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Per il momento da Venerdì 30 maggio 2025 questo Blog sarà implementato solo con notizie ecclesiali della Parrocchia.  I Post con la proposta...

Figure di transizione del cristianesimo contemporaneo

 Tullio Vinay, Giuseppe Dossetti, David M. Turoldo, Ernesto Balducci

La seconda metà del Novecento ha visto risplendere per l’ultima volta queste figure del cristianesimo. Il monaco, il sacerdote, il pastore e il profeta sono progressivamente scomparsi dall’orizzonte, lasciando ai cristiani non ordinati il peso e la responsabilità di tradurre questa trasformazione in forme che siano comprensibili a quella che oggi è la contemporaneità.

Figure come quelle di Giuseppe Dossetti, Tullio Vinay, Ernesto Balducci e David Maria Turoldo rappresentano altrettanti snodi della trasformazione evocata nel capoverso precedente. Quando, come e perché avvenne questo cambiamento radicale di orizzonte?
A partire da quando i cosiddetti “laici” cominciarono a percepirsi come “religiosi”, in grado di agire sull’ordine delle chiese e della società?
Le quattro conferenze del ciclo cercheranno di rispondere alle domande appena formulate, in un percorso che va dagli anni Cinquanta al 1992, anno della fine di Turoldo e di Balducci e di inizio di una crisi politica trentennale.

Tutti gli incontri del Ciclo organizzato dalla Fondazione Serughetti La Porta in collaborazione con il Centro Culturale Protestante di Bergamo si possono vedere qui:

⏩ Qui Guarda la playlist con tutte le conferenze

Materiali e approfondimenti

UN VERO AMORE. Tullio Vinay e i ragazzi che raccoglievano le bandiere – Un podcast in cinque puntante del Centro Studi e rivista Confronti, a cura di Marzia Coronati 

Giuseppe Dossetti. Imparare a guardare lontano, Fabrizio Mandreoli – Il Regno-Attualità 20/2021

“La polvere della terra” e “il nome di Dio”. Poesia e profezia in David Maria TuroldoMariangela Maraviglia – Parola e parole, n. 37, marzo 2023

LA CHIESA E IL MONDO DAL CONCILIO AD OGGI – Ernesto Balducci – “La Porta” 9 maggio 1979  




Sanzioni: i “commerci fantasma” aiutano Mosca

L’economia russa tiene. Affronta immense difficoltà, ammesse dallo stesso governo e banca centrale russi, ma tutto considerato tiene. Le stime del Fondo Monetario Internazionale – passate per il 2022 da un tombale -8,5% a un meno catastrofico -2,1 – sono lì a dimostrarlo. Fino ad alcuni mesi fa ad aver tenuto in piedi l’economia era il flusso di idrocarburi che ha continuato a scorrere verso Occidente, in particolare in Europa, permettendo di sostenere il rublo e recuperare parte di capitali e riserve bloccati dalle sanzioni occidentali.


Per continuare a produrre la Federazione Russa ha bisogno di importare prodotti, anche quelli sanzionati dai Paesi occidentali perché dual-use, che cioè possono essere utilizzati sia per scopi civili che militari. In questa lista compaiono per esempio semiconduttori, droni, macchinari utili alla produzione manifatturiera, tecnologia per l’attività estrattiva, turbine, equipaggiamento radio, e via dicendo. Se questi prodotti non possono più attraversare il confine con la Russia, e infatti le esportazioni dai Paesi europei e dal Regno Unito sono ormai crollate, possono invece farlo triangolando le rotte commerciali con gli Stati che non applicano le sanzioni, la maggior parte al di fuori del blocco occidentale. I principali indiziati sono da tempo Georgia, Turchia, Armenia, Kazakistan e Kirghizistan.Secondo l’elaborazione ISPI su dati Eurostat e Comtrade, dall’inizio del conflitto, le esportazioni europee verso questi Paesi sono aumentate rispettivamente del 35, 42, 221, 231 e 743%. Variazioni decisamente sospette, di gran lunga superiori al trend pre-invasione. Per di più, secondo una ricerca dell’European bank for Reconstruction and Development  (EBRD) l’export UE verso questi Paesi di prodotti sotto sanzione è cresciuto di un extra 30% rispetto al resto del mercato. ...

L'intero report dell'ISPI a questo link:

Cina e via della seta: inizia l'effetto boomerang?

  • Con la sua strategia di “going out” (oggi spesso ricondotta sotto al cappello della Belt and Road Initiative) la Cina è diventata un grande creditore del mondo. I soli Paesi a basso reddito devono oggi a Pechino oltre 100 miliardi di dollari: più del doppio di quanto debbano a tutti i Paesi occidentali messi insieme.

