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Nella X Domenica PA "Festa della Comunità" abbiamo pregato così...

Durante l'Eucaristia abbiamo ascoltato anche alcune testimonianze




 Introduzione all'Eucaristia

Abbiamo iniziato questo nuovo periodo liturgico con le due feste.

Due domeniche fa, la festa della SS. Trinità ha desiderato essere un momento di sintesi del cammino fin qua fatto. 

Domenica scorsa la Festa del Corpus Domini ci ha consegnato la “tesi” (chi è Gesù?) che saremo pian piano accompagnati ad approfondire nelle prossime domeniche fino al termine di questo anno liturgico.

Oggi la nostra Comunità aggiunge una festa: la sua e, seguendo l’Evangelo di oggi, siamo invitati a guardare ad una casa, questa nostra casa comune che è il luogo dell’accoglienza e della condivisione: c’è chi sta dentro con Gesù e chi decide di rimanerne fuori criticando chi è all’interno.

Gesù risponde alle contestazioni che gli fanno e poi rassicura: tutti i peccati saranno perdonati tranne quelli contro lo Spirito, cioè quelli che impediscono allo Spirito di manifestarsi perché sono affermazioni categoriche che non lasciano spazio ad alcun dubbio come quelle fatte dai farisei. Con queste si rinuncia ad essere quell’ancora di speranza, quella "speranza che non delude" che il papa continuamente ci chiede di proporre condividendo il cammino di tutti, quel corrimano che aiuti tutti a trovare la propria strada, la propria dignità.

 

Intenzioni Penitenziali

Signore, perdonaci quando rimaniamo fuori della casa comune criticando senza ascoltare prima ascoltarti 

– Kirie Eleison

·      Cristo, perdonaci quando pretendiamo di salire in cattedra noi al posto del tuo Spirito 

– Kriste Eleison

·      Signore, perdonaci quando pensiamo di essere tuoi familiari senza operare come te 

– Kirie Eleison

 

Preghiere dei fedeli

 

Signore, siamo venuti in questa casa attorno a te per ascoltare la tua parola e imparare a condividere il tuo agire: aiutaci a portare avanti il tuo annuncio facendoci corrimano,ancore di speranza per ogni essere vivente         . 

Per questo ti preghiamo     


Signore, tu ci inviti ad essere pane spezzato e vino condiviso come è stata la tua vita tra di noi, aiutaci ad essere sempre accoglienti verso tutti senza distinzioni di popoli, nazioni, lingue. 

Per questo ti preghiamo     
         
Signore, tu ci inviti ad uscire dal recinto del nostro egoistico benessere per incontrare il bisogno dell’altro anche se inespresso, aiutaci ad adempiere questo compito che ci hai affidato  

Per questo ti preghiamo     

Signore, oggi l’Europa è invitata a rinnovare il suo Parlamento, aiutaci a seguire l’invito della Conferenza dei Vescovi europei a scegliere partiti e candidati che: “promuovano il rispetto e la promozione della dignità di ogni persona umana, la solidarietà, l’uguaglianza, la famiglia, la democrazia, la libertà, la sussidiarietà, la salvaguardia della casa comune

Per questo ti preghiamo     

Signore, in un mondo frammentato in molte guerre, aiutaci ad essere segni concreti di dialogo e non di contrapposizioni vicini a chiunque soffre in Ucraina come in Russia, nell’intera Terra Santa, alle popolazioni dell’Ucraina e della Russia, della Palestina e di Israele, del Sudan, del Tigrai, i Haiti

Per questo ti preghiamo


Signore, oggi la nostra Comunità è in festa, aiutala nel suo cammino di discernimento comune, di un agire sinodale proponendo con coerenza a tutti quella “Speranza che non delude” che il Papa ci chiedere di mettere al centro del nostro vivere  

Per questo ti preghiamo     

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Poi nell'orto di quartiere gli scout hanno preparato un aperitivo e proposto un itinerario: "A parità di sogni" che si può riascoltare a questo link:

https://soundcloud.com/staff-rys-marghera-1/gli-influencer-del-nuovo-incanto?si=6e1456702f004fffb95133c46ba55787&utm_source=clipboard&utm_medium=text&utm_campaign=social_sharing




Quindi il pranzo comune durante il quale abbiamo condiviso quanto ciascuno ha portato






Il Foglietto di Domenica 9 giugno no 2024

 


X Domenica PA - Mc 3,20-35

Dubbi ed incertezze ci possono essere, l'importante è non chiudersi emettendo sentenze inappellabili perchè non lasciano alcuno spazio all’opera dello Spirito che è stato donato per “guidarci alla verità tutta intera”: questo è il peccato contro lo Spirito!

