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Una Comunità che, insieme, da nome alla quarta pietra da rotolare: la pietra della Solitudine

 La solitudine crea un disagio e che porta ad essere disorientati. Tutto questo genera insicurezza che può portare alla presunzione.


 

Questi sono stati i messaggi giunti dando "nome" alla quarta Pietra da rotolare che hanno guidato la liturgia della Quarta Domenica di Avvento e che possiamo far diventare preghiera durante la settimana

 

 

1.   PRESUNZIONE!!! Appena sentita la parola sono un po' sobbalzata, sì perché io, a volte, ce l'ho. È una zavorra che fai fatica a lasciar andare e io prego ogni sera il Signore che mi aiuti a liberarmene. Mai come in questo anno mi sono accorta di come siamo vulnerabili, pensiamo di avere sempre tutte le soluzioni e poi......arriva una pandemia e ci mette tutti sulla stessa barca. Allora chiedo al Signore l'UMILTA', il saper riconoscere quanto sono piccola e indifesa; restare uniti nella preghiera e fare comunità penso ci renda forti e pronti ad affrontare questa onda enorme che ci ha travolto. Insieme ce la possiamo fare buttando a mare la zavorra inutile.

 

2.   A volte ho la presunzione di vedere gli errori degli altri e non sempre riesco vedere i miei.

 

3.    Viviamo in un mondo che si basa sempre più sull’idea della competizione, del farsi largo a gomitate; sentiamo che dobbiamo assolutamente fare qualcosa, inventarci qualcosa per spiccare, emergere, fare vedere a tutti chi siamo e quanto valiamo, viviamo nell’ansia, abbiamo paura: è a questo punto che diventiamo presuntuosi.

4.   Nell’essere presuntuosi spesso si diventa arroganti e a un certo punto si scopre che quello che si esprime viene sopportato, se non rifiutato a priori. Così, se sei saccente, non riesci a comunicare nulla di quello che sai e finisci per non essere di aiuto a nessuno. Poi non sai e non riesci nemmeno ascoltare gli altri perché sei supponente, pensi si sapere già quello che vogliono dire. Così perdi la possibilità di arricchirti della loro esperienza e delle loro conoscenze. Questa, almeno, è la mia esperienza. 

5.     In questi tempi in cui si parla molto di autostima ma raramente si fa presente che è necessario vigilare perché non diventi presunzione e sfoci nell’arroganza. Autostima e arroganza sono due cose molto diverse. Autostima è conoscere il proprio valore come persona; arroganza credere che il proprio valore venga dal fatto di essere migliori di altri.

6.  La presunzione mi fa pensare di essere migliore di altri, mi porta ad ignorare o nascondere le mie imperfezioni e difetti, e mi autorizza subdolamente a trattare gli altri come inferiori, dal momento che io mi sento superiore. Non riesco a pensarmi uguale agli altri e vivo ogni rapporto come se fossero duelli di cappa e spada dove io sono Dartagnan o uno degli altri moschettieri. In sostanza mi porgo verso gli altri come fossero avversari (se non nemici). Devo corrispondere all’immagine idealizzata che ho di me, quindi non sono libero di essere autentico e devo trovare le prove che sono io il migliore, quindi enfatizzo tutte le pecche dell’altro. In questa competizione continua perdo il piacere di stare insieme nella gratuità e non riesco più a condividere nulla.

7.   È certamente importante avere coscienza di essere una persona che ha pregi ma anche limiti come tutte quelle che ho attorno. Questo mi permette di fidarmi degli altri e i rapporti che ho con tutti non è limitato e finalizzato a quello che voglio ottenere per avere la conferma di essere il migliore. Ma riuscirci non è stato semplice, non è stato facile vincere la mia presunzione, convincermi che ciascuno di noi è “speciale” ma nessuno è più “speciale” degli altri.

8.     Per anni ho avuto come punto di riferimento me stesso, con gli altri giocavo di rimando, anche con il Signore. Presumevo di poter dare lezioni in base a quanto avevo imparato, e continuavo a leggere con sempre più ingordigia. Volevo poter sempre dire qualcosa di più degli altri. Passando il tempo ho scoperto che in ogni caso non avrei potuto sapere tutto, conoscere tutto e ho visto quanto presuntuoso fossi. Allora, ho capito l’importanza di due detti della sapienza ebraica e, con fatico, ho imparato anch’io a “far dire alla mia bocca: questo non lo so”, a ridimensionare, relativizzare quanto affermavo premettendo un “se questo si può dire”. Ora sono più sereno nei rapporti con gli altri e ho scoperto quanto questo sia e possa essere costruttivo.

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