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Per il momento da Venerdì 30 maggio 2025 questo Blog sarà implementato solo con notizie ecclesiali della Parrocchia.  I Post con la proposta...

"Comunità": Siamo fatti per vivere con gli altri

Già Aristotele diceva che «l’uomo è per natura un essere sociale». Cresciamo e ci formiamo attraverso il dialogo, lo scambio di opinioni, la condivisione, le relazioni, le attività, il lavoro. Siamo fatti per vivere in famiglia, in gruppo, in comunità. Durante la pandemia del Covid abbiamo sofferto la solitudine, abbiamo capito quanto sono importanti le relazioni con gli altri e ne abbiamo sentito profondamente il bisogno.


Dio ha creato l’essere umano a propria immagine e somiglianza, lo ha creato manifestandosi come un Dio d’Amore, un Dio Trinità, un Dio di comunione, che ha chiamato l’uomo a entrare in rapporto con lui e alla comunione interpersonale. La vocazione e la vita dell’uomo è di vivere in comunione con Dio e con gli uomini, fratelli e sorelle. Gesù ha chiamato un gruppo di uomini affinché stessero con Lui e li ha poi inviati nel mondo per annunciare il Vangelo. Li ha innanzitutto chiamati per stare insieme. Il Salmo 133 è dedicato alla vita fraterna e canta: «Guarda quanto è bello che i fratelli vivano insieme! … là il Signore dona la benedizione e la vita per sempre»

L’incontro con l’altro rende feconda la vita, offre un continuo imparare nel confronto con la diversità. Quando parliamo di comunità cristiana pensiamo alla parrocchia, a un’assemblea liturgica, a un gruppo di giovani o di coppie, ai gruppi della catechesi: tutte queste realtà, e tante altre, sono delle comunità, porzioni di Chiesa. 

Quando guardo la vita di alcune comunità parrocchiali mi chiedo ...


La riflessione di Flavio Facchin continua a questo link:

https://www.procuramissioniomi.eu/parole-di-missione-comunita/

La lotta di Giacobbe, un enigma attraverso i secoli

Delle tante pagine bibliche che hanno, nei secoli, dato spunto a svariate letture e interpretazioni – sul piano religioso, letterario, filosofico, artistico –, una delle più famose ed enigmatiche, com’è noto, è il passo del libro della Genesi (32. 23-33) in cui Giacobbe, in procinto di affrontare il fratello Esaù, nell’attraversare il fiume Iabbòq, in un luogo che poi sarebbe stato detto Panuel, incontra uno sconosciuto, col quale ingaggia una lunga, singolare lotta, che dura l’intera notte, fino all’alba. È davvero difficile che un combattimento – se di questo si tratta veramente – duri tanto a lungo.  Ma è davvero uno scontro, un duello? O forse un dialogo, o, addirittura, una “danza”?

Da questo affascinante e inquietante passo Roberto Esposito – i cui libri sono tradotti in diverse lingue e pubblicati in molti Paesi – trae spunto per una ricognizione di grande interesse e suggestione, che, al di là dell’indubbia difficoltà e problematicità del tema trattato, riuscirà certamente a catturare l’attenzione di lettori di diversa estrazione, formazione e livello culturale. Il misterioso episodio biblico, nota Esposito in I volti dell’Avversario. L’enigma della lotta con l’Angelo (Einaudi, 2014) «fa letteralmente irruzione nel ciclo della Genesi, determinando una sospensione, una frattura inaspettata».