 

Iniziato questo nuovo periodo liturgico con le due feste della SS. Trinità e del Corpus Domini, con la prima quasi come un momento di sintesi del cammino fin qua fatto e, con la seconda, la “tesi” (chi è Gesù) che saremo pian piano accompagnati ad approfondire nelle prossime domeniche fino al termine di questo anno liturgico.

 

L’Evangelo di oggi si divide in tre parti: il primo e l’ultimo capoverso fanno da cornice ad una disputa tra Gesù e degli Scribi giunti appositamente da Gerusalemme. Tutto si svolge dentro e attorno ad una casa. 

La casa è il luogo della famiglia, degli affetti, dell’accoglienza, della condivisione e, in quella dove è entrato Gesù, si è radunata una tale folla messasi a sedere attorno a lui (cioè nell’atteggiamento di chi ascolta), che non c’era più nemmeno la possibilità di un minimo movimento, nemmeno per mangiare. Ma c’è anche chi giunge davanti a quella casa e decide di rimanere fuori come gli scribi criticandolo e accusandolo di riuscire a scacciare i demoni perché “posseduto” non da Dio come lui afferma, ma da Beelzebù. Non mettono cioè in discussione che riesca a scacciare quelle “mosche” fastidiose (una delle etimologie di quella divinità cananea è quella di “principe delle mosche”), ma di farlo in nome di Satana e non di Dio.

Gesù risponde alle obiezioni contestategli facendo notare che, se questo fosse vero, significa per lo meno che quel regno sta per sgretolarsi perché evidentemente nelle sue mura vi sono crepe importanti e, questo, implica che qualcuno ha fatto quelle brecce. L’esempio che porta è quello del “padrone di casa” vinto da «uno più forte» di lui; l'aggettivo qui usato è quello adoperato da Giovanni Battista parlando di Gesù in Mc 1,7. E’ un chiaro invito a scoprire in Gesù l'azione del “più forte”, del “Potente di Giacobbe” e non di Beelzebù; è il primo elemento che ci fornisce Marco in base al quale è possibile iniziare a comprendere chi lui sia. 

Poi Gesù prosegue rivolgendosi a coloro che lo stanno ascoltando seduti attorno a lui in casa, assicurando che tutti i peccatori, anche i bestemmiatori, saranno perdonati tranne coloro che lo faranno contro lo Spirito Santo.

Per capire non bisogna fermarsi a questo punto ma cogliere lo stretto legame che c’è con l’affermazione perentoria che segue: “dicevano: è posseduto da uno spirito impuro” dando così una sentenza definitiva che, senza l’ombra di alcun dubbio, non lascia scampo. 

Questa affermazione di Gesù allora ci suggerisce che può starci se delle volte abbiamo dei dubbi e non ci sia chiaro che nelle parole di Gesù sta la volontà di Dio, bisogna però fare attenzione a non imitare gli scribi affermando categoricamente il contrario. Non si lascerebbe così alcuno spazio all’opera dello Spirito che è stato donato per “guidarci alla verità tutta intera” come abbiamo ascoltato nell’Evangelo della recente Pentecoste (Gv 14,26).

 

In questo frangente, scrive l’evangelista, giunsero sua madre e i suoi fratelli, quindi tutto il clan familiare ma rimangono fuori e, ritenendo di avere un potere su di lui, lo mandano a chiamare. Come gli Scribi non sono quindi venuti per ascoltare il suo insegnamento bensì “per prenderlo” e cercare di ricondurlo alla ragione perché, visto il suo agire, si erano convinti che fosse “fuori di sé” e quella disputa con il magistero del giudaismo glielo avevano confermato. 

La folla in casa seduta tutta attorno a Gesù (il termine che adopera Marco indica una folla composta anche di persone “impure” e di persone pagane) “gli dissero: ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono fuori e ti cercano”. Gesù si guarda attorno e guardando coloro che sono “dentro” la casa seduti attorno a lui afferma che questi sono la sua famiglia perché fanno la volontà di Dio che lui sta annunciando loro. Non esclude la possibilità che lo possano essere anche i suoi consanguinei, ma non devono rimanere “fuori bensì entrare “dentro” per ascoltare l’annuncio del Regno di Dio, impegnandosi a realizzarlo dimorando così nel suo amore pur avendo delle perplessità, delle incertezze che ci stanno all’interno dell’opera di discernimento alla quale tutti siamo chiamati.

 

Ma quale è l'insegnamento di Gesù? È quanto la Liturgia ci accompagnerà a scoprire nelle prossime settimane entrando nel cuore dell’Evangelo di Marco.

 

(BiGio)

Qual è la casa di Gesù?

