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Per il momento da Venerdì 30 maggio 2025 questo Blog sarà implementato solo con notizie ecclesiali della Parrocchia.  I Post con la proposta...

L’unica e vera discriminazione del nostro tempo: la povertà.

 Emanciparsi non significa guadagnare di più. Emanciparsi significa rendersi liberi, sottrarre la propria vita ad un potere esterno. E in questo, la cultura, può molto di più di quanto possa il denaro.

In un mondo sempre più caratterizzato dal politically correct, in cui si preferisce utilizzare asterischi o altri simboli per risultare più inclusivi, l’unica vera e reale discriminazione in essere è quella della povertà. Si tratta, a ben vedere, di un’evidenza coerente con il nostro sistema sociale: con la supremazia del potere economico sul potere politico, l’atto discriminante non avviene più utilizzando gli strumenti che da sempre alcuni gruppi utilizzano per avere il predominio sugli altri, ma attraverso una serie di elementi che pongono il povero in una condizione discriminata.

L'opinione di Stefano monti a questo link:





La risposta di Andrea Grillo al pensiero di Luigino Bruni: La riserva maschile non è la soluzione.

 Ho letto con un certo disagio il breve e apodittico ragionamento con cui Luigino Bruni entra nella questione teologica del “ministero femminile”, sfoderando alcuni luoghi comuni che non sono solo suoi, ma che non aiutano a comprendere la questione. Altrettanto sorprendente è il fatto che l’”Osservatore Romano” titoli con grande evidenza una tesi a dir poco discutibile (“Il sacerdozio non è la soluzione”, il testo dell’articolo si può leggere qui). All’inizio del suo intervento, Bruni ricorda giustamente il ritardo con cui la Chiesa si trova rispetto al cammino con cui la società ha riconosciuto in modo nuovo e inedito la vocazione e la dignità delle donne. Per recuperare questo “gap”, la Chiesa deve evitare, però, di “clericalizzare la donna”.


Vediamo come Bruni argomenta questo pericolo:

Gli argomenti principali sono quattro:

a) Siccome la comprensione del “sacerdozio” è clericale, la donna è meglio che non vi entri;

b) Prima si deve lavorare tutti insieme per cambiare il sacerdozio e renderlo non clericale;

c) Una volta guadagnato questo risultato, sarà naturale che questa nuova nozione includa in futuro sia gli uomini sia le donne

d) Se oggi impiegassimo energie per far entrale le donne nella concezione attuale del sacerdozio, avremo élites anche femminili introdotte nel “club sacrale” e nulla cambierà.


Non è la prima volta che ascolto questo ragionamento. Esso accomuna, non di rado, uomini e donne “di destra”, ma soprattutto uomini e donne “di sinistra”. A me pare che però si tratti di un modo per non affrontare veramente la questione e per confondere problemi diversi. Provo a presentare qui brevemente le mie obiezioni....

L'0pinione di Andrea Grillo è a questo link:




Luigino Bruni: il sacerdozio femminile non è la soluzione

Le donne non hanno ancora trovato il loro giusto posto nella Chiesa, non siamo stati ancora capaci di riconoscerle nella loro piena vocazione e dignità. Attendono da duemila anni di essere viste come le aveva viste Gesù, che è stato rivoluzionario per molte cose e tra queste per il ruolo che avevano le donne nella sua prima comunità. Ma mentre alcune delle sue rivoluzioni sono diventate cultura e istituzioni della Chiesa, la sua visione della donna e delle donne è ancora imprigionata nel grande libro dei “non ancora” che non diventano “già”.

La Chiesa cattolica resta uno dei luoghi sulla terra dove l’accesso ad alcune funzioni e compiti è ancora legato al genere sessuale, dove nascere femmina orienta già dalla culla il percorso di vita di quella futura cristiana nelle istituzioni, nella liturgia, nei sacramenti e nella pastorale delle comunità cattoliche.

Pur conoscendo e riconoscendo molte delle ragioni di chi si batte per questo, non ho mai pensato che la soluzione sia estendere il sacerdozio alle donne, perché finché il sacerdozio ministeriale è inteso e vissuto all’interno di una cultura clericale, allargare l’ordine sacro alle donne significherebbe, di fatto, clericalizzare anche le donne e quindi clericalizzare di più la Chiesa tutta. La grande sfida della Chiesa di oggi non è clericalizzare le donne ma de-clericalizzare i maschi e quindi la Chiesa.

La riflessione di Luigino Bruni continua a questo link:

https://www.osservatoreromano.va/it/news/2024-03/dcm-003/ma-il-sacerdozio-non-e-la-soluzione.html





Il tramonto di un mito

Dove sono andate a nascondersi quelle parti sotterranee dell’albero europeo che dovrebbero avere il compito di nutrirlo e fissarlo al terreno? Già, — si domanda Sante Lesti in Il mito delle radici cristiane dell’Europa. Dalla Rivoluzione francese ai giorni nostri, che esce domani in libreria per i tipi dell’Einaudi — che fine ha fatto quel tema che fu fondamentale per gli ultimi due Pontefici (oltre a molti intellettuali laici, a dire il vero) e ora è, o dovrebbe essere, nelle mani di papa Francesco?

