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Per il momento da Venerdì 30 maggio 2025 questo Blog sarà implementato solo con notizie ecclesiali della Parrocchia.  I Post con la proposta...

Oujda (Marocco), città crocevia di chi fa sosta per poi tentare la traversata verso l’Europa

Oujda è una città del Marocco al confine con l’Algeria, è la prima che trovi quando attraversi il confine ed è qui dove giungono le tantissime persone migranti che ogni notte rischiano la vita oltrepassandolo. 


È un crocevia di chi fa sosta per poi tentare la traversata via mare o via terra verso l’Europa ma anche di chi attende, riflette e alcune volte (pochissime volte) decide di rientrare nel proprio Paese. Accerchiata dai moltissimi minareti, c’è la parrocchia di San Luigi, dove operano i missionari della Consolata proprio nell’accoglienza dei migranti che ogni notte transitano, si fermano qualche giorno o qualche settimana per riprendere energie, per mangiare e bere e poi proseguire il loro viaggio....

Il servizio di Alex Zappalà continua a questo link:

Le chiese e l’unità difficile

Non siamo però in tempi ecumenici. Ovunque si è raffreddato l’entusiasmo per l’unità dei cristiani, forte nella seconda metà del Novecento e dopo il Vaticano II. Il dialogo teologico ha fatto seri passi in avanti, ma è ancora parziale. Ci sono problemi teologici, ma soprattutto di storia e mentalità. Il patriarca ortodosso di Costantinopoli, Athenagoras, morto nel 1972, che tanto operò per l’ecumenismo, colse l’incipiente processo di unificazione del mondo: invitò i leader cristiani a non arrivare divisi a quell’appuntamento.


Nazionalismi, etnicismi, diverse culture pesano sulle Chiese. Le opinioni pubbliche cristiane, ieri sensibili all’ecumenismo, ora lo sono poco. Di fronte al rischio di conflitti e frammentazioni, la coincidenza — grazie al calendario — della data di Pasqua nel 2025 tra Oriente e Occidente appare un’occasione da non perdere. Certo siamo lontani da quel 1978, in cui il metropolita russo Nikodim, gran tessitore di rapporti con i papi, diceva al giovane Kyrill di fronte alla basilica di San Pietro: «Nel 2000 con loro saremo uniti!». Di fronte alle guerre aperte e al rischio di guerre più larghe, le Chiese non dovrebbero, per loro missione, richiamare all’unità? Il Vaticano II ne aveva spiegato la

missione, riprendendo l’antica visione della Chiesa, «sacramento di unità del genere umano». Ma le priorità di varie Chiese oggi sono altre.

L'intera riflessione di Andrea Riccardi è a questo link:

https://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt202405/240506riccardi.pdf



“Sposi e preti insieme nell’annuncio e nel servizio. Ma anche nell’ascolto del grido delle persone”

Conclusa ad Altavilla Milicia (Palermo) la Settimana di studi sulla spiritualità coniugale e familiare (25- 28 aprile). Il punto con il direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia della Cei che ha promosso l’iniziativa. "Il lessico familiare diventi stile di relazioni ecclesiali” il suo auspicio. E poi l'invito ad "entrare nelle storie degli altri non con la logica del giudizio, bensì con quella dell’ascolto del grido o della domanda che c’è dietro”


“Di fronte all’altro. Sposi e presbiteri, insieme discepoli missionari” è stato il tema della XXV edizione della Settimana nazionale di studi sulla spiritualità coniugale e familiare che si è svolta dal 25 al 28 aprile ad Altavilla Milicia (Palermo) per iniziativa dell’Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia della Cei. Un appuntamento ricco di interventi, provocazioni e spunti di riflessione. Con il responsabile dell’Ufficio, p. Marco Vianelli, stiliamo un bilancio a caldo dell’iniziativa, tra sfide e prospettive di lavoro.

L'intera intervista a cura di Giovanna Paqualin Traversa è a questo link:




Inclusione e dignità passano dal lavoro

A Nico Acampora, fondatore di PizzAut, la prima e unica catena di ristoranti gestita interamente da ragazzi autistici, sarà assegnato il Premio Guido Carli all’Impegno sociale e all’Inclusione attraverso il lavoro. La presidente Romana Liuzzo racconta perché.