La casa è la protagonista del Vangelo di questa domenica. Gesù si trova in una casa, e si raduna tanta gente. Gesù amava stare con le persone, soprattutto con i semplici, che non opponevano pregiudizi e resistenze alla sua rivelazione del Regno. 



Infatti il nostro brano subito introduce "i suoi" parenti, che sono andati a prenderlo, giudicandolo pazzo. Ci sono motivazioni diverse che possono giustificare questo comportamento dei suoi parenti. Dal punto di vista sociale, la vita errante di Gesù, insieme ai suoi discepoli, costituiva un danno economico per la famiglia: Gesù non dava il suo contributo di lavoro (sebbene avesse lavorato per trent'anni!) e, non sposandosi, non contribuiva a creare alleanze con altre famiglie, formando delle specie di clan, importanti per la vita di un nucleo parentale. Oltre a questo, il giudizio dei familiari esprime cecità e perbenismo. Gesù si esprime fuori casa e, fuori dal recinto delle convenienze solo per la famiglia, fuori del modo di pensare della semplice tradizione familiare, ed esprime un'apertura ad affetti e legami più ampi di quella cerchia ristretta. E' un discorso che vale particolarmente per oggi, dove siamo molto nel pubblico, però ricondotti a un ristrettissimo privato, personale. È molto più raro l'impegno pubblico nel volontariato, nelle associazioni che mettono insieme le persone, nelle organizzazioni che operano per favorire le aggregazioni sociali.  Anche i rapporti di amicizia si fanno sempre più rari e sporadici, per non dire ridotti al solo interesse personale.

Impegnarsi per gli altri è un comportamento che i parenti di Gesù considerano sconveniente, tanto da essere venuti per porre fine ad esso. Marco riserva ad essi il verbo che userà quattro volte nel racconto della passione, per dire l'arresto di Gesù. Infatti gli esegeti lo traducono non con "prenderlo", ma con "impossessarsi di lui"....

Il commento dell'evangelo di Alberto Vianello continua a questo link:

https://www.monasteromarango.it/qual-e-la-casa-di-gesu

Francesco, il diaconato, il clericalismo e la questione femminile - La riflessione di Riccardo Cristiano

Il Papa ha fatto intendere che il diaconato potrebbe diventare (anche femminile) immaginando anche una sua forma che non sia più primo grado dell’ordine sacro ma espressione dell’unzione battesimale. L’altro tipo, quello che consente il transito al sacerdozio, rimarrebbe limitato come è oggi.


Questo sì e no va capito: il papa combatte una battaglia culturale contro il clericalismo e non ritiene che sia una sorta di clericalismo femminile la soluzione del problema femminile nella Chiesa. Dunque a me non sembra corretto dire che il papa ha detto “no al diaconato femminile”: già su altri argomenti ha comunque consentito che si discutesse dissentendo da lui, ma su questo ha messo in chiaro che nella sua Chiesa tutta ministeriale, cioè dove ognuno svolge un servizio, (nel linguaggio ecclesiale “ministero” sta per “servizio”) ogni ministero ha la sua importanza e dignità. È il clericalismo che fa ritenere più importante il ministero sacerdotale. 

L'intera riflessione di Riccardo Cristiano è a questo link:

Moltmann Il senso teologico della speranza

È difficile sottovalutare l’importanza per la teologia contemporanea di Jürgen Moltmann, morto lunedì 5 giugno all’età di 98 anni a Tubinga, dove era stato docente.

Proveniente da una famiglia borghese di Amburgo, per cui il cristianesimo riformato implicava un fattore di identità culturale piuttosto che la dimensione di fede, Moltmann amava ripetere che il suo incontro con Cristo era nato dalla drammatica esperienza della guerra, vissuta come giovanissima recluta e poi in campo di prigionia, dove la lunga permanenza fu l’occasione per riflettere a fondo su quanto accaduto e di maturare la scelta degli studi di teologia. Laureatosi a Göttingen e avviatosi alla carriera accademica dopo un quinquennio di attività pastorale a Brema, Moltmann raggiunse la notorietà nel 1964 con Teologia della speranza (tradotta in italiano dall’editrice Queriniana nel 1970), che ha segnato una nuova fase nella teologia protestante dopo la lunga egemonia di Karl Barth, il più influente teologo del Novecento.

Il ricordo di Marco Rizzi continua a questo link:

https://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt202406/240606rizzi.pdf

Le Chiese e il futuro dell’Unione Europea

Se le Chiese superano gli atteggiamenti nostalgici e le istituzioni i pregiudizi laicisti, la collaborazione e la critica reciproca può fecondare il futuro del continente.


