Come sarà l’Iran dopo il voto del primo marzo 2024 per il Parlamento e l’Assemblea degli esperti? Elezioni d’altronde segnate da un record storico dell’astensionismo, con circa il 41% di votanti sugli aventi diritto e il significativo fenomeno delle schede bianche e nulle - il 5% in totale secondo dati ufficiali, il 30% secondo media iraniani - di voti non validi?
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Per il momento da Venerdì 30 maggio 2025 questo Blog sarà implementato solo con notizie ecclesiali della Parrocchia. I Post con la proposta...
Iran, dalle urne un messaggio chiaro: per gli iraniani il cambiamento non passa per le elezioni
Per la pace c’è una foresta che avanza, non lasciamola silenziosa
La proposta dei Corpi Civili di Pace europei si fa strada, in Europarlamento, come raccomandazione scritta in due documenti strategici, e nel Parlamento italiano grazie a una interrogazione ai ministri Tajani e Crosetto. Ecco tutte le novità
Tra le pieghe dei lavori parlamentari, sia in Italia che in Europa, ci sono stati nelle ultime due settimane segnali importantissimi di un avanzamento di un percorso nuovo che riprende, tra gli altri, gli insegnamenti di De Gasperi, La Pira e di Langer. Andiamo con ordine.
Durante la conferenza per i Corpi Civili di Pace Europei tenutasi nel palazzo di ottobre a Kiev il 15 ottobre 2023, organizzata dal Movimento Europeo di Azione Nonviolenta, la società civile ucraina, le autonomie locali ed autorevoli membri della Verkhovna Rada, hanno fatto propria la proposta del Mean di istituire i CCPE (Corpi Civili di Pace Europei), avviando un gruppo di lavoro condiviso per la sottoscrizione di un documento che venisse presentato a Bruxelles. Di ritorno da Kiev, un gruppo di lavoro internazionale di otto esperti, tra cui Giovanni Kessler, membro dell’Agenzia anti-corruzione dell’Ucraina, Paolo Bergamaschi, già consulente per la politica estera del Parlamento Europeo, Vadim Halaychuk, parlamentare ucraino e capo della commissione della Verkhovna Rada per il dialogo con il parlamento europeo, Alona Horova, leader di una ONG ucraina molto attiva in tutto il territorio, l’Istituto per la pace ed il bene comune, guidato dalla portavoce del Mean, la professoressa Marianella Sclavi, ha confezionato un documento intitolato “Manifesto per un’Europa sicura, forte, costruttrice di pace“. firmato ad oggi da oltre duemila persone impegnate a vario titolo nella pacificazione sociale.
L'articolo di Angelo Moretti continua a questo link:
Relazioni pericolose: storia dei rapporti tra Netanyahu e Hamas
In queste settimane circola un meme in Israele: ritrae il primo ministro Benjamin Netanyahu attorniato da militari e sopra la scritta «Autorizzato alla pubblicazione: Tsahal [acronimo di Forze di difesa di Israele, l’esercito israeliano] ha catturato il capo del sistema finanziario di Hamas».
Yuval Diskin, ex capo dello Shin Bet, il servizio di sicurezza generale, ed Ehud Barak, ex primo ministro, hanno accusato Netanyahu di aver contribuito significativamente alla crescita di Hamas, sostenendo che ciò servisse al suo obiettivo di indebolire l’Autorità nazionale palestinese e a promuovere un discorso politico basato sull’assenza di alcun partner possibile per raggiungere un accordo, dando forza a una retorica già forgiata per motivare il fallimento degli accordi di Camp David tra Ehud Barak e Yasser Arafat nel 2000.Questa strategia di rafforzamento di Hamas risale già al primo mandato di Netanyahu come primo ministro nel 1996.L’approccio controverso di Netanyahu prevedeva l'isolamento di Gaza, rafforzando il controllo di Hamas sulla Striscia, da un lato, e il sostegno al governo economico verso Hamas a Gaza, dall'altro, arrivando anche a garantire fondi qatarioti al gruppo. Questa politica fu criticata da membri del suo stesso governo, come Avigdor Lieberman e Naftali Bennett, ma nonostante brevi interruzioni è persistita per anni. La strategia mirava a complicare la prospettiva di una soluzione a due Stati, facilitando così a Netanyahu argomentazioni contro negoziati e compromessi. ...