L'intera ricezione curata da a cura di Francesco Lucrezi, docente di Diritti antichi all’Università di Salerno è a questo link:

Congo, il mistero del tentato golpe e il popolo alla fame

Il missionario comboniano Eliseo Tacchella segnala quanto accade nel Nord Kivu (Repubblica Democratica del Congo) e spiega perché la gente non si fida della dirigenza politica. Un Paese che fa i conti con povertà, violenza, guerriglia armata, scorribande militari del Ruanda e colonialismo economico cinese

La Repubblica Democratica del Congo raccoglie i cocci dell’ennesimo terremoto politico dopo il recente tentato golpe, subito sventato dall’esercito. E torna alla consueta routine. Che però da queste parti significa “sofferenza, guerra e condizioni davvero misere, soprattutto a Est del Paese”. Una crisi permanente dovuta al conflitto neanche più tanto strisciante con il Ruanda, “Paese che finanzia le milizie armate dell’Est, rendendo la vita impossibile a milioni di persone”. Così commenta a Popoli e Missione padre Eliseo Tacchella, comboniano, per molti anni nel Paese africano, oggi rientrato in Italia.

Israele: Rapporto su violenze anticristiane, Patton (Custode), “preoccupa saldatura tra estremismo politico e religioso”

Nel 2023 ci sono stati 11 casi di molestie verbali, sette attacchi violenti, 32 attacchi a proprietà ecclesiastiche, una profanazione di un cimitero e 30 casi segnalati di sputi contro o verso il clero e i pellegrini. È quanto emerge da un Rapporto dell'ong ebraica  Rossing Center di Gerusalemme, dedicato agli attacchi ai cristiani in Israele e a Gerusalemme Est. Sul tema il Sir ha intervistato il Custode di Terra Santa, padre Francesco Patton.


I religiosi ascoltati hanno denunciato di aver ricevuto sputi anche più volte alla settimana. È quanto emerge da un Rapporto del Rossing Center di Gerusalemme, ong ebraica impegnata in particolare nel dialogo interreligioso, dedicato agli attacchi ai cristiani in Israele e a Gerusalemme Est.

L'intervista raccolta da Daniele Rocci continua a questo link:

Etiopia, i drammi della guerra in Tigray e l'aiuto per ridare salute e dignità

Aldo Morrone, direttore dell'Istituto Internazionale Scienze Mediche, Antropologiche e Sociali (IISMAS), è rientrato dal Corno d'Africa, testimone dei traumi del conflitto, degli abusi sulle donne, della distruzione di infrastrutture di base. Parla della tenacia e dedizione con cui continua a operare l'ospedale che sostiene al confine con l'Eritrea: "Sentirsi toccati nelle piaghe è un modo per avere una immediata comunicazione. Sono loro che mi insegnano la solidarietà vera"


Un Paese meraviglioso con una popolazione che, sebbene ridotta allo stremo, riesce ancora a dare testimonianza di una solidarietà fortissima che ha molto da insegnare. Così sintetizza la situazione che attualmente vive l'Etiopia Aldo Morrone, direttore scientifico dell'Istituto Internazionale Scienze Mediche, Antropologiche e Sociali (IISMAS) rientrato due settimane fa da una delle sue periodiche visite nello Stato del Corno d'Africa. Esperto di patologie tropicali e malattie della povertà, si occupa di medicina transculturale, con una spiccata attenzione sulla salute dei migranti e delle fasce a rischio di emarginazione sociale. Attraverso i suoi occhi, il racconto delle conseguenze fisiche, psicologiche, economiche e infrastrutturali di una guerra, in Tigray, fratricida.

Il racconto raccolto da Antonella Palermo continua a questo link:

Affondando le radici nel passato imperiale, Pechino si candida all'egemonia

L'ordine globale che auspica Xi Jinping ha risvolti imperialisti e la sua dottrina che immagina un mondo inclusivo, ricavata dalla cultura classica cinese, è una mistificazione.

L'analisi del veneziano Maurizio Scarpari ne "La Lettura" del Corsera




Le molte fragilità del Libano degli Hezbollah: cerchiamo di capirne qualcosa.