Nell’Europa secolarizzata le strutture politiche comunitarie hanno bisogno delle Chiese. E viceversa. Nella società plurale non è data a nessuno l’egemonia per condurre i giochi. E tuttavia, se le Chiese superano gli atteggiamenti nostalgici e le istituzioni i pregiudizi laicisti, la collaborazione e la critica reciproca può fecondare il futuro del continente. Fra religione civile ed escatologia la coscienza credente può resistere alla riduzione del cittadino a consumatore e del pensante al narciso. Pubblichiamo la relazione di mons. Mariano Crociata, presidente della COMECE, al simposio della Fundación Pablo VI (Madrid, 23 aprile; “Verso una cittadinanza europea partecipativa”) che portava il titolo: Le Chiese cristiane nell’integrazione europea: risposta alla secolarizzazione?

La relazione è a questo link:

Il Bilancio sociale di Caritas italiana: al servizio degli ultimi con iniziative che fanno crescere le comunità

Nel Bilancio sociale 2023 di Caritas italiana, presentato oggi a Roma, sono messi in evidenza gli aspetti qualitativi dell'animazione della carità nelle diocesi e parrocchie italiane durante tutto il 2023. Un impegno economico pari a 58 milioni di euro nel 2023, di cui il 76,6% impiegato in Italia e il 23,4 all'estero. Somme provenienti dall'8 per mille, da collette nazionali, grandi e piccoli donatori. In Italia sono presenti 6.780 servizi Caritas e 3.636 centri d'ascolto. In un anno sono state accompagnate 270.000 persone, con oltre 84mila volontari


Mense e ostelli per i poveri, centri d’ascolto, empori solidali, servizi e consulenze di vario tipo, raccolte fondi e progetti internazionali durante le crisi umanitarie, coinvolgimento dei giovani attraverso il servizio civile e il volontariato. È un caleidoscopio di migliaia di attività quello raccontato in sintesi nel Bilancio sociale 2023 di Caritas italiana, una pubblicazione che mette in evidenza gli aspetti qualitativi dell’animazione della carità nelle diocesi e parrocchie italiane durante tutto il 2023. Un impegno economico pari a 58 milioni di euro nel 2023, di cui il 76,6% impiegato in Italia e il 23,4 all’estero. Somme provenienti dall’8 per mille, da collette nazionali, grandi e piccoli donatori. In Italia sono presenti 6.780 servizi Caritas e 3.636 centri d’ascolto. In un anno sono state accompagnate 270.000 persone, con oltre 84 mila volontari. Il Bilancio sociale è stato presentato oggi a Roma. È disponibile in versione integrale su...

La sintesi del Bilancio Caritas a cura di Patrizia Caiffa è a questo link:

Comece: Dichiarazione dei Vescovi Europei in vista delle elezioni europee

La Dichiarazione dei vescovi della Commissione delle Conferenze episcopali dell’Unione europea (COMECE) in vista delle prossime elezioni per il Parlamento Europeo: Per un voto responsabile che promuova i valori cristiani e il progetto europeo


Come cristiani dobbiamo cercare di discernere bene per chi e per quale partito votare in un momento così importante per il futuro dell’Unione Europea.
Il progetto europeo di un’Europa unita nella diversità, forte, democratica, libera, pacifica, prospera e giusta è un progetto che condividiamo e di cui ci sentiamo responsabili. Siamo tutti chiamati a portarlo avanti anche esprimendo il nostro voto e scegliendo responsabilmente i deputati che rappresenteranno i nostri valori e lavoreranno per il bene comune nel prossimo Parlamento Europeo. 
Oggi l’Europa e l’Unione Europea stanno attraversando tempi difficili e incerti, con una serie di crisi negli ultimi anni e vere e proprie sfide da affrontare nel prossimo futuro, come le guerre in Europa e nei paesi vicini, le migrazioni e l’asilo, il cambiamento climatico, la crescente digitalizzazione e l’uso dell’intelligenza artificiale, il nuovo ruolo dell’Europa nel mondo, l’allargamento dell’Unione Europea e la modifica dei trattati, ecc. Per affrontare queste sfide cruciali alla luce dei valori fondanti dell’Unione Europea e costruire per noi e per le prossime generazioni un futuro migliore, non solo in Europa ma anche nel mondo intero, abbiamo bisogno di politici coraggiosi, competenti e motivati da valori e che perseguano veramente il bene comune. È nostra responsabilità fare la scelta migliore possibile nelle prossime elezioni.
Molti giovani voteranno per la prima volta alle prossime elezioni, alcuni di loro a soli 16 anni. Incoraggiamo vivamente i giovani a esercitare il loro diritto di voto nelle prossime elezioni europee e a costruire così un’Europa che assicuri loro il futuro e risponda alle loro più genuine aspirazioni.