L'intero articolo di Maria Chiara Rioli e Roberto Mazza è a questo link:
Il messaggio augurale di Noemi Di Segni (UCEI) augurale alle Comunità mussulmane per il Ramadan
La Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche in Italia, Noemi Di Segni, ha inviato il seguente messaggio augurale alle Comunità mussulmane in Italia in occasione dell’inizio del Ramadan
Oggi inizia il mese della festa del Ramadan per voi, per noi del mese di Adar, mese della gioia, desidero esprimere il nostro sincero augurio a tutti i fedeli che si apprestano a celebrare e vivere il profondo senso di questa ricorrenza. Non possiamo distogliere lo sguardo da quanto dolorosamente avviene in questi mesi, giorni, minuti, nella terra di Israele, luogo che unisce le nostre radici e fedi. Tengo a ribadire oggi sentimento e invito ad unirci anziché dividerci nell’arginare terrorismo e odio religioso. Noi che conosciamo bene il volto dell’estremismo e le sue diramazioni dobbiamo solidalmente proseguire nell’impegno che genera convivenza, serenità nel nostro quotidiano, in uno spazio europeo accogliente e pluralista verso minoranze e fedi diversi. Mi appello di nuovo alla coscienza e alla responsabilità educativa di ogni madre, padre, leader religioso affinché i messaggi e le preghiere che si condividono dentro le famiglie e le vostre comunità siano per la vita e la convivenza con le nostre comunità, i ragazzi e le ragazze, e non siano in alcun modo portatori di intolleranza e pregiudizio, ad unire le preghiere per le famiglie in lutto e i feriti.Che sia un sereno mese di Ramadan qui, nelle nostre città italiane, e nella città di Gerusalemme verso la quale tutti alziamo gli occhi in cerca di benedizione e pace.
I giovani del mondo stanno riscoprendo la spiritualità
Tra i ragazzi e le ragazze la fede è sempre più vissuta per convinzione, e non solo per tradizione. Anche nell'Occidente secolarizzato
La secolarizzazione avanza in Occidente e non solo, ma la situazione potrebbe essere un po’ più complessa e meno univoca di quanto si potrebbe pensare, almeno secondo lo studio che è stato presentato ieri presso la Pontificia Università della Santa Croce a Roma, dove sono stati illustrati i risultati di un’indagine internazionale su giovani, valori e religione promossa dal gruppo di ricerca “Footprints. Young People: Expectations, Ideals, Beliefs” dello stesso ateneo assieme ad altre sette università nel mondo e col supporto dell’agenzia di sondaggi spagnola Gad3.
Uno dei risultati che si può osservare dai dati raccolti è che nonostante quel processo di secolarizzazione – e che in molti Paesi diviene scristianizzazione tout court – avanzi, esso corre parallelamente a una minore ma significativa tendenza opposta: un aumento della fede vissuta per convinzione
L'articolo di Lucandrea Massaro continua a questo link:
Israele: in questa lettera Sophia motiva il suo rifiuto di andare a combattere.
La 18enne obiettrice di coscienza israeliana Sophia Orr è arrivata al centro di reclutamento dell'esercito vicino a Tel Aviv e ha dichiarato il suo rifiuto di arruolarsi nel servizio militare obbligatorio per protestare contro la guerra di Israele a Gaza e l'occupazione di lunga data. È la seconda adolescente israeliana a rifiutare pubblicamente la leva per ragioni politiche dal 7 ottobre – dopo Tal Mitnick che lo fece a dicembre – Orr è stata condannata a 20 giorni iniziali nel carcere militare di Neve Tzedek, che probabilmente saranno estesi se continuerà a rifiutarsi di farlo.
"Mi chiamo Sophia Orr e mi rifiuto di arruolarmi nell’esercito israeliano perché in guerra non ci sono vincitori. Solo perdenti. Tutti quelli che vivono qui stanno perdendo.
In Israele, il 7 ottobre, tutti noi, soprattutto chi vive vicino a Gaza, abbiamo vissuto orrori indicibili che nulla può giustificare. Da allora, decine di migliaia di persone sono state evacuate dalle loro case, i soldati vengono mandati in battaglia ogni giorno per morire e rimanere feriti, gli ostaggi rimangono in una brutale prigionia a Gaza senza un piano credibile per riportarli a casa e la società israeliana sta cadendo sempre più in profondità in deliri messianici, soppressione politica e sete di vendetta.