Dopo l’uccisione di Taleb Sami Abdullah, un alto comandante di Hezbollah, si sono intensificate le rappresaglia contro Israele. L’inviato speciale della Casa Bianca, Amos Hochstein, arriverà domani nella regione per una missione cruciale. Ma quale è la situazione oggi del Libano, il più chiaro esempio di Stato quasi-fallito? L’analisi di Riccardo Cristiano


Il Libano è il più chiaro esempio di Stato quasi-fallito che serve però come strumento per aggirare le sanzioni internazionali all’Iran che ha bisogno di circuiti finanziari attraverso i quali operare e per questo da loro saldamente controllato tramite la sola milizia in armi, Hezbollah. Un esito drammatico a cui hanno contribuito alcuni gruppi cristiani che per gestire il potere presidenziale – appannaggio dei maroniti – si sono messi d’accordo con Hezbollah nel corso degli anni passati, attuandone i desiderata. Le colpe del baratro e comico in cui è sprofondato questo Paese sono anche degli altri attori libanesi, ovviamente, il fallimento della politica è quasi totale. E la bancarotta in cui versa il Libano è responsabilità condivisa. Impossibile dire che ci siano da una parte i buoni e dall’altra i venduti.

L'analisi di Cristiano Riccardo è a questo link:

Il Foglietto "La Resurrezione" di Domenica 16 giugno

 


XI Domenica PA - Mc 4, 26-34

Il Regno di Dio passa attraverso il gesto, l’agire, l’essere di ciascun credente perché le parole possono non corrispondere a quanto vive e serve fiducia, speranza e pazienza.

Poi una domanda retorica: "A cosa assomiglia il Regno?" non al cedro del Libano come gli ebrei pensavano, ma a una pianta infestante, un cespuglio che al massimo diventa più alto delle piante di un orto. Nessuna grandezza ma fiducia nell'azione di Dio

 


Così è il regno di Dio, come un uomo che getta il seme sul terreno …”. Un uomo, ciascuno di noi, che semina a spaio, che getta la semente in modo abbondante a mano larga senza pensare a dove cadrà. L’Evangelo va annunziato a tutti indipendentemente alla loro situazione, senza fare discriminazioni di nessun genere. Un annuncio che passa attraverso il gesto, l’agire, l’essere di ciascun credente più che il suo dire che può non corrispondere a quanto vive. Non deve pensare a dove cadrà il seme delle sue azioni, se e come eventualmente sarà accolto come avverte la parabola dei tre terreni (Mc 4,1-20 e Lc 8,4-15). È il suo vivere che è chiamato ed in ogni caso è messaggio per tutti quelli che incrociano la sua strada ogni giorno. 

Per questo la sua azione deve essere sorretta dal credere sinceramente in quello che fa (è il “seme” gettato) che è annuncio e nella sua forza che non dipende da lui ma dalla realtà che propone; è l’agire di Dio annunciato che è capace di produrre frutti straordinari, anche in terreni arsi, attraverso vitigni dissecati che sta al Signore potare, rinvigorire e far fruttare, non a noi (Gv 15,1-8).   

Un secondo atteggiamento da avere è quello della fiducia oltre che nel “seme” anche in chi lo riceve (è il “terreno”) senza pretendere di vedere subito un risultato. L’invito è quello di avere la pazienza in una speranza non delude che è la virtù da imparare ed esercitare alla quale ci sollecita papa Francesco nell’Anno Santo che ci aspetta.

Se guardiamo a Gesù comprendiamo subito come anche lui abbia esercitato fede, fiducia, speranza e pazienza verso i suoi discepoli e gli stessi Apostoli: c’era fino all’ultimo da far cadere le braccia per la loro incomprensione del suo messaggio e della sua missione. È la medesima che nella sua misericordia usa Dio nei nostri confronti “popolo dalla dura cervice” (Es 32,9), dalla testa dura, incapaci di comprendere e di rimanere fedeli alle promesse fatte. 

Una volta gettato il seme non rimane che attendere. Più volte Gesù l’ha fatto presente: i frutti si vedono alla fine (Mt 7,16-20; Lc 6,43-49) e bisogna trattenersi dal voler strappare la zizzania dal campo di grano (Mt, 13,29-30). È necessario essere fiduciosi che “Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, così sarà della mia Parola, dice il Signore; parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me, senza effetto, senza avere operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata” (Is 55,10-11).