Secondo l’ultima fotografia scattata nel 2023 dal ministero del Lavoro, i lavoratori con disabilità impiegati complessivamente in Italia sono 264.651 (il 66% nel settore privato) e rappresentano soltanto un terzo dei disabili iscritti ai servizi provinciali per il collocamento mirato, ossia di coloro che aspirano a un contratto.

E così a meno di due settimane dall’edizione straordinaria per i 15 anni dell’evento della Fondazione Guido Carli in programma il 10 maggio all’Auditorium Parco della Musica a Roma che sarà inaugurata  dai ministri Piantedosi e Fitto, la Fondazione presieduta da Romana Liuzzo chiede una svolta che passi anche dall’istituzione di una banca dati nazionale per un monitoraggio affidabile: accelerare sulla strada dell’inclusione e della dignità attraverso il lavoro. Con l’obiettivo di migliorare radicalmente il quadro attuale.

L'intera presentazione a cura di Silvia Bosco continua a questo link:

La Georgia torna ad infiammarsi: un paese spaccato in due

Mons. Pasotto (Tbilisi), “no alle provocazioni, non è il momento dello scontro ma dell’unità”


Torna a infiammarsi la piazza a Tbilisi contro la riproposizione in Parlamento della legge sulle 'influenze straniere', conosciuta anche come legge sugli agenti stranieri, voluta dal partito di governo "Sogno Georgiano", che è accusato dagli oppositori di voler riavvicinare il Paese alla Russia facendo passare una normativa sul modello di quella in vigore a Mosca che ha permesso di mettere a tacere molte voci critiche. Mons. Giuseppe Pasotto, amministratore apostolico del Caucaso dei Latini: “Dovrebbe essere il tempo dell'unità, di compiere dei passi tutti insieme e invece è un momento difficile e di divisione. Oggi, guardando le immagini della piazza in tv, ho pregato che non succedesse nulla”.

Il reportage a cura di M. Chiara Biagioni continua a questo link:

Venezia, laguna invasa dalla "noce di mare" prima che dal granchio blu

E' stata pubblicata sulla rivista internazionale "Hydrobiologia", la ricerca di un team dell’Università di Padova che ha documentato la massiccia presenza nell'area lagunare del Mnemiopsis leidyi. Ha provocato la perdita del 40% del pescato


La Laguna di Venezia è un ambiente in forte cambiamento.

Uno studio del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova, in collaborazione con altri prestigiosi Istituti di ricerca internazionali, ha documentato la recente massiccia invasione nella Laguna di Venezia da parte di Mnemiopsis leidyi, una specie nota come noce di mare.

È una quasi invisibile ma vorace predatrice esplosa a partire dal 2014 ha enorme impatto negativo di questa specie sulla piccola pesca tradizionale lagunare svolta coi cogolli. Nonostante la noce di mare sia gelatinosa, quindi praticamente invisibile, è una vorace predatrice di plancton e di larve di specie pregiate per la pesca e ha già diminuito del 40% il pescato lagunare prima dell’arrivo del granchio blu …



L'intero articolo a questo link:

Pace: la pienezza della vita

Gesù aveva dei nemici, ma Lui non era nemico di nessuno.

La pace è dono di Dio, quindi un dono da chiedere insistentemente al Signore nella preghiera, ma al contempo è opera dell’uomo. È dono messianico ed opera umana.Purtroppo, l’umanità di oggi vive grandi divisioni e forti conflitti che gettano ombre cupe sul suo futuro. Vaste aree del nostro pianeta sono coinvolte in guerre e tensioni crescenti, mentre il pericolo che i conflitti si allarghino sempre di più genera non poche apprensioni nell’animo umano.
Ma non possiamo permettere che ...

La riflessione di Cristiana Scadura continua a questo link:


Sull'acqua, la città e la vita nuova

Domenica 5 maggio la Comunità della Risurrezione durante l'Eucaristia domenicaha ospitato il Battesimo di Nina

"Storie diverse, vite diverse, acqua diversa. So che potrà sembrarti strano, Nina, ma è tutta questa diversità che ci rende tutti uguali"


Chiara e Simone, mamma e papà di Nina, per lei hanno scritto questa riflessione:

Noi veniamo dalla Giudecca, isola nell'isola e per noi l'acqua è un elemento imprescindibile della nostra quotidianità.

L’acqua è l’elemento che tiene insieme questa città, che ha permesso di fatto intrecci, scambi, contaminazioni che l’hanno generata e rigenerata.

