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Coscienza e potere

Coscienza e potere appaiono, a una prima impressione, categorie antitetiche. La prima – la coscienza - ha infatti la sua sede nell’interiorità dell’uomo e presiede alla valutazione dei comportamenti e alla produzione delle decisioni che egli, di volta in volta, assume; il secondo – il potere – è un fenomeno del tutto esteriore che si acquisisce grazie al ruolo di cui si è investiti e che si esercita nell’ambito dei rapporti interpersonali e sociali. In realtà, al di là delle apparenze, un legame tra essi sussiste, sia nel senso che la coscienza è a suo modo un potere, il “vero potere di tutti”, così la definiva Turoldo, sia nel senso che l’agire etico esige una corretta coscienza del potere come antidoto al pericolo della sua prevaricazione.

Il potere della coscienza sul quale si sofferma anzitutto la riflessione qui proposta è un potere universale, nel senso che coinvolge la vita di tutti. La morale cristiana non ha esitato a riconoscere da sempre che la coscienza costituisce il riferimento decisivo al quale il soggetto deve, in ultima analisi, ispirare la propria condotta, al punto di giungere a definirla come la norma prossima dell’agire, riconoscendole un primato assoluto, fino a giungere ad affermare il rispetto dovuto alla coscienza invincibilmente erronea e il dovere di obbedirle. Tutto questo non si è accompagnato nei fatti – è importante sottolinearlo – all’elaborazione di una dottrina e di una prassi pastorale coerente: a prevalere è stata per molto tempo nella tradizione morale cattolica (e lo è in molti casi ancor oggi) una morale della legge, nella quale la valutazione dei comportamenti veniva (e viene) del tutto ricondotta alla conformità o meno nei confronti dell’oggetto. Una morale “cosificata – quella della casuistica – che escludeva ogni riferimento al dato soggettivo, scollegando pertanto l’agire dal mondo interiore della persona.

 

Si deve tuttavia riconoscere che il primato della coscienza è oggi fortunatamente presente tanto nella riflessione etica cristiana che in quella laica. A segnare questa svolta hanno concorso in particolare le drammatiche vicende del “secolo breve”, le quali hanno messo in evidenza i grossi rischi che si corrono quando ci si affida in maniera incondizionata alla legge e al principio di autorità.


L'intera riflessione di Giannino Piana a questo link:



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