Tra le conseguenze della pandemia di COVID-19 c’è quella di aver costretto all’improvviso milioni di persone in tutto il mondo a lavorare da casa. Il lavoro a distanza – che non prevede il recarsi ogni giorno in un ufficio per svolgere le proprie mansioni – non è però una pratica nuova, nata e legata a fenomeni emergenziali, ma una modalità d’intendere la quotidianità lavorativa concettualizzata a partire dagli anni ‘70, evolutasi nel tempo anche grazie ai progressi tecnologici, ma che prima del contagio del nuovo coronavirus è stata praticata in maniera marginale.
Il lavoro da remoto è da tempo relegato ad analisi e discussioni settoriali che ne studiano i pro e i contro. Ad esempio, negli anni si è visto che tra i potenziali vantaggi ci sono maggiore autonomia e produttività del lavoratore, un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata e benefici ambientali. Tra le criticità si osserva invece che una giornata lavorativa più lunga, con i lavoratori sempre potenzialmente "collegati" per rispondere a mail e messaggi, può causare anche una difficile conciliazione tra lavoro e famiglia. Inoltre, la mancata interazione sociale con altri colleghi può portare a rischi per la salute e il benessere del lavoratore, con conseguenti sensazioni di isolamento e depressione.
L'intero articolo di Andrea Zitelli a questo link:
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