    • Dopo 15 anni di discesa continua, l’impennata dell’ultimo decennio ha portato il debito dei Paesi a basso reddito a superare i livelli più alti dalla fine degli anni Novanta. In media, questi Paesi devono destinare il 17% delle entrate statali al ripagamento del debito, anziché a servizi ai cittadini o a investimenti produttivi.
    • Il peggiorare delle condizioni economiche costringe sempre più Paesi a basso reddito a cercare di rinegoziare i propri debiti. E per farlo devono sempre più spesso rivolgersi a Pechino, anziché ai creditori occidentali. Negli ultimi dieci anni quasi il 70% dei rinegoziati di debito ha coinvolto una controparte cinese.
    • Da parte sua, la Cina è riluttante a rinegoziare il debito con i Paesi che lo richiedano, trascina i negoziati per tempi più lunghi e spesso concede dilazioni nei ripagamenti più che vere e proprie cancellazioni. Condizioni nettamente peggiori di quelle concesse da molti Paesi occidentali nell’ultimo mezzo secolo.

    • Le conseguenze politiche di queste dinamiche sono chiare:  ....


    L'analisi dell'ISPI continua a questo link:



​Così la Cina non mantiene la promessa sul debito dei Paesi poveri

Solo tre mesi fa il Dragone aveva fatto intendere di essere disposta a rinegoziare i prestiti concessi alle economie più fragili, unitamente a Banca mondiale e Fmi. Ma mentre questi ultimi hanno fatto passi in avanti, Pechino è rimasta ferma

Tre mesi fa Pechino aveva preso l’impegno a rinegoziare migliaia di prestiti concessi negli ultimi due decenni ai Paesi in via di sviluppo. I quali, in mancanza di finanze pubbliche adeguate e crescita degna di questo nome, non hanno mai avuto altra possibilità se non indebitarsi con le economie più avanzate per realizzare le infrastrutture più basilari. Per questo un intero continente, l’Africa, è finito nelle mani del Dragone, le cui banche hanno finanziato i Paesi ipotecando come più volte raccontato da questa testata il loro stesso futuro.

Una situazione diventata nel tempo insostenibile e che aveva spinto la stessa Cina a intavolare un confronto con gli altri due grandi creditori globali, la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale.

L'intero articolo di Gianluca Zapporini a questo link:

https://formiche.net/2023/05/cina-debito-g7-paesi-poveri/





Destra e sinistra per la medicina non sono termini antiquati ma dirimenti

Due modi di guardare e di posizionarsi molto differenti e con obiettivi e strategie altrettanto differenti che richiedono, proprio a coloro che retoricamente dichiarano di difendere il Servizio Sanitario Nazionale pubblico, di schierarsi e di fare delle scelte chiare e pubbliche sia a livello di Parlamento sia a livello delle singole Regioni.


Fare delle scelte strategiche a partire dai posizionamenti risulta essenziale per garantire il diritto alla salute delle collettività, ora più che mai in una fase in cui la sopravvivenza del Servizio Sanitario Nazionale pubblico sembra interessare sempre meno i decisori pubblici e i diversi attori che ad esso appartengono. Vi proponiamo dunque un posizionamento che è anche una scelta professionale oltre che culturale.

Destra e sinistra non sono due antiquate categorie, residuo delle obsolete ideologie novecentesche. Destra e sinistra sono due diversi modi di concepire i rapporti tra individuo e comunità, tra singolo e collettività.

Destra è chi privilegia il primo dei due termini dando massimo valore alla libertà e al benessere individuale, sinistra è chi privilegia i beni comuni e il benessere collettivo.

Due paradigmi alternativi, come empirismo e razionalismo in filosofia, che in medicina qualificano con un peso diverso le tre fasi di sviluppo che caratterizzano la clinica moderna basata su ricerca ed evidenze scientifiche: scienza di base (la ricerca di laboratorio), cura della malattia individuale (l'elemento patogeno che turba l'omeostasi momentaneamente o irreversibilmente), salute collettiva (il benessere della popolazione di riferimento e il contrasto ai fattori di nocività generali che ne compromettono la qualità).


L'intervento di Roberto Polillo, Mara Tognetti continua a questo link:


I due autori:




 

Il mondo non è pronto per la migrazione di massa causata dai cambiamenti climatici

Centinaia di milioni di persone dovranno lasciare le proprie case entro il 2050. Ma le strategie sono fragili e a livello internazionale non c’è accordo sulla definizione di rifugiato climatico.

Circa 184 milioni di persone, il 2,3% della popolazione mondiale, vivono al di fuori del proprio Paese d’origine. Quasi la metà di queste si trova in Paesi a basso e medio reddito. Non è ovviamente un fenomeno nuovo: la migrazione è stata parte dell’esperienza umana sin dai primi giorni della civiltà. In altre parole, da quando l’Homo sapiens lasciò l’Africa circa 130mila anni fa, gli esseri umani non hanno mai smesso di muoversi, producendo culture, lingue ed etnie differenti.