A Gaza sono morte decine di migliaia di palestinesi, di cui più di diecimila bambini, e altre decine di migliaia sono rimaste ferite. Innumerevoli profughi vivono in tende, soffrendo la fame e la diffusione di malattie, senza elettricità e senza igiene di base, circondate solo da rovine. Tutto questo non fa che aumentare l’odio contro Israele e il sostegno ad Hamas. I cittadini comuni di entrambe le parti stanno pagando un prezzo inimmaginabile in questa guerra e la situazione sta solo peggiorando.
Il presente e il futuro dei cittadini palestinesi e israeliani sono inseparabili. Non si tratta di “noi” contro “loro”, né di una situazione in cui una parte deve o può sconfiggere l’altra. La sicurezza sarà raggiunta solo quando entrambe le parti vivranno con dignità: o perderemo tutti in guerra, o vinceremo tutti in pace.
Quasi tutte le persone che vivono tra il fiume Giordano e il mare vogliono vivere una vita tranquilla. Le violente politiche di occupazione, e ora la guerra, impediscono a tutti noi di farlo e spingono sempre più persone da entrambe le parti alla falsa convinzione che solo la violenza possa risolvere il conflitto. La guerra non fa che rafforzare gli estremisti di entrambe le parti e le loro ideologie.
I potenti ci dicono, come in tutti i precedenti cicli di violenza, che questa volta “distruggeremo” Hamas, che questa volta la “deterrenza” funzionerà, ma i gruppi violenti ed estremisti si rafforzano solo con la violenza estrema. Si può essere tentati di pensare che “dopo aver distrutto Hamas in guerra, allora potremo raggiungere una vera pace e tranquillità qui”, ma questa è un’illusione. È una storia che ignora il fatto che Hamas è più di un gruppo violento: è il prodotto di una mentalità violenta ed estrema che cresce e fiorisce in condizioni di oppressione e violenza estrema. Hamas può rafforzarsi solo quando ogni alternativa, orizzonte o speranza sono stati negati per decenni. È proprio per questo motivo che Hamas si è rafforzato dall’inizio della guerra, sia a Gaza che in Cisgiordania. Anche se l’esercito riuscisse a uccidere tutti i combattenti di Hamas e a smantellare tutti i tunnel, senza un orizzonte di speranza, sorgerebbe un’organizzazione ancora peggiore a sostituirla e il ciclo della violenza continuerebbe. Il vero nemico non è Hamas, ma piuttosto la mentalità estremista che rappresenta e che si rispecchia in Israele. Questo modo di pensare può essere smantellato solo attraverso una ricerca politica della pace e proponendo ai palestinesi un’alternativa di speranza.
Essendo la parte più forte, Israele ha la responsabilità di perseguire questa alternativa. Ha il potere di promuovere una soluzione politica e di dettare il tono, cambiandolo in uno che promuova la pace invece della violenza. L’unica strada che potrà mai portare a una vera soluzione del conflitto è quella politica, che comprende una giusta indipendenza della Palestina e la concessione di uguali diritti a tutti i popoli dal fiume al mare.
Quando avevo 16 anni, ho visitato la Cisgiordania con i miei compagni di classe durante una gita scolastica. Abbiamo parlato con coloni e ragazzi palestinesi della nostra età. Quando abbiamo parlato con i giovani palestinesi, uno dei miei compagni ha chiesto quale fosse il loro sogno nella vita. E uno di loro ha risposto: “L’unico sogno che una persona rinchiusa in una gabbia può avere è quello di uscire”.
Questa frase mi è rimasta impressa e ora è il motivo per cui mi rifiuto di arruolarmi: Non prenderò parte a un sistema che è il problema e non la soluzione. Un sistema che danneggia la sicurezza invece di mantenerla. Mi rifiuto di arruolarmi per dimostrare che il cambiamento è necessario e che il cambiamento è possibile. Mi rifiuto di arruolarmi per la sicurezza di tutti noi in Israele-Palestina e in nome di un’empatia che non è limitata dall’identità nazionale. Mi rifiuto di arruolarmi perché voglio creare una realtà in cui tutti i ragazzi tra il fiume e il mare possano sognare, senza gabbie."
