«Gli Stati non-nucleari si alleino: facciano sentire la loro voce»
«Oggi inizia una nuova era, in cui gli sforzi per il disarmo si accelereranno. Si fa strada la convinzione che il solo modo per azzerare il rischio di un loro utilizzo, sia l’eliminazione delle armi nucleari». Il cardinale Silvano Maria Tomasi, scalabriniano, membro del dicastero del Servizio per lo sviluppo umano integrale, ha alle spalle una lunga carriera diplomatica, culminata nella carica di osservatore permanente all’Onu di Ginevra. Il disarmo è stato sempre fra le sue priorità. Non per convinzione ideologica bensì per una questione di sicurezza.
Un mondo senza atomica «è un imperativo morale della nostra epoca, che diventa ogni giorno più insicura», afferma. Proprio questo – alla luce anche dell’elevato costo degli arsenali atomici e della mancata realizzazione di passi avanti nel loro smantellamento –, ha spinto la Chiesa ad evolvere la sua posizione negli ultimi anni. È stato il cardinale Tomasi, nel dicembre 2014, a portare alla Conferenza di Vienna il messaggio in cui papa Francesco “archiviava” la dottrina della deterrenza. Fino a definire eticamente inaccettabile non solo l’utilizzo ma anche il possesso delle armi nucleari.
Quali cambiamenti pratici potrà produrre il bando Onu all’atomica data la mancata adesione delle potenze nucleari?
La sua entrata in vigore è un risultato storico: la comunità internazionale afferma che le armi nucleari sono immorali e illegali. Un consenso destinato ad ampliarsi anche per il forte sostegno dell’opinione pubblica internazionale al bando. Per di più, gli Stati non detentori di armi nucleari possono ora utilizzare la leva legale, così come la pressione finanziaria per promuovere l’obiettivo di un mondo libero dagli arsenali atomici. Non ci si illude che le dichiarazioni morali da sole portino al disarmo, ma il cambiamento delle norme, si spera, promuoverà l’avvio di negoziati a quest’effetto.
Papa Francesco ha anche rilanciato l’idea di Paolo VI di un Fondo internazionale con i soldi spe- si per gli armamenti. Un’utopia?
L’aumento degli investimenti in armi nasce da un sentimento di insicurezza ma una società non è sicura se non vengono soddisfatte le necessità essenziali delle persone, come il Covid ci sta drammaticamente dimostrando. L’istituzione del Fondo ridurrebbe il rischio di conflitti, faciliterebbe l’eliminazione degli arsenali nucleari, riallocherebbe i fondi per la realizzazione dell’Agenda Onu 2030. Gli intensi negoziati per un’iniziativa di queste dimensioni, inoltre, aumenterebbero la fiducia e la cooperazione internazionale. La pandemia che devasta il mondo potrebbe fungere da catalizzatore verso questo ambizioso obiettivo. Diminuire i fondi per la corsa agli armamenti per dedicarli alla ripresa economica è una scelta strategica per quegli Stati che vogliono mantenere la loro preminenza all’interno del sistema mondiale.
L’insediamento di Joe Biden alla Casa Bianca potrà produrre cambiamenti nella politica nucleare Usa?
L’approccio muscolare e divisivo dell’Amministrazione Trump ha inferto colpi decisivi alle relazioni diplomatiche multilaterali. Queste vanno oltre il tema del disarmo nucleare ma, probabilmente, in nessun altro campo sono così necessarie. Penso alla dismissione del Trattato dei missili nucleari a raggio intermedio, che ha rappresentato una pietra angolare nell’architettura di sicurezza europea. Il presidente Biden ha mostrato la volontà di tornare a una strategia di cooperazione, con l’intento di estendere il Nuovo Start anche se avrà solo 16 giorni per negoziare. Sul piano degli accordi regionali, anche questi compromessi dall’Amministrazione Trump, Biden potrebbe aderire nuovamente all’accordo sul nucleare iraniano. E avviare, come annunciato una campagna concertata e strategica – con i suoi alleati e non, compresa la Cina – a favore di una Corea del Nord denuclearizzata.
Oltre alle potenze nucleari, molti Stati, Italia compresa, non hanno ratificato il trattato. Che ruolo possono avere nella costruzione di un mondo senza atomica?
Per evitare la continua egemonia dei pochi Stati dotati di armi nucleari all’interno dell’ordine mondiale, è giunto il momento che gli Stati non possessori si uniscano per chiedere il disarmo atomico. L’imminente Conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione di agosto offre loro una preziosa opportunità per far sentire la loro voce
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