L'intero comunicato a questo link:

Le parole difficili del giubileo

Se il peccatore non sentisse qualcuno che lo ama non avrebbe motivo di pentirsi, continuerebbe nella sua durezza del cuore, senza poter percepire il dolore del male commesso.


In effetti non me lo aspettavo. Ho passato in un analizzatore lessicale il testo della bolla di indizione del Giubileo del 2025, dedicato alla speranza, e la lettera di accompagnamento ad essa, scritta da Francesco al card. Fisichella. Su un totale di poco meno di 12 mila parole le dieci più presenti sono: speranza (98 volte), Dio (52), vita (51), Gesù Cristo (45), amore (29), essere (24), fede (24), grazia (22), Chiesa (20). Al contrario, le dieci parole meno presenti sono: pentimento (1), confessione (1), penitenza (1), colpa (1), sofferenza (2), pena (3), giudizio (5), dolore (5), peccato (6), bisogno (6).

Anche solo ad una percezione immediata appare davvero strano. Il giubileo è il tempo in cui la Chiesa invita i fedeli e tutto gli uomini alla riconciliazione con Dio. Tradizionalmente ciò passa dal riconoscere i propri peccati, dal confessarsi, fare penitenza e ottenere il perdono di Dio. Perciò le parole che risultano nel fondo della lista, sarebbero quelle più centrali nell’esperienza concreta del giubileo. E invece, nei due testi principali con cui si annuncia il prossimo giubileo sembra il contrario.

La riflessione di Gilberto Borghi continua a questo link:

Ebrei, musulmani, sikh, indù, religioni africane. Da Roma ad Assisi, un pellegrinaggio di pace nel segno del dialogo

 400 persone di tutte le religioni. Ebrei, musulmani, sikh, baha’i, rappresentanti delle religioni tradizionali africane. Di circa 40 nazioni del mondo. Si sono dati appuntamento a Castel Gandolfo e poi dopo l’udienza in Vaticano con Papa Francesco, si sono messi in pellegrinaggio verso Assisi, la città di Francesco, l’apostolo della pace e dell'ecologia integrale. “Ci siamo ritrovati qui dopo tanti anni dall'ultimo incontro – racconta al Sir Antonio Salimbeni - e l’esperienza che stiamo facendo è incredibile, di famiglia e di presenza del divino”. “One human family”, è il titolo che i promotori hanno voluto dare al convegno.

“La vostra testimonianza è motivo di gioia, è motivo consolazione, specialmente in questo tempo di conflitti, nei quali la religione viene spesso strumentalizzata per alimentare lo scontro”. Il dialogo interreligioso, al contrario, “è una condizione necessaria per la pace nel mondo, e pertanto è un dovere per i cristiani, come per le altre comunità religiose”. Sono le parole pronunciate da Papa Francesco ai partecipanti al Convegno internazionale interreligioso, organizzato dal Movimento dei Focolari. Si è aperto venerdì 31 maggio a Castel Gandolfo e si è concluso, dopo l’udienza da Papa Francesco in Vaticano, martedì 4 giugno ad Assisi....

L'articolo di Maria Chiara Biagioni continua a questo link:


Il Papa l'8 giugno commemora l’incontro di pace con Peres e Abbas

Nei Giardini Vaticani l'appuntamento nello stesso luogo in cui esattamente dieci anni fa, nel 2014, il Pontefice pregò e piantò un albero di ulivo con il presidente israeliano e quello palestinese, alla presenza del patriarca Bartolomeo, come segno di pace per il Medio Oriente. Ora un nuovo gesto simbolico in un momento di forte tensione per la guerra fra israeliani e palestinesi


Stesso luogo, stessa data, uno scenario tuttavia totalmente devastato e devastante rispetto a dieci anni fa. L’8 giugno prossimo, sabato, alle 9.30, Papa Francesco si recherà nei Giardini Vaticani per commemorare quello che in molti ricordano come uno dei gesti di pace più significativi del suo pontificato, l’incontro con il compianto presidente d’Israele, Shimon Peres, e Mahmoud Abbas, presidente dello Stato di Palestina, per invocare insieme la pace per il Medio Oriente. Erano presenti allora all’evento, seguito al viaggio del Pontefice a Gerusalemme, anche il patriarca Bartolomeo I e una rappresentanza di cristiani, ebrei e musulmani della Terra Santa, che avevano seguito i momenti di preghiera interreligiosa e anche la cerimonia di piantumazione di un albero di ulivo. E proprio nello spazio in cui fu piantato l’albero, non lontano dalla sede dell’Accademia delle Scienze, si terrà il prossimo 8 giugno - come confermato dal direttore della Sala Stampa vaticana, Matteo Bruni - la commemorazione di quell'evento in questo momento difficile e preoccupante per la guerra fra israeliani e palestinesi....