"L'uomo e la donna della croce: condividere il dolore per liberare la speranza" . Il venerdì con Marcelo Barros
Altre consegne di Marcelo per il cammino verso la Pasqua della nostra Comunità sono nel foglietto "La Resurrezione" a questo link: https://parrocchiarisurrezione.blogspot.com/2024/03/il-foglietto-la-resurrezione-di_0824292579.html
Nella IV Domenica di questa Quaresima abbiamo pregato così ...
All'inizio dell'incontro festivo della Comunità e stato accolto il saluto dell'Imam della Moschea di Marghera Hammad che, in risposta all'augurio per l'inizio del Ramadan, ha consegnato la sua preghiera per la pace già pubblicata sul Blog (https://parrocchiarisurrezione.blogspot.com/2024/03/la-preghiera-dellimam-hamad-mahamed-di.html) che propone di diventare tutti “un ponte per gettare la pace tra i fratelli e le sorelle”
Introduzione
Rallegratevi, oggi siamo invitati a sfavillare di gioia superando le nostre tristezze!
Rallegratevi è la prima parola della liturgia che oggi ascolteremo. La motivazione ce l’offre la Liturgia della Parola.
La Scrittura è la storia dei tradimenti, delle incoerenze e dell’incapacità degli uomini di rimanere fedeli all’Alleanza. Nonostante questo Dio la rinnova continuamente perché ama totalmente gratuitamente, senza attendersi nulla in cambio la sua creazione.
Un primo episodio ce lo ricorda l’Evangelo. Il popolo nel deserto si lagna e viene punito da una invasione di serpenti velenosi. Non muore chi alza lo sguardo su di un serpente di bronzo fatto fondere da Mosè. Si chiarisce tutto sapendo che in ebraico il nome di quell’oggetto è l’anagramma di quello di Gesù che significa “Dio salva”. A questo si riferisce quando afferma che anche lui sarà innalzato.
Un secondo episodio è nella prima lettura: attraverso Ciro re di Persia, Dio fa tornare a Gerusalemme il suo popolo dalla schiavitù babilonese dove era stato condotto per le sue infedeltà.
Questa, quella dell’oppressione, è la catena che oggi spezziamo nel nostro cammino “Dalla schiavitù del male alla libertà di servire” dopo quella delle “Tradizioni” e del “Camminare alla cieca”. Con il dono delle 10 Parole (il Decalogo, mai abrogato né sostituito nemmeno da Gesù) anche oggi ci viene sottolineato che la misericordia è la strada per risolvere i conflitti.
Intenzioni penitenziali
· Signore, tu rimani fedele alle promesse che ci hai fatto nonostante le nostre incoerenze e incapacità: Signore Pietà
· Cristo, tu ci chiedi di “credere in te” cioè di agire come te, ma noi non ci riusciamo: Cristo pietà
· Signore, tu ci doni la possibilità di una vita qualitativamente eterna già oggi, noi continuiamo a pensarla solo in un futuro vago: Signore pietà
Preghiere dei fedeli
· Padre, tu ci ami talmente da aver rotto la catena dell’oppressione e dell’esilio indicandoci che non è la violenza ma la misericordia la strada per risolvere i conflitti, aiutaci ad imparare da te. Per questo ti preghiamo
· Signore, come tu rimani fedele alle tue promesse, aiutaci a rimanere fedeli alle tue Parole superando le nostre incoerenze e infedeltà. Per questo ti preghiamo
· Spirito Santo, aiutaci a vivere oggi una vita che abbia la qualità eterna di quella di Dio, che significa vivere di amore incondizionato, dimentichi completamente di noi stessi, attenti al bisogno dell’altro senza condizioni. Per questo ti preghiamo
· Gesù, ignorati o dimenticati, sono troppi conflitti che oggi insanguinano il mondo. Al di là delle ragioni sono comunque sconfitte per l’umanità: aiutaci ad esporci perché si trovi la strada della riconciliazione e non delle reciproche vendette. Solo così saremo realmente costruttori di ponti di pace. Per questo ti preghiamo
IV di Quaresima - Gv 3,14-21
Una qualità di vita indistruttibile che Gesù afferma essere “eterna” ma che non ha dunque nulla a che vedere con una durata infinita nell'aldilà. Cosa significa allora?
