Dai pressi di Rafah arriva la testimonianza di Karim, un infermiere che lavora in una delle strutture sanitarie della zona dove, dopo l'ordine di evacuazione dell'esercito di Israele, sono affluiti circa 1,3 milioni di sfollati dal centro e dal nord della Striscia. “Siamo continuamente sotto pressione, non sappiamo quale sarà il nostro futuro. La sensazione è quella che si può morire da un momento all’altro senza che ce ne rendiamo conto”.
“Siamo continuamente sotto pressione, non sappiamo quale sarà il nostro futuro. La sensazione è quella che si può morire da un momento all’altro senza che ce ne rendiamo conto”. A parlare al Sir, dalle vicinanze di Rafah, al confine tra Gaza e l’Egitto, è Karim(nome di fantasia, ndr.), infermiere in una delle poche strutture sanitarie ancora operative nella Striscia, per questo in prima linea nell’assistere la popolazione civile sfollata spinta ancora più a Sud dall’esercito israeliano. Il sistema sanitario gazawo è praticamente crollato: al Sud gli ospedali Nasser Medical Complex e al Amal non riescono ad assicurare nemmeno le cure essenziali alle centinaia di pazienti rimasti al loro interno dove hanno trovato rifugio anche migliaia di sfollati in fuga dalle bombe. Il Nasser è stato occupato dai militari israeliani che hanno arrestato un centinaio di persone ritenute terroristi di Hamas, tra loro circa 70 sarebbero operatori sanitari del complesso medico che è stato trasformato in caserma.
Il reportage di Daniele Rocchi continua a questo link:
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