L'articolo di Salvatore Cernuzio continua a questo link:

Alessandro D'Avenia: La via del tramonto?

La storia ha più volte mostrato, Atene e Roma per fare due esempi, che il tramonto di una civiltà ha la sua principale causa interna nella crisi demografica unita alle scarse capacità creative delle sue guide di fronte alle sfide. Epidemie, guerre, invasioni danno solo il colpo di grazia a un rapporto nascite/decessi insufficiente per l’equilibrio naturale del corpo sociale, guidato da una testa senza soluzioni o con soluzioni inadeguate se non distruttive.

A leggere i dati Istat presentati ai recenti (stupidamente criticati o falsamente raccontati) Stati generali della Natalità, anche noi siamo al tramonto come tutte le culture che, per mancanza d’amore verso se stesse e di guide illuminate (la disaffezione al voto lo dimostra) scelgono la fine, come un disperato che si lascia morire. È irreversibile l’inverno? Lo sarebbe se gli stessi dati non mostrassero una possibile primavera: 8 persone su 10 in Italia vogliono figli, ma non riescono a tradurre in pratica il progetto. Non manca desiderio di generare ma le condizioni, soprattutto per le donne ancora prive di libertà di scelta. Save the children nel rapporto 2024 sulla maternità in Italia le chiama infatti “le equilibriste” per la fatica o l’impossibilità di conciliare desideri e realtà....

La riflessione di Alessandro D'Avenia continua a questo link:

https://www.profduepuntozero.it/2024/05/14/ultimo-banco-201-la-via-del-tramonto/





Povertà. Openpolis: a rischio 4 minori su 10 con madre sola

Sono i nuclei monogenitoriali, in oltre 8 casi su 10 composti dalla madre sola con figli a carico, i più esposti alla povertà; 4 minori su 10 con madre sola sono a rischio esclusione economica, educativa e sociale


Ad accendere i riflettori sul fenomeno è Openpolis in un focus pubblicato il 7 maggio. Si tratta di situazioni familiari in cui sono presenti segnali di fragilità cha vanno dalla difficoltà di assicurare pasti sani al non poter sostituire gli indumenti, dal non riscaldare adeguatamente la casa all’impossibilità di acquistare giochi oppure permettersi libri o attività di svago. Una povertà che diventa anche “educativa”, accompagnandosi spesso a bassi livelli di istruzione, in crescita rispetto alla sostanziale stabilità degli altri nuclei familiari. Una tendenza non nuova, ma rafforzatasi nella pandemia.

Nel biennio 2021-22 i nuclei composti da un genitore solo con figli – oltre 2,8 milioni – rappresentano circa l’11% delle famiglie...

Il reportage di Giovanna Pasqualin Traversa continua a questo link:

https://www.agensir.it/italia/2024/05/14/poverta-openpolis-a-rischio-4-minori-su-10-con-madre-sola/?utm_source=mailpoet&utm_medium=email&utm_campaign=la-newsletter-di-agensir-it_2

“Beati gli operatori di pace”: un vangelo dimenticato?

Il dossier di Orientamenti Pastorali 3/2024 è dedicato a un tema quanto mai attuale e urgente: l’educazione alla pace. «Educare alla pace non significa solo fornire strategie da poter utilizzare contro la violenza, di qualunque tipo essa sia, ma significa anche agire per una “prevenzione della guerra”».


In quest’ottica essa «si pone come processo di acquisizione di valori e comportamenti di pace verso sé stessi, gli altri e l’ambiente in cui si vive». La rivista Orientamenti Pastorali è espressione del «Centro di orientamento pastorale» (COP), associazione che contribuisce allo sviluppo della ricerca e dello studio pastorale nella Chiesa italiana, offrendo strumenti di aggiornamento e di formazione.

In questo tempo di crisi della politica e del suo principale riferimento – lo Stato nazione –, nuove fiammate belliche si sommano a vecchi scontri irrisolti. Il risultato è un susseguirsi di crisi a intensità variabile che si consumano in gran parte nel Sud del mondo e, per questo, a differenza per esempio dell’Ucraina, a distanza incommensurabile dalla ribalta mediatica.

Il «Conflict data program» della prestigiosa Università svedese di Uppsala ne ha censito 169 nel 2020, l’ultimo anno per cui i dati sono disponibili, per un totale di oltre 81.447 vittime. Un nuovo record, dopo cinque anni di relativo calo. E da allora lo scenario è ulteriormente peggiorato.