Nelle scorse tre domeniche abbiamo avuto delle risposte alle domande su Gesù con le quali siamo giunti alla Quaresima. Dio in Gesù si è fatto vicinissimo a noi, in tutto simile a noi per annunciarci che è venuto per trasfigurare la nostra vita. La storia di ogni uomo è diventata il suo tempio, la casa che Lui abita, nella quale ha preso dimora. Come noi e con noi porta il peso della tentazione e la fatica lenta della trasfigurazione che, oggi l’Evangelo ci dice, non sta in un futuro lontano, ma in un modo di vivere.
Gesù parlando con Nicodemo fa due riferimenti alla Scrittura: “Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna”.
Soffermiamoci sul verbo innalzare che ricorre due volte. La prima volta evoca quanto narrato nel libro dei Numeri (21,4-9): in seguito alle lamentele per la durezza del viaggio nel deserto, Dio manda fra gli Israeliti dei serpenti velenosi che mietono numerose vittime. Il popolo, pentito, si rivolge allora a Mosè affinché preghi il Signore di allontanare i serpenti. Dopo che Mosè ebbe pregato, Dio gli ordina di forgiare un serpente di bronzo e di collocarlo su di un palo in vista del popolo: chiunque fosse stato morsicato dai serpenti velenosi, si sarebbe potuto salvare solo guardando verso il serpente di Mosè.
In ebraico, il termine per indicare questo serpente di bronzo innalzato, è l’anagramma del nome Gesù, cioè: “Dio salva”.
È per questo che nella basilica di S. Ambrogio a Milano al centro della navata centrale ci sono due colonne messe in parallelo. Sopra di una c’è un serpente in bronzo mentre, su quell’altra, c’è un crocefisso.
Anche sul Monte Nebo c’è un crocifisso stilizzato (l’autore è Giovanni Fantoni) sul quale si attorciglia un serpente.
La seconda ricorrenza del verbo innalzare desidera invece riferirsi alla profezia del libro di Isaia (cap 52 e 53) nella quale parla del servo del Signore che “avrà successo, sarà onorato, esaltato e molto innalzato”. Se ci si ferma qui potrebbe benissimo essere il profilo dell’ascesa, grazie alle sue capacità, di un manager in una grande industria.
Isaia però procede togliendo immediatamente questa immagine dai nostri occhi: il successo di questo servo del Signore sta nell’essersi comportato “come un agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte tosatori, lui non aprì la bocca. Disprezzato, reietto dagli uomini, uomo dei dolori, che conosce molto bene il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia. Disprezzato, non aveva alcuna stima!”
Questo accade perché “chiunque crede in lui abbia la vita eterna”. Qui è la prima volta che nel Vangelo di Giovanni incontriamo questa locuzione e Gesù non ne parla affatto come un premio per il futuro bensì come una possibilità reale nel momento presente. “La vita eterna” è già oggi per “chiunque crede in lui” e questo significa aver dato adesione a Gesù, alla sua proposta di vita cercando di vivere oggi, ogni istante della nostra vita come lui ha vissuto fino, come giunge ad affermare Paolo: “non sono più io che vivo ma è Cristo che vive in me” (Gal 2,19-21).
È questa la qualità di una vita vissuta avvolti nella pienezza dell’amore del Padre, adoperandosi come Gesù ha fatto per gli altri fino a dare la sua vita per tutti. Questa qualità è indistruttibile e per questo Gesù dice che è “eterna”. Non ha dunque nulla a che vedere con una durata infinita. Lo è invece qualitativamente perché fa trasparire in noi il modo di essere di Dio, è il partecipare della sua vita, è il darne spazio nel nostro agire, è il far trasparire in noi la sua vita che è eterna.
Sta all’uomo accogliere o no la proposta di vivere con questa qualità e, rispetto alla sua scelta, si troverà ad essere salvato o condannato. Non è Dio che condanna. Dio “ha mandato suo Figlio perché il mondo sia salvato per mezzo di lui” e lo ha fatto perché “ha tanto amato il mondo”.
Qui compare per la prima volta in Giovanni il verbo “agapan” (in tutto saranno 36 volte) che, nel greco antico non era praticamente mai usato e lo fa diventare quello che caratterizza l’essere del Padre, di Gesù e di tutti coloro che “credono” cioè aderiscono alla sua proposta di vita. Definisce l’amore incondizionato che fa dimenticare completamente se stessi, per vivere nell’attenzione al bisogno dell’altro e alla disponibilità di dare vita; è dono senza condizioni.