Tutto questo richiede la forza di non cedere all’evidenza, di accettare di non essere il protagonista, di assecondare solo il germogliare e la crescita del seme secondo i suoi tempi che non sono i nostri, né quelli dei nostri desideri. Si tratta di credere alla forza della Parola dell’Evangelo ed è il paradosso della fede cristiana: un seme gettato che deve essere sepolto nella terra, deve morire per poter germinare.

Quando la Parola cade nel cuore di un uomo vi rimane ma, per portare frutto, deve riuscire ad essere più forte delle tante altre parole ricche di lusinghe e dagli obiettivi almeno apparentemente più semplici da raggiungere a scapito degli altri. Deve divenire principio di discernimento del proprio agire che spinge alla misericordia, al perdono, alla giustizia, alla verità e, per questo, conducono alla pace (Ps 85,11-12) e, questo, ha dei tempi non determinabili. Bisogna solo attendere nella pazienza e nella speranza che non delude che non è disimpegno né indifferenza ma attenzione per poter capire quando il frutto è maturo e “subito” coglierlo.

Questo frattempo nel quale l’azione di Dio agisce nel silenzio non è inattività che anzi va evitata. È necessario accompagnare il processo di maturazione sarchiando il terreno, irrigandolo, concimandolo senza interferire, ma assecondando mettendosi a sua disposizione seguendo i suoi tempi con una presenza discreta dedita all’ascolto che cambia anche noi stessi. È come l’agire di un iconografo il cui lavoro è frutto di preghiera umile e alla fine non accetterà mai un complimento sulla sua opera perché questa che l’ha trasformato: è lui l’icona che la preghiera ha forgiato incidendo profondamente nella sua spiritualità e nel suo cammino di discepolato del Signore.

Poi Gesù continua e dice “A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio?” È una domanda retorica e già conosceva la risposta dei discepoli che conoscevano l’immagine del grande e maestoso cedro proposta da Ezechiele (17,23 ma anche Dan 4,9), che sta su un monte altissimo, qualcosa di straordinario, di bellissimo, che anche da lontano attira l’attenzione. Nulla di questo afferma Gesù. Il regno di Dio, anche nel suo momento del massimo sviluppo, sarà una realtà modesta, efficace, ma che non attirerà l’attenzione: sarà come l’arbusto di senapa che diventa solo più grande di ogni ortaggio ma che, in ogni caso capace di offrire rifugio e riparo agli uccelli. È un invito a non aver nostalgie di grandezza per un passato più immaginato che reale ma fiducia nella nostra piccolezza, in quello che riusciamo a seminare e all’azione del Signore.

(BiGio)

Con molte parabole ...

Delusione, tristezza, sensazione di impotenza, sono i sentimenti che molti provano di fronte a politiche che non sono al servizio dell'uomo, ma degli interessi dei più forti. E disincanto per una chiesa che fa parlare di sé, più che per la pratica del vangelo, per i suoi errori e scandali e per la logica del mondo che a volte la ispira, quando si lascia guidare dalla difesa dei suoi privilegi e del suo potere.

Insieme all'impegno di cambiare le cose, per ciò che è nelle nostre mani, altre certezze illuminano la nostra fede. 



Gesù annuncia il regno di Dio presentandolo con parabole, con paragoni. Potrebbe sembrare un modo molto ingenuo, didattico, perché parte dall'esperienza delle persone comuni, con immagini tratte dalla vita quotidiana, dal lavoro della terra. In realtà, è una forma enigmatica, quasi un messaggio in codice, che sfida l'ascoltatore e lo costringe a riflettere e a liberarsi dai suoi pregiudizi. Il messaggio delle parabole ha bisogno di alcune condizioni preliminari per essere compreso: per prima cosa che non si abbia il cuore già occupato da altri re o idoli, per aprirlo a Dio: "Beati i poveri, perché di essi è il regno di Dio", cioè solo Dio sarà il loro re; la seconda condizione è di essere "piccoli", non pieni dell'arroganza dei sapienti di questo mondo: "Ti lodo, Padre, Signore del cielo e della terra, perché, avendo nascosto queste cose ai sapienti e ai prudenti, le hai rivelate ai piccoli".