Se si osservano i trend degli ultimi decenni, la quota di migranti nella popolazione mondiale è rimasta relativamente stabile dal 1960. Tuttavia, ci avverte la Banca mondiale nel suo ultimo World development reportquest’apparente stabilità è fuorviante perché la crescita demografica è stata disomogenea in tutto il mondo: la migrazione è aumentata oltre tre volte più velocemente della crescita della popolazione verso i Paesi ad alto reddito e solo la metà della crescita della popolazione verso i Paesi a basso reddito. C’è dunque una migrazione economica guidata da prospettive di salari più alti e condizioni di vita migliori, che fa sì che circa l’84% dei migranti vada a vivere in un Paese più ricco del proprio. Un elemento da non sottovalutare è che i migranti non sono quasi mai i più poveri dei loro Paesi: lo spostamento ha dei costi che la maggior parte delle persone in condizioni di estrema povertà non può permettersi. Mediamente coloro che migrano sono meno poveri (ma anche meno ricchi) di chi rimane nel Paese d’origine.

Nel quadro delle migrazioni internazionali, quelle provocate da guerra e violenze sono purtroppo in crescita. ...

L'intero articolo di Andrea De Tommasi a questo link:

https://futuranetwork.eu/focus/533-3857/il-mondo-non-e-pronto-per-la-migrazione-di-massa-causata-dai-cambiamenti-climatici





La gigantesca opera di trasparenza voluta dal papa sul passato argentino

Senza dover aspettare i 70 anni previsti dalle regole vigenti, abbiamo già oggi, poco più di 40 anni dopo i fatti, una pubblicazione impressionante per quantità di fonti e testimonianze sin qui riservate su quanto accadde in Argentina prima e durante una delle dittature più feroci. La riflessione di Riccardo Cristiano

Arriva dall’Argentina una delle novità più importanti del pontificato di Francesco. Ed essendo un’operazione di verità su una delle pagine più tragiche della storia del Novecento non poteva che avere ramificazioni e deviazioni politiche che rischiano di farci distrarre, perdendo di vista la grande novità emersa.

“La verità vi renderà liberi”. È questo il titolo dell’opera in tre volumi, due dei quali già pubblicati e superiori alle mille pagine ciascuno, con cui la Conferenza Episcopale Argentina, che ne ha affidato la realizzazione a un gruppo di studiosi religiosi e laici, dà conto della storia Argentina e dei proprio comportamenti prima e durante la dittatura, di alcune complicità, di una diffusa inadeguatezza, ma anche del comportamento opposto, a volte eroico, di molti ecclesiastici negli anni feroci e terribili della dittatura, della giunta Videla. Nell’introduzione i vescovi parlano chiaramente delle scuse che devono per le manchevolezze innegabili di quelli anni, che videro tanti silenzi e circa 30mila desaparecidos, il furto dei figli alle madri di cultura o militanza marxista e molto altro. Tutto questo ora viene raccontato con trasparenza e fonti grazie all’apertura con decenni di anticipo di tutti gli archivi episcopali e vaticani, inclusi quelli della Segreteria di Stato Vaticana. Questa deroga fu decisa da papa Francesco proprio per la necessità di far emergere la verità.


L'intero articolo a questo link:

https://formiche.net/2023/05/trasparenza-papa-francesco-argentina/


Un anno fa veniva uccisa la giornalista palestinese-americana Shireen Abu Akleh

La corrispondente di Al Jazeera è stata colpita alla testa da un proiettile mentre copriva un raid militare. Al momento della morte Shireen Abu Akleh e i colleghi che erano con lei indossavano elmetti e giubbotti blu con la scritta "PRESS" che li identificano come giornalisti. Le Forze di Difesa Israeliane (FDI) hanno inizialmente negato ogni coinvolgimento nella morte della giornalista, ammettendo in seguito “un’elevata possibilità” che sia stata colpita dal fuoco israeliano, ritenendo tuttavia la morte accidentale. A oggi nessun militare è stato ritenuto responsabile. 


Varie inchieste giornalistiche e un’indagine delle Nazioni Unite hanno concluso la responsabilità delle FDI. Sia la famiglia che Al Jazeera hanno presentato una denuncia contro Israele presso la Corte penale internazionale dell’Aia, definendo schiaccianti le prove. Tuttavia Israele non fa parte della Corte, e il procedimento potrebbe richiedere anni.
L’amministrazione Biden ha appoggiato finora la versione di Israele, opponendosi all’avvio di un’indagine indipendente - la giornalista era cittadina americana. Le pressioni del Congresso hanno però portato all’apertura di un’indagine dell’FBI, ma Israele ha già fatto sapere che non collaborerà.

