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Intelligenza artificiale, che fine farà il lavoro umano

I lavoratori non vedono di mal grado la possibilità di ricevere ordini da parte degli algoritmi. Mal sopportano, piuttosto, i supervisor che li trattano da sottoposti e magari li discriminano. Preferiscono l’assenza del fattore umano negli ordini impartiti dai sistemi automatici che appaiono meno “biased”, condizionati dai pregiudizi. Dalle “super-mind” alla creatività dei Large Language Model: come sostituire e potenziare la mano d’opera. 

Chi l’intelligenza artificiale (Ai) la usa attraverso i navigatori degli smartphone può ipotizzare quante ore in macchina e quanto carburante risparmia, piuttosto che quanti milligrammi di monossido di carbonio evita di rilasciare nell’ambiente. Non poca cosa. Ma le aspettative dei esperti del campo e delle big tech vanno ben oltre. Non passa giorno senza leggere di mirabolanti innovazioni che promettono di semplificare la vita quotidiana con la domotica ovvero di rendere più efficiente la produzione di beni e servizi. Sistemi che scrivono software, automazione dei controlli di bilancio, traduzione istantanea in un numero prima impensabile di lingue e molto altro. Tante promesse e tante opportunità dovrebbero potrebbero miglioramento la produttività delle persone e delle organizzazioni. Aziende e pubbliche amministrazioni che fanno di più con meno risorse e individui che migliorano le loro performance. Gli economisti che guardano ai grandi numeri, però, non rilevano segni evidenti di una svolta.

Cambia tutto o non cambia niente?

L'analisi del tema di Gaetano Pellicano continua a questo link:

https://formiche.net/2023/05/intelligenza-artificiale-lavoro-pellicano/



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