Abbiamo qui due parabole che parlano del regno di Dio, il progetto di umanità nuova che Gesù propone.

La prima presenta il regno di Dio come "un uomo che getta il seme sul terreno". È un gesto di grande fiducia. E di paziente attesa: che il seminatore "dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa".

È una visione propria del vangelo di Marco, destinato a una comunità che soffre molto per le persecuzioni esterne e per le contraddizioni, i conflitti e le diserzioni di molti fratelli. Che cosa si deve fare? Non angosciarsi né agitarsi. Avere pace e continuare a seminare con fiducia i semi del Regno. Più che lasciarsi vincere dalla tristezza o chiedersi quando finalmente si potrà uscire da questa situazione, si deve imparare a vivere dentro le varie situazioni anche con la certezza che "il terreno produce spontaneamente" i suoi frutti. Non è solo il frutto delle opere buone, di cui si parla in altri testi, esortando all'impegno del discepolo. È il frutto di un processo di liberazione e di sviluppo progressivo che sperimenta ogni persona che ha accolto il seme del regno di Dio, che orienta tutte le sue energie verso la sua piena maturazione umana. È la consapevolezza del cammino irresistibile dello Spirito nella vita dell'umanità e della creazione. Non sarà l'ostilità di alcuni o la meschinità di altri a impedire questo processo inarrestabile. Il regno di Dio ha in sé un'energia incontenibile.

Questo dice Marco alla sua comunità, ricordando l'insegnamento di Gesù. E lo dice anche con un'altra parabola in cui paragona il regno di Dio con un granello di senape. "È il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell'orto". Sarà una pianta il cui sviluppo farà dimenticare la piccolezza delle origini. Tale è la forza del regno di Dio, che cresce e accoglie nel suo seno tutti gli uomini liberi, tutti i popoli, come la pianta nata dal piccolo seme "fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra". Non sarà l’enorme cedro, piantato sulla cima del Libano, come annunciavano i profeti per il popolo d'Israele. Non sarà altro che un umile "ortaggio", piantato nella terra, senza alcun delirio di grandezza, ma capace di accogliere e proteggere "alla sua ombra". È un messaggio di speranza e di universalità: di assoluta fiducia.

(Bernardino Zanella)

Eco-ansia. Colpisce anche i bambini, ma è forte la voglia di impegnarsi per il pianeta

Presentata all’Università di Pavia la prima – ad oggi unica - indagine sull’eco-ansia dei bambini. Il 95% si dice preoccupato per il futuro del pianeta ma, al tempo stesso, convinto di poter fare la differenza con le proprie azioni. E il coinvolgimento attivo nella tutela dell'ambiente e nel contrasto al cambiamento climatico si rivela anche fattore protettivo della salute mentale 


Ansia, tristezza, rabbia. Sono le emozioni espresse dai bambini, preoccupati per il futuro del pianeta. È quanto emerge da uno studio italiano, primo e unico nel panorama scientifico internazionale, condotto su circa mille alunni di scuola primaria e presentato oggi, 11 giugno, presso l’Università degli studi di Pavia. Secondo la survey, intitolata “L’impatto psicologico del cambiamento climatico: una sfida per le nuove generazioni”...

La presentazione dell'indagine a cura di Giovanna Pasqualin Traversa continua a questo link:

Le lacrime non sono più lacrime ma parole, e le parole sono pietre: È “solo” questione di linguaggio?