La riflessione proposta dal Centro di Orientamento Pastorale continua a questo link:

https://www.settimananews.it/pastorale/beati-gli-operatori-pace-un-vangelo-dimenticato/

Istat: aumentano le persone in condizioni di “grave deprivazione materiale e sociale”

Diminuiscono le persone a rischio povertà in base al reddito, ma aumentano quelle che stanno peggio poiché si trovano in condizioni di “grave deprivazione materiale e sociale”. I dati diffusi dall’Istat dicono che nel 2023 il 18,9% delle persone residenti in Italia risulta a rischio di povertà avendo avuto, nell’anno precedente l’indagine, un reddito netto inferiore al 60% di quello mediano (11.891 euro). In valori assoluti si tratta di oltre 11 milioni di individui.


Al calo dell’incidenza di persone a rischio di povertà rispetto all’anno precedente (quando la quota era del 20,1%) ha contribuito – spiega l’Istituto nazionale di statistica – “l’insieme delle misure di sostegno alle famiglie, quali l’Assegno unico universale per i figli, i bonus una tantum per contrastare l’aumento nei costi dell’energia e le modifiche intervenute nella tassazione”. Per quanto riguarda l’Assegno unico, l’Istat rileva però che a fronte di un impatto generale positivo quasi il 10% delle famiglie (il 9,6%, per la precisione) nel 2022 ha subito una perdita economica nel passaggio dai vecchi assegni familiari alla nuova misura di sostegno, il 5,1% non ha avuto variazioni sostanziali, mentre l’85,3% ha registrato un aumento medio mensile di 170 euro.
Nello stesso tempo il 4,7% della popolazione (circa 2 milioni e 788mila individui) si trova in condizioni di grave deprivazione materiale e sociale con aumento rispetto al 4,5% del 2022, in particolare al Centro, al Sud e nelle Isole....

L'analisi dei dati Istat a cura di Stefano De Martis continua a questo link

Il Foglietto “La Resurrezione” di Domenica 2 giugno



Mc 14,12-16.22-26 B - Corpus Domini

Per non far diventare le parole della Consacrazione un rito magico e necessario comprendere lo spessore di due parole: "Alleanza" e "Memoriale" e l'invito di Gesù "Fate questo in memoria di me" che, parafrasato, significa: Fate della vostra vita quello che io ho fatto della mia, pane spezzato, vino condiviso

 

Questa seconda festa posta alla ripresa di un cammino dopo il periodo pasquale, desidera consegnare nelle nostre mani il nocciolo della nostra fede come una bisaccia dalla quale attingere nel nostro andare personale e comunitario.

Si è talmente abituati alle parole centrali della preghiera eucaristica che ci si sorvola sopra dandole per scontate, quasi non le si ascolta più, le si sentono solamente. Nel vecchio rito preconciliare, per richiamare l’attenzione dei presenti impegnati nelle loro pratiche di pietà, veniva suonata una campanella all’inizio e alla fine di ogni parte della “consacrazione” per avvisare che bisognava lasciare quello che si stava facendo e concentrarsi su quanto avveniva sull’altare che si intuiva solamente dall’inchinarsi del prete a pronunciare sottovoce delle parole latine, dall’alzare il pane e il calice appena consacrati perché tutti potessero vederli e dalle ripetute rituali genuflessioni.

Oggi invece il rito coinvolge i presenti ed è l’Assemblea che celebra l’Eucaristia presieduta dal prete, ma l’impressione è che ancora non ce ne sia piena coscienza. Si dovrebbe avere la pazienza di far comprendere come ogni parola ha un suo preciso significato non solo simbolico ma reale.

Iniziamo soffermandoci sulla parola “Alleanza”. Gesù offrendo il calice con il vino dice: “Questo è il mio sangue dell’Alleanza che è versato per le moltitudini” e non “molti”: il termine greco rinvia a una moltitudine inclusiva senza distinzioni e senza discriminazioni. Questo viene sottolineato anche da due termini che non sono banalmente sinonimi: Gesù benedice il pane (verbo prettamente ebraico) e rende grazie sul vino (tipico termine del paganesimo); vale a dire che l’Eucaristia non divide, ma unisce tra di loro realtà completamente diverse. Il sangue nell’antropologia biblica significa la vita, quella di Gesù, il parteciparvi esprime l’accettare di entrarvi in relazione condividendola fino in fondo. L’Alleanza non è allora un rito o un simbolo, ma l’instaurarsi di una relazione intima tra coloro che vi partecipano attraverso quella con il Signore.

Gesù lo aveva anticipato: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui” (Gv 6, 56) e S. Paolo scrive: “Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all'unico pane” (1 Cor 10, 17).

Nella liturgia eucaristica di alcune Comunità, in riferimento a questo versetto, viene declamato dall’Assemblea: “Come molti erano i chicchi di grano sparsi nei campi ora formano quest’unico pane, così noi diventiamo un solo corpo partecipando al pane unico”.