Il vivere così Gesù lo definisce la “verità” che allora non è una dottrina in cui credere, ma un atteggiamento, uno stile di vita che fa trasparire la luminosità della misericordia del Padre. Quello che ci separa da Dio è eventualmente la nostra condotta.
(BiGio)
Dio ha tanto amato il mondo
Un amore offerto al mondo intero, senza alcuna discriminazione, non a un solo popolo. Al mondo intero con tutta la sua grandezza e tutta la sua miseria: questa è la grande notizia. Ma è necessario alzare lo sguardo.
Se c'è qualcosa di necessario e urgente per la società di oggi, è che siano sempre più numerose le persone capaci di essere presenza e segno di un mondo nuovo e che, nonostante i limiti umani, rendano visibili relazioni di bontà, di pace, di equità e giustizia, di gioia, tenerezza e compassione.
Nel Vangelo di oggi il "Figlio dell'uomo", l'uomo vero e maturo, è Gesù. Egli mostra come ogni essere umano potrebbe realizzarsi pienamente, facendosi simile a lui, riproducendo il suo amore. Il destino di Gesù è quello di essere "innalzato da terra", glorificato sulla croce, affinché tutti possano vederlo e tutti possano sapere fino a che punto può arrivare l'amore. Dalla croce egli effonde la vita per tutti, e chi la accoglie avrà, già nel tempo presente, una vita che non può essere distrutta. La "gloria" della croce è il rovescio della "gloria" del potere.
Per spiegare tutto questo a Nicodemo, importante giurista ebreo, Gesù ricorda un episodio che si legge nell'Antico Testamento, nel libro dei Numeri. Durante la traversata del deserto, il popolo di Israele ha conosciuto momenti di grandi prove, a causa della sua mancanza di fede, delle sue gelosie, dei suoi conflitti e delle sue ribellioni. Una di queste prove fu la piaga dei serpenti velenosi che mordevano le persone causandone la morte. Su suggerimento di Dio, Mosè innalzò un serpente di bronzo su un palo: se uno fosse stato morso, guardando il serpente di bronzo avrebbe ottenuto la guarigione. Così Mosè quella volta liberò il suo popolo. In modo simile, l'umanità morsa dall'antico serpente, quello che tentò i padri delle origini al peccato, può trovare la salvezza e la vita guardando Gesù innalzato sulla croce. Egli è la manifestazione estrema dell'amore di Dio, "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito".
Un Dio che ama il mondo, con tutta la sua grandezza e tutta la sua miseria: questa è la grande notizia, la fonte della vera gioia, e un Dio che non ha altro modo per manifestare tutto il suo amore, che mandando il proprio Figlio a insegnare all'umanità la via dell'amore e di una vita che nemmeno la morte può distruggere, perché "chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna". È un amore offerto al mondo intero, senza alcuna discriminazione, non a un solo popolo. Una proposta che attende una risposta di fede, perché la vita scorra nel credente per sempre. È necessario alzare lo sguardo al Figlio, distogliendolo dalle cose che trascinano l'uomo a terra, e lo rendono vulnerabile al morso del serpente velenoso.
Dio ha offerto sé stesso nel suo Figlio, per accogliere tutta la sofferenza e tutta la miseria umana, perché nessuno si senta solo, in nessun momento. L'umanità deve poter ascendere a un cammino nuovo, la realizzazione del progetto originario di giustizia e di pace.
Certamente, nessuno è innocente. Ma Gesù non è venuto a giudicare, a condannare. Egli non è il Messia giudice, come sperava Giovanni Battista. La salvezza è offerta gratuitamente a tutti. La tragedia si può dare quando l'uomo decide di rifiutare questo amore gratuito, e preferisce "le tenebre alla luce", perché la luce potrebbe rivelare la malvagità delle sue opere: "Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate". Seguire Gesù luce, la luce che è vita, è la vera vocazione dell'umanità. Egli compie la profezia di Isaia: "Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano, ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi, e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre" (42, 7).
E ancora Isaia (58, 7-10) illustra che cos’è la salvezza: "Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, i senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti? Allora la tua luce sorgerà come l'aurora... Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come meriggio".