Le parole di Papa Francesco circa l’omosessualità nei Seminari è un epifenomeno della difficoltà di affrontare realtà complesse con termini nuovi che ancora non abbiamo e che forse non vogliamo avere.

"Le lacrime non sono più lacrime ma parole, e le parole sono pietre. Così esclama Francesca Serio dinanzi al figlio Salvatore Carnevale assassinato dalla mafia a Sciara nel 1955. Le stesse parole suggeriscono il titolo al diario dei tre viaggi compiuti da Carlo Levi in Sicilia tra il 1952 e il 1955 e vengono utilizzate per denunciare soprusi e violenze verso i più deboli e verso coloro che non hanno neanche i termini per chiamare la realtà.
Dalla politica internazionale a quella interna alla Chiesa, oggi più che mai assistiamo ad un ritorno preoccupante alla mistificazione della realtà o per lo meno alla difficoltà di chiamare le cose con il proprio nome: ed ecco che la guerra di aggressione Russa verso l’Ucraina viene chiamata dal governo russo “operazione militare speciale”, o ancora, ...

Il pensiero di Luca Crapanzano è a questo link:

L’astensionismo, la società polverizzata e le parrocchie.

C’è un partito dal destino beffardo: re di tutte le prime pagine fino al momento dello spoglio, sparisce subito dopo. È il partito dell’astensione. È sempre stato normale e anche giusto che fosse così. Ma l’astensionismo questa volta non può essere lasciato sfilare nel dimenticatoio, perché ha conquistato la maggioranza assoluta.


Soprattutto dilaga al Sud, dove la gente sa che la “questione meridionale”, posta da Gaetano Salvemini e tanti altri alla base del nostro ragionare politico – tanto che c’era il ministero del Mezzogiorno – è stata per tutti sostituita dalla questione settentrionale. E allora anche il neo-clientelismo, archiviato il Reddito di cittadinanza, non giustifica il voto per un’elezione non amministrativa. Restano in pista “i cacicchi del Pd”, che premiano chi li critica, Schlein.
Ma nel passaggio dalla questione meridionale alla questione settentrionale, entrambe legittime e importanti, spicca un dato culturale che va detto: se in famiglia c’è un parente ricco che ci mantiene ma vuole (e deve) crescere ancor di più e c’è un malato quasi terminale, qual è la questione familiare? ...

La riflessione di Riccardo Cristiano è a questo link:

La svista del card. Mueller: “rappresentare” o “rendere presente” il Signore?

In una recente intervista il card. Mueller torna sul latte versato. Aveva già scritto a più riprese sul tema della ordinazione della donna e il suoi testi sono di più di 20 anni fa, alla fine della sua carriera di teologo e sulla soglia dei suoi incarichi episcopali. In quei testi già utilizzava argomenti deboli e vecchi, ad esempio presentando come “insuperabile” la posizione di Tommaso d’Aquino sul tema, senza rendersi conto che Tommaso non ragionava teologicamente, ma sociologicamente e antropologicamente. 


Ma nella intervista di alcuni giorni fa, che si può leggere qui, Mueller porta alle estreme conseguenze, con una rozzezza che gli è molto facile, un ragionamento errato, che segna le argomentazioni tardo-moderne intorno al tema. Ossia le letture della “simbolica dell’ordine” che enfatizzano la “somiglianza” dell’uomo (e non della donna) al Signore Gesù. L’argomento sarebbe questo: siccome Gesù era un maschio, solo un uomo maschio (e non una donna) può rappresentarlo. Mueller usa, in tedesco, il verbo “darstellen”, che è precisamente “rappresentare”, “mettere in mostra”. Questo argomento ha un precedente medievale in Bonaventura, ma nessun passo di Tommaso d’Aquino autorizza a questa soluzione. E’ interessante, però, che i testi recenti del magistero, compreso Mueller, attribuiscano a Tommaso la paternità di questa idea. Come lo fanno? Interpretando in modo errato, a partire da Inter Insigniores nel 1976, un passo di Tommaso che parla della “somiglianza” richiesta nei sacramenti tra il “segno” e il “significato”.

