Quest’anno si userà la “terza forma” prevista in caso di gravi calamità, con l’assoluzione generale.
Il Patriarca, in questo grave momento di pericolo di contagio per i fedeli e i preti, ha chiesto alla Santa Sede di poter celebrare nelle parrocchie la “Modalità prevista nelle calamità naturali, con l’Assoluzione generale senza il momento del dialogo a tu per tu col sacerdote che avrebbe rappresentato un evidente rischio di contagio.
Per chi desidera questa modalità di preghiera penitenziale è invitato in chiesa lunedì alle ore 18.30.
Sarà l’occasione per chiedersi: al di là del formalismo la cosa decisiva è la nostra “penitenza” riconoscendo le ferite di questo tempo – ferite lavorative, ferite relazionali, ferite spaziali, ferite temporali, ferite festive, ferite spirituali – per poterne davvero uscirne migliori.
Se il sacramento annuncia il perdono, esso non serve anzitutto per “non imputare le colpe”, ma per dare senso alle necessarie fatiche. Il senso del Sacramento della Confessione dovrebbe sempre essere riconoscere i doni di Dio, le nostre infedeltà, le gioie e i dolori che oggi accompagnano la vita di gran parte degli uomini e delle donne in questo tempo di pandemia.
La Chiesa prevede che il cristiano che riceve l’assoluzione in questa forma comunitaria debba poi successivamente accostarsi al Sacramento per riceverne tutta la ricchezza. Ancora unvolta non per la formalità del rito ma per la voglia di cambiare sé stessi e il mondo secondo il progetto di Dio.
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