Oujda è una città del Marocco al confine con l’Algeria, è la prima che trovi quando attraversi il confine ed è qui dove giungono le tantissime persone migranti che ogni notte rischiano la vita oltrepassandolo.
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Per il momento da Venerdì 30 maggio 2025 questo Blog sarà implementato solo con notizie ecclesiali della Parrocchia. I Post con la proposta...
Oujda (Marocco), città crocevia di chi fa sosta per poi tentare la traversata verso l’Europa
Le chiese e l’unità difficile
Non siamo però in tempi ecumenici. Ovunque si è raffreddato l’entusiasmo per l’unità dei cristiani, forte nella seconda metà del Novecento e dopo il Vaticano II. Il dialogo teologico ha fatto seri passi in avanti, ma è ancora parziale. Ci sono problemi teologici, ma soprattutto di storia e mentalità. Il patriarca ortodosso di Costantinopoli, Athenagoras, morto nel 1972, che tanto operò per l’ecumenismo, colse l’incipiente processo di unificazione del mondo: invitò i leader cristiani a non arrivare divisi a quell’appuntamento.
Nazionalismi, etnicismi, diverse culture pesano sulle Chiese. Le opinioni pubbliche cristiane, ieri sensibili all’ecumenismo, ora lo sono poco. Di fronte al rischio di conflitti e frammentazioni, la coincidenza — grazie al calendario — della data di Pasqua nel 2025 tra Oriente e Occidente appare un’occasione da non perdere. Certo siamo lontani da quel 1978, in cui il metropolita russo Nikodim, gran tessitore di rapporti con i papi, diceva al giovane Kyrill di fronte alla basilica di San Pietro: «Nel 2000 con loro saremo uniti!». Di fronte alle guerre aperte e al rischio di guerre più larghe, le Chiese non dovrebbero, per loro missione, richiamare all’unità? Il Vaticano II ne aveva spiegato la
missione, riprendendo l’antica visione della Chiesa, «sacramento di unità del genere umano». Ma le priorità di varie Chiese oggi sono altre.
L'intera riflessione di Andrea Riccardi è a questo link:
https://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt202405/240506riccardi.pdf
“Sposi e preti insieme nell’annuncio e nel servizio. Ma anche nell’ascolto del grido delle persone”
Conclusa ad Altavilla Milicia (Palermo) la Settimana di studi sulla spiritualità coniugale e familiare (25- 28 aprile). Il punto con il direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia della Cei che ha promosso l’iniziativa. "Il lessico familiare diventi stile di relazioni ecclesiali” il suo auspicio. E poi l'invito ad "entrare nelle storie degli altri non con la logica del giudizio, bensì con quella dell’ascolto del grido o della domanda che c’è dietro”
Inclusione e dignità passano dal lavoro
Secondo l’ultima fotografia scattata nel 2023 dal ministero del Lavoro, i lavoratori con disabilità impiegati complessivamente in Italia sono 264.651 (il 66% nel settore privato) e rappresentano soltanto un terzo dei disabili iscritti ai servizi provinciali per il collocamento mirato, ossia di coloro che aspirano a un contratto.
E così a meno di due settimane dall’edizione straordinaria per i 15 anni dell’evento della Fondazione Guido Carli in programma il 10 maggio all’Auditorium Parco della Musica a Roma che sarà inaugurata dai ministri Piantedosi e Fitto, la Fondazione presieduta da Romana Liuzzo chiede una svolta che passi anche dall’istituzione di una banca dati nazionale per un monitoraggio affidabile: accelerare sulla strada dell’inclusione e della dignità attraverso il lavoro. Con l’obiettivo di migliorare radicalmente il quadro attuale.
La Georgia torna ad infiammarsi: un paese spaccato in due
Venezia, laguna invasa dalla "noce di mare" prima che dal granchio blu
Uno studio del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova, in collaborazione con altri prestigiosi Istituti di ricerca internazionali, ha documentato la recente massiccia invasione nella Laguna di Venezia da parte di Mnemiopsis leidyi, una specie nota come noce di mare.