L'intera riflessione di Andrea Grillo continua a questo link:

“Verso una Chiesa sinodale in missione”, il contributo dei vescovi cattolici inglesi al Sinodo di ottobre

È un punto di arrivo e una sintesi del processo sinodale, nella Chiesa cattolica di Inghilterra e Galles, il documento intitolato “Verso una Chiesa sinodale in missione. Presentazione per la seconda assemblea plenaria dei vescovi Ottobre 2024”, che la Conferenza episcopale inglese ha inviato a Roma per la seconda sessione della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi di ottobre


Si tratta di un processo partito da lontano, da quando le 22 diocesi di Inghilterra e Galles avevano inviato, prima della Pasqua 2022, i loro rapporti, risultato del percorso di ascolto dei fedeli durato circa sei mesi, alla sede centrale della Conferenza episcopale a Londra.

Nel documento si legge che il cuore del loro viaggio sinodale fino ad oggi, una chiamata alla corresponsabilità del sacerdozio comune dei fedeli con il sacerdozio ministeriale, mentre ciascuno dei due sostiene l’altro nel lavoro di missione della Chiesa.

L'intera relazione a cura di Silvia Guzzetti è a questo link:

Serena Noceti: "Il tema delle donne nella chiesa è sdoganato, ma sui ministeri serve tempo..."

Pensare al ministero ordinato per le donne significa immaginare una riforma del ministero stesso: «Un diaconato vicino ai poveri, attento al mondo del lavoro, al carcere e in generale sensibile alle fragilità», specifica la teologa. Riconoscere l'apporto delle donne significa aprirsi a una riforma strutturale, che potrebbe nascere proprio dalle difficoltà che la Chiesa sta attraversando. «Oggi siamo di fronte a una crisi della parrocchia fondata sulla centralità del prete e sull'infantilizzazione dei fedeli»

«Ormai il tema delle donne nella Chiesa è sdoganato», aggiunge la teologa fiorentina, anche se in alcune parti del mondo, come in Asia e in Africa, i cambiamenti richiesti sono diversi e non contemplano l'ordinazione ministeriale. Ci vuole pazienza, sembra suggerire Noceti, perché la trasformazione di un organismo complesso come la Chiesa cattolica ha bisogno di tempo: vale per il concilio Vaticano II, che ancora non è stato del tutto recepito attivamente, così come per il ruolo delle donne. Anzi, sono proprio le donne il grande soggetto che «fa Chiesa», impensato all'epoca del Concilio: «Sul processo trasformativo influiscono le dinamiche culturali», spiega. «Nel 1965 si parlava delle donne soltanto nei consueti termini di assistenza e di cura, ma non certo come soggetti che avevano una parola autorevole da dire sulla Chiesa».
Pensare al ministero ordinato per le donne significa immaginare una riforma del ministero stesso: «Un diaconato vicino ai poveri, attento al mondo del lavoro, al carcere e in generale sensibile alle fragilità»

L'intero colloquio a cura di Federica Tourn è a questo link:

L’Italia spende troppo poco per la sua Sanità. Report Mediobanca

Lo Stivale spende ancora troppo poco per uno dei comparti più strategici e vitali. Per raggiungere i livelli della Germania bisognerebbe mobilitare circa 77 miliardi in più. I ricavi delle strutture private comunque crescono


Il problema è la spesa sanitaria. “Lo scenario che si prospetta è l’appiattimento dell’incidenza sul Pil della spesa sanitaria pubblica, a fronte di una crescente richiesta di prestazioni per effetto delle dinamiche demografiche. In effetti, le statistiche internazionali evidenziano il costante invecchiamento della popolazione. Bisognerebbe spendere di più. Ma lo Stivale è in perenne affanno. “Nel confronto internazionale gli Stati Uniti emergono con il 16,6% sul Pil, seguono Germania (12,7%) e Francia (12,1%). L’Italia è al di sotto della media sia in termini pro-capite, con poco più di 4 mila euro ad abitante di spesa, che in rapporto al Pil (9,0%). Per uguagliare l’incidenza raggiunta in Germania, l’Italia dovrebbe incrementare le spese nella Sanità di 77 miliardi di euro