(Bernardino Zanella)
8 marzo, riflettere per agire
La giornata internazionale dedicata alle donne è stata stabilita nel 1977 dall’assemblea generale delle Nazioni Unite. La parità di genere è il quinto degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile dell’Onu previsto dall’Agenda Onu 2030. La giornata è dunque da celebrare non solo l’8 marzo per arrestare una cultura negativa a più facce di cui la società ha piena consapevolezza ma che continua ad imporre le sue regole, in un processo di evoluzione troppo lento delle coscienze. La riflessione di Elvira Frojo
La violenza non arretra nel mondo. Donne uccise, abusate, mortificate, escluse dall’istruzione scolastica o date in sposa bambine a uomini che non possono scegliere liberamente, spesso anziani. Private della libertà e di ogni diritto umano, qualcuna ha provato a ribellarsi pagando con la vita. Le maggiori vittime, insieme ai bambini, nei teatri di guerra. Le più colpite anche dalla violenza “virtuale”.
In Italia, nei primi mesi del 2024, sono già quindici i femminicidi, nonostante le misure sempre più stringenti previste dalle leggi. Tristemente, parola dell’anno 2023 per l’enciclopedia Treccani è stata proprio “femminicidio”, descritta come “eliminazione fisica di una donna in quanto tale”. I loro figli sono vittime spesso dimenticate. In un’infanzia mutilata, il futuro è buio.
Il disprezzo della vita dell’altro produce altra rabbia, altro dolore. Lo denunciano le parole della giovane Makka Sulaev che, giorni fa, ha ucciso il padre. “Papà odia le donne. Ho paura che i miei fratelli maschi copino il comportamento di mio padre”, scrive nel suo diario. Al di là della gravità del gesto, è il racconto di una vita di orrore e di paura con un padre padrone, un marito violento.
È la “cultura” maschilista che la società deve combattere. Ognuno nelle proprie case, nella scuola, nei luoghi di lavoro e nelle comunità. È quello che istituzioni e media devono impegnarsi a scardinare con iniziative politiche e sociali, e modelli comunicativi che non nutrano la violenza.
Un messaggio da condividere con ...
L'intera riflessione a questo link:
https://formiche.net/2024/03/8-marzo-riflettere-per-agire-la-riflessione-di-elvira-frojo/#content
Continua e si amplia il digiuno per pace di Carlo e Bernardino ...
Dal 14 febbraio Carlo e Bernardino stanno digiunando continuativamente e lo faranno finchè sarà possibile. Da quella data sono stati accompagnati a staffetta da più di 100 persone che digiunano assieme a loro per 1,2 o più giorni.
Il servizio del TG3 Veneto
Altri gruppi, organizzati autonomamente, stanno digiunando a staffetta a Rovereto, Bergamo, Piacenza e, i gruppi denominati "Capitani dell'Arca", stanno facendo il digiuno per la pace a San Severo (Foggia), Torino e Perugia.
Chi digiuna con noi, nella massima libertà e senza costrizione, si deve anche impegnare a farlo sapere ai propri contatti, alle realtà associative di cui fa parte e alla propria cerchia di conoscenze.
Il nuovo volantino/appello:
Il link alla pagina FaceBook:
https://www.facebook.com/profile.php?id=61556666200449&locale=it_IT%2F
Di rientro da Rafah ...
Siamo rientrati da poco più di 1 ora dal valico di Rafah. Non credevo di poter sentire e vedere cose peggiori di quelle ascoltate in questi giorni. E invece si. Le file interminabili di tir fermi con aiuti provenienti da tutto il mondo; due parcheggi principali uno con 800 e l’altro con oltre 1000 tir per non parlare di quelli parcheggiati lungo la strada.
Lo stupro come arma di terrore usata da Hamas contro le donne israeliane
La missione ha visto lavorare un un team di nove esperti guidato da Patten, e ha operato in Israele e Cisgiordania nella prima metà di febbraio. Il team ha esaminato filmati e immagini, intervistando inoltre ostaggi rilasciati, testimoni degli attacchi e soccorritori. Nonostante gli sforzi “perché si facciano avanti”, Patten ha riferito che il suo team non è riuscito a parlare con persone sopravvissute alle violenze sessuali. Alcune di queste sono ancora in terapia traumatologica, mentre tra i soccorritori c’è chi è attualmente impiegato dall’esercito.
L'articolo di Alice Facchini continua a questo link:
https://www.valigiablu.it/stupro-hamas-israele-arma-di-guerra/