L'intero articolo di Valigia Blu a questo link:



VI Domenica di Pasqua - Gv 14,15-21

Gli uomini non sono chiamati a obbedire a Dio, ma a somigliargli amando gli altri nelle diversissime situazioni nelle quali ci si trova ad essere il suo sguardo che sa farsi compassione, la sua mano che sa accarezzare, la sua bocca che sa sorreggere ed incoraggiare.

 

Domenica scorsa l’Evangelo si era chiuso con Gesù che diceva: “chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre”.

Non significa certo che i credenti faranno miracoli più grandi dei “segni” fatti da Gesù che manifestavano, sotto differenti angolature, l’unica opera del Padre: il dono al mondo della vita eterna e rendevano visibile la salvezza offerta, provocando i testimoni a riconoscerla presente. Il comparativo “più grandi” non esprime una differenza quantitativa o qualitativa, ma un suo nuovo, diverso aspetto. In questo modo Gesù dona ai discepoli di partecipare alla sua missione configurandoli (noi con loro), alla sua esistenza e in un compito che spesso pare essere più grande delle nostre possibilità. Per questo in tutta la Scrittura ogni missione affidata da Dio a una persona o a un gruppo, è sempre seguita dall’assicurazione dell’aiuto divino. Ecco perché in questi “discorsi d’addio” fa da ritornello quelIo sono (sarò) con te (con voi) per sempre fino alla fine dei giorni (Mt 28,20).

 

L’Evangelo di oggi, che continua quello proclamato domenica scorsa, riporta due coppie di espressioni di Gesù “Se mi amate, osserverete i miei comandamenti” … “Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva questi mi ama” che sono caratterizzate da una assoluta reciprocità, la prima riflette la seconda e, anche cambiandone l’ordine, il loro senso non cambia; ciascuna di queste poi introduce un’azione del Padre a favore dei discepoli: “Vi donerà un altro Paraclito“ … “sarà amato dal Padre mio”.

Questo per dirci che i due inviti ad osservare l’Alleanza e ad amare Dio, cioè aderire e fare la sua volontà d’amore per gli uomini e il creato, sono una cosa sola. Affermazione questa che ritorna costantemente nell’intera Scrittura assieme all’assicurazione che porterà alla realizzazione della sua promessa: “stabilirò la mia dimora in mezzo di voi”.

Ora Gesù ha pienamente vissuto in ogni momento della sua vita l’Alleanza, per questo può affermare “Io Sono la Verità” e far coincidere la sua parola con i Comandamenti senza alcuna intenzione di sostituirli, anzi insistendo perché, sulla sua sequela, siano da tutti pienamente vissuti.

Se mi amate, osserverete i miei comandamenti. Io mi rivolgerò (e non “pregherò”) al Padre ed egli vi donerà (e non “darà”) un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo riconosce. Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi”.

Giovanni utilizza un verbo greco che significa rivolgersi” che viene usato per una richiesta tra pari (mentre si “prega” un superiore) e il Padre “vi donerà (e non “darà”) un altro Consolatore” che “rimanga (congiuntivo presente!) con voi per sempre”.

Viene spontaneo riconoscere in questo “altro” Consolatore che rimane già da ora per sempre con i discepoli Gesù ed è corretto. In fin dei conti l’etimologia latina di questo termine è composta da due lemmi: con=insieme e solari=confortare cioè colui che sostiene nel bisogno, che lenisce le ferite come fa il genitore che mette un cerotto sul ginocchio sbucciato di suo figlio facendosi vicino, riscaldando il suo cuore, accogliendo, facendo suo il momento di difficoltà, ridonando luminosità al momento buio triste.

Non è stata forse questo che ha fatto Gesù incarnandosi, facendosi carico della nostra umanità ferita dal peccato, sostenendoci nel cammino di conversione nella strada che, seguendo il suo esempio, ci porterà nuovamente nella piena comunione con il Padre? 

Il profeta Aggeo (2,4-5) con questo oracolo a nome del Signore: “Coraggio popolo di tutto il paese! Io sono con voi! Il mio spirito è in mezzo a voi, non temete!”, sintetizza tutto il messaggio di queste due domeniche: dall’invito a non essere turbati, al non temere, all’assicurazione che non ci avrebbe lasciati soli e che sarebbe rimasto per sempre in mezzo a noi.