Poi alzo lo sguardo, vedo i miei familiari, che arrivano dalla Romagna; vedo amici, che vivono a Venezia da prima di noi e capisco che l'acqua può anche essere associata alla paura, soprattutto quando invade i territori che non sono suoi.

Guardo questa comunità, e immagino volti che mi sono meno familiari, di cui posso solo immaginare le storie. In alcune di queste storie, l'acqua ha un colore preciso. Il colore dell'abisso, il blu più scuro che possiamo immaginare.

Se penso all'acqua, penso alla vita, ma capisco che qualcuno di voi pensi, o abbia pensato all'esatto opposto. Al confine più netto che possa esistere. Un mare da attraversare.

Forse è sempre l'uomo a rendere l’acqua spaventosa, quando non cura gli argini dei fiumi, quando fa innalzare il livello del mare, quando non pulisce i letti dei canali, quando viene imposto a qualcuno che vuole rivendicare dei diritti, di rischiare la vita in viaggio perché nato nella parte sbagliata del mondo. Perché qualcun altro ha deciso che gli ultimi non ci devono stare con i primi.

Abbiamo scelto di battezzare Nina oggi qui perché in questa comunità i confini non esistono, qui si accolgono persone che sono sopravvissute al mare...si accolgono i passeggeri di ultima classe. Qui l'acqua non fa paura.

Allora abbiamo chiesto ai nonni di portare delle piccole bottiglie da casa e di versarle qui nel fonte battesimale.

Si nasce dopo nove mesi immersi nell'acqua, e adesso si rinasce con quella portata dai nonni, a rappresentare le loro storie, le loro vite, ma soprattutto le tue radici, Nina, radici diffuse.

Tutta questa vita è nell’acqua che Dio ha scelto per ricordarci “l’inizio della vita nuova”, passaggio dal diluvio alla “sorgente del Battesimo, dove per opera dello Spirito Santo l’uomo e la donna, fatti a immagine di Dio siano lavati da ogni male e rinascano in Cristo come nuove creature”.

Storie diverse, vite diverse, acqua diversa. So che potrà sembrarti strano, Nina, ma è tutta questa diversità che ci rende tutti uguali.

D'altronde, la più bella descrizione della vita passa per l'acqua: non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume.


e poi si è pregato il Signore così:

Per Nina, e per tutti i bambini, affinché ognuno di loro abbia ancora il diritto di sognare e i loro sogni possano dare forma a un mondo migliore; per questo ti preghiamo

Per la famiglia di Nina, per tutte le famiglie, affinché possano sostenere i sogni dei loro bambini e guardare il mondo con il loro stupore; per questo ti preghiamo

Per l'ambiente, la culla in cui viviamo, preghiamo perché il vento possa soffiare ancora, sussurrare canzoni tra le foglie, baciare i fiori e accarezzare i fianchi delle montagne; per questo ti preghiamo

Per la pace, perché gli uomini possano darle una concreta possibilità di realizzazione, e iniziare a scrivere una nuova storia; per questo ti preghiamo


La guerra dimenticata in Sudan

Nel panorama geopolitico attuale, dominato da molteplici conflitti su scala globale, si staglia una netta distinzione tra quelli che catturano l'attenzione dei media e quelli che sprofondano nell'oblio, relegati al rango di "guerre di serie B". Ucraina e Medio Oriente monopolizzano le cronache di giornali e telegiornali da mesi, mentre scivolano nell'oblio violenze efferate che dilaniano da 13 anni la Siria e da un anno esatto il Sudan


Le vittime innocenti, le devastazioni, la povertà, a prescindere dal teatro di guerra, restano tali. Per questo Caritas italiana intende sensibilizzare su questi conflitti dimenticati. “La crisi in Sudan a un anno dall’inizio del conflitto” il tema del webinar svoltosi IL 16 aprile, promosso dall’organismo pastorale nazionale per la promozione della carità, per fare il punto su “una delle catastrofi umanitarie più rilevanti del pianeta”, ha detto Fabrizio Cavalletti, responsabile dell’Ufficio Africa di Caritas italiana. In dodici mesi di guerra ha ricordato che sono oltre 8 milioni gli sfollati interni, 2 milioni quelli diretti nei paesi confinanti, molti dei quali già piegati da crisi pregresse, e migliaia le vittime accertate. “L’opinione pubblica spesso fatica ad arrivare a conoscere certe realtà e fatica anche a funzionare da attori di pressione dal basso verso governi anche europei”. È quindi necessario “uno sforzo di attenzione, di sensibilità, uno sforzo anche politico e diplomatico che per il momento è nettamente al di sotto di quello che la situazione richiede” ha aggiunto Federico Mazzarella, operatore di Caritas italiana. Bruna Sironi, giornalista di Nigrizia esperta di Sudan e Corno d’Africa, ha fatto il punto sul conflitto che ha trasformato il Sudan in un Paese ...