Non ce ne rendiamo conto ma anche nel nostro linguaggio comune quando diciamo che “si è andati a fare la Comunione” si intende che partecipandovi diventiamo una cosa sola con Cristo e, in Lui, con tutti i partecipanti a quell’Assemblea. Questo significa quell’Alleanza e ora si dovrebbe comprendere perché una volta si diceva che non andando a Messa la Domenica, si faceva “peccato mortale” cioè ci si trovava fuori, ci si autoescludeva da quell’Alleanza che ci rende Comunità cristiana. Il perché dovrebbe ora saltare agli occhi: non la si era rinnovata e il suo ritmo settimanale affonda le radici nel Sabato ebraico dedicato a Dio che, per noi, è diventato “il primo giorno della settimana”. 

Non è diverso nelle Comunità Ebraiche dove la “memoria” (altro termine che il prete pronuncia al termine della Consacrazione”: “Celebrando il memoriale della morte e risurrezione…”) dell’Alleanza celebrata sul Sinài che li ha resi il Popolo del Signore, non è un semplice banale “ricordo” ma il renderla attuale rinnovandola. Gesù l’assume risignificandola, nel senso che l’arricchisce, non annullandola perché significherebbe rinunciare a quel passaggio dalla schiavitù al servizio che è opera del Padre per Israele e, attraverso quest’ultimo, per l’intera creazione. Vale a dire da una esistenza sotto il segno del peccato (il mondo “vecchio”) a una esistenza rinnovata dallo Spirito (il mondo “nuovo”, il Regno di Dio).

Gli ebrei alla vigilia della Pasqua, seguendo le indicazioni del Deuteronomio (16,4) eliminano ogni traccia di lievito dalle loro case che simboleggia tutto ciò che è male, che è schiavitù e San Paolo ci invita con forza: “Togliete da voi il lievito vecchio per essere pasta nuova, perché come cristiani siete azzimi, siete puri” (1Cor 5,7-8).

Un’ultima importante sottolineatura. L’istituzione dell’Eucaristia in Luca e in Paolo viene conclusa con un normalmente trascurato “Fate questo in memoria di me” che, parafrasando, può essere tradotto così: “Fate della vostra vita quello che io ho fatto della mia, pane spezzato, vino condiviso”. Se non si comprende questo tutte le parole precedenti corrono il pericolo di diventare una formula “magica” incomprensibile.

(BiGio)

La festa del Corpus Domini. Una rilettura della Bolla di indizione, porta a sorprese e aiuta a comprendere questa festa

La festa che cade il giovedì successivo alla Ottava di Pentecoste, e che l’anno liturgico può spostare alla domenica seguente, è stata istituita nell’agosto del 1264, da papa Urbano IV, con la Bolla Transiturus de hoc mundo. 


Come riconosce Ubaldo Cortoni, nel sul testo di Storia dei sacramenti nel medioevo, questo è uno degli 8 eventi fondamentali che ha inciso sulla teologia medievale dell’eucaristia. Si tratta, come documenta lo storico, della estensione a livello universale di un fenomeno che era sorto da alcuni decenni a Liegi. Ma il testo della Bolla riserva molte sorprese e riletto 760 anni dopo, può aiutarci a comprendere il modo singolare con cui questa festa è entrata nel corpo e nel cuore della Chiesa cattolica lungo i secoli e il nostro compito di rileggerne a fondo la natura.

La rilettura della Bolla di Andrea Grillo è a questo link:

Bin Salman porta il nuovo Medio Oriente a Teheran

l viaggio a Teheran annunciato da bin Salman è importante per le dinamiche di un nuovo Medio Oriente che cerca di gestire, dall’interno, complicati equilibri (che riguardano anche le relazioni esterne con le potenze internazionali)

Il nuovo Medio Oriente si muove lungo l’asse che lo ha plasmato, Iran-Arabia Saudita: l’erede al trono di Riad, Mohammed bin Salman, visiterà l’Iran — e la notizia è molto al di fuori dell’ordinario. Non ci sono ancora date e tanto meno programmi esatti, ma dovrebbe non passare ulteriore tempo. Già nell’agosto dello scorso anno, Hossein Amir-Abdollahian — ministro degli Esteri iraniano morto nell’incidente del 19 maggio — aveva in effetti annunciato che bin Salman era prossimo alla visita: ma ancora non c’è stata. Il viaggio a Teheran di bin Salman segnerà un progresso definitivo nei rapporti tra ...

L'analisi di Emanuele Rossi continua a questo link:

https://formiche.net/2024/05/bin-salman-porta-il-nuovo-medio-oriente-a-teheran/#content