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I Domenica di Quaresima - Mc 1,12-15

Seguire Gesù significa non fuggire difronte alle difficoltà anche lui ha dovuto imparare l’obbedienza a Dio e non fu facile nemmeno per lui (Eb 5,8) come non lo fu per il popolo uscito dall’Egitto. Quest’ultimo ci mise un’itera vita (40 anni) a far maturare la sua fede in Dio, ad accontentarsi del necessario evitando l’accumulo (il fatto che la manna non poteva essere conservata voleva significare proprio questo) e che la terra è un dono del Signore che non si può possedere.

 


Tutti gli anni la Quaresima inizia con l’Evangelo delle tentazioni di Gesù nel deserto dopo che, nel Battesimo, ci sono state presentate le sue credenziali, i titoli di testa che saranno sviluppati pian piano uno alla volta lungo l’intero anno liturgico. Ci è stato indicato che questo è il tempo nel quale il Regno di Dio si è fatto presente a noi, che invita a cambiare radicalmente il modo di pensare e vivere secondo il mondo, per immergerci nel Vangelo, nella lieta notizia che un altro modo di essere è possibile. 

È possibile svincolarsi dai lacci, dalle sirene, dalle reti con le quali la società cerca di conformarci a se stessa, ai suoi criteri, alle sue necessità ed essere pescati, tirati fuori dal mare nel quale si corre il pericolo di annegare. Questo avviene quando si inizia a guardarsi attorno, a farsi prossimo a chi ha bisogno di essere accompagnato per guarire anche lui. È il farsi compagni di Gesù inserendosi nella sua missione nonostante le difficoltà, gli ostacoli, le sofferenze che questo può provocare. Ma è urgente farlo e bisogna “subito” proporre una realtà nella quale al posto dell’avere e del possedere ci sia la gioia del condividere; invece della smania di fare carriera la libertà di guardare al bisogno dell’altro; anziché il comandare ci sia il servire.

La voce che venne dal cielo dopo il battesimo di Gesù, aveva confermato la sua immersione nella nostra umanità: “Tu sei il figlio mio” (non “il mio figlio” che sarebbe un possessivo monovalente), affermando così che l’intera umanità è “figlia” di Dio. È quel “tu” che risuona anche nel primo versetto del Decalogo “Io sono il Signore Dio tuo” con il quale il Padre ci costituisce come soggetti capaci di stare davanti a lui, come persone da lui amate, nelle quali pone il suo compiacimento. Gesù rappresenta l’intera umanità e ce lo fa comprendere pure il fatto che “subito” viene sospinto nel deserto per 40 giorni “tentato da Satana” cioè per una intera vita. 

Marco con questo ci vuole dire che, come per tutta l’umanità, anche Gesù ha dovuto imparare l’obbedienza a Dio e non fu facile nemmeno per lui (Eb 5,8) come non lo fu per il popolo uscito dall’Egitto: ci mise un’itera vita (40 anni nel deserto facendo l’esodo dall’Egitto) a far maturare la sua fede in Dio, ad accontentarsi del necessario evitando l’accumulo (la manna che non poteva essere conservata significa proprio questo) e che la terra è un dono del Signore che non si può possedere.

Quando lo Spirito lo “sospinse” (il termine greco è più rude: lo “cacciò”) nel deserto, non lo fa per vedere se il diavolo riuscisse a portarlo fuori strada, ma per dirci che anche lui ha vissuto tutte le prove, tutte le difficoltà che anche noi incontriamo e che sono occasioni propizie per rendere più solida, più matura la nostra fede. Nel Padre Nostro, quel “non indurci/non abbandonarci alla (nella) tentazione” significa proprio questo: “aiutaci a superarle”. Anche Israele dopo essere stato liberato dall’Egitto (ce lo ricorda l’invocazione sempre nel Padre Nostro: “liberaci dal male”), dall’oppressione, dalla schiavitù, dal potere che sottomette l’uomo cade nella tentazione di rimpiangere quando stava in Egitto ma aveva la pentola piena di cipolle. Nel deserto, nella vita libera, non c’era qualcun altro che ci pensava, ci si doveva arrangiare a procurarsi il cibo. La libertà, ha un suo prezzo.

 

Nel deserto Gesù incontra tre personaggi. Innanzitutto Satan, il divisore, colui che si oppone al progetto di Dio con tutti gli “spiriti impuri”, le malattie che nelle domeniche precedenti Gesù ha affrontato e purificato. Ognuno di noi ha come compagno un suo Satan che è la logica di questo mondo, l’incitamento a fare quello che ci piace e ci è comodo; sono anche le organizzazioni che diffondono la droga, le fake-news, l’uso del proprio corpo e di quello degli altri; sono la violenza gratuita, per vendetta o ritorsione sia a livello personale che a livello nazionale o internazionale (quanto è accaduto e accade in Medio-Oriente ce lo mostra ogni giorno).

Poi “stava con le bestie selvatiche”. Il riferimento è a una pagina del libro di Daniele che definisce così chi domina nel mondo con la forza, la violenza, sopraffacendo i più deboli azzannandoli, sbranandoli e divorandoli come bestie feroci.

Gesù non fugge ma “stava” con, in mezzo alla realtà, immerso nella storia di tutti, le difficoltà e le sofferenze che questi domini provocano. Ci vuole mettere in guardia per essere pronti ad ogni vicissitudine: i poteri forti che sfruttano i più deboli (per esempio il Nord contro il Sud del mondo), le ideologie, i fanatismi religiosi o nazionalistici, i razzismi, la violenza economica che sta alla base di ogni guerra spesso nascosta dietro pseudo ideali.

Infine gli Angeli ovvero tutti coloro che sono stati e rimangono al suo fianco, a collaborare con lui; quando incontriamo una persona buona non diciamo forse che “è un angelo”? La storia ne è per fortuna molto ricca e l’invito è anche a noi, di essere degli “angeli” capaci di aprire i cuori, il regno a tutti.

(BiGio)

 

Il versetto seguente dell’Evangelo di oggi è stato commentato due domeniche fa in questo link: https://parrocchiarisurrezione.blogspot.com/2024/01/iii-domenica-dopo-natale-mc-114-20.html

 

 

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