L'articolo di Roberta Punto continua a questo link:

https://www.agensir.it/mondo/2024/04/16/la-guerra-dimenticata-in-sudan/?utm_source=mailpoet&utm_medium=email&utm_campaign=la-newsletter-di-agensir-it_2


Pizzaballa sulla guerra Israele - Hamas: «I rapporti tra le tre religioni spazzati via dalla sfiducia. Ma se affondiamo, affondiamo insieme»

Il cardinale, patriarca di Gerusalemme: «In Terra Santa è una tragedia senza precedenti». La pace, come la riflessione necessaria sul perdono, richiederà «tempi lunghi»


«Nessuno è un’isola: quando si distrugge il volto dell’altro, si dissolve anche il nostro, specialmente nell’era di interconnessione globale in cui viviamo. Se affondiamo, affonderemo insieme, nella stessa barca». È una riflessione destinata a restare, quella che il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme, ha pronunciato giovedì all’università Lateranense, proprio mentre in Vaticano Papa Francesco riceveva in udienza privata Re Abdallah II di Giordania. Una lunga lectio su «caratteri e criteri per una pastorale della pace» che dice tutta la drammaticità della situazione: «Quanto sta avvenendo in Terra Santa è una tragedia senza precedenti. Oltre alla gravità del contesto militare e politico, sempre più deteriorato, si sta deteriorando anche il contesto religioso e sociale. Il solco di divisione tra comunità, i pochi ma importanti contesti di convivenza interreligiosa e civile si stanno poco alla volta disgregando, con un atteggiamento di sfiducia che invece cresce ogni giorno di più. Un panorama desolante»....

La cronaca dell'intervento di Pizzaballa a cura di Gian Luigi Vecchi è a questo link:



Il Foglietto "La Resurrezione" di Domenica 5 maggio

 


VI Domenica di Pasqua: Gv 15,9-17

In quest’ultima Domenica prima dell’Ascensione e della Pentecoste si fa sintesi attorno ad una parola facile da dire, difficile da vivere, frequentemente equivocata: “amore



Subito dopo Pasqua gli Evangeli ci hanno indicato come incontrare il Risorto, o meglio, in quale forma quali siano le realtà nelle quali lui si fa presente facendoci superare le incertezze, lo scoramento dopo la sua morte. Sono due: la comunità ecclesiale e l’umanità ferita dandoci come compito quello di “strappare” (=perdonare) tutti dal mondo vecchio basato sull’egoismo (=il peccato) per farli entrare nel Regno dove è al centro il bisogno dell’altro.

In seguito ci sono state offerte due immagini: quella del “Pastore bello” e quella della “vigna” per invitarci a cogliere le modalità con le quali Gesù ha vissuto e che ci “ha posto” davanti per continuare la sua opera, lasciando al Padre il compito di “purificare” progressivamente la nostra vita, tesa ad imitare il Figlio, “tranciando” le nostre imperfezioni perché i nostri frutti, come grappoli di uva, possano essere sempre più grandi. A noi è chiesto di portare sempre più amore nella realtà che viviamo.

 

In quest’ultima Domenica prima dell’Ascensione e della Pentecoste si fa sintesi attorno ad una parola facile da dire, difficile da vivere, frequentemente equivocata: “amore”. In genere la si colloca nell’ambito sentimentale e a identificarla con l’attrattiva che suscita in noi ciò che è bello: dalle persone all’arte, dagli hobby allo sport. In greco questo tipo di amore è definito come “eros” che può sconfinare nell’egoismo, nel servirsi esclusivamente dell’altro, ad accogliere solo ciò che dell’altro può arricchirci o soddisfarci senza dare nulla in cambio. Le cronache ne sono piene.

Nei discorsi dell’Ultima Cena “amore” ricorre ben 25 volte, nella pericope di oggi 4 e per 5 volte il verbo che ne deriva ma non è “eros”, bensì un termine greco praticamente mai usato nella grecità classica: “agapao” che, sostanzialmente, è quella linfa vitale che scorreva nella vite la settimana scorsa.