L'intero articolo di Gianluca Zapponini è a questo link:

Quest’epoca storica ha un problema tra tanti: è carente di profeti

Marek Halter è uno degli intellettuali più influenti d’Europa. Nato a Varsavia nel 1936, fuggì con i suoi genitori dall’orrore del ghetto nazista impiantato sulle rive della Vistola e dopo una serie di peripezie approdò a Kokand, nell’allora Repubblica socialista sovietica dell’Uzbekistan, dove restò fino alla fine della guerra. Dal 1950 la sua patria è Parigi. Da lì osserva oggi "un’Europa fragile"


«Un’Europa fragile: lo abbiamo già riscontrato con l’incapacità di proporre soluzioni concrete dopo l’attacco russo all’Ucraina e lo stiamo vedendo di nuovo adesso, con l’assenza di un ruolo e di una visione per il Medio Oriente. Mancano i profeti, i grandi pensatori, le personalità in grado di incidere con il loro carisma. Non credo che emergeranno dalle imminenti elezioni”, dice a Pagine Ebraiche Halter, autore tra gli altri di libri come Il cabalista di Praga, Intrigo a Gerusalemme, Perché sono ebreo.
La democrazia con il suo assetto di valori non basta, denuncia lo scrittore. Perché in fin dei conti «la democrazia è un sistema», ma per nutrirlo «servono le idee di qualità, e certo in circolazione ci sono buoni scrittori e filosofi, ma non ne vedo del calibro di un Albert Camus o di un Primo Levi: loro sì che facevano la differenza».

L'intero articolo di Adam Smulevich è a questo link:

Il Sudan rischia di diventare peggio della Somalia.

Un massacro riaccende i riflettori sul conflitto interno in Sudan, dove la situazione rischia di scivolare verso un baratro incontrollabile e produrre una nuova, enorme crisi umanitaria mentre le potenze (come la Russia) muovono i loro interessi.

La crisi militare e umanitaria in Sudan rischia di far precipitare il Paese in una spirale incontrollabile dove gli effetti sui civili si moltiplicano sulla situazione geopolitica. Mentre si consuma quello che viene già definito un “genocidio” (in larga parte ignorato), attorno alla crisi armata, che da oltre un anno anno attanaglia il Paese, potenze come la Russia (che da tempo sogna di piazzare sulle coste sudanesi una base militare) e le nazioni del Golfo muovono i loro interessi esterni.

Quello che ha riportato il Sudan sotto i riflettori dei media internazionali è stato un massacro nello stato di Gezira,...

L'articolo di Ferruccio Michielin continua a questo link:

https://formiche.net/2024/06/sudan-piano-mattei-rischio-umanitario-africa/#content

Lampedusa. Chiude il museo dedicato alle vittime del Mediterraneo

 L'annuncio, a 7 anni dall'inaugurazione da parte del capo dello Stato, Sergio Mattarella, e dopo 75mila ingressi, è del “Comitato 3 ottobre” che volle uno spazio sulla “fiducia e il dialogo”


Da allora il Comitato, in virtù di due protocolli d'intesa non onerosi siglati con il Comune di Lampedusa e Linosa e il Miur, è stato l'ente gestore del primo piano del sito dedicato ai fenomeni migratori, garantendo l'accesso gratuito anche al museo archeologico delle Pelagie.
Dal nuovo ente gestore ci è stata fatta una proposta di convenzione a titolo oneroso per noi irricevibile: 10.000 euro all'anno per solo due stanze di circa 50 metri quadrati in totale, con il vincolo di dover concordare il tipo di installazioni. ...

La segnalazione continua a questo link: