Le metafore teologiche sono indispensabili e pericolose. In queste settimane molti lettori e alcuni teologi hanno ribadito, di fronte alle mie critiche, la necessità della metafora economico-commerciale per comprendere la rivelazione cristiana. Perché la troviamo nel Nuovo Testamento, e anche san Paolo la usa.
In effetti, nella Prima lettera ai Corinzi troviamo addirittura la parola prezzo: «Siete stati comprati a caro prezzo» (7,23). Una frase, tra l’altro, molto amata e “cara” al teologo Dietrich Bonhoeffer, che contrapponeva la salvezza “a caro prezzo” alla salvezza “a buon mercato”. Ma nelle lettere di Paolo troviamo altre metafore, tra queste quella sportiva: «Non sapete che, nelle corse allo stadio, tutti corrono, ma uno solo conquista il premio?… Io dunque corro; faccio pugilato, ma non come chi batte l’aria» (1 Corinzi 9, 24-26). Nessuno, leggendo queste immagini sportive, ha però mai pensato che il pugilato o la corsa siano essenziali e necessarie per spiegare la teologia di Paolo. Né qualche teologo ha (ancora) mai pensato di descrivere la vita cristiana o la Chiesa come una corsa di atletica o un combattimento di pugilato, dove “solo uno conquista il premio”. Si sono fatti invece usi parziali della metafora sportiva senza spingerla fino in fondo. Ma, sorprendentemente, ciò che non si è fatto per lo sport lo si continua a fare con l’economia, che è molto più amata dai teologi che dagli economisti.
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