 

Una seconda caratteristica di questo Consolatore è il suo essere “Spirito di Verità che il mondo non può ricevere perché non lo riconosce” mentre i discepoli lo conoscono “perché egli dimora già presso di loro “sarà in voi”. Di nuovo qui compare la coniugazione dei verbi nel modo giovanneo tra presente e futuro, ad indicare che queste realtà sono contemporanee ed sono l’invito a rimanere ben agganciati al nostro presente nel quale rintracciare i semi, i germogli del Regno che già sono tra di noi che ci è chiesto di far crescere e maturare con concretezza, chiedendoci che cosa possiamo fare per gli altri. Fare questo significa amare un Gesù che non ha mai chiesto di obbedire a lui e nemmeno a Dio. Se ha comandato qualcuno, questi sono stati gli spiriti immondi. Gli uomini non sono chiamati a obbedire a Dio, ma a somigliargli amando gli altri nelle diversissime situazioni nelle quali ci si trova ad essere il suo sguardo che sa farsi compassione, la sua mano che sa accarezzare, la sua bocca che sa sorreggere ed incoraggiare.

 

(BiGio)

 

 

Nessun baratto nel brano dell'evangelou di oggi di Giovanni 14,15-21

Gesù ci parla di amore prima di parlare dell’osservanza dei comandamenti. Pone l’ago della bussola sul nord.


La pericope si apre col versetto 15: “Se mi amate osserverete i miei comandamenti” e si chiude col versetto 21: “Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. ”Tra questi due versetti il cui tema è quello dell’amore legato all’osservanza dei comandamentc’è la promessa di un dono: “Egli vi darà un altro Paràclito, lo Spirito della verità.”

“Se mi amate”, non è da leggere come la condizione di un baratto posto da Dio ma come la conseguenza logica di quello che succede quando si ama: “Nella misura in cui mi amate osserverete i miei comandamenti”.

Gesù ci parla di amore prima di parlare dell’osservanza dei comandamenti. Pone l’ago della bussola sul nord. La fede in atto, gli atti della fede, i comandamenti, non si danno senza una relazione autentica, un legame profondo di adesione alla presenza di Gesù. Se non è così, cioè se ci dimentica della prima parte: “Come io ho amato voi”, l’ago della bussola appunto, il comandamento nuovo datoci da Gesù in fedeltà ai comandamenti della Torah “Amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34) diventa una legge morale che richiede uno sforzo volontaristico votato al fallimento. Se ci si dimentica della priorità della relazione con Gesù c’è un pericolo spirituale, quello di sentirsi giudicati da un Dio che chiede l’impossibile

I sentimenti di scoraggiamento, di impotenza che producono poi il senso di colpa possono trascinare addirittura al rigetto della fede stessa. E quest’amore non è fatto soltanto di un’emozione sentimentale che può essere passeggera, quanto piuttosto di un legame di tutto “cuore, anima e forze” alla persona del Figlio per conoscere il Padre. 

Gesù ci ama e il suo amore è vero perché non è centrato su di sé (non sarebbe un amore liberante ma un attaccamento). Egli vuole il bene per noi e sa che il bene lo si riceve dal Padre, come lui lo sperimenta. “Uno solo è buono, Dio” aveva detto allo scriba che lo chiamava “maestro buono”. Tanto nel v. 15come nel v. 21 egli ci orienta verso il Padre: “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito”, ev. 21 “Chi ama me sarà amato dal Padre mio”. E orienta il nostro cuore a ricevere l’energia dello Spirito che lo lega al Padre, questo amore divino dal quale ha ricevuto il senso e la forza di compiere il comandamento del Padre: “Gesù sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi, li amò fino alla fine”. Amore compiuto. 

La vita di Gesù ha testimoniato, prima di tutto, della relazione con il Padre, chiamato intimamente “Abba”, tramite l’accoglienza dello Spirito di amore del Padre. Solo con questa forza interiore ha potuto adempiere i comandamenti fino all’assoluto dell’amore sulla croce. Ha amato noi più della propria vita.

(sr Sylvie di Bose)

Raccontare ai giovani le sfide dell’intelligenza artificiale (e umana). Michilli sulla RomeCup

Al centro della sedicesima edizione della manifestazione RomeCup, le sfide per lo sviluppo sostenibile tra intelligenza artificiale e intelligenza umana e le implicazioni etiche dell’interazione uomo-macchina. Mirta Michilli, direttrice generale della Fondazione Mondo Digitale: “Così valorizziamo le nostre eccellenze e approfondiamo temi fondamentali per il futuro del Paese”

Intelligenza artificiale e intelligenza umana. Il divario tra lo sviluppo della tecnologia e la capacità dell’uomo di utilizzarla, tra rischi e opportunità. Sono stati questi alcuni dei temi al centro della sedicesima edizione della RomeCup, la manifestazione promossa dalla Fondazione Mondo Digitale e dall’Università Campus Bio-Medico di Roma, aperta ieri dai saluti dei ministri Anna Maria Bernini (Università) e Adolfo Urso (Imprese e Made in Italy), e dall’intervento di Shawn Crowley, incaricato d’Affari ad interim presso l’Ambasciata degli Stati Uniti d’America in Italia. L’evento si concluderà domattina con le premiazioni dei partecipanti ai contest in Campidoglio alla presenza del sindaco capitolino, Roberto Gualtieri.
La RomeCup è il multi evento dedicato all’ecosistema dell’innovazione che dal 2007 avvicina i giovani allo studio e alle carriere in ambito Steam e sviluppa competenze e profili professionali molto richiesti, soprattutto nei settori della robotica e dell’intelligenza artificiale.