L’amore di cui ci parla Giovanni ha origine in Dio e da lui scende suscitando una dinamica relazionale nella quale ciascuna creatura è chiamata a lasciarsi coinvolgere divenendo a sua volta soggetto di amore. Non c’è spazio per nessun protagonismo personale: ci è richiesto ad essere solo dei conduttori, dei mediatori che trasmettono. Nessuno ha mai visto Dio ma questo si fa presente nel “frutto (al singolare!) dello Spirito che è agapao”: carità, amore (Gal 5,22).

Gesù dice “Come il Padre ha amato me …” e, attenzione, non continua dicendo “così io ho amato il Padre” bensì “così io ho amato voi” e a noi non chiede poi di amare allo stesso modo lui ma “amatevi gli uni gli altri”. Non viene indicata una reciprocità (sarebbe “eros”), un cerchio chiuso che finisce per mangiarsi la coda, ma chiede di aprirsi all’altro nella più assoluta gratuità. La stessa cosa la indica Matteo “Se amate quelli che vi amano, …” (5,46-47) e Luca “amate i vostri nemici e prestate senza sperare nulla” (6,35).

Gesù poi chiama i discepoli “amici e non servi” perché questi ultimi eseguono passivamente gli ordini avuti ricevendone un compenso: è a questo cui tende il loro operare. Gli amici invece sono quelli che conoscono e condividono gli obiettivi del Signore tanto da rimanere e dimorare in lui prestandogli le proprie mani operose. È una relazione che si esprime come dono si sé, nella condivisione della propria vita nella gioia per la crescita dell’altro, amico o meno.

Questo ci fa presente che la vita di fede non può esaurirsi in una appartenenza ecclesiale ripiegata in una pratica rituale o liturgica ma in un’attenzione concreta per gli altri e impegna a cercare, nutrire, far zampillare sempre nuova acqua fresca dalla relazione personale con il Signore; è quella linfa che ci mantiene vivi in lui come i tralci nella vite. Non ci viene proposto di avere atteggiamenti affettivi o intimistici, ma di prendere sul serio nella propria concreta esistenza l’imitare l’operare di Gesù fino ad aderirvi talmente da poter dire con Paolo: non sono più io che vivo ma è Cristo che vive in me (Gal 2,20). 

Chi mi ama anch'io lo amerò e verrò a lui e prenderò dimora in lui” (Gv 14,23): è così che, piano piano, siamo plasmati quali amici del Signore e l’amarlo è il portare a compimento la sua volontà d’amore per gli altri. È questo che significa quel “Voi siete miei amici se fate ciò che vi comando”, non c’è nulla che tenda a prevaricare la nostra libertà configurandosi come un ricatto.

Poi Gesù conclude “non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto”. Per portare frutto la comunità cristiana deve andare, la comunità dei seguaci di Gesù non deve attendere che le persone vengano, ma deve andare. Verso dove? Verso gli emarginati, verso gli invisibili, verso le persone disprezzate, “e il vostro frutto rimanga” sapendo che “tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome ve lo conceda”. Nel nome non significa la formula “per Cristo nostro Signore” ma l’avere la coscienza che nella cultura ebraica significa nella somiglianza, nell’identificarsi con Gesù, facendo come lui ha fatto. Non è forse con queste parole che termina ogni consacrazione eucaristica?

(BiGio)

Come io ho amato voi (Gv 15, 9-17)

In un mondo complesso e in rapido cambiamento, in cui ci sentiamo sempre più fragili e indifesi, la logica istintiva può essere quella di chiuderci in noi stessi, proteggendo le nostre vite e quelle dei nostri. Il cambiamento personale e comunitario può avvenire rompendo questa logica individualistica e aprendoci a un progetto di amore reciproco, che conduce alla vera realizzazione umana. Chi è stato amato, sarà capace di amare.


