e-mail della Parrocchia: ss.risurrezione@patriarcatovenezia.it - Telefono e Fax: 041-929216 - ........................................................................... e-mail del Blog: parrocchiarisurrezionemarghera@gmail.com

Post in evidenza

Notizie su questo Blog

Per il momento da Venerdì 30 maggio 2025 questo Blog sarà implementato solo con notizie ecclesiali della Parrocchia.  I Post con la proposta...

L’azione del Padre precede Gesù in un territorio straniero e lo sorprende

La fede è già presente in quella donna senza aver sentito l'annuncio. Gesù che ha rimproverato i suoi discepoli di avere poca fede, una fede piccola, riconosce in questa donna una fede grande e si lascia ammaestrare da lei, persino “convertire”.

Gesù è in uscita, prende le distanze dalla sua terra. Dopo l’imponente insegnamento sul puro e sull’impuro, in cui ha scardinato consuetudini religiose sacralizzate e segnate da sterili legalismi, si incammina verso una regione straniera. Dal verbo greco usato deriva la parola “anacoreta”: Gesù si ritira, si dirige in una zona appartata, forse per evitare ulteriori controversie o semplicemente per respirare un’aria meno pesante. Ma, anche lì, alla ricerca di un’oasi di silenzio, verso il territorio fenicio di Tiro e Sidone, viene raggiunto dal grido di una donna. E questa donna sarà vangelo distillato per Gesù, puro nettare di buona notizia. Discepola, umilmente discepola, sarà collaboratrice creativa del regno di Dio, riportando Gesù alla realtà dei piccoli, degli esclusi, e suscitando in lui lo stupore, la meraviglia e elogio di lei.

Due vite dunque si intrecciano nel nostro brano di oggi, quella dell’ebreo Gesù e quella della donna straniera. L’incontro è all’inizio ingessato, freddo, non promette nulla di buono. Vi è il grido angosciante di una donna tormentata anche lei come sua figlia. Dall’altro lato c’è il silenzio assordante di Gesù che ignora la donna. La sua missione è chiara: è rivolta alle pecore perdute della casa di Israele! La donna non demorde, si avvicina, si prostra, lo invoca Signore, chiede pietà e grazie alla sua insistenza prenderà per mano Gesù guidandolo verso nuovi pascoli. Le sue azioni puntuali sono atti di preghiera, le sue parole hanno un sapore salmico.

C’è l’itinerario di fede e di fiducia della donna che disperata si rivolge a Gesù come a un santone, un taumaturgo, il figlio di David, ma che poi accetta il suo silenzio, che le fa percorrere un cammino di verità e di unificazione dentro di sé, la fa crescere di qualità fino a “infiammarne il desiderio” dice Agostino. La donna si mette in dialogo con umiltà e tenacia e dispone tutto il suo essere all’accoglienza di briciole di misericordia. E c’è il cammino di libertà di Gesù che è un allargamento della sua missione, un’obbedienza sempre più grande al disegno di amore del Padre per tutti, senza distinzione, che in verità corrisponde anche al compito di Israele tra le genti. La realtà ha la meglio sull’idea, l’esperienza ha il primato sulla teoria, la vita reale spazza via ogni principio astratto e ogni pregiudizio culturale. Il pane è per tutti, anche per i cagnolini. Ed è questa affermazione della donna che fa fare a Gesù un sussulto di gioia. È la fede impensabile dei piccoli, dei poveri, degli umiliati che suscita in lui lo stupore: “Donna, grande è la tua fede!”. Non è soltanto un complimento o un apprezzamento morale. Gesù coglie in quella donna un aspetto sorprendente: l’azione del Padre lo precede in un territorio straniero, non raggiunto dalla sua predicazione. La fede è già presente prima ancora che Gesù apra bocca. Gesù che ha rimproverato i suoi discepoli di avere poca fede, una fede piccola, riconosce in questa donna (“piccola donna” la chiama Lutero) una fede grande. Sì, la donna cananea è maestra di preghiera e vera teologa. E Gesù si lascia ammaestrare da lei, persino “convertire”.

(fr. Giandomenico di Bose)

Pakistan: La vita dei cristiani, passati dal 20 al 4%, è continuamente sotto minaccia. I fatti del 16 agosto.

 La vita dei cristiani è continuamente sotto minaccia e sono vittime di una fortissima persecuzione e discriminazione. Dalla fondazione del Pakistan i cristiani stanno via via diminuendo e sono passati dal 20 al 4 per cento della popolazione. L’estremismo religioso islamico non permette, a chi non è musulmano, di vivere una vita pacifica in Pakistan. E così non solo i cristiani ma anche gli Indù e gli Ebrei continuano a lasciare il Paese



L'intervista a Shahid Mobeen, fondatore dell’associazione dei Pakistani Cristiani in Italia e docente di Filosofia presso la Pontificia Università Urbaniana a questo link:


Pakistan, 16 agosto attacchi ai cristiani.

Croci divelte dai tetti, bibbie e cimitero profanati, almeno cinque chiese bruciate, cristiani costretti a fuggire dalle proprie case, molestati e picchiati, oggetti di valore saccheggiati: è accaduto 16 agosto a Jaranwala, a 30 chilometri da Faisalabad, nello Stato del Punjab in Pakistan, dove una folla inferocita di cinque o seimila persone, urlando slogan estremisti, ha dato alle fiamme e vandalizzato numerose chiese e case appartenenti alla minoranza cristiana 



Sono state colpite principalmente le chiese protestanti e alcune case di cattolici, per fortuna senza nessuna vittima.

La violenza della folla è stata innescata da alcuni volantini diffusi il giorno prima, con i nomi di alcuni cristiani protestanti che sembrano insultare il Corano. In Pakistan vige dal 1986 la legge sulla blasfemia, spesso usata come pretesto contro le minoranze.


Il reportage di Patrizia Caiffa a questo link:


https://www.agensir.it/mondo/2023/08/17/pakistan-attacchi-ai-cristiani-bhatti-forse-provocazione-per-aizzare-lodio-no-a-impunita-educare-gia-nelle-scuole/?utm_source=mailpoet&utm_medium=email&utm_campaign=la-newsletter-di-agensir-it_2



Pakistan: mons. Arshad : "Un assalto ai principi che costituiscono il fondamento della nostra società"

Mons. Joseph Arshad, vescovo di Islamabad-Rawalpindi e presidente della Conferenza episcopale del Pakistan: “La distruzione di luoghi sacri, testi religiosi e abitazioni è una violazione che colpisce non solo la comunità cristiana, ma tutti gli individui che si battono per l’unità e la convivenza”



“Sulla scia degli eventi profondamente dolorosi che si sono svolti a Jarnwala mi unisco al dolore di quanti sono stati colpiti e condanno fermamente l’incidente riprovevole che ha scosso non solo la nostra comunità ma le fondamenta stesse dei nostri valori”. A dirlo è mons. Joseph Arshad, vescovo di Islamabad-Rawalpindi e presidente della Conferenza episcopale del Pakistan. L’incidente avvenuto a Jarnwala ha provocato l’incendio di 21 chiese, un “atto aberrante che contraddice l’essenza stessa della pace, del rispetto e della tolleranza che la nostra nazione si sforza di sostenere”. Tali atti di violenza, ha spiegato il vescovo “non sono solo un attacco alla comunità cristiana, ma un assalto ai principi che costituiscono il fondamento della nostra società. Le mie più sentite condoglianze, le mie preghiere e il mio incrollabile sostegno vanno alle vittime e alle loro famiglie che sono state colpite da questo atto spaventoso. La distruzione di luoghi sacri, testi religiosi e abitazioni è una violazione che colpisce non solo la comunità cristiana, ma tutti gli individui che si battono per l’unità e la convivenza”. “Chiedo urgentemente al governo del Punjab di intraprendere un’azione rapida, decisa e risoluta contro i responsabili di questo atto atroce. I colpevoli devono essere identificati, arrestati e assicurati alla giustizia. È imperativo – ha rimarcato mons. Arshad – che le autorità dimostrino il loro impegno a sostenere lo stato di diritto e proteggere i diritti di tutti i cittadini”. Questo incidente è “un cupo promemoria affinché la nostra società sia unita contro tutte le forme di odio e violenza. Non possiamo permettere che le azioni di pochi individui seminino divisione tra di noi. Invece, usiamo questo momento buio come un’opportunità per unirci, sostenerci a vicenda e ricostruire legami più forti di comprensione ed empatia”. “Di fronte alle avversità, dobbiamo ricordare gli insegnamenti di compassione, perdono e solidarietà che sono al centro della nostra fede. Insieme – ha concluso -, come comunità, supereremo queste sfide e lavoreremo instancabilmente per garantire che tali incidenti vengano sradicati dalla nostra società”.

Quale è il prezzo della solidarietà europea

Le conseguenze economiche e politiche dell’accordo raggiunto in sede europea su migrazioni e asilo per i Paesi di primo accesso. E quelle in termini di diritti umani per i migranti

Lo scorso 8 giugno, i Paesi membri della Unione europea hanno raggiunto un accordo sulla Proposta di regolamento sulla gestione dell’asilo e della migrazione (Ramm) e sulla Proposta modificata di regolamento sulla procedure di protezione internazionale (Apr). Si tratta forse delle due più importanti proposte di riforma avanzate dalla Commissione in materia di migrazioni e asilo in questa legislatura, una delle quali porterebbe all’abrogazione dell’attuale Regolamento 604/2013, il famigerato “sistema Dublino”, che stabilisce i criteri per la determinazione del Paese responsabile all’esame delle domande d’asilo. L’accordo, raggiunto sotto la presidenza di turno svedese, apre alle difficili negoziazioni con il Parlamento europeo, che aveva a sua volta definito la sua posizione ufficiale lo scorso aprile. La speranza è di riuscire ad approvare le due proposte di regolamento entro la chiusura della legislatura. Con le elezioni del prossimo Parlamento Ue previste per giugno 2024, non si tratta di un’impresa facile anche se l’aver raggiunto un’intesa tra Paesi membri sulla delicata questione della riforma del “sistema Dublino” ha indotto qualcuno a parlare di momento storico.

L'articolo di Giuseppe Campesi continua a questo link:



Cosa racconta la riunione di Gedda per la futura costruzione del nuovo ordine mondiale post-conflitto

Il vertice di Gedda ha segnato un momento importante non solo per la guerra in Ucraina, ma per la futura costruzione del nuovo ordine mondiale post-conflitto. L’incontro tra Paesi del Nord e del Sud del mondo racconta che, nonostante le distanze, ci sono spazi di cooperazione sui grandi dossier, anche grazie ad attori che si stanno costruendo il ruolo di pontieri, come l’Arabia Saudita


Pensare che la riunione internazionale organizzata a Gedda, in Arabia Saudita, sia stata soltanto un incontro di dialogo per ascoltare Kyiv e trovare una via per avviare un negoziato attorno all’aggressione russa sarebbe limitante. Basta valutare che al meeting hanno partecipato funzionari operativi dall’alto valore (strategico) nei governi che rappresentavano: per esempio, l’Italia ha inviato l’ambasciatore Francesco Maria Talò, consigliere massimo di politica internazionale di Palazzo Chigi; gli Stati Uniti avevano sia il quasi omologo (per funzione e valore) di Talò, il consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan, che la vice segretaria di Stato Victoria Nuland; la Cina era rappresentata da Liu Hui, diventato noto alle cronache di questi mesi perché è l’uomo da cui il Partito/Stato ha scelto di essere rappresentato quando si parla di Ucraina, ma il suo ruolo al ministero è ben più ampio (gestisce parte dei rapporti più operativi con la Russia).

L'analisi di Emanuele Rossi continua a questo link:



Siria, Israele, Palestina. Le manovre dell’Iran in Medio Oriente

Il leader di Hezbollah si sarebbe incontrato con uno dei vertici dei pasdaran per discutere delle evoluzioni securitarie nella regione. Molteplici i temi trattati, dal confronto con gli Usa al sostegno alla Palestina. Mentre Israele minaccia di riportare il Libano “all’età della pietra”

Secondo quanto riportano alcuni media israeliani ed arabi, nei primi giorni di agosto il generale di brigata Esmail Ghaani, comandante della Forza Quds (la branca del Corpo della Guardia della Rivoluzione Islamica responsabile di tutte le operazioni all’estero), si sarebbe incontrato a Beirut, con il segretario di Hezbollah Hassan Nasrallah. Come capo della Quds, Ghaani è il responsabile dei collegamenti con le milizie filo-iraniane e con tutti gli altri attori che rientrano nel cosiddetto “Asse di Resistenza”, compreso ovviamente il partito libanese guidato da Nasrallah e la sua organizzazione paramilitare. Non è chiaro quali siano stati i temi discussi nell’incontro tra i due esponenti sciiti; tuttavia, alcuni analisti del Critical Threat Project hanno provato a individuare le dinamiche più di rilievo per Teheran e la sua milizia affiliata nel quadrante di operazione levantino.

Come, ad esempio, le tensioni registrate nella Siria orientale tra le Syrian Democratic Forces (Sdf), milizie antigovernative sostenute da Washington, e coloro che sostengono invece il regime guidato da Bashar al-Assad, compresi Iran ed Hezbollah. ...

L'articolo di Lorenzo Piccioli continua a questo link:

https://formiche.net/2023/08/siria-israele-paelstina-le-nuove-manovre-delliran-in-medio-oriente/



 

Fusione nucleare, un nuovo piccolo passo verso l’energia del futuro

I ricercatori del Lawrence Livermore National Laboratory, centro di ricerca di eccellenza con sede