammatica esperienza della morte che noi possiamo fare in vita. Nella morte dell’altro a cui eravamo legati da amore, muore qualcosa di noi, muoiono possibilità di vita, viene menomato il nostro essere. E noi sperimentiamo che è l’amore, la qualità del legame che ci unisce a una persona che fa il ponte tra la vita e la morte e tra la morte e la vita. E l’amore è l’unica via che possiamo percorrere per dar senso alla nostra vita mortale. Dal testo evangelico possiamo evincere che se noi, per paura della morte, siamo indotti ad atteggiamenti difensivi, di protezione dal soffrire, che mortificano la vita stessa, Gesù, invece, chiedendo fede, suggerisce di entrare nel suo atteggiamento di fiducia anche di fronte alla morte (“Padre, io sapevo che sempre mi ascolti”: Gv 11,42), atteggiamento che, mentre assume la morte e soffre per colui che è morto, vivifica la morte. La fede è il luogo della resurrezione. La fede di Gesù è un magistero perché noi impariamo a credere: “L’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano” (Gv 11,42). Proclama un’omelia dello Pseudo Ippolito: “Avendo tu visto l’opera divina del Signore Gesù, non dubitare più della resurrezione! Lazzaro sia per te come uno specchio: contemplando te stesso in lui, credi nel risveglio”. Ma se la fede è il luogo della resurrezione, l’amore ne è la forza: Gesù “amava molto Lazzaro” (11,5) e questo amore si fece visibile nel suo pianto dirotto (cf. 11,35-36). L’amore integra la morte nella vita e trova il senso di quest’ultima nel dono: dare la vita diviene un dare vita. E anche questo fa parte della pratica di resurrezione che noi possiamo vivere e di cui possiamo farci dono gli uni gli altri. Aver fede in Gesù che è resurrezione e vita significa fare dell’amore un luogo in cui la morte viene messa a servizio della vita.
Il passaggio dalla morte alla vita con cui ci prepariamo a vivere il passaggio dalla vita alla morte è dunque l’amore. Quell’amore chiamato a divenire il nostro volere come lo fu di Cristo. Quell’amore che Agostino dice essere il contenuto della volontà del cristiano. L’amore è la volontà unificante ultima e decisiva della persona umana, che lì trova la sua libertà. Nelle libere obbligazioni a cui si sottomette, nella morte a sé che affronta amando, facendo dell’amore la bussola della propria vita, l’uomo trova la propria dilatazione umana e spirituale, la sensatezza del proprio vivere. Agostino afferma: voluntas: amor seu dilectio (De Trinitate XV,XXI,41). “La volontà? È amore, è dilezione”. Il dinamismo infinito di questo principio e la sua relazionalità, la sua apertura all’altro, è mostrato da un’espressione spesso attribuita allo stesso Agostino e che dice il risolversi della volontà in amore: Amo: volo ut sis (“Amo: voglio che tu sia”). Amare è volere la vita dell’altro, non è voler possedere l’altro, non è volere che l’altro sia per me, che mi ami a sua volta, ma che sia e basta, che esista, che viva. In questo volere divenuto amore può divenire vivibile e sensata un’intera vita. Questo amare è la morte vivificante che ci prepara al passaggio dalla vita alla morte credendo la forza dell’amore di Cristo che opera il passaggio dalla morte alla vita.
Iniziato con l’annuncio a Gesù “Colui che tu ami è malato” (Gv 11,3), il racconto della resurrezione di Lazzaro non è solo una pedagogia verso la fede cristologica (espressa al v. 27: “Io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo”), ma anche una pedagogia all’amore e all’amore che si confronta con la morte. Morte che è nemica dell’amore ma anche suo banco di prova. La morte della persona amata pone fine all’amore che vivevamo e al futuro che tale amore prometteva. Gesù vive il turbamento della morte dell’altro amato, e lo esprime emotivamente scoppiando in pianto (v. 35). Ma, di fronte alla tomba, Gesù agisce e Marta sembra volerlo frenare: “Già manda cattivo odore” (v. 39). Marta pare legata alla morte e tiene il fratello ancorato a essa. Ma per Gesù anche la morte è luogo di manifestazione della gloria di Dio (cf. v. 4). E la gloria, nel IV vangelo, è la gloria dell’amore. Il problema non è evitare la morte, ma cogliere che in essa si può manifestare la gloria di Dio, il suo amore. Solo un amore che assuma la tragicità e l’ineliminabilità della morte conduce al passaggio dalla morte alla vita. Gesù crede l’amore anche davanti al cadavere. E il comando che Gesù impartisce dopo aver chiamato Lazzaro è “liberatelo e lasciatelo andare” (v. 43). Il comando riguarda gli astanti: Lazzaro già si sta muovendo. Il problema sono quelli che lo attorniano che devono lasciarlo andare, perché l’amore non trattiene ma, più ama, più lascia libero l’amato. Gesù sta insegnando ad amare: non conduce a sé il morto ritornato alla vita, ma insegna ad amare con libertà. Amare è liberare l’altro. E anche la morte non può trattenere l’amore. Il passaggio dell’amato Lazzaro dalla morte alla vita, anticipa ciò che Gesù farà di lì a poco quando avendo amato i suoi li amerà fino alla fine, consegnandosi a quella morte che non potrà trattenerlo perché la potenza dell’amore scioglie i legacci degli inferi.