Gesù, durante l'ultima cena della sua vita, poche ore prima della sua passione e morte, dà le indicazioni affinché i suoi discepoli possano vivere nel mondo senza però appartenergli, mettendo in pratica l'originalità dell'insegnamento del Maestro.
Egli ama i suoi discepoli come il Padre ama lui. L'intimità tra il Padre e il Figlio si riflette nell'amore di Gesù per i suoi seguaci. Per questo l'invito: "Rimanete nel mio amore", come i tralci uniti alla vite, nutriti dalla stessa linfa.
Il modo per rimanere in lui e nel suo amore, è osservare concretamente i suoi comandamenti. Ed egli stesso dà l'esempio: adempie i comandamenti del Padre. Egli è venuto per liberarci dai legami del male e per insegnarci un cammino d'amore per diventare figli di Dio e fratelli tra noi, e questo gli costerà la vita, per la feroce ostilità dei suoi avversari. Così ha manifestato la sua fedeltà e il suo amore al Padre. Il discepolo farà lo stesso cammino, adempiendo il comandamento di Gesù: "Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore".
In precedenza, i due comandamenti che costituivano il riassunto di tutta la Legge e dei Profeti erano: "Amerai il Signore tuo Dio, con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza; e il tuo prossimo come te stesso".
Ora Gesù non chiede niente per Dio. Il comando di Gesù, l’essenza del suo progetto di nuova umanità, sarà l'amore reciproco tra tutti: "Amatevi gli uni gli altri". I discepoli dovranno realizzare un processo di conversione, liberarsi dall'istinto del potere che li ha portati a lottare per i primi posti, abbandonare le lotte e la competizione, centrati solo sul proprio interesse. "Amatevi gli uni gli altri": come impegno a cercare sempre il bene dell'altro, nel modo che i diversi momenti e bisogni richiedono. E la misura dell'amore del prossimo non è più "come te stesso", che era già una misura molto esigente, perché significava offrire agli altri la stessa cura con cui ci preoccupiamo della nostra integrità, del nostro benessere, della nostra vita e della nostra famiglia. La nuova misura è lui, è il suo amore per noi: "Come io ho amato voi". Ci chiede di essere come lui, amandoci come lui ci ha amati, con un amore gratuito, universale e totale, senza nessuna discriminazione. E lo esige con la forza di un comandamento: "Questo vi comando". Gesù, il figlio di Dio, continuerà a essere presente nel mondo attraverso tutti i discepoli che riprodurranno il suo amore.
Questa è la fonte della vera gioia, in Gesù e nei discepoli. Gesù aveva appena annunciato la sua morte imminente, ma parla ugualmente di gioia, quella che lui possedeva per la sua comunione con il Padre, perché faceva la sua volontà. A quella stessa gioia partecipa il discepolo che rimane in Gesù. Non è la gioia che deriva dall'avere di più, dall'ottenere potere e riconoscimento sociale, e dai successi nella vita. È la gioia che nasce dall'amore ricevuto e offerto, dalla piena realizzazione di una vita spesa nell'amore, riflesso di quella di Gesù.
Il rapporto di Gesù con i discepoli è quello dell'amico, che giunge a dare la vita per gli amici che egli stesso ha scelto, e ai quali affida i segreti del suo cuore: "Perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l'ho fatto conoscere a voi".
All'interno di questa intimità, il dialogo con il Padre, la preghiera, non sarà un modo interessato per ottenere benefici e favori, ma il modo per aprire il cuore alle energie che ci permettono di produrre frutti abbondanti: "Vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga". Il frutto sarà quell’umanità nuova che si rivelerà nella vita dei discepoli e che essi proporranno a tutti i popoli.
(Bernardino Zanella)

Fine vita: ritardi, moniti, attese

Se il Parlamento resta in silenzio e al legislatore referendario non viene data la parola, si cercano altre strade, come la via della legislazione regionale e quella giudiziaria. Ma entrambe sono parziali

Ci sono questioni sulle quali il Parlamento preferisce tacere, lasciando che sia la magistratura a essere coinvolta. Il potere giudiziario è tenuto a pronunciarsi su tali questioni, anche se non richieste né desiderate, poiché non può decidere di non occuparsene (in base al principio del divieto del non liquet), come sovente avviene per le Camere.
Gli esempi di latitanza da parte del Parlamento, pur a seguito di precisi moniti del giudice delle leggi, sono molteplici e sono stati di recente richiamati anche dal presidente della Corte costituzionale: tra gli altri, il mancato seguito alle sentenze sul doppio cognome e sulla condizione anagrafica dei figli di coppie dello stesso sesso. Fra tutte le materie volutamente non prese in considerazione, quella maggiormente ignorata – anche solo per una questione di allarmante ritardo – riguarda il fine vita. ...