Il report di Federico di Bisceglie a questo link:





Pi, il nuovo (e sentimentale) chatbot lanciato da Inflection AI

Rispetto agli altri già sul mercato, questo strumento cerca di entrare in empatia con l’utente, rispondendo ai suoi dubbi con delle contro-domande e stimolando il dialogo. Pur ribadendo che non è un umano. Per ora è disponibile nella sua versione demo gratuita

Un nuovo chatbot fa la sua comparsa sul mercato, questa volta a firma di Inflection AI, la start-up dei co-fondatori di DeepMind e LinkedIn, Si chiamerà Pi (acronimo di Personal Intelligence), attualmente è disponibile gratuitamente in versione demo per tutti in lingua inglese – non si sa quando verrà messo a pagamento – ed è stato l’amministratore delegato dell’azienda, Mustafa Suleyman, ad elencare le sue caratteristiche. Iniziando però da quello che gli manca. “Ci sono molte cose che non può fare. Non elabora elenchi o codici, non pianifica viaggi, non scriverà la vostra strategia di marketing o il vostro saggio per la scuola”, ha dichiarato al Financial Times. Piuttosto, “è stato progettato esclusivamente per conversazioni rilassate, di supporto e informative”.

La particolarità di questo chatbot è che, a differenza degli altri, delle volte le sue risposte potrebbero essere delle contro-domande. “Questo è quello che Pi fa davvero bene, aiuta a facilitare la vostra ricerca”, ha aggiunto Suleyman. O meglio, incoraggia al dialogo il suo interlocutore umano, facendolo ragionare. Un’altra sua peculiarità, che non si ritrova nei chatbot concorrenti, è il modo di rispondere. Non asettico e computerizzato come ci si attenderebbe, bensì gentile, in tono colloquiale e rispettoso di chi ha davanti. “È molto equilibrato e imparziale su questioni politiche o argomenti delicati, ma a volte può anche essere divertente, sciocco e creativo”, ha spiegato Suleyman.

Un esempio concreto? ....


L'articolo di Lorenzo Santucci continua a questo link:

https://formiche.net/2023/05/pi-chatbot-inflection/



Sinodo 2021-2024: a che punto siamo?

Terminata la fase continentale del processo sinodale è necessario fare il punto della situazione, a partire dal contributo ad essa offerto dalle Chiese italiane


Hanno destato una certa reazione, sia di approvazione che di disapprovazione, le recenti modifiche alla composizione del Sinodo dei Vescovi. Ad esso potranno partecipare e – soprattutto – votare 70 persone «non vescovi» (di cui almeno il 50% donne), ma individuate dai vescovi stessi e nominate dal Papa, in qualità di «memoria» della fase di ascolto e discernimento vissuta nelle Chiese locali e dalle loro rappresentanze nazionali e continentali.
Tale decisione è stata comunicata appena si è conclusa la fase continentale del cammino sinodale e dopo che sono stati resi pubblici i sette documenti corrispondenti. È tempo, allora, di riannodare le fila del processo in corso, a partire dal contributo che le chiese italiane hanno portato lo scorso marzo all’assemblea sinodale europea di Praga. Quest’autunno, infatti, ci eravamo lasciati con l’analisi del documento preparatorio alle sette assemblee continentali (DTC), condotta in rapporto a quanto emerso dalla sintesi nazionale italiana, per individuarne – come richiesto dal §106 del DTC – analogie, differenze e priorità, dal punto di vista sia delle relazioni con l’altro che delle strutture. Lo stesso lavoro di discernimento doveva essere effettuato dalle varie chiese (diocesi) locali, affinché poi le rispettive conferenze episcopali nazionali potessero offrirne una sintesi all’assemblea continentale di Praga. E così, nonostante qualche inerzia iniziale, è stato fatto. Il risultato è contenuto in un testo che sostanzialmente ribadisce quanto già espresso nella sintesi nazionale dell’estate 2022, riallineandosi però a certe tendenze emerse nel DTC – con cui si dichiara di avere una «forte convergenza», anche se non su tutto (come vedremo).

L'intero articolo di Sergio Ventura a questo link:


 

“Non è bene che l’uomo sia solo”

Di solitudine si muore. Lo dice la medicina, ma in fondo il cuore ce l’ha sempre detto, quando ci ha fatto male perché ci sentivamo soli. Di solitudine si muore, perché “non è bene che l’uomo sia solo” (Gen 2, 18): l’uomo non è stato fatto per stare da solo, e questo non concerne solo la questione matrimoniale, ma lo stesso codice sorgente della natura umana. L’uomo è creato incompiuto, perché scopra nella relazione con i suoi simili il suo completamento, e in ciò ritrovi anche la sua vera identità di immagine di Dio, che è il Dio di relazioni, l’eterna Trinità

In una relazione molto preoccupante il dott. Vivek Murthy, medico membro della cerchia dei consiglieri dell’attuale governo americano, affronta gli effetti nocivi della solitudine per la salute. Il medico, autore peraltro di “Together. The healing power of human connection in a sometimes lonely world”, nella sua relazione lancia l’allarme circa la letalità della solitudine, intesa come vissuto interiore squalificante delle proprie relazioni, e dell’isolamento, che invece è una condizione più esterna di emarginazione e distanza.

Di solitudine si muore, dunque. Lo dice la medicina, ma in fondo il cuore ce l’ha sempre detto, quando ci ha fatto male perché ci sentivamo soli.

Di solitudine si muore, perché “non è bene che l’uomo sia solo” (Gen 2, 18): l’uomo non è stato fatto per stare da solo, e questo non concerne solo la questione matrimoniale, ma lo stesso codice sorgente della natura umana. L’uomo è creato incompiuto, perché scopra nella relazione con i suoi simili il suo completamento, e in ciò ritrovi anche la sua vera identità di immagine di Dio, che è il Dio di relazioni, l’eterna Trinità.


 L'intero articolo di Alessandro Di Medio a questo link: 

https://www.agensir.it/italia/2023/05/08/non-e-bene-che-luomo-sia-solo/?utm_source=mailpoet&utm_medium=email&utm_campaign=la-newsletter-di-agensir-it_2

Intelligenza artificiale, che fine farà il lavoro umano

I lavoratori non vedono di mal grado la possibilità di ricevere ordini da parte degli algoritmi. Mal sopportano, piuttosto, i supervisor che li trattano da sottoposti e magari li discriminano. Preferiscono l’assenza del fattore umano negli ordini impartiti dai sistemi automatici che appaiono meno “biased”, condizionati dai pregiudizi. Dalle “super-mind” alla creatività dei Large Language Model: come sostituire e potenziare la mano d’opera. 

Chi l’intelligenza artificiale (Ai) la usa attraverso i navigatori degli smartphone può ipotizzare quante ore in macchina e quanto carburante risparmia, piuttosto che quanti milligrammi di monossido di carbonio evita di rilasciare nell’ambiente. Non poca cosa. Ma le aspettative dei esperti del campo e delle big tech vanno ben oltre. Non passa giorno senza leggere di mirabolanti innovazioni che promettono di semplificare la vita quotidiana con la domotica ovvero di rendere più efficiente la produzione di beni e servizi. Sistemi che scrivono software, automazione dei controlli di bilancio, traduzione istantanea in un numero prima impensabile di lingue e molto altro. Tante promesse e tante opportunità dovrebbero potrebbero miglioramento la produttività delle persone e delle organizzazioni. Aziende e pubbliche amministrazioni che fanno di più con meno risorse e individui che migliorano le loro performance. Gli economisti che guardano ai grandi numeri, però, non rilevano segni evidenti di una svolta.

Cambia tutto o non cambia niente?

L'analisi del tema di Gaetano Pellicano continua a questo link:

https://formiche.net/2023/05/intelligenza-artificiale-lavoro-pellicano/



Storia, rischi e sfide della rivoluzione “smart working”

Tra le conseguenze della pandemia di COVID-19 c’è quella di aver costretto all’improvviso milioni di persone in tutto il mondo a lavorare da casa. Il lavoro a distanza – che non prevede il recarsi ogni giorno in un ufficio per svolgere le proprie mansioni – non è però una pratica nuova, nata e legata a fenomeni emergenziali, ma una modalità d’intendere la quotidianità lavorativa concettualizzata a partire dagli anni ‘70, evolutasi nel tempo anche grazie ai progressi tecnologici, ma che prima del contagio del nuovo coronavirus è stata praticata in maniera marginale.    


Il lavoro da remoto è da tempo relegato ad analisi e discussioni settoriali che ne studiano i pro e i contro. Ad esempio, negli anni si è visto che tra i potenziali vantaggi ci sono maggiore autonomia e produttività del lavoratore, un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata e benefici ambientali. Tra le criticità si osserva invece che una giornata lavorativa più lunga, con i lavoratori sempre potenzialmente "collegati" per rispondere a mail e messaggi, può causare anche una difficile conciliazione tra lavoro e famiglia. Inoltre, la mancata interazione sociale con altri colleghi può portare a rischi per la salute e il benessere del lavoratore, con conseguenti sensazioni di isolamento e depressione. 