(Luciano Manicardi)
La risposta di Rav Gianfranco Di Segni alle affermazioni del Prof. Vito Mancuso su Abramo
Sul Venerdì di Repubblica del 3 marzo 2023 (n. 1824), in un’intervista su Lucio Dalla, Vito Mancuso racconta di essere stato chiamato ai suoi funerali a leggere in chiesa un passo della Genesi: «Un doppio strazio. Un brano della Bibbia che non sopporto: Genesi22, il sacrificio di Isacco, uno dei passi più terribili. Un modello di fede, quella di Abramo, che io non tollero». E ancora: «Un Dio che ti dà un coltello per scannare un figlio. La fede come obbedienza senza criterio, anche quando l’etica viene calpestata».
Il computer in prestito
“Tempo di scelte coraggiose, nuova primavera della Chiesa”
Il card. Zuppi ha aperto il Consiglio permanente della Cei tracciando lo scenario e le prospettive della Chiesa italiana del futuro, partendo dal "programma" di Papa Francesco. "La Chiesa del post-pandemia e del Cammino sinodale si configura sempre più chiaramente come una Chiesa missionaria". Tra le priorità: "diffondere una cultura cristiana"
L'intera sintesi dell'intervento del card. Zuppi a cura di M. M. Nicolais a questo link:
Coscienza e potere
Coscienza e potere appaiono, a una prima impressione, categorie antitetiche. La prima – la coscienza - ha infatti la sua sede nell’interiorità dell’uomo e presiede alla valutazione dei comportamenti e alla produzione delle decisioni che egli, di volta in volta, assume; il secondo – il potere – è un fenomeno del tutto esteriore che si acquisisce grazie al ruolo di cui si è investiti e che si esercita nell’ambito dei rapporti interpersonali e sociali. In realtà, al di là delle apparenze, un legame tra essi sussiste, sia nel senso che la coscienza è a suo modo un potere, il “vero potere di tutti”, così la definiva Turoldo, sia nel senso che l’agire etico esige una corretta coscienza del potere come antidoto al pericolo della sua prevaricazione.
Il potere della coscienza sul quale si sofferma anzitutto la riflessione qui proposta è un potere universale, nel senso che coinvolge la vita di tutti. La morale cristiana non ha esitato a riconoscere da sempre che la coscienza costituisce il riferimento decisivo al quale il soggetto deve, in ultima analisi, ispirare la propria condotta, al punto di giungere a definirla come la norma prossima dell’agire, riconoscendole un primato assoluto, fino a giungere ad affermare il rispetto dovuto alla coscienza invincibilmente erronea e il dovere di obbedirle. Tutto questo non si è accompagnato nei fatti – è importante sottolinearlo – all’elaborazione di una dottrina e di una prassi pastorale coerente: a prevalere è stata per molto tempo nella tradizione morale cattolica (e lo è in molti casi ancor oggi) una morale della legge, nella quale la valutazione dei comportamenti veniva (e viene) del tutto ricondotta alla conformità o meno nei confronti dell’oggetto. Una morale “cosificata – quella della casuistica – che escludeva ogni riferimento al dato soggettivo, scollegando pertanto l’agire dal mondo interiore della persona.
Si deve tuttavia riconoscere che il primato della coscienza è oggi fortunatamente presente tanto nella riflessione etica cristiana che in quella laica. A segnare questa svolta hanno concorso in particolare le drammatiche vicende del “secolo breve”, le quali hanno messo in evidenza i grossi rischi che si corrono quando ci si affida in maniera incondizionata alla legge e al principio di autorità.
Vecchi amici
Il presidente cinese Xi Jinping è a Mosca per una visita di tre giorni su cui il mondo ha gli occhi puntati e che si conclude oggi. Nella capitale russa, tirata a lucido per l’occasione, i due “grandi amici” affronteranno numerose questioni bilaterali e “inevitabilmente” – come sottolineato dal portavoce del Cremlino Dimitri Peskov – discuteranno della proposta cinese per una pace in Ucraina. L’incontro, ampiamente annunciato e caricato di aspettative anche da parte della stampa cinese