L'articolo di Ugo Agamo continua a questo link:

https://www.rivistailmulino.it/a/fine-vita-ritardi-moniti-e-attese




Un primo maggio nel mezzo della primavera dell’AI. Tre effetti sul lavoro

Il mercato del lavoro italiano già fortemente polarizzato, rischia una ulteriore polarizzazione tra chi sarà coinvolto dentro questa trasformazione e chi ne resterà marginalizzato. Più che agitare un futuro di lavoro povero generalizzato bisogna costruire le condizioni perché il processo di innovazione sia un processo di diffusa e vasta partecipazione


Ogni tecnologia evolve e matura nel tempo. Recentemente, l’intelligenza artificiale (AI) si è trasformata da concetto futuristico a realtà tangibile. Dagli entusiasmi iniziali dei momenti fondativi al Dartmouth College nel 1956, l’attenzione e lo sviluppo dell’AI ha avuto numerosi abbandoni, veri e propri inverni. Questo primo maggio avviene in una fase di “primavera” dell’intelligenza artificiale. Crescono gli investimenti, l’attenzione mediatica, si allarga la platea di chi vi entra a contatto e la utilizza quotidianamente.

Anche stavolta, il nostro Paese (e non solo) È diviso tra ottimisti e pessimisti. E anche le conferenze, a cui spesso partecipo, sono divise tra relatori che cercano di sorprendere (wow) spesso con l’aspetti estremi e applicazioni ancora non mature ed altri che cercano di spaventare.

 

Personalmente ritengo che ...



L'analisi di Marco Bentivogli continua a questo link:

Immaginare il nemico

Come mai Gesù Cristo, Gandhi, Martin Luther King sono riusciti a reagire senza “immaginare” il nemico?

Nemico è parola strana. Si definisce solo per opposizione. Non ha una sua consistenza, non indica qualcosa che ha una sua realtà propria, ma si limita a negare la realtà opposta: “in (negazione) – amicus (amico)”. Eppure la si usa costantemente indicando, invece, qualcuno o qualcosa che ha una propria consistenza reale, tanto da immaginare, nei casi più gravi, che esso debba essere distrutto o, in quelli meno gravi, debba essere vinto e contenuto.
Addirittura la propria identità (personale, culturale, religiosa…) si definisce proprio in base all’esistenza di un nemico, rovesciando la logica delle cose. Senza nemici non ci sarebbe consistenza e il proprio valore starebbe proprio nel fatto che esistono dei nemici, che noi reputiamo tali, a prescindere dal fatto che loro ci considerino così.
E, purtroppo, nella fase che stiamo attraversando, sembra che la diffusione di questo rovesciamento della logica delle cose sia in aumento, sia nelle destre che nelle sinistre culturali e politiche. Perché siamo sempre più spinti, culturalmente, socialmente e personalmente, a definire con difficoltà la nostra identità, che oggi sembra essere ...

La riflessione di Gilberto Borghi continua a questo link:

https://www.vinonuovo.it/attualita/societa/immaginare-il-nemico/









 

Epis chiede a Pizzaballa: “Che cosa vuol dire schierarsi per la pace?"

 «Noi vorremmo schierarci per la pace, ma che cosa vuol dire schierarsi per la pace?». Con questa domanda molto esigente il preside della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, don Massimo Epis, nel pomeriggio del 21 febbraio ha aperto l’intervista al card. Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, in visita presso la Facoltà, in una sala convegni traboccante di persone interessate a conoscere la situazione attuale in Terra santa.


Con molta franchezza il card. Pizzaballa ha evidenziato come l’estrema polarizzazione, da sempre presente in Terra santa, abbia raggiunto vertici di massima intensità. «In questo momento ciascuno si sente vittima, la sola vittima. Questo comporta una sorta di schieramento, di empatia assoluta nei suoi confronti, per cui se tu provi a esprimere empatia anche nei confronti dell’altro, è come se gli togliessi qualcosa che spetterebbe solo a lui».
L’esortazione rivolta al pubblico presente da parte del card. Pizzaballa chiede però di non commettere lo stesso errore. «Non è questo tipo di empatia ciò di cui abbiamo bisogno. Abbiamo bisogno invece che la comunità internazionale ci aiuti ad aprire orizzonti, non a chiuderli. Schierarsi per la pace significa non cedere alla richiesta di entrare dentro queste narrative esclusive, l’uno nei confronti dell’altro, ma avere il coraggio di resistere a queste situazioni anche al costo della solitudine e dell’incomprensione».