Lesti ritiene che, «come minimo», si possa dire sia stato «messo seriamente in discussione». Si può tranquillamente affermare, prosegue, che con papa Francesco il mito delle radici cristiane dell’Europa è diventato, almeno in parte, «anacronistico». O, per meglio dire, è divenuto il «residuo» di «una Chiesa madre e maestra, se non sovrana» che «non esiste più». Una Chiesa che adesso, a detta dell’autore, preferisce presentarsi come un «ospedale da campo dopo una battaglia». Bergoglio, secondo Lesti, ha dato prova innumerevoli volte di considerare quel mito inadatto ai tempi in cui viviamo. Troppo grande è il rischio — ad esso connesso — di «dare una qualche legittimità, sia pure non intenzionalmente, al discorso identitario e anti-immigrati (quando non esplicitamente anti-islamico) delle destre europee». E, cosa che potrebbe aver impensierito papa Francesco, di una parte non irrilevante del cattolicesimo europeo. A lui invisa.

L'articolo di Paolo Mieli continua a questo link:

https://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt202403/240304mieli.pdf



Ecco cos’ha sbagliato Israele il 7 ottobre

Ziv l'esperto militare israeliano spiega come le contingenze politiche abbiano spinto la leadership di Hamas a realizzare questo attacco, che ha preso tutti di sorpresa. Sfruttando le debolezze del sistema di difesa israeliano nel suo complesso


“La situazione per Israele è complessa, molto complessa”. È così che Israel Ziv decide di aprire il suo intervento. Ex membro delle Israeli Defense Forces, andato in congedo con il grado di generale di divisione, Ziv è un affermato analista militare e commentatore politico. Le sue iniziative per aiutare a respingere con successo i terroristi di Hamas dal territorio israeliano all’indomani del 7 ottobre lo hanno catapultato nel ruolo di uno degli esperti più ricercati di Israele, e non solo. Motivo per cui è stato invitato a Roma ad animare l’evento “Israele, Quo Vadis?”, promosso dall’European Jewish Organization e dall’Ambasciata d’Israele in Italia, e svoltosi nella mattina di lunedì 26 febbraio presso l’Hotel Meridien Visconti.

L'accurata analisi continua a questo link:

L’industria delle armi che alimenta i conflitti

«Basta ricordare che il sangue di milioni di uomini e innumerevoli e inaudite sofferenze, inutili stragi e formidabili rovine sanciscono il patto che vi unisce, con un giuramento che deve cambiare la storia futura del mondo: mai più la guerra, mai più la guerra! La pace, la pace deve guidare le sorti dei Popoli e dell'intera umanità! Se volete essere fratelli, lasciate cadere le armi dalle vostre mani. Non si può amare con armi offensive in pugno. Le armi, quelle terribili specialmente, che la scienza moderna vi ha date, ancor prima che produrre vittime e rovine, generano cattivi sogni, alimentano sentimenti cattivi, creano incubi, diffidenze e propositi tristi, esigono enormi spese, arrestano progetti di solidarietà e di utile lavoro, falsano la psicologia dei popoli»


Era il 4 ottobre del 1965. Papa Paolo VI indirizzava questo messaggio ai 166 Paesi rappresentati in quel momento all’Assemblea delle Nazioni Unite. L’organizzazione svedese “Uppsala Conflict Data Program” registrava, nel 2022, cinquanta cinque conflitti armati nel mondo, dei quali otto considerati come guerre. Ci risiamo. In tutti questi anni, nella complice adesione di Paesi e Comunità Internazionale, i fabbricanti di armi hanno pienamente risposto alle aspettative e attese delle élite politico-finanziarie che vogliono ad ogni costo perpetuarsi al potere. Le guerre sono il mezzo privilegiato che garantisce perennità e guadagni alle industrie degli armamenti e all’ideologia letale che le crea. Non dovremmo però lasciarci illudere o fuorviare dalle necessarie analisi geopolitiche o macroeconomiche. Il Sistema di Dominazione che a tutt’oggi continua a governare il mondo trova ispirazione e giustificazione in un malessere di natura che potremmo definire “religiosa”. Le divisioni e contraddizioni del mondo e delle strutture portanti delle società evidenziano ...

L'articolo di Mauro Armanino continua a questo link:

https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/l-industria-delle-armi-che-alimenta-i-conflitti

Israele e Hamas: testimonianza da Gaza, “nella Striscia gli animali vivono meglio degli uomini”

Dai pressi di Rafah arriva la testimonianza di Karim, un infermiere che lavora in una delle strutture sanitarie della zona dove, dopo l'ordine di evacuazione dell'esercito di Israele, sono affluiti circa 1,3 milioni di sfollati dal centro e dal nord della Striscia. “Siamo continuamente sotto pressione, non sappiamo quale sarà il nostro futuro. La sensazione è quella che si può morire da un momento all’altro senza che ce ne rendiamo conto”.  


“Siamo continuamente sotto pressione, non sappiamo quale sarà il nostro futuro. La sensazione è quella che si può morire da un momento all’altro senza che ce ne rendiamo conto”. A parlare al Sir, dalle vicinanze di Rafah, al confine tra Gaza e l’Egitto, è Karim(nome di fantasia, ndr.), infermiere in una delle poche strutture sanitarie ancora operative nella Striscia, per questo in prima linea nell’assistere la popolazione civile sfollata spinta ancora più a Sud dall’esercito israeliano. Il sistema sanitario gazawo è praticamente crollato: al Sud gli ospedali Nasser Medical Complex e al Amal non riescono ad assicurare nemmeno le cure essenziali alle centinaia di pazienti rimasti al loro interno dove hanno trovato rifugio anche migliaia di sfollati in fuga dalle bombe. Il Nasser è stato occupato dai militari israeliani che hanno arrestato un centinaio di persone ritenute terroristi di Hamas, tra loro circa 70 sarebbero operatori sanitari del complesso medico che è stato trasformato in caserma. 

Il reportage di Daniele Rocchi continua a questo link:

https://www.agensir.it/mondo/2024/02/21/israele-e-hamas-testimonianza-da-gaza-nella-striscia-gli-animali-vivono-meglio-degli-uomini/?utm_source=mailpoet&utm_medium=email&utm_campaign=la-newsletter-di-agensir-it_2

"Sequela" di Francesco Sabbatucci. 15 pannelli installati nella Chiesa della SS. Risurrezione

Sequela” è il titolo dell’installazione di 15 pannelli che sono stati nella Chiesa della Risurrezione ed è proprio questo, la sequela, che desidera proporre staccandosi dalla spiritualità popolare della tradizionale Via Crucis alla quale chiaramente si rifà.


Francesco Sabbatucci


Io non sono un critico d’arte ma posso raccontare quello che comprendo e perché definisco decisamente pregevole l’opera realizzata da Francesco Sabbatucci. L’autore nel realizzare i 15 pannelli utilizza una tecnica mista, assembla elementi diversi per rispondere, proporre e coinvolgere chi vi si trova di fronte: la pittura ad olio, il legno tratto dai resti di una bricola, chiodi, tessuto, rovi, corde. Attraverso questi elementi che incontriamo nella nostra quotidianità, ogni singolo pannello ci “attira dentro”, ci chiede di immedesimarci in quello che è rappresentato. 

L’arte figurativa contemporanea come la musica dodecafonica, non permettono di rimanere semplicemente osservatori o ascoltatoti, richiedono una partecipazione attiva. Se non ci si coinvolge, se non vi si entra a far parte con il nostro vissuto, si rimane estranei. Siamo abituati a guardare opere che descrivono tutto, ad ascoltare l’armonia delle sinfonie di Mozart, Beethoven, Schubert … ma, nella musica dodecafonica, per dirla in due parole, l’armonia ce la deve mettere l’ascoltatore; parimenti l’arte figurativa contemporanea ci chiede, quasi ci obbliga a coinvolgersi con tutto quello che siamo. Oggi ogni forma d’arte chiama a fare “esperienza”, non prevede alcuna possibilità di essere spettatori passivi pena il non riuscire a cogliere nulla e il rimanere esclusi da ogni minima comprensione. 

 

Già il titolo, Sequela, ci dice che non si potrà rimanere spettatori distaccati, ma che c’è un cammino da fare mediato dalla sensibilità e dalla spiritualità dell’autore. Quello che viene proposto di è sì il percorso di Gesù verso la sua morte e risurrezione, ma contemporaneamente è anche il nostro cammino nella vita parimenti fatto di fatiche, ingiustizie subite, cadute, dolori che sono la pienezza dell’esistenza.

 

I pannelli di Sequela non sono un messaggio facile perché riflettono e ci chiedono di riflettere sulla nostra vita in tutto simile a quella vissuta da Gesù al quale nulla è stato risparmiato; San Paolo ci dice che dalle sue fatiche imparò l’obbedienza al Padre (Ebr 5,8), cioè il saper amare come Lui ama. Non sono le sue sofferenze che ci salvano, ma l’aver accettato la morte e la morte di croce, per amore di tutti gli uomini, per poter portare la misericordia di Dio anche in quell’unico posto dove la Scrittura ci diceva che sicuramente non c’era: colui che era appeso era maledetto da Dio stesso (Dt 21,23).

 

In Sequela il cammino di Gesù ci viene proposto attraverso la visione di luoghi, incontri, strumenti della sua fatica e della sua passione ma lui non c’è, perché lui è al nostro fianco a dare senso alla nostra fatica quotidiana, alle nostre difficoltà. L’opera non ci induce a soffermarsi sul dolore di un altro; ci chiede di assumere coscientemente il nostro senza cercare di rimuoverlo o di rifiutarlo sapendo che con Lui anche noi risorgeremo. Vita-morte-resurrezione sono inscindibili: fermarsi su di un sol aspetto fa perdere tutto il senso e il significato dell’Incarnazione.

 

In un’opera composita come questa nella quale la pittura è “contaminata” da altri elementi naturali o frutto del lavoro dell’uomo, confinare raggruppate all’inizio le parole che non “spiegano” bensì positivamente evocano facendo risuonare il senso di ogni singolo pannello, non solo non aiutano a comprenderne la profondità, ma eliminano la possibilità di coinvolgere un elemento importante capace di introdurci in ogni singola opera chiedendoci quale sia la nostra parte di vita ad esservi richiamata da condividere con quella del Cristo.

(BiGio)

condannato

 

Le foto di alcuni dei 15 pannelli sono a questo link:

https://parrocchiarisurrezione.blogspot.com/p/sequela-di-francesco-sabbatucci-i.html

Inaugurazione sabato 2 marzo dell'installazione "Sequela"

Sabato 2 marzo alle ore 15.00 c'è stata l'inaugurazione dell'installazione dei 15 pannelli, opera di Francesco Sabbatucci, nella Chiesa della SS. Risurrezione alla presenza del Patriarca Francesco Moraglia


L'inaugurazione è stata arricchita dall'esecuzione di tre brani dell'opera "La buona novella" di Fabrizio De Andrè che, Sabbatucci ha detto averlo ispirato.


I tre brani proposti che hanno cadenzato l'inaugurazione sono stati "Maria nella bottega di un falegname", "Via della croce" e "Le tre Madri".


La presentazione dell'opera, un intervento del Patriarca e l'ascolto dell'opera "Crucifixsus" di Alvise Vianello, composta appositamente per "Sequela" hanno caratterizzato l'incontro.


È stata anche l'occasione per Carlo e Bernardino di salutare il Patriarca presentando il loro digiuno per la pace che oramai va avanti dal Mercoledì delle Ceneri, ricevendo l'invito ad andarlo a trovare in Patriarcato.


Le immagini di alcuni dei 15 pannelli di Sequela e alcune note si trovano a questo link:

https://parrocchiarisurrezione.blogspot.com/p/sequela-di-francesco-sabbatucci-i.html

Nella III Domenica di Quaresima ....

Dalla Schiavitù del Male alla Libertà di Servire


Introduzione

 

Dopo le due domeniche iniziali, le tentazioni nel deserto e la trasfigurazione, la liturgia ci invita a proseguire il cammino quaresimale mettendoci in ascolto delle pagine tratte dal Vangelo di Giovanni. Il modo di fare sacrifici a trasformato il tempio in un mercato. Gesù non accetta e non subisce. Prende l’iniziativa.

Noi siamo tentati di trasformare Dio in un mercante, contrattando con lui ciò di cui abbiamo bisogno. Gesù ci ricorda che Dio è un padre, che desidera condividere con noi la sua vita e la sua gioia. Questo atteggiamento deve nutrire anche il nostro modo di obbedire ai comandamenti rivelati a Mosé. Le 10 parole sono indicazioni per un cammino di vita che rompe la catena la nostra seconda catena, quella che ci fa camminare alla cieca senza sapere dove andare. La prima è stata quella  delle tradizioni, delle ideologie, delle posizioni di potere.


 

Preghiere dei Fedeli

 

Perché Rachele nel continuare il suo cammino sia sostenuta dal nostro sincero e costante aiuto, preghiamo 

 

Signore ti affidiamo i tanti popoli percorsi dalla guerra, dalle migrazioni forzate, dalle violenze e dalle ingiustizie, dona libertà e pace e rende i tuoi collaboratori nell’accoglienza e nella condivisione. Preghiamo

 

Preghiamo per tutte le persone che in questo periodo praticano il digiuno come Carlo e Bernardino, per pregare per un cessate il fuoco, per la pace e la fine di guerre. Preghiamo


Per tutti gli uomini e le donne che svolgono un ministero nella nostra comunità: lettori, amministranti, animatori del canto, perché rende accoglienti le nostre chiese, per i volontari della carità e nell’animazione benedice il signore le loro fatiche e fa che con mitezza e umiltà testimoniano la bellezza di servirti. Preghiamo



L'Iscrizione del nome di Rachele


ha caratterizzato la nostra celebrazione. Rachele  riceverà i Sacramenti dell'Iniziazione Cristiana la Domenica di Pasqua


Ecco alcune foto della presentazione di Rachele da parte della sua madrina Betty Andriollo






e qui il link del video di parte della presentazione da parte della Madrina e l'Iscrizione del nome:


https://drive.google.com/file/d/1EP9-WD5gClpwXuq8E4kXVZ0KRoFu1--d/view?usp=share_link



Il Foglietto "La Resurrezione" di Domenica 3 marzo

 


III Domenica di Quaresima - Gv 2,13-25

Quello che denuncia Gesù va oltre alla riduzione del rapporto con Dio a un evento mercantile. Gesù con quella sua azione desidera affermare che il “volto di Dio” non va più cercato nel Tempio perché è lui quel Volto al quale aneliamo, è in Lui che noi incontriamo il Padre del cielo. Il senso di quel “distruggere il tempio” è quello di lasciarlo perdere perché ha terminato la sua funzione.



Le nostre domande su chi sia Gesù che ci hanno accompagnato lungo il Tempo Ordinario, ci hanno introdotto nella Quaresima e, nelle prime due Domeniche, hanno trovato delle prime indicazioni. È un Dio che si fa vicino a noi ed è in tutto simile a noi, tanto da vivere come noi nella continua tentazione di mettere il nostro “io” davanti al progetto di Dio. Ma Gesù assume nella solidarietà e nella compassione la nostra vita per cambiarla di segno e mostra nella sua trasfigurazione ciò a cui siamo chiamati. Vi si giunge però attraverso la porta stretta della passione, della croce. Non si possono bruciare o saltare nessuna tappa.

 

In questa terza Domenica di questa Quaresima la Liturgia lascia l’Evangelo di Marco per accompagnaci verso la Grande e Santa Settimana con quello di Giovanni che, a differenza dei Sinottici, pone all’inizio del ministero di Gesù l’episodio della “purificazione” del Tempio, nella prima delle tre Pasque che lo vedrà a Gerusalemme.

Il Tempio era il luogo di incontro tra Dio e il suo popolo nel quale, seguendo le indicazioni in particolare del Levitico, il culto si concretizzava essenzialmente nei sacrifici che accompagnavano i momenti più diversi della vita dell’uomo esprimendone gli stati d’animo più vari: dalla consapevolezza di peccato al ringraziamento, all’espressione spontanea di religiosità. Abbandonati i sacrifici umani come la prima lettura di domenica scorsa ci ha tra i molti aspetti testimoniato, al primo posto c’erano gli “olocausti” la cui vittima animale veniva integralmente bruciata. Poi c’erano i sacrifici di “comunione”, “lode”, di “confessione”, di “oblazione” e, infine, due tipi di “espiazione”. Attraversi i sacrifici compiuti nello spirito del codice del Levitico, qualcosa del donatore o dell’offerente entrava nella sfera divina: un messaggio di amore, di ringraziamento, una domanda, un’implorazione. 

Si deve riconoscere che, a parte i sacrifici animali, molto di questo è rimasto anche nella prassi religiosa cristiana: dalle offerte in suffragio dei morti, alle candeline davanti a statue o quadri di Santi e Madonne; dalle offerte per celebrazioni o benedizioni, a tante pratiche di digiuno, astinenza, preghiere; amuleti e immagini sacre acquistate sui banchi dei santuari, delle chiese e altro ancora.

Quel mercanteggiare nei cortili del Tempio di Gerusalemme era tollerato per agevolare le masse che a Pasqua venivano anche da molto lontano (si calcolano anche 120.000 pellegrini su una popolazione di 40.000 abitanti) e non potevano certo portarsi dietro da casa quanto serviva per l’olocausto. L’offerta in denaro poi non poteva avere immagini dei potenti dell’epoca e, quindi, dovevano essere cambiate con quelle abilitate ed accettate all’interno del Tempio per non contaminarlo (chiamate “prutot”).

Già ripetutamente i profeti avevano contestato quel tipo di culto definendolo una trappola perché fa pensare di essere a posto avendo fatto delle belle liturgie: quello che Dio vuole, dicevano con forza, è la giustizia. Questo, gli ebrei già lo sapevano, non c’era bisogno che Gesù facesse quell’azione violenta. 

Quello che denuncia Gesù va oltre alla riduzione del rapporto con Dio a un evento mercantile: i suoi favori sono completamente gratuiti, non possono essere comprati, non si può dargli nulla e nemmeno far entrare qualcosa di noi nella sua sfera divina come il Levitico pensava. 

 

Se il salmo 27 pone sulle nostre labbra la ricerca del volto di Dio e il salmo 84, con tutti quelli di pellegrinaggio e dell’ascensione a Gerusalemme, ci fa anelare ad abitare gli atri del Tempio, il luogo della Presenza del Padre, Gesù con quella sua azione desidera affermare che il “volto di Dio” non va più cercato nel Tempio perché è lui quel Volto al quale aneliamo, è in Lui che noi incontriamo il Padre del cielo. Il senso di quel “distruggere il tempio” è quello di lasciarlo perdere perché ha terminato la sua funzione. Con l’Incarnazione l’immagine del Volto di Dio ora è in ogni uomo, in ogni donna perché Dio, in Gesù, si è fatto uomo.


I richiami qui possono essere molti. Innanzitutto se il Tempio di pietre non doveva essere trasformato in un mercato, tanto meno i nostri corpi lo devono essere e la Comunità cristiana dovrebbe essere impegnata a denunciare tutte quelle situazioni nelle quali l’umanità è mercanteggiata, profanata a partire dai rapporti di genere per giungere ai luoghi di lavoro che a giorni alterni diventano altari nei quali vengono sacrificate delle vite. Senza contare le guerre con tutti i loro morti.

(BiGio)

“Si avvicinava la Pasqua dei Giudei”. Perché questa precisazione? Non era scontato che fosse dei "giudei"?

Il testo dell’Evangelo inizia dicendo che “Si avvicinava la Pasqua dei Giudei”. Perché questa precisazione? Non era scontato che fosse dei "giudei"? Forse a quell'epoca no ...



Noi diamo per scontato che al tempo di Gesù ci fosse solo una “Pasqua” dimenticando che anche tra i cristiani la Pasqua non è una sola o, meglio, ci sono date diverse per la celebrazione: nel 2024 Domenica 31 marzo per la Chiesa latina, Domenica 5 maggio per la Chiesa ortodossa. 

 

Il principio-regola che fissa la data della Pasqua cristiana fu stabilito a seguito del Concilio di Nicea (325)  che la fa cadere la domenica successiva alla prima luna piena di primavera.

Però questa data è calcolata utilizzando il calendario giuliano dagli ortodossi, quello gregoriano da protestanti e latini.Questo è il motivo della differenza di date per la Pasqua cristiana.

 

Gli ebrei in questo 2024 celebreranno il primo Seder Pasquale lunedì 22 aprile che corrisponderà  al tramonto del giorno 14 del mese di Nisan del calendario ebraico (tra il mese di marzo e quello di aprile). Ogni mese di tale calendario ha inizio con la luna nuova e il quindicesimo giorno coincide con il plenilunio.

 

All’epoca di Gesù due erano le principali correnti religiose: quelle che per comodità raggruppiamo sotto il nome di “giudei” che faceva riferimento al Pentateuco di Mosè ed alla Torà che è anche nella nostra Bibbia e quella “essena” che faceva principalmente riferimento al Pentateuco di Enoch. Due grandi movimenti che si confrontavano costantemente e vari filoni messianici-apocalittici, facendo riferimento al Pentateuco di Enoc, facevano riferimento agli esseni.

Tra gli esseni c’era la Comunità di Qumran che era scismatica e in forte polemica con il Tempio di Gerusalemme al quale contestava duramente la legittimità del sacerdozio sadocita trasmessa per discendenza (dal capostipite Aronne a suo figlio Eleazaro; da questo, a suo figlio Sadoc e via dicendo). Venivano infatti considerati degli usurpatori perché l’unico sacerdozio puro è quello discendente da Enoc.

Questa polemica aveva portato la Comunità di Qumran a passare da un calendario lunare (tipico dei “giudei”) ad uno solare e, con loro, parte dell’intero movimento essenico. 

 

È per questo che Giovanni sente la necessità di fare quella precisazione sull’avvicinarsi della Pasqua dei Giudei e, infatti, se si cerca di far coincidere il suo racconto con quello dei Sinottici, non si riesce a far collimare i giorni della celebrazione pasquale: le date erano diverse.

(BiGio)

Uno spazio nuovo

La promessa di Gesù, che sarà lui stesso a far risorgere il tempio del suo corpo, possiamo accoglierla anche come assicurazione che le rovine causate dalle nostre contraffazioni saranno restaurate. Questa parola ci raggiunge dunque come parola di giudizio e di consolazione. Giudizio che chiede vigilanza e discernimento; consolazione, suscitata dalla promessa della fedeltà di Dio, di cui la Pasqua è compimento.

Dopo le due domeniche iniziali – la tentazione nel deserto e la trasfigurazione sul monte – comuni alle tre annate del lezionario, la liturgia dell’anno “B” ci invita a proseguire il cammino quaresimale mettendoci in ascolto di tre pagine tratte dal quarto Vangelo, in ciascuna delle quali ci è consegnata un’immagine che ci aiuta a entrare nel mistero della Pasqua. Immagini da ascoltare, in obbedienza alla voce udita scendere dalla nube, nel racconto della trasfigurazione: “Questi è il figlio mio, l’amato, ascoltatelo” (Mc 9,7).

La prima immagine è quella del tempio, edificio e corpo: due realtà che passano da una situazione di morte a una di vita. Edificio che Gesù purifica, corpo che risuscita. 

Lo spettacolo del tempio ridotto a mercato indigna Gesù, che vi osserva un groviglio di gente, animali e denaro. Eppure in tutto quello non vi era nulla di anomalo: quegli animali erano necessari per il culto, come anche il commercio, a favore di chi non poteva portare con sé da lontano le vittime necessarie ai sacrifici. Un commercio dunque inevitabile, che immancabilmente si rigenera intorno a ogni espressione del sacro. Quasi che il sacro generi naturalmente commercio!

Quella attività occupa lo spazio del tempio, che nella prima parte del brano è detto ierón (vv. 14 e 15), termine generico che indica il complesso nel suo insieme. Gesù si scaglia contro questa area sacra e tutto il suo commercio, con un’azione che ha certamente un significato e una finalità immediati: fare piazza pulita. Ma quel gesto ha anche un valore simbolico, che giustifica la reazione dei capi: “Quale segno ci mostri per fare queste cose?” (v. 18). Intuiscono che Gesù in quel modo sta presentando le sue credenziali, e chiedono un segno che legittimi ciò che pretende di essere, cioè il Messia che adempie le parole degli ultimi due profeti: Malachia e di Zaccaria. Il primo infatti aveva annunciato che il Messia sarebbe entrato nel suo tempio e vi avrebbe compiuto un’azione di giudizio: “Siederà per fondere e purificare l’argento; purificherà i figli di Levi, li affinerà come oro e argento, perché possano offrire al Signore un’offerta secondo giustizia” (Ml 3,3). E il secondo dice: “In quel giorno non vi sarà neppure un mercante nella casa del Signore dell’universo” (Zac 14,21).

In quel gesto di purificazione vi è dunque un chiaro messaggio ...

L'intera riflessione di Sabino Chialà è a questo link:


La preghiera dell’Imam Hamad Mahamed di Mestre: "Dove c’è odio sia più forte la pace"

Spesso gli uomini chiedono a Dio di esaudire i loro desideri e le loro richieste, come dice il sacro Corano: “Dio dice: chiedetemi e sarete esauditi”.

Noi musulmani invochiamo il nome di Dio in ogni difficoltà, gli chiediamo di proteggere la nostra vita o di migliorare la nostra salute e questo lo facciamo soprattutto durante la preghiera.

Ora insieme, con tutti gli uomini, uniamoci nel supplicare l’unico Dio della pace.


Dice nel Corano: “Dio vi invita nella casa della pace e dice: o gente di fede entrate tutti nella pace”.

Per questo insieme preghiamo: Dio della pace, donaci al più presto la pace. I nostri cuori e le nostre anime sono stanche e sfinite nel dolore sempre più profondo: restituisci serenità e pace a tutta l’umanità.

O Dio creatore dell’umanità alziamo a te le nostre mani e chiediamo la pace. Sia più forte dell’odio e di ogni conflitto. Fiorisca nei cuori, cancelli i nostri peccati, faccia risplendere le nostre diversità come una ricchezza per tutti.

Noi sappiamo, o Dio, che la violenza non è mai la soluzione dei conflitti, anzi aumenta l’odio e moltiplica il male degli uni contro gli altri.

Noi sappiamo che l’odio non costruisce ponti ma, al contrario, abbatte ogni tentativo di riconciliazione tra gli uomini

Noi sappiamo che l’amore e l’unità sono le strade giuste per avere la pace, sia la pace nei nostri cuori che la pace tra i Paesi.

Noi sappiamo che la libertà di ognuno non può realizzarsi senza la libertà di tutti.

Per questo ti chiediamo che il mondo diventi il campo dove cresce la pace, un campo dove si seminano e si coltivano l’incontro e il dialogo.

O Dio, invochiamo il tuo nome come fu invocato dal nostro padre Abramo dicendo: Di, che il mondo sia nella tranquillità.

Dio dia la pace a tutta l’umanità,

Dio ci dia la forza di credere nella pace con i fatti e le parole, per poter trasformare la terra in un paradiso di pace e amore,

Dio faccia della serenità un compagno e un custode della pace.

E Dio faccia di me un ponte per gettare la pace tra i fratelli e le sorelle.

Dove c’è l’odio sia più forte la pace,

Dove c’è l’ingiustizia vinca la ragione,

Dove c’è la menzogna trionfi la verità,

Dove c’è il male prevalga il bene,

Dove c’è il buio si porti la luce.

Insieme allora supplichiamo: donaci la pace, o Dio. Sia pace in noi e tra di noi, pace nelle nostre case e nel nostro Paese, Sia pace al più presto tra tutti i popoli del mondo e per tutti gli uomini e le donne del mondo! Amen

Cresce l'iniziativa del digiuno per fermare la strage e cessare ogni fuoco

Mentre la situazione a Gaza sta superando ogni possibile immaginazione e la strage della popolazione affamata e al limite della sopravvivenza continua senza sosta, l'iniziativa dello sciopero della fame di Bernardino e Carlo per dire basata ogni inutile strage, compresa quella in Ucraina, ha oramai 10 giorni.

Stanno crescendo le adesioni alla chat che già superano le 200 persone e si sta costituendo una rete di iniziative analoghe da Milano a Catania e oramai 82 sono coloro che si sono solitariamente aggiunti digiunando a turno.

Per domani, sabato 2 febbraio, papa Francesco ha chiesto a tutti, credenti o non credenti, di unirsi in una giornata di digiuno e di preghiera per testimoniare la volontà di costruire la pace attraverso il confronto e non l'uso delle armi di qualsiasi tipo:

(https://parrocchiarisurrezione.blogspot.com/2024/02/il-papa-una-giornata-di-preghiera-e.html).

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Oltre alla chat è stata attivata una pagina FaceBook: https://www.facebook.com/profile.php?id=61556666200449&locale=it_IT%2F e un Blog: https://digiunoperlapace.blogspot.com/


Di seguito il comunicato dell'iniziativa nel quale si trovano tutte le informazioni per aderire, sostenere e tenerci in contatto per chat e per mail.





Francesco e l’anti-città. Il saggio di padre Spadaro letto da Cristiano

La riflessione di Riccardo Cristiano sul saggio firmato dal sottosegretario alla cultura in Vaticano, padre Antonio Spadaro, sul Fatto quotidiano riguardo il rapporto tra Bergoglio, la città e il senso profondo delle periferie

Quando penso all’importanza che certo tradizionalismo ha trovato in tanti pensieri mi ricordo del Vangelo secondo Marco: “Siete veramente abili nell’eludere il comandamento di Dio, per osservare la vostra tradizione”. Ogni tradizionalismo assoluto finisce col temere la storia, tanto che in ambienti opposti a quelli di cui qui parliamo si ricorse al trattino per congiungere i termini marxismo e leninismo; hai visto mai che qualcuno pensasse che ci fosse uno sviluppo, un movimento pur minimo a differenziare il primo e il secondo.

È anche per questo mio vizio che ho trovato subito uno stimolo ad interessarmi a questo testo nelle parole con cui il sottosegretario alla cultura in Vaticano, padre Antonio Spadaro, apre il suo saggio su “Il papa e l’anti-città”, una sua relazione al riguardo del rapporto tra Bergoglio e la città pronunciata al Macro di Roma, una cui sintesi appare oggi su ...

L'articolo continua a questo link:

https://formiche.net/2024/02/francesco-anti-citta-il-saggio-di-padre-spadaro-letto-da-cristiano/





Enzo Bianchi: L’unità della chiesa è attorno al papa

Il Sinodo dei vescovi, come cammino per corso insieme dal popolo di Dio, sta vivendo una sosta tra la sessione dell'ottobre scorso e quella che dovrebbe essere l'ultima, prevista per il prossimo mese di ottobre. Certo, il tempo che ci separa da quell'appuntamento non può essere una sosta inoperosa, una vacatio, ma piuttosto un tempo di approfondimento, di confronto e di ricerca da parte dei teologi innanzitutto, da parte delle Chiese locali e, quindi, anche dei vescovi insieme a papa Francesco, vescovo di Roma.

Christoph Theobald, gesuita e teologo francese di nazionalità tedesca, oggi tra i più autorevoli della Chiesa, ha pubblicato una riflessione sul Sinodo al quale ha partecipato come esperto, con un titolo che presenta il Sinodo in corso come un Concilio, anche se non osa dirsi tale (Un nouveau Concile qui ne dit pas son nom?, Paris 2023). Egli suggerisce che, di fatto, questo Sinodo ha assunto una forma più conciliare rispetto ai precedenti e risulta una "continuazione" del concilio Vaticano II.

Ora, se è vero che lo Spirito santo che soffia sull'assemblea sinodale sembra essere lo stesso del Concilio, se è vero che è in atto un discernimento collettivo, ritengo sia tuttavia prematuro giudicare questo Sinodo, del tutto nuovo nella forma, veramente in continuità con il Vaticano II. Ci sono infatti, purtroppo, alcune aporie e contraddizioni che ne rendono precaria la conclusione in vista di una riforma della Chiesa e del messaggio missionario per un mondo indifferente e ormai non più cristiano.

L'articolo di Enzo Bianchi continua a questo link:


PresaDiretta: Terra Occupata: un programma TV da vedere o rivedere ...

A due anni dall'intervento russo in Ucraina, a quattro mesi dalla strage compiuta da Hamas in Israele e dall'inizio dell'operazione dell'esercito di Tel Aviv a Gaza, per finire nel Libano terrorizzato: PresaDiretta attraversa i territori devastati senza filtri ideologici, lasciando parlare le immagini e i racconti di chi sta vivendo quelle situazioni.
Un servizio TV da vedere con attenzione.






Molto conosciuto anche a Venezia negli anni di Maro Cè, don Giovanni Nicolini ha compiuto la sua presenza tra di noi

«Tanto pianto e tanta gioia»: sono stati questi, come ha ricordato in apertura il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, gli elementi della celebrazione funebre per don Giovanni Nicolini, morto a 83 anni, che lo stesso Zuppi ha presieduto ieri nella cattedrale di San Pietro. Zuppi citando don Nicolini, ha ricordato che «un cristiano non muore, ma consegna, anzi ha già consegnato tutta la sua vita al Signore Gesù».

Nell’omelia, Zuppi ha sottolineato il legame totale, nella vita di don Nicolini, tra preghiera e vita, lettura della Parola di Dio e opera a favore degli «ultimi», insomma tra spiritualità e azione; anzi, il fatto che dalla prima nasceva la seconda. «Era grande nello spiegare le Scritture, perché le calava nella vita – ha ricordato – il suo era un Vangelo vivo, umanissimo ed esigente, nel quale tutti si sentivano descritti, perdonati, amati dal Signore di quel Vangelo. E in loro, esso diventava comunione reciproca e con chi incontravano». Il cardinale ha ricordato poi che don Giovanni «coinvolgeva tutti nell’interesse e nella passione per l’uomo e per la politica nel senso più nobile. E ha continuato fino alla fine a ricordare lo scandalo della povertà, anche con commozione personale, perché, diceva, «davanti alle ingiustizie non riesco a non piangere». Sottolineava che «la volontà di Dio è stare dalla parte dei piccoli: per questo ha suscitato per loro un Pastore». Quel Pastore per il quale, ha ricordato Zuppi, don Nicolini, «nato ricco, ha lasciato un destino pur nobile e pieno di stimoli» e dalla nativa Mantova è andato a Roma, a studiare, ma senza vivere in centro, bensì nella periferia povera della Borghesiana, come «testimone diretto del Concilio, di cui in lui non si è mai spento l’entusiasmo».

«Ringrazio don Giovanni – ha concluso Zuppi – a nome della Chiesa e anche di tutta la città degli uomini. Assieme ai tanti che lo stanno accogliendo in Cielo, c’è adesso una stella in più che ci orienta, che ci guida nel buio del mondo, con la luce di Dio che è compassione e gioia».

(Chiara Uguendoli)