Noi siamo immersi in una cultura cattolica che ci dice che il dolore redime. A me è sempre sembrato un pensiero scabroso. La religione ha fatto della morte uno strumento di marketing. Almeno ai miei tempi, in tutti le classi stava esposto un condannato a morte. Mi sono sempre chiesto perché invece non si è scelto un bambinello sorridente. Anche nelle nostre agende, ogni giorno si ricorda un morto martoriato. Questa ossessione della morte come apice della vita rende più importante il modo in cui si muore che quello in cui si è vissuto.
"Le parole di Michela Murgia sono laiche, rivoluzionarie. Così rappresenta e fa parlare i morituri, a cui non si dà una voce".
Così lo psichiatra Paolo Crepet commenta l’intervista del Corriere della Sera in cui la scrittrice racconta di avere un carcinoma renale al quarto stadio con metastasi a polmoni, ossa, cervello. "Abbiamo raccontato storie strane e assurde ai nostri bambini sulla morte dei nonni, così il momento della fine per cultura, per tradizione, deve restare velato. Lei ha tolto il velo al patibolo. E lo ha fatto parlando di se stessa e per farlo ci vuole coraggio. Qualche cretino magari dirà che è esibizionismo, ma sono molto lontano da questi cori miserabili".
L'intera intervista a Paolo Crepet a questo link:
https://www.alzogliocchiversoilcielo.com/2023/05/paolo-crepet-con-la-sua-intervista.html
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