Il report sull'incontro  di Andreina Pelullo continua a questo link:



Cristianesimo ed ebraismo

Negli ultimi tempi non posso evitare due domande. La prima è autobiografica e si riferisce ai recenti scandali, alle gravi tensioni, ai conflitti e ai tradimenti nella Chiesa cattolica. La seconda nasce dalla presa di coscienza della gravissima crisi del popolo ebraico, dopo il 7 ottobre 2023.


È ancora possibile rimanere nella Chiesa e insistere sulla fede quando abbiamo a che fare quotidianamente con comportamenti che smentiscono la bellezza e la verità del Vangelo di Gesù di Nazareth? E poi: dovremmo accettare in complice silenzio la riduzione della sacra eredità dell’ebraismo agli orribili crimini di guerra perpetrati dallo Stato di Israele contro i palestinesi di Gaza e della Cisgiordania? Dovremmo rimanere in silenzio di fronte al sorprendente ritorno del veleno antiebraico che ha caratterizzato due millenni di cristianità europea con persecuzioni, esili, deportazioni, pogrom e Shoah?

La riflessione di Flavio Lazzarin è a questo link:

https://www.settimananews.it/religioni/cristianesimo-ed-ebraismo/?fbclid=IwAR1jiRI77ciTN8Pn6b80eiDt9rrPSwsqOyQYi3V4YB-uyspCSM4CbuDY-Rc_aem_AUfAopacMyPie8q86bEYtSMG50Hg-lnG4EHQPHlNeLfqMB7egFQk6-EBwH7RP9gXPyqn0aakBj4vOKOaXDSpak-Z

Francesco, patriarca dell’Occidente. La sinodalità che esclude Kirill

Francesco sa che la Chiesa etnica esclude, alza steccati, la Chiesa sinodale include. La Chiesa etnica del patriarca di Mosca (e di tutta la Russia) è a mio modo di vedere un modello di cristianismo incompatibile con la Chiesa sinodale di cui parla il pontefice. La riflessione di Riccardo Cristiano


Tra le prime conseguenze del pontificato di Francesco c’è stata una marcata universalizzazione della Chiesa cattolica. Spesso si è detto che la sua non è più una Chiesa “eurocentrica”, o occidentale. È anche per questo che ha sorpreso molti la sua scelta di tornare a fregiarsi del titolo di patriarca d’Occidente. Il titolo era stato abbandonato da papa Benedetto XVI nel 2006. Ora è ricomparso, come attesta il nuovo annuario pontificio. Il primo ad usarlo fu papa Teodoro I nel 642. Poi divenne uno dei tanti nell’epoca della moltiplicazione dei titoli pontifici, diciamo dal XVI secolo. Ora, che proprio lui ricorra proprio al titolo di “patriarca d’Occidente” sorprende. È giusto che sorprenda. E allora è il caso di capire, o cercare di capire per quanto ci è possibile.

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L’anno più duro per i diritti umani. La rete di protezione è al collasso

Le 600 pagine dell’ultimo rapporto 2023-2024 di Amnesty International raccontano come sono stati violati nel 2023 in 155 stati. Il mondo ha fatto passi indietro di decenni. Il sistema internazionale è collassato anche per responsabilità del Consiglio di sicurezza: nel decennio scorso era stata la Russia a usare il potere di veto per proteggere la Siria, in questi ultimi mesi gli Stati Uniti per Israele


L’anno in cui il sistema di protezione dei diritti umani collassò. Il mondo ha fatto passi indietro di decenni. La condotta di guerra, nei due noti conflitti in Europa e in Medio Oriente e in quelli ignorati in Africa e Asia, ha mandato in crisi il sistema di protezione delle popolazioni civili che, sin dal secondo dopoguerra, si era basato sulla supremazia del diritto internazionale umanitario. Attacchi diretti contro zone a fitta densità abitativa, attacchi mirati contro infrastrutture civili fondamentali, trasferimenti forzati di popolazione, uccisioni illegali di civili, cattura di ostaggi e loro prolungata detenzione: tutto questo lo abbiamo visto nel proseguimento della guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina così come, dal 7 ottobre, nell’ennesimo conflitto tra Israele e Hamas.

L'intero articolo di Riccardo Noury è a questo link: