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Per il momento da Venerdì 30 maggio 2025 questo Blog sarà implementato solo con notizie ecclesiali della Parrocchia.  I Post con la proposta...

Quello che Israele doveva e poteva di diverso fare dopo il 7 ottobre

Registrare il sentimento diffuso in Israele e confutare alcune letture pregiudiziali e semplicistiche non significa non allinearsi al coro di chi non vede altra via che la carneficina in corso a Gaza. Israele doveva e poteva agire in modo diverso. Così mette a serissimo rischio tutte le conquiste diplomatiche ottenute negli ultimi anni


Registrare il sentimento diffuso in Israele e confutare alcune letture pregiudiziali e semplicistiche non significa non allinearsi al coro di chi non vede altra via che la carneficina in corso a Gaza. Israele doveva e poteva agire in modo diverso. Così mette a serissimo rischio tutte le conquiste diplomatiche ottenute negli ultimi anni.

Il mio ultimo articolo riguardo la formula, secondo me riduzionista, di guerra di Benjamin Netanyahu ha suscitato in alcuni analisti che stimo come Fabio Nicolucci alcune perplessità che mi suggeriscono di definire meglio il mio pensiero. Con quanto scritto volevo solo puntellare alcuni principi.

Primo: confutare la semplicistica idea che la reazione israeliana si riduca ad un sentimento di vendetta, anche fosse quella dell’indemoniato Netanyahu assediato dai processi. Tesi pericolosissima di questi tempi di risorgente antisemitismo per i pregiudizi atavici che ripropone. Ricordo che abbiamo avuto il cardinal Ravasi in prime time televisivo riesumare come nulla fosse la legge di Lamech, il figlio di Caino che predica una vendetta settantasette volte superiore all’offesa subita.

Il tutto sotto gli occhi ammirati di Massimo Gramellini e condito dal videomessaggio di Roberto Vecchioni che riaffermava il monopolio cristiano dell’amore. Robe da Concilio di Trento. ...

L'articolo di Davide Assael continua a questo link:

https://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt202402/240217assael.pdf

Quel vincolo tra ebrei e cristiani

Enzo Bianchi: "Si può amare l'Israele di Dio ed essere liberi nel giudicare lo Stato, il governo di Israele, senza cadere nell'antigiudaismo cristiano o nello spregevole antisemitismo omicida".

Con grande fatica cerco qualche parola pubblica sul conflitto tra lo Stato d’Israele e i palestinesi abitanti la Striscia di Gaza. Con fatica perché ho un amore profondo e sento un legame infrangibile con il popolo d’Israele.
Il 7 ottobre c’è stato un massacro da parte di Hamas, una barbarie che è epifania di disumanizzazione: israeliani, tra cui bambini, massacrati in casa mentre festeggiavano “la gioia della Torah” e ostaggi portati via dalle loro famiglie. A questo atto esecrabile lo Stato d’Israele doveva rispondere per neutralizzare l’aggressore, ma in realtà al massacro è seguita una guerra, un massacro moltiplicato che ha causato la morte di 30 mila palestinesi, civili inermi, donne e bambini. A un’epifania di disumanità ne è seguita un’altra che non dà segni di cessare nonostante gli appelli che si levano da tutto il mondo. Ancora una volta verifichiamo la nostra irrilevanza e proprio questo è all’origine del silenzio di molti che certo non approvano l’azione di vendetta di Israele. Gli interventi di Papa Francesco che chiede la pace e della Santa Sede non sono parsi sufficienti a Israele, che li ha considerati sbilanciati a favore dei palestinesi. Eppure la Santa Sede rinnova la condanna di qualsiasi forma di autogiustificazione; non nega il diritto all’autodifesa dello Stato d’Israele, ma secondo la “dottrina cattolica” la giudica legittima solo se proporzionale all’offesa ricevuta. Tuttavia, molti cristiani, seguendo il Vangelo di Gesù Cristo, e non la dottrina, condannano ogni guerra convinti che non esista mai una “guerra giusta”, perché la guerra è sempre disumana. Papa Giovanni XXIII affermò che la guerra è «aliena dalla ragione» perché porta morte senza capacità di fermare e colpire solo l’aggressore, perché non c’è guerra che non sia fratricida, perché la vita di un uomo è più preziosa dei valori che si vogliono difendere.

Così alcune autorità ebraiche hanno avvertito la Chiesa cattolica che il dialogo in atto dal Concilio Vaticano II è minacciato, come se la Chiesa stesse tornando ai tempi della sua ostilità verso gli ebrei.
Ma qui c’è un equivoco. In realtà per i cattolici il dialogo teologico e la relazione originale non riguardano tutti gli ebrei, ma “l’Israele di Dio”, come lo chiama Paolo di Tarso, cioè gli ebrei credenti in alleanza con il loro Signore. Israele come Stato — e come uno dei tanti Stati del mondo — non è e non può essere il soggetto religioso che dialoga con i cristiani.

Allora nessuna confusione: lo Stato d’Israele e i suoi governi possono essere giudicati come tutti gli Stati del mondo mentre gli ebrei credenti sono per i cristiani fratelli gemelli, uniti da un vincolo che non può venir meno e che sarà unità alla fine dei tempi. Condannare l’azione del governo israeliano non è antisemitismo. Del resto, una parte dell’opinione pubblica israeliana è contraria alla guerra, e con essa non pochi intellettuali e rabbini.

Si può amare l’Israele di Dio ed essere liberi nel giudicare lo Stato, il governo di Israele, senza cadere nell’antigiudaismo cristiano o nello spregevole antisemitismo omicida.

(in Repubblica 19/2/24)



Al Ssn servono 15 miliardi in più. Carenza di personale, equità a rischio, famiglie sempre più povere

Presentato a Roma il 19° Rapporto Crea Sanità. Rispetto ai partner Ue, il nostro Paese investe meno, cresce la spesa privata - 40,1 miliardi nel 2022 - ed è a rischio l’equità del sistema con un disagio economico, dovuto a “consumi sanitari”, che colpisce 1,58 milioni di famiglie. Persiste la cronica carenza di personale

Quindici miliardi di euro in più. È quanto servirebbe al nostro Servizio sanitario nazionale per non perdere ulteriore terreno rispetto agli altri Paesi dell’Unione europea, anche se questa cifra non sarebbe sufficiente per colmare il gap. Il livello della spesa sanitaria italiana è infatti distante dalla media Ue del 32%. Lo rivela il 19° Rapporto Sanità del Crea (Centro ricerca economica applicata alla sanità), intitolato Il futuro (incerto) del Ssn, fra compatibilità macro-economiche e urgenze di riprogrammazione, presentato il 24 gennaio a Roma, nella sede del Cnel.

Pil e spesa sanitaria. Nel 2023 la nostra spesa pubblica per la sanità è stata il 6,7% del Pil e le previsioni la danno in discesa nei prossimi anni. ...

L'articolo sul Rapporto di Giovanna Pasqualin Traversà è a questo link:

https://www.agensir.it/italia/2024/01/25/sanita-al-ssn-servono-15-miliardi-in-piu-carenza-di-personale-equita-a-rischio-famiglie-sempre-piu-povere/?utm_source=mailpoet&utm_medium=email&utm_campaign=la-newsletter-di-agensir-it_2




L’arcivescovo di Algeri, Jean-Paul Vesco: «Sì, la Chiesa ha un problema con le donne»

Arcivescovo di Algeri e franco-algerino, Jean-Paul Vesco, sessantuno anni, ha riflettuto a lungo sulla nozione di fratellanza e di alterità, uno dei frutti della sua esperienza in Algeria e della sua appartenenza all’ordine domenicano, che permea il suo pensiero sulle donne.


La Chiesa cattolica ha un problema con le donne?

La formulazione della domanda è un po’ provocatoria, ma sì, la Chiesa ha da secoli un problema con le donne, come in generale gli altri due monoteismi e forse la maggior parte delle religioni. Ma non vale come scusa; sarebbe stato così bello e legittimo se fosse stato diverso per il cristianesimo fin dalle origini! Tranne qualche felice eccezione recente, le donne sono assenti dal governo e dal commento della Parola di Dio durante la celebrazione domenicale, mentre altrove sono presenti ovunque. Sono la “carne” delle parrocchie, e spesso l’anima di quelle chiese domestiche che sono le famiglie, e sono sempre loro, il più delle volte, ad occuparsi ...

L'intervista di Marie-Lucile Kubacki è a questo link:

https://www.osservatoreromano.va/it/news/2024-03/dcm-003/si-la-chiesa-ha-un-problema.html?fbclid=IwAR1-VKevv2tLZWMJQ2tVbvQ9hgu27GCJ-NExpJOcZvLZwrl5qayuMXZcXBE





Palestina e Ucraina, il 24 febbraio mobilitazione nazionale per un cessate il fuoco

Il 24 febbraio giornata di manifestazioni nelle città italiane promossa da Rete Italiana Pace e Disarmo. «Fermiamo la criminale follia di tutte le guerre, la corsa al riarmo, la distruzione del Pianeta»


Rete Italiana Pace e Disarmo, insieme Europe For PeaceCoalizione Assisi Pace Giusta e a tantissime Campagne, associazioni, Ong e reti, lancia per sabato 24 febbraio una giornata di mobilitazione a livello nazionale affinché il nostro Paese prenda posizione contro la logica distruttiva che arma i conflitti. La redazione di Sapereambiente ha aderito alla mobilitazione. Di seguito vi proponiamo il comunicato.

L’Italia deve dire basta alla guerra!

Ormai le guerre si susseguono con ritmo ed intensità crescente. Iniziano ma non finiscono, alimentando solo la fiorente industria e il commercio immorale di armamenti. Stati e Governi sembrano aver perso la capacità di prevenire e gestire i conflitti mediante gli strumenti della diplomazia e della politica, con i quali far applicare e rispettare le convenzioni e il diritto internazionale. La conseguenza è che la guerra e la barbarie sono nuovamente tornate ad essere le uniche opzioni in campo. Basta, questa logica distruttiva va fermata.

La presentazione e l'invito all'evento continua a questo link:

https://www.sapereambiente.it/notizie/palestina-e-ucraina-mobilitazione-nazionale-per-un-cessate-il-fuoco/



Export militare, la riforma arriva al Senato. Cosa cambia e perché

Con il via libera della commissione Esteri e difesa del Senato, la discussione sulla riforma della legge per l’export militare arriva in Aula. La modifica punta alla reintroduzione del Cisd, organo collegiale a cui parteciperanno i principali ministri coinvolti nella materia presieduti da Palazzo Chigi che si occuperà di formulare le politiche di scambio nel settore militare. Tema strategico per il Paese, soprattutto in vista dell’importanza che l’export della Difesa avrà nei progetti di piattaforme del futuro, a cominciare dal Gcap


Arriva dalla commissione Esteri e difesa del Senato il via libera per la discussione in Aula del disegno di legge del governo che modifica la legge 185 sull’import-export della difesa. Con l’approvazione in commissione al Senato, il provvedimento deve ora essere inserito nel calendario dei lavori dell’Aula. La principale riforma vede la reintroduzione presso la presidenza del Consiglio dei ministri del Comitato interministeriale per gli scambi di materiali di armamento per la difesa (Cisd), soppresso nel 1993. L’organo si occuperà di formulare gli indirizzi generali per l’applicazione della stessa legge 185, e in generale delle politiche di scambio nel settore della difesa. Una misura che, come riportato dalla legge stessa, segue “l’esigenza dello sviluppo tecnologico e industriale connesso alla politica di difesa e di produzione degli armamenti”.

L'articolo di Marco Battaglia continua a questo link:

Dal 14 febbraio in digiuno per la pace alla Cita (presso la Parrocchia della Risurrezione)

Chi lo desidera e/o desidera essere informato sull'andamento dell'iniziativa, può chiedere di essere inserito in una apposita chat che sarà usata per dare informazioni o per organizzare le presenze di chi  desiderasse accompagnare Bernardino e Carlo a staffetta per un giorno.




 

Nella nostra Domenica dei "Tre Pani", la prima di Quaresima, abbiamo pregato così...

Con il Mercoledì delle Ceneri abbiamo iniziato il cammino quaresimale verso la Pasqua, che quest’anno vogliamo vivere come un percorso di conversione “Dalle schiavitù del male alla libertà di servire”.

L'aver ricevuto le ceneri sul capo è un’umile e realistica presa di coscienza che polvere siamo e in polvere ritorneremo. Ma se ci convertiamo e crediamo nel Vangelo, invece di ritornare in polvere … ritorneremo al Signore.  


Introduzione

Dalla Schiavitù del Male alla Libertà di Servire”. È questo il tema che proponiamo quest’anno per il nostro cammino verso la Pasqua che iniziamo oggi con la prima Domenica di Quaresima.

Il Vangelo di Marco nella sua essenzialità ci dice che “Il tempio è compiuto, il Regno di Dio è vicino” e Gesù viene sospinto dallo Spirito nel deserto … chiediamoci qual è il nostro deserto?

Convertiamoci, cambiamo rotto ma insieme perché la con-versione riguarda la relazione tra di noi: con = insieme, verso = direzione.

La prima lettura ci presenta l’Alleanza di Dio con Noè e ogni essere vivente.

La seconda Lettura ci presenta l’acqua nel passaggio dal diluvio come distruzione, all’acqua di rinascita e salvezza nel Battesimo. L’acqua nella quale ci immergiamo nella vita di Cristo, non un semplice lavaggio dai peccati.


 

Intenzioni penitenziali


Signore, ci hai indicato l’esperienza del deserto e del silenzio come luogo e tempo di incontro con la tua Parola che a volte noi evitiamo. Chirie Eleison

 

Cristo, ti chiediamo perdono per l’egoismo, l’indifferenza e il male che operiamo senza avere il coraggio di cambiare strada e convertire il nostro cuore. Christe Eleison

 

Signore, a volte non invochiamo il tuo Spirito perché possiamo riconciliarci con noi stessi e con gli altri per rafforzare il nostro essere Comunità. Chirie Eleison

 

 

Preghiere dei fedeli

 

Padre, il deserto è la nostra vita fatta di tutti quei rapporti con coloro che continuamente incontriamo: aiutaci a non usare mai il nostro potere per sopraffare l’altro, così potremo invece incontrarti in tutti. Per questo ti preghiamo

 

Signore, tu ci solleciti a cambiare atteggiamento e di inserirci nella tua vita per riuscire ad agire come te ed essere così conseguenti con quanto tu ci indichi. Per questo ti preghiamo

 

Spirito Santo, tu ci inviti ad avere il coraggio di confrontarci con te prima di agire per “vivere” e non semplicemente “lasciarci vivere”. Per questo ti preghiamo

 

Perchè soprattutto in questo periodo di Quaresima il nostro sguardo sia rivolto a tutte quelle persone del nostro Vicariato che vivono situazioni di difficoltà e di povertà. Per questo ti preghiamo

 

Il Foglietto "La Resurrezione" di Domenica 18 febbraio



 

I Domenica di Quaresima - Mc 1,12-15

Seguire Gesù significa non fuggire difronte alle difficoltà anche lui ha dovuto imparare l’obbedienza a Dio e non fu facile nemmeno per lui (Eb 5,8) come non lo fu per il popolo uscito dall’Egitto. Quest’ultimo ci mise un’itera vita (40 anni) a far maturare la sua fede in Dio, ad accontentarsi del necessario evitando l’accumulo (il fatto che la manna non poteva essere conservata voleva significare proprio questo) e che la terra è un dono del Signore che non si può possedere.

 


Tutti gli anni la Quaresima inizia con l’Evangelo delle tentazioni di Gesù nel deserto dopo che, nel Battesimo, ci sono state presentate le sue credenziali, i titoli di testa che saranno sviluppati pian piano uno alla volta lungo l’intero anno liturgico. Ci è stato indicato che questo è il tempo nel quale il Regno di Dio si è fatto presente a noi, che invita a cambiare radicalmente il modo di pensare e vivere secondo il mondo, per immergerci nel Vangelo, nella lieta notizia che un altro modo di essere è possibile. 

È possibile svincolarsi dai lacci, dalle sirene, dalle reti con le quali la società cerca di conformarci a se stessa, ai suoi criteri, alle sue necessità ed essere pescati, tirati fuori dal mare nel quale si corre il pericolo di annegare. Questo avviene quando si inizia a guardarsi attorno, a farsi prossimo a chi ha bisogno di essere accompagnato per guarire anche lui. È il farsi compagni di Gesù inserendosi nella sua missione nonostante le difficoltà, gli ostacoli, le sofferenze che questo può provocare. Ma è urgente farlo e bisogna “subito” proporre una realtà nella quale al posto dell’avere e del possedere ci sia la gioia del condividere; invece della smania di fare carriera la libertà di guardare al bisogno dell’altro; anziché il comandare ci sia il servire.

La voce che venne dal cielo dopo il battesimo di Gesù, aveva confermato la sua immersione nella nostra umanità: “Tu sei il figlio mio” (non “il mio figlio” che sarebbe un possessivo monovalente), affermando così che l’intera umanità è “figlia” di Dio. È quel “tu” che risuona anche nel primo versetto del Decalogo “Io sono il Signore Dio tuo” con il quale il Padre ci costituisce come soggetti capaci di stare davanti a lui, come persone da lui amate, nelle quali pone il suo compiacimento. Gesù rappresenta l’intera umanità e ce lo fa comprendere pure il fatto che “subito” viene sospinto nel deserto per 40 giorni “tentato da Satana” cioè per una intera vita. 

Marco con questo ci vuole dire che, come per tutta l’umanità, anche Gesù ha dovuto imparare l’obbedienza a Dio e non fu facile nemmeno per lui (Eb 5,8) come non lo fu per il popolo uscito dall’Egitto: ci mise un’itera vita (40 anni nel deserto facendo l’esodo dall’Egitto) a far maturare la sua fede in Dio, ad accontentarsi del necessario evitando l’accumulo (la manna che non poteva essere conservata significa proprio questo) e che la terra è un dono del Signore che non si può possedere.

Quando lo Spirito lo “sospinse” (il termine greco è più rude: lo “cacciò”) nel deserto, non lo fa per vedere se il diavolo riuscisse a portarlo fuori strada, ma per dirci che anche lui ha vissuto tutte le prove, tutte le difficoltà che anche noi incontriamo e che sono occasioni propizie per rendere più solida, più matura la nostra fede. Nel Padre Nostro, quel “non indurci/non abbandonarci alla (nella) tentazione” significa proprio questo: “aiutaci a superarle”. Anche Israele dopo essere stato liberato dall’Egitto (ce lo ricorda l’invocazione sempre nel Padre Nostro: “liberaci dal male”), dall’oppressione, dalla schiavitù, dal potere che sottomette l’uomo cade nella tentazione di rimpiangere quando stava in Egitto ma aveva la pentola piena di cipolle. Nel deserto, nella vita libera, non c’era qualcun altro che ci pensava, ci si doveva arrangiare a procurarsi il cibo. La libertà, ha un suo prezzo.

 

Nel deserto Gesù incontra tre personaggi. Innanzitutto Satan, il divisore, colui che si oppone al progetto di Dio con tutti gli “spiriti impuri”, le malattie che nelle domeniche precedenti Gesù ha affrontato e purificato. Ognuno di noi ha come compagno un suo Satan che è la logica di questo mondo, l’incitamento a fare quello che ci piace e ci è comodo; sono anche le organizzazioni che diffondono la droga, le fake-news, l’uso del proprio corpo e di quello degli altri; sono la violenza gratuita, per vendetta o ritorsione sia a livello personale che a livello nazionale o internazionale (quanto è accaduto e accade in Medio-Oriente ce lo mostra ogni giorno).

Poi “stava con le bestie selvatiche”. Il riferimento è a una pagina del libro di Daniele che definisce così chi domina nel mondo con la forza, la violenza, sopraffacendo i più deboli azzannandoli, sbranandoli e divorandoli come bestie feroci.

Gesù non fugge ma “stava” con, in mezzo alla realtà, immerso nella storia di tutti, le difficoltà e le sofferenze che questi domini provocano. Ci vuole mettere in guardia per essere pronti ad ogni vicissitudine: i poteri forti che sfruttano i più deboli (per esempio il Nord contro il Sud del mondo), le ideologie, i fanatismi religiosi o nazionalistici, i razzismi, la violenza economica che sta alla base di ogni guerra spesso nascosta dietro pseudo ideali.

Infine gli Angeli ovvero tutti coloro che sono stati e rimangono al suo fianco, a collaborare con lui; quando incontriamo una persona buona non diciamo forse che “è un angelo”? La storia ne è per fortuna molto ricca e l’invito è anche a noi, di essere degli “angeli” capaci di aprire i cuori, il regno a tutti.

(BiGio)

 

Il versetto seguente dell’Evangelo di oggi è stato commentato due domeniche fa in questo link: https://parrocchiarisurrezione.blogspot.com/2024/01/iii-domenica-dopo-natale-mc-114-20.html

 

 

La tentazione è una scelta da fare

Marco presenta la tentazione non come un inciampo, ma come un'azione addirittura spirituale. La tentazione, nella Bibbia, non è immediatamente una spinta al male. È una prova, un test, che ha come banco di prova il cuore: il cammino di Israele nel deserto è stato permesso da Dio «per metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore» (cfr. Dt 8,1-5). 

Perciò la vera azione dello Spirito non è la fuga in paradisi spiritualistici, in mistiche disincantate, ma l'affrontare l'esigente discernimento del proprio cuore, riconoscere le spinte di divisione da Dio e l'idolatria del proprio io. La tentazione è porsi di fronte alla possibilità fra il bene e il male e scegliere, attraverso una coscienza morale.
In questo senso, oggi assistiamo alla grave deriva di un venire meno proprio della distinzione tra bene e male: c'è un'indifferenza del valore dell'agire. C'è la perversa concezione che uno deve fare quello che si sente, quello che gli piace, non importa se sono comportamenti buoni o cattivi. Quindi oggi il cedere più grave alla tentazione è, paradossalmente, la scomparsa della prova, l'indifferenza dell'agire, l'irresponsabilità di non voler accettare regole e limiti. 

La riflessione di Alberto Vianello continua a questo link:

https://www.monasteromarango.it/la-tentazione-di-non-essere-provati

I candidati per le elezioni del Consiglio Pastorale Parrocchiale di sabato 17 e domenica 18 febbraio

 


Prima dell'Eucaristia all'ingresso in Chiesa sarà consegnata la Scheda Elettorale che, al termine della Messa potrà essere riconsegnata completata mettendo una croce accanto a uno solo dei candidati per gruppo:




Per spezzare un silenzio: "Dalla stessa parte mi troverai" - Le ragioni di un libro

Un libro è sempre un modo per spezzare un silenzio. 'Dalla stessa parte mi troverai' è il racconto dell'incontro tra Rossella, 60 anni, vedova di Mario Scrocca, accusato di aver fatto parte del commando che uccise due militanti di estrema destra in via Acca Larentia a Roma, e morto suicida in carcere, e Valentina, 30 anni, cresciuta dalle parti di Acca Larentia e che porta dentro le cicatrici delle frequentazioni di neofascisti.

'Dalla stessa parte mi troverai' è il racconto lucido e doloroso della violenza e della sopraffazione, una riflessione attualissima sul corpo della donna, una disamina spietata di pose e miti dell'estrema destra. È una riflessione sull’insufficienza ontologica, psicologica, storica e politica delle categorie binarie di vittima e carnefice. La vittima perfetta non esiste, il carnefice perfetto neanche.


Valentina Mira racconta il suo libro a questo link:


https://www.valigiablu.it/dalla-stessa-parte-mi-troverai-acca-larentia-libro/




Vent’anni di Facebook

Nel 2024 Facebook compie vent’anni. Da quando, nel 2004, ha fatto la sua comparsa come strumento per fare amicizia tra le aule e i corridoi di Harvard, Facebook è cambiato. Si è trasformato in sintonia con i comportamenti dei suoi utenti e con l’evoluzione delle altre piattaforme che nel frattempo sono nate.


Quel primo Facebook, fatto di profili in cui gli studenti (e poi utenti di tutto il mondo) hanno condiviso foto e interessi, non esiste più. E anche l’espressione social network è da tempo desueta.

Per lungo tempo, però, è stato il mezzo che ha rappresentato e sostenuto il passaggio a una società performativa. I social network ci hanno offerto un palcoscenico su cui raccontare la nostra vita, in cui imparare (non senza inciampi) a rappresentare noi stessi agli altri. Rappresentare (la perfomance) è diventata una parola chiave della società contemporanea. Il tessuto di reazioni in cui viviamo si è fatto più fitto e interconnesso, il nostro racconto identitario più riflessivo, a tratti consapevole. Di contro, ci ha fatto conoscere la pressione alla performance costante (scrivi, pubblica, racconta) e ci ha esposti allo sguardo non sempre benevolo dell’altro. Ci ha fatto super-valutare le relazioni che la sociologia definisce “deboli” (quelle che una volta si definivano “semplici conoscenze” o legami virtuali) a cui abbiamo dedicato sempre più tempo.

Facebook però negli anni è cambiato, oggi non è più un social network. ...


L'articolo di Elisabetta Locatelli e Nicoletta Vittadini continua a questo link:

https://rivista.vitaepensiero.it//news-vp-plus-ventanni-di-facebook-6408.html




Gli Huthi: origini, evoluzioni e obiettivi strategici all’insegna del nuovo nazionalismo islamico

Le vicende mediorientali hanno portato alla ribalta i Partigiani di Dio (Ansar Allah), più noti come Huthi, il partito-milizia giunto a controllare un terzo dello Yemen, da cui minaccia la rotta del Mar Rosso.

Dapprima concepito per inibire selettivamente i flussi diretti a Israele, l’ostruzionismo ora prende di mira i cargo collegati ai Paesi che solidarizzano con Tel Aviv, per estorcere l’impegno a costringere Netanyahu a porre fine al conflitto a Gaza. La reazione armata angloamericana non sembra avere intimidito gli yemeniti. Anzi, la militarizzazione del transito generalizza indiscriminatamente l’insicurezza per l’intero volume dei flussi da e verso Suez.
Per comprendere chi sono gli Huthi e cosa perseguono nella cornice della destabilizzazione mediorientale, conviene esaminarne origini, evoluzioni, opzioni tattiche e riconversioni strategiche.
Con l'opportunità di trovare nel teatro yemenita l'ennesima incubazione di conflitti che, presto o tardi, trascendono il laboratorio locale di contese superiori, finendo per chiedere il conto a una più estesa platea di attori. Anche a quelli apparentemente estranei e "distratti". 
Il movimento prende nome dalla famiglia che ne sostenne la formazione. Segnatamente da Husayn al-Din al-Huthi considerato l’ideologo fondatore, fratello di Mohammad, di Abdel Malek e imparentato con altri esponenti del vertice politico e militare. ...

L'articolo di Giuseppe Casale continua a questo link:

 

"Annunciare" non è scontato e pone sempre alcune domande

"Annunciare" non è solo un verbo scontato difronte al quale dare una scollata di spalle; pone invece costantemente alcune domande la cui risposta deve essere sempre rinnovata e sarà sempre nuova.


Ecco le domande messe in fila alle quali in un intervento propone delle risposte p. Flavio Faccin omi:


Perché dobbiamo continuare ad annunciare?


Qual è il modello di colui che annuncia? 


L’annuncio è opera nostra?


Cosa annunciare?


Come annunciare?


Questo è il link:


https://www.procuramissioniomi.eu/parole-di-missione-annunciare/


Che cos’è il Cristianesimo? Una accesa discussione

I risultati della sesta Ricerca sull’appartenenza ecclesiale in Germania hanno suscitato un’accesissima discussione. Alcuni ritengono che non solo l’appartenenza ecclesiale, bensì la “religione” in quanto tale sia in caduta libera; altri sostengono invece che non è vero che la religione regredisce: essa modifica, invece, le proprie forme di manifestazione. Ma dunque, in questo dibattito, che cos’è (e cosa non è) il Cristianesimo?

I risultati della sesta Ricerca sull’appartenenza ecclesiale (Kirchenmitglieds chaftsuntersuchung, in sigla Kmu) in Germania hanno suscitato un’accesissima discussione.
La cosa potrebbe stupire, visto che il dato principale non è certo nuovo: crollo verticale del numero dei membri della chiesa cattolica e di quella evangelica.

Addirittura, una percentuale consistente di quanti risultano ancora appartenere a una Chiesa, e pagano le relative tasse (che in Germania costituiscono il canale di finanziamento delle due chiese maggiori), esprime un marcato disinteresse per la dimensione della fede è dunque e praticamente sicuro che gli elenchi ufficiali dimagriranno ancora.

Solo il 13% della popolazione tedesca si dichiara religiosamente impegnato: di questo residuo, il 53% è cattolico e il 42% protestante. Ma non sono nemmeno questi i dati che fanno discutere: in effetti, sono tali, piuttosto, da togliere il fiato. E allora? Allora, il dibattito riguarda un ulteriore esito dell’inchiesta: sembra cioe che non solo l’appartenenza ecclesiale, bensì la “religione” in quanto tale, intesa come interesse per la dimensione della trascendenza, sia in caduta libera. La famosa secolarizzazione, insomma, lungi dall’essere tramontata, come sostengono i profeti e le profetesse della “postsecolarità”, sarebbe, almeno in Europa, in impetuosa avanzata.

Tale diagnosi è tuttavia contestata con veemenza da quanti sostengono che ...

L'articolo di Fulvio Ferrario continua a questo link:

https://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt202402/240205ferrario.pdf


Quaresima 2024: così Dio ci guida alla libertà (per riscoprirci fratelli)

«Ripensare insieme gli stili di vita» per rendere migliore la parte di mondo che abitiamo ed evitare che rimanga in noi quella «inspiegabile nostalgia della schiavitù», cioè modelli di vita e di crescita che dividono, escludono, rubano futuro.

Sono alcuni dei pensieri del Messaggio del Papa per la Quaresima di quest’anno intitolato "Attraverso il deserto Dio ci guida alla libertà". Come Israele guidato da Mosè, nel deserto rimpiangeva l’Egitto, così «anche oggi il popolo di Dio» e le nostre società mantengono «legami oppressivi» che aspettano di essere recisi. Un segnale del perdurare della schiavitù in noi è, per il Papa, la diffusa mancanza di speranza, il vagare «senza una terra promessa verso cui tendere insieme». Il tempo forte della Quaresima, che inizia mercoledì 14 febbraio, ci offre un’occasione per iniziare un cammino di libertà. Preghiera, elemosina e digiuno sono tre espressioni dello stesso «movimento di apertura e di svuotamento» di sé a cui il tempo quaresimale ci invita. Davanti a Dio ci riscopriamo tutti fratelli e sorelle, «invece di minacce e di nemici troviamo compagne e compagni di viaggio. È questo il sogno di Dio, la terra promessa verso cui tendiamo, quando usciamo dalla schiavitù». Qui il testo del messaggio.

Una proposta per tre venerdì di Quaresima

Interrotti con il Covid, ripreme quest'anno la proposta di incontrarci in tre Venerdì di Quaresima per, con l'aiuto di tre testimoni, camminare verso la Pasqua.
La riflessione farà perno contemplando alcune icone della nuova installazione nella Chiesa della Risurrezione di una Via Crucis molto particolare intitolata "Sequela" che sarà inaugurata sabato 2 marzo alle ore 15.00 con la presenza del Patriarca.

La struttura degli incontri prevede un'ora di riflessione, la condivisione di una semplice ciotola di riso e un momento conclusivo di preghiera.



 

Spezzare le catene dell'odio

Tre preghiere che potranno farci vivere la Quaresima all'insegna dell'invocazione e della costruzione della pace. Sono di un rabbino, un imam e un vescovo

La preghiera del rabbino Jeremy Milgrom di Gerusalemme

Se solo potessimo riavvolgere il tempo e guardare a prima del 7 ottobre, prima che iniziasse il bagno di sangue. 

Se potessimo guardare alla nostra terra di molti decenni fa. Molto prima.    
Prima 
che generazioni di pastori e agricoltori indigeni nella terra di Palestina vedessero espropriati 

il campo e la casa, l’ulivo e la vigna. 

Prima che gli abitanti dei villaggi e delle città si ritrovassero sulle strade come profughi, prima che si sentissero dimenticati dal resto del mondo. 

Prima che tanti bambini diventassero orfani e prima che tanti genitori e fratelli e figlie e nonni perdessero i loro cari. Prima che le loro persone fossero oggetto di tanta violenza, quando i loro corpi erano ancora interi, e le loro anime non erano state ancora ferite. 

Prima che venisse inflitta agli indifesi una violenza senza misura, troppo orribile da immaginare. 

Prima che le potenze mondiali distogliessero lo sguardo da quanto il mondo vedeva e decidessero di non intervenire per far cessare il fuoco e impedire la strage. Prima che facessero a gara per fornire armi sempre più potenti, armi di distruzione di massa, continuando ad alzare le spalle nell'impotenza e nell'indifferenza. 

Ma non si possono cancellare i peccati di omissione e tutte le iniquità̀ commesse nel passato. Possiamo solo decidere di iniziare a cambiare. 

Noi preghiamo Dio che i feriti possano ricevere soccorso e non restino mai più senza ospedali e senza cure; 

che le scene terribili a cui milioni di persone hanno dovuto assistere non li tengano svegli come incubi notturni; 

che il frastuono delle bombe e le grida di disperazione non sconvolgano i loro cuori; 

che i milioni di sfollati trovino un riparo permanente e vestiti caldi e puliti che li proteggano dal freddo, aria pulita da respirare, acqua potabile da bere, cibo per nutrirsi e aule dove poter prender sonno. Mai più abbiano la strada per casa e i liquami per bevanda e sulle strade riprendano a correre le auto e non i carri armati; 

che sia restituito a tutti un futuro di sicurezza, dignità e speranza e mai più si impossessino di loro la disperazione, l’abbrutimento e la vendetta. 

O Dio, guarda al desiderio di pace che sta diventando sempre più forte ogni ora e ogni giorno, in tutto il mondo. 

Guarda a questa volontà di pace che pò far iniziare una storia nuova, così diversa da tutto il passato che ci ha ferito. 

Solo così il passato e il presente sembreranno un brutto sogno. E tutto ciò non accada mai più. 

 

 

La preghiera dell’Imam Hamad MahamedVenezia

Spesso gli uomini chiedono a Dio di esaudire i loro desideri e le loro richieste, come dice il sacro Corano: “Dio dice: chiedetemi e sarete esauditi”.      
Noi musulmani invochiamo il nome di Dio in ogni difficoltà, gli chiediamo di proteggere la nostra vita o di migliorare la nostra salute e questo lo facciamo soprattutto durante la preghiera. 

Ora insieme, con tutti gli uomini, uniamoci nel supplicare l’unico Dio della pace. 

Dice nel Corano: “Dio vi invita nella casa della pace e dice: o gente di fede entrate tutti nella pace”.
Per questo insieme preghiamo: Dio della pace, donaci al più presto la pace. I nostri cuori e le nostre anime sono stanche e sfinite nel dolore sempre più profondo: restituisci serenità e pace a tutta l'umanità. 

O Dio creatore dell’umanità alziamo a te le nostre mani e chiediamo la pace. Sia più forte dell’odio e di ogni conflitto. Fiorisca nei cuori, cancelli i nostri peccati, faccia risplendere le nostre diversità come una ricchezza per tutti.          
Noi sappiamo, o Dio, che la violenza non è mai la soluzione dei conflitti, anzi aumenta l'odio e moltiplica il male degli uni contro gli altri.

Noi sappiamo che l'odio non costruisce ponti ma, al contrario, abbatte ogni tentativo di riconciliazione tra gli uomini
Noi sappiamo che l'amore e l'unità sono le strade giuste per avere la pace, sia la pace nei nostri cuori che la pace tra i Paesi. 

Noi sappiamo che la libertà di ognuno non può realizzarsi senza la libertà di tutti.         
Per questo ti chiediamo che il mondo diventi il campo dove cresce la pace, un campo dove si seminano e si coltivano l’incontro e il dialogo.       
O Dio, invochiamo il tuo nome come fu invocato dal nostro padre Abramo dicendo: Di, che il mondo sia nella tranquillità.
Dio dia la pace a tutta l'umanità,           
Dio ci dia la forza di credere nella pace con i fatti e le parole, per poter trasformare la terra in un paradiso di pace e amore,        
Dio faccia della serenità un compagno e un custode della pace. 
E Dio faccia di me un ponte per gettare la pace tra i fratelli e le sorelle.  
Dove c'è l'odio sia più forte la pace,      
Dove c'è l'ingiustizia vinca la ragione,  
Dove c'è la menzogna trionfi la verità, 
Dove c'è il male prevalga il bene,         
Dove c’è il buio si porti la luce. 
Insieme allora supplichiamo: donaci la pace, o Dio. Sia pace in noi e tra di noi, pace nelle nostre case e nel nostro Paese, Sia pace al più presto tra tutti i popoli del mondo e per tutti gli uomini e le donne del mondo! Amen

 

La preghiera del Patriarca emerito di Gerusalemme, +Michel Sabbah

Signore Dio, nostro Creatore, tu sei l’amore, la vita, la luce. Illumina le tenebre che avvolgono tutta la Terra santa. Tu che ci hai resi capaci di amare ricordaci che ci hai comandato di custodire il nostro fratello. 

Signore, nostro Padre che sei nei cieli, sulla terra allontana la guerra dai cuori di tutti, piccoli e grandi, popoli e capi delle nazioni del mondo. Allontana la guerra dai cuori di chi produce e commercia le armi più micidiali che stanno seminando devastazione e morte nella Striscia di Gaza, lutti infiniti, fame e il peggior male che l’umanità sappia generare. 

Ti supplichiamo: agisci nei cuori dei potenti del mondo e liberali dalla cecità e dalla morte che è in loro, fa che ricordino di essere tutti creati a tua immagine, fatti per amare e non per togliere la vita agli altri. 

Qui, Signore, in tutta la tua terra santa, gli uomini uccidono, distruggono e continuano a gettare missili che seminano morte ovunque. 

A Gaza c’è così tanta distruzione e morte che a migliaia sono sfollati sulle strade, senza un rifugio, senza pane con cui sfamare i loro piccoli. 

In Israele c’è la guerra che si è impossessata dei cuori. E c’è anche la paura per le sirene e i missili che minacciano la vita di tutti. 

Nei Territori Occupati della Palestina, in tutte le città e villaggi, la violenza domina su tutto, isola le città, distrugge e demolisce. 

Quanti prigionieri nelle carceri, a migliaia, ben prima del 7 Ottobre, e dopo quel giorno ancora a migliaia i palestinesi che vengono arrestati. 

E a Gaza quanti ostaggi israeliani, persone innocenti in attesa della libertà. A tutti, Signore, dona la salvezza, la libertà nella comune dignià umana.     
O Dio noi gridiamo a te e ti supplichiamo:         
Restituisci a tutti un presente e un futuro di pace nella giustizia; 

Rendici capaci di amare come tu ci insegnato, perché siamo tutti figlie e figli tuoi; Facci rimanere umani senza distruggerci nell’odio. 

Abbi pietà di tutti, delle persone inermi che è stato deciso di sterminare. Abbi pietà anche dei ‘folli’ che hanno perduto la ragione e il cuore e non smettono di decidere: “Ancora più morte, ancora più demolizione”. 

Il salmo ci fa pregare: “Gridano e il Signore li ascolta, li salva da tutte le loro angosce. Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito, egli salva gli spiriti affranti” (salmo 33,18-19). Signore, siamo affranti e sconvolti da questa guerra. Liberaci e abbi pietà di noi. Amen

(da https://www.bocchescucite.org/)