L'intero articolo di Andrea Zitelli a questo link:

Contro economia: E Dio fu salvato dalle donne

Dove è l’amore di Dio, quantunque embrionale, rozzo, grezzo, oscurato, sotterraneo e non all’aperto, ivi è il cuore quantunque ferito dell’uomo; ed è da pensare che lì vi sia Iddio, e dunque la pietà.
(Giuseppe De Luca, Introduzione all’archivio italiano della storia della pietà, p. XXI)

Le metafore teologiche sono indispensabili e pericolose. In queste settimane molti lettori e alcuni teologi hanno ribadito, di fronte alle mie critiche, la necessità della metafora economico-commerciale per comprendere la rivelazione cristiana. Perché la troviamo nel Nuovo Testamento, e anche san Paolo la usa.

In effetti, nella Prima lettera ai Corinzi troviamo addirittura la parola prezzo: «Siete stati comprati a caro prezzo» (7,23). Una frase, tra l’altro, molto amata e “cara” al teologo Dietrich Bonhoeffer, che contrapponeva la salvezza “a caro prezzo” alla salvezza “a buon mercato”. Ma nelle lettere di Paolo troviamo altre metafore, tra queste quella sportiva: «Non sapete che, nelle corse allo stadio, tutti corrono, ma uno solo conquista il premio?… Io dunque corro; faccio pugilato, ma non come chi batte l’aria» (1 Corinzi 9, 24-26). Nessuno, leggendo queste immagini sportive, ha però mai pensato che il pugilato o la corsa siano essenziali e necessarie per spiegare la teologia di Paolo. Né qualche teologo ha (ancora) mai pensato di descrivere la vita cristiana o la Chiesa come una corsa di atletica o un combattimento di pugilato, dove “solo uno conquista il premio”. Si sono fatti invece usi parziali della metafora sportiva senza spingerla fino in fondo. Ma, sorprendentemente, ciò che non si è fatto per lo sport lo si continua a fare con l’economia, che è molto più amata dai teologi che dagli economisti. 


L'intero articolo di Luigino Bruni a questo link:









Il PCI al Cinema

Il sol dell’avvenire di Nanni Moretti e I Pionieri di Luca Scivoletto hanno entrambi a che fare con il Partito comunista italiano, ma propongono due diversi modi di filtrare la memoria storica

È senz’altro un caso, ma certo è curioso che, in un breve arco di giorni, siano apparsi sugli schemi italiani due film che hanno a che fare con la storia del Partito comunista italiano, anche se in modo molto diverso. Uno è quello di Nanni Moretti (Il sol dell’avvenire), che naturalmente è ben noto e discusso; l’altro (I pionieri), molto meno visto e conosciuto (speriamo per poco), è un film di un regista esordiente, Luca Scivoletto, prodotto da Fandango e Rai cinema. Si tratta di due lavori che possono essere assunti come espressione di due diversi modi di concepire e filtrare la memoria storica di ciò che è stato il Pci.


L'intera recensione di Antonio Floridia a questo link:

https://www.rivistailmulino.it/a/il-pci-al-cinema?&utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=Strada+Maggiore+37+%7C+2+maggio+%5B9100%5D

Paolo Crepet commenta: Michela Murgia dà la parola ai morituri

Noi siamo immersi in una cultura cattolica che ci dice che il dolore redime. A me è sempre sembrato un pensiero scabroso. La religione ha fatto della morte uno strumento di marketing. Almeno ai miei tempi, in tutti le classi stava esposto un condannato a morte. Mi sono sempre chiesto perché invece non si è scelto un bambinello sorridente. Anche nelle nostre agende, ogni giorno si ricorda un morto martoriato. Questa ossessione della morte come apice della vita rende più importante il modo in cui si muore che quello in cui si è vissuto.


"Le parole di Michela Murgia sono laiche, rivoluzionarie. Così rappresenta e fa parlare i morituri, a cui non si dà una voce".
Così lo psichiatra Paolo Crepet commenta l’intervista del Corriere della Sera in cui la scrittrice racconta di avere un carcinoma renale al quarto stadio con metastasi a polmoni, ossa, cervello. "Abbiamo raccontato storie strane e assurde ai nostri bambini sulla morte dei nonni, così il momento della fine per cultura, per tradizione, deve restare velato. Lei ha tolto il velo al patibolo. E lo ha fatto parlando di se stessa e per farlo ci vuole coraggio. Qualche cretino magari dirà che è esibizionismo, ma sono molto lontano da questi cori miserabili".
 


L'intera intervista a Paolo Crepet a questo link:

https://www.alzogliocchiversoilcielo.com/2023/05/paolo-crepet-con-la-sua-intervista.html