Pensare al ministero ordinato per le donne significa immaginare una riforma del ministero stesso: «Un diaconato vicino ai poveri, attento al mondo del lavoro, al carcere e in generale sensibile alle fragilità», specifica la teologa. Riconoscere l'apporto delle donne significa aprirsi a una riforma strutturale, che potrebbe nascere proprio dalle difficoltà che la Chiesa sta attraversando. «Oggi siamo di fronte a una crisi della parrocchia fondata sulla centralità del prete e sull'infantilizzazione dei fedeli»
«Ormai il tema delle donne nella Chiesa è sdoganato», aggiunge la teologa fiorentina, anche se in alcune parti del mondo, come in Asia e in Africa, i cambiamenti richiesti sono diversi e non contemplano l'ordinazione ministeriale. Ci vuole pazienza, sembra suggerire Noceti, perché la trasformazione di un organismo complesso come la Chiesa cattolica ha bisogno di tempo: vale per il concilio Vaticano II, che ancora non è stato del tutto recepito attivamente, così come per il ruolo delle donne. Anzi, sono proprio le donne il grande soggetto che «fa Chiesa», impensato all'epoca del Concilio: «Sul processo trasformativo influiscono le dinamiche culturali», spiega. «Nel 1965 si parlava delle donne soltanto nei consueti termini di assistenza e di cura, ma non certo come soggetti che avevano una parola autorevole da dire sulla Chiesa».
Pensare al ministero ordinato per le donne significa immaginare una riforma del ministero stesso: «Un diaconato vicino ai poveri, attento al mondo del lavoro, al carcere e in generale sensibile alle fragilità»
L'intero colloquio a cura di Federica Tourn è a questo link:
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