È una quasi invisibile ma vorace predatrice esplosa a partire dal 2014 ha enorme impatto negativo di questa specie sulla piccola pesca tradizionale lagunare svolta coi cogolli. Nonostante la noce di mare sia gelatinosa, quindi praticamente invisibile, è una vorace predatrice di plancton e di larve di specie pregiate per la pesca e ha già diminuito del 40% il pescato lagunare prima dell’arrivo del granchio blu …
Pace: la pienezza della vita
Gesù aveva dei nemici, ma Lui non era nemico di nessuno.
La pace è dono di Dio, quindi un dono da chiedere insistentemente al Signore nella preghiera, ma al contempo è opera dell’uomo. È dono messianico ed opera umana.Purtroppo, l’umanità di oggi vive grandi divisioni e forti conflitti che gettano ombre cupe sul suo futuro. Vaste aree del nostro pianeta sono coinvolte in guerre e tensioni crescenti, mentre il pericolo che i conflitti si allarghino sempre di più genera non poche apprensioni nell’animo umano.Ma non possiamo permettere che ...
La riflessione di Cristiana Scadura continua a questo link:
Sull'acqua, la città e la vita nuova
Domenica 5 maggio la Comunità della Risurrezione durante l'Eucaristia domenicaha ospitato il Battesimo di Nina
"Storie diverse, vite diverse, acqua diversa. So che potrà sembrarti strano, Nina, ma è tutta questa diversità che ci rende tutti uguali"
L’acqua è l’elemento che tiene insieme questa città, che ha permesso di fatto intrecci, scambi, contaminazioni che l’hanno generata e rigenerata.
Poi alzo lo sguardo, vedo i miei familiari, che arrivano dalla Romagna; vedo amici, che vivono a Venezia da prima di noi e capisco che l'acqua può anche essere associata alla paura, soprattutto quando invade i territori che non sono suoi.
Guardo questa comunità, e immagino volti che mi sono meno familiari, di cui posso solo immaginare le storie. In alcune di queste storie, l'acqua ha un colore preciso. Il colore dell'abisso, il blu più scuro che possiamo immaginare.
Se penso all'acqua, penso alla vita, ma capisco che qualcuno di voi pensi, o abbia pensato all'esatto opposto. Al confine più netto che possa esistere. Un mare da attraversare.
Forse è sempre l'uomo a rendere l’acqua spaventosa, quando non cura gli argini dei fiumi, quando fa innalzare il livello del mare, quando non pulisce i letti dei canali, quando viene imposto a qualcuno che vuole rivendicare dei diritti, di rischiare la vita in viaggio perché nato nella parte sbagliata del mondo. Perché qualcun altro ha deciso che gli ultimi non ci devono stare con i primi.
Abbiamo scelto di battezzare Nina oggi qui perché in questa comunità i confini non esistono, qui si accolgono persone che sono sopravvissute al mare...si accolgono i passeggeri di ultima classe. Qui l'acqua non fa paura.
Allora abbiamo chiesto ai nonni di portare delle piccole bottiglie da casa e di versarle qui nel fonte battesimale.
Si nasce dopo nove mesi immersi nell'acqua, e adesso si rinasce con quella portata dai nonni, a rappresentare le loro storie, le loro vite, ma soprattutto le tue radici, Nina, radici diffuse.
Tutta questa vita è nell’acqua che Dio ha scelto per ricordarci “l’inizio della vita nuova”, passaggio dal diluvio alla “sorgente del Battesimo, dove per opera dello Spirito Santo l’uomo e la donna, fatti a immagine di Dio siano lavati da ogni male e rinascano in Cristo come nuove creature”.
Storie diverse, vite diverse, acqua diversa. So che potrà sembrarti strano, Nina, ma è tutta questa diversità che ci rende tutti uguali.
D'altronde, la più bella descrizione della vita passa per l'acqua: non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume.
Per Nina, e per tutti i bambini, affinché ognuno di loro abbia ancora il diritto di sognare e i loro sogni possano dare forma a un mondo migliore; per questo ti preghiamo
Per la famiglia di Nina, per tutte le famiglie, affinché possano sostenere i sogni dei loro bambini e guardare il mondo con il loro stupore; per questo ti preghiamo
Per l'ambiente, la culla in cui viviamo, preghiamo perché il vento possa soffiare ancora, sussurrare canzoni tra le foglie, baciare i fiori e accarezzare i fianchi delle montagne; per questo ti preghiamo
Per la pace, perché gli uomini possano darle una concreta possibilità di realizzazione, e iniziare a scrivere una nuova storia; per questo ti preghiamo
La guerra dimenticata in Sudan
Nel panorama geopolitico attuale, dominato da molteplici conflitti su scala globale, si staglia una netta distinzione tra quelli che catturano l'attenzione dei media e quelli che sprofondano nell'oblio, relegati al rango di "guerre di serie B". Ucraina e Medio Oriente monopolizzano le cronache di giornali e telegiornali da mesi, mentre scivolano nell'oblio violenze efferate che dilaniano da 13 anni la Siria e da un anno esatto il Sudan
L'articolo di Roberta Punto continua a questo link:
Pizzaballa sulla guerra Israele - Hamas: «I rapporti tra le tre religioni spazzati via dalla sfiducia. Ma se affondiamo, affondiamo insieme»
Il cardinale, patriarca di Gerusalemme: «In Terra Santa è una tragedia senza precedenti». La pace, come la riflessione necessaria sul perdono, richiederà «tempi lunghi»
VI Domenica di Pasqua: Gv 15,9-17
In quest’ultima Domenica prima dell’Ascensione e della Pentecoste si fa sintesi attorno ad una parola facile da dire, difficile da vivere, frequentemente equivocata: “amore”
Subito dopo Pasqua gli Evangeli ci hanno indicato come incontrare il Risorto, o meglio, in quale forma quali siano le realtà nelle quali lui si fa presente facendoci superare le incertezze, lo scoramento dopo la sua morte. Sono due: la comunità ecclesiale e l’umanità ferita dandoci come compito quello di “strappare” (=perdonare) tutti dal mondo vecchio basato sull’egoismo (=il peccato) per farli entrare nel Regno dove è al centro il bisogno dell’altro.
In seguito ci sono state offerte due immagini: quella del “Pastore bello” e quella della “vigna” per invitarci a cogliere le modalità con le quali Gesù ha vissuto e che ci “ha posto” davanti per continuare la sua opera, lasciando al Padre il compito di “purificare” progressivamente la nostra vita, tesa ad imitare il Figlio, “tranciando” le nostre imperfezioni perché i nostri frutti, come grappoli di uva, possano essere sempre più grandi. A noi è chiesto di portare sempre più amore nella realtà che viviamo.
In quest’ultima Domenica prima dell’Ascensione e della Pentecoste si fa sintesi attorno ad una parola facile da dire, difficile da vivere, frequentemente equivocata: “amore”. In genere la si colloca nell’ambito sentimentale e a identificarla con l’attrattiva che suscita in noi ciò che è bello: dalle persone all’arte, dagli hobby allo sport. In greco questo tipo di amore è definito come “eros” che può sconfinare nell’egoismo, nel servirsi esclusivamente dell’altro, ad accogliere solo ciò che dell’altro può arricchirci o soddisfarci senza dare nulla in cambio. Le cronache ne sono piene.
Nei discorsi dell’Ultima Cena “amore” ricorre ben 25 volte, nella pericope di oggi 4 e per 5 volte il verbo che ne deriva ma non è “eros”, bensì un termine greco praticamente mai usato nella grecità classica: “agapao” che, sostanzialmente, è quella linfa vitale che scorreva nella vite la settimana scorsa.
L’amore di cui ci parla Giovanni ha origine in Dio e da lui scende suscitando una dinamica relazionale nella quale ciascuna creatura è chiamata a lasciarsi coinvolgere divenendo a sua volta soggetto di amore. Non c’è spazio per nessun protagonismo personale: ci è richiesto ad essere solo dei conduttori, dei mediatori che trasmettono. Nessuno ha mai visto Dio ma questo si fa presente nel “frutto (al singolare!) dello Spirito che è agapao”: carità, amore (Gal 5,22).
Gesù dice “Come il Padre ha amato me …” e, attenzione, non continua dicendo “così io ho amato il Padre” bensì “così io ho amato voi” e a noi non chiede poi di amare allo stesso modo lui ma “amatevi gli uni gli altri”. Non viene indicata una reciprocità (sarebbe “eros”), un cerchio chiuso che finisce per mangiarsi la coda, ma chiede di aprirsi all’altro nella più assoluta gratuità. La stessa cosa la indica Matteo “Se amate quelli che vi amano, …” (5,46-47) e Luca “amate i vostri nemici e prestate senza sperare nulla” (6,35).
Gesù poi chiama i discepoli “amici e non servi” perché questi ultimi eseguono passivamente gli ordini avuti ricevendone un compenso: è a questo cui tende il loro operare. Gli amici invece sono quelli che conoscono e condividono gli obiettivi del Signore tanto da rimanere e dimorare in lui prestandogli le proprie mani operose. È una relazione che si esprime come dono si sé, nella condivisione della propria vita nella gioia per la crescita dell’altro, amico o meno.
Questo ci fa presente che la vita di fede non può esaurirsi in una appartenenza ecclesiale ripiegata in una pratica rituale o liturgica ma in un’attenzione concreta per gli altri e impegna a cercare, nutrire, far zampillare sempre nuova acqua fresca dalla relazione personale con il Signore; è quella linfa che ci mantiene vivi in lui come i tralci nella vite. Non ci viene proposto di avere atteggiamenti affettivi o intimistici, ma di prendere sul serio nella propria concreta esistenza l’imitare l’operare di Gesù fino ad aderirvi talmente da poter dire con Paolo: non sono più io che vivo ma è Cristo che vive in me (Gal 2,20).
“Chi mi ama anch'io lo amerò e verrò a lui e prenderò dimora in lui” (Gv 14,23): è così che, piano piano, siamo plasmati quali amici del Signore e l’amarlo è il portare a compimento la sua volontà d’amore per gli altri. È questo che significa quel “Voi siete miei amici se fate ciò che vi comando”, non c’è nulla che tenda a prevaricare la nostra libertà configurandosi come un ricatto.
Poi Gesù conclude “non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto”. Per portare frutto la comunità cristiana deve andare, la comunità dei seguaci di Gesù non deve attendere che le persone vengano, ma deve andare. Verso dove? Verso gli emarginati, verso gli invisibili, verso le persone disprezzate, “e il vostro frutto rimanga” sapendo che “tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome ve lo conceda”. Nel nome non significa la formula “per Cristo nostro Signore” ma l’avere la coscienza che nella cultura ebraica significa nella somiglianza, nell’identificarsi con Gesù, facendo come lui ha fatto. Non è forse con queste parole che termina ogni consacrazione eucaristica?
(BiGio)
Come io ho amato voi (Gv 15, 9-17)
Fine vita: ritardi, moniti, attese
Ci sono questioni sulle quali il Parlamento preferisce tacere, lasciando che sia la magistratura a essere coinvolta. Il potere giudiziario è tenuto a pronunciarsi su tali questioni, anche se non richieste né desiderate, poiché non può decidere di non occuparsene (in base al principio del divieto del non liquet), come sovente avviene per le Camere.Gli esempi di latitanza da parte del Parlamento, pur a seguito di precisi moniti del giudice delle leggi, sono molteplici e sono stati di recente richiamati anche dal presidente della Corte costituzionale: tra gli altri, il mancato seguito alle sentenze sul doppio cognome e sulla condizione anagrafica dei figli di coppie dello stesso sesso. Fra tutte le materie volutamente non prese in considerazione, quella maggiormente ignorata – anche solo per una questione di allarmante ritardo – riguarda il fine vita. ...
L'articolo di Ugo Agamo continua a questo link:
https://www.rivistailmulino.it/a/fine-vita-ritardi-moniti-e-attese
Un primo maggio nel mezzo della primavera dell’AI. Tre effetti sul lavoro
Il mercato del lavoro italiano già fortemente polarizzato, rischia una ulteriore polarizzazione tra chi sarà coinvolto dentro questa trasformazione e chi ne resterà marginalizzato. Più che agitare un futuro di lavoro povero generalizzato bisogna costruire le condizioni perché il processo di innovazione sia un processo di diffusa e vasta partecipazione
Ogni tecnologia evolve e matura nel tempo. Recentemente, l’intelligenza artificiale (AI) si è trasformata da concetto futuristico a realtà tangibile. Dagli entusiasmi iniziali dei momenti fondativi al Dartmouth College nel 1956, l’attenzione e lo sviluppo dell’AI ha avuto numerosi abbandoni, veri e propri inverni. Questo primo maggio avviene in una fase di “primavera” dell’intelligenza artificiale. Crescono gli investimenti, l’attenzione mediatica, si allarga la platea di chi vi entra a contatto e la utilizza quotidianamente.
Anche stavolta, il nostro Paese (e non solo) È diviso tra ottimisti e pessimisti. E anche le conferenze, a cui spesso partecipo, sono divise tra relatori che cercano di sorprendere (wow) spesso con l’aspetti estremi e applicazioni ancora non mature ed altri che cercano di spaventare.
Personalmente ritengo che ...
Immaginare il nemico
Come mai Gesù Cristo, Gandhi, Martin Luther King sono riusciti a reagire senza “immaginare” il nemico?
Nemico è parola strana. Si definisce solo per opposizione. Non ha una sua consistenza, non indica qualcosa che ha una sua realtà propria, ma si limita a negare la realtà opposta: “in (negazione) – amicus (amico)”. Eppure la si usa costantemente indicando, invece, qualcuno o qualcosa che ha una propria consistenza reale, tanto da immaginare, nei casi più gravi, che esso debba essere distrutto o, in quelli meno gravi, debba essere vinto e contenuto.Addirittura la propria identità (personale, culturale, religiosa…) si definisce proprio in base all’esistenza di un nemico, rovesciando la logica delle cose. Senza nemici non ci sarebbe consistenza e il proprio valore starebbe proprio nel fatto che esistono dei nemici, che noi reputiamo tali, a prescindere dal fatto che loro ci considerino così.E, purtroppo, nella fase che stiamo attraversando, sembra che la diffusione di questo rovesciamento della logica delle cose sia in aumento, sia nelle destre che nelle sinistre culturali e politiche. Perché siamo sempre più spinti, culturalmente, socialmente e personalmente, a definire con difficoltà la nostra identità, che oggi sembra essere ...
La riflessione di Gilberto Borghi continua a questo link:
https://www.vinonuovo.it/attualita/societa/immaginare-il-nemico/
Epis chiede a Pizzaballa: “Che cosa vuol dire schierarsi per la pace?"
«Noi vorremmo schierarci per la pace, ma che cosa vuol dire schierarsi per la pace?». Con questa domanda molto esigente il preside della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, don Massimo Epis, nel pomeriggio del 21 febbraio ha aperto l’intervista al card. Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, in visita presso la Facoltà, in una sala convegni traboccante di persone interessate a conoscere la situazione attuale in Terra santa.
Cristianesimo ed ebraismo
Negli ultimi tempi non posso evitare due domande. La prima è autobiografica e si riferisce ai recenti scandali, alle gravi tensioni, ai conflitti e ai tradimenti nella Chiesa cattolica. La seconda nasce dalla presa di coscienza della gravissima crisi del popolo ebraico, dopo il 7 ottobre 2023.
https://www.settimananews.it/religioni/cristianesimo-ed-ebraismo/?fbclid=IwAR1jiRI77ciTN8Pn6b80eiDt9rrPSwsqOyQYi3V4YB-uyspCSM4CbuDY-Rc_aem_AUfAopacMyPie8q86bEYtSMG50Hg-lnG4EHQPHlNeLfqMB7egFQk6-EBwH7RP9gXPyqn0aakBj4vOKOaXDSpak-Z
Francesco, patriarca dell’Occidente. La sinodalità che esclude Kirill
Francesco sa che la Chiesa etnica esclude, alza steccati, la Chiesa sinodale include. La Chiesa etnica del patriarca di Mosca (e di tutta la Russia) è a mio modo di vedere un modello di cristianismo incompatibile con la Chiesa sinodale di cui parla il pontefice. La riflessione di Riccardo Cristiano
L’anno più duro per i diritti umani. La rete di protezione è al collasso
Le 600 pagine dell’ultimo rapporto 2023-2024 di Amnesty International raccontano come sono stati violati nel 2023 in 155 stati. Il mondo ha fatto passi indietro di decenni. Il sistema internazionale è collassato anche per responsabilità del Consiglio di sicurezza: nel decennio scorso era stata la Russia a usare il potere di veto per proteggere la Siria, in questi ultimi mesi gli Stati Uniti per Israele