Le donne non hanno ancora trovato il loro giusto posto nella Chiesa, non siamo stati ancora capaci di riconoscerle nella loro piena vocazione e dignità. Attendono da duemila anni di essere viste come le aveva viste Gesù, che è stato rivoluzionario per molte cose e tra queste per il ruolo che avevano le donne nella sua prima comunità. Ma mentre alcune delle sue rivoluzioni sono diventate cultura e istituzioni della Chiesa, la sua visione della donna e delle donne è ancora imprigionata nel grande libro dei “non ancora” che non diventano “già”.
La Chiesa cattolica resta uno dei luoghi sulla terra dove l’accesso ad alcune funzioni e compiti è ancora legato al genere sessuale, dove nascere femmina orienta già dalla culla il percorso di vita di quella futura cristiana nelle istituzioni, nella liturgia, nei sacramenti e nella pastorale delle comunità cattoliche.
Pur conoscendo e riconoscendo molte delle ragioni di chi si batte per questo, non ho mai pensato che la soluzione sia estendere il sacerdozio alle donne, perché finché il sacerdozio ministeriale è inteso e vissuto all’interno di una cultura clericale, allargare l’ordine sacro alle donne significherebbe, di fatto, clericalizzare anche le donne e quindi clericalizzare di più la Chiesa tutta. La grande sfida della Chiesa di oggi non è clericalizzare le donne ma de-clericalizzare i maschi e quindi la Chiesa.
La riflessione di Luigino Bruni continua a questo link:
https://www.osservatoreromano.va/it/news/2024-03/dcm-003/ma-il-sacerdozio-non-e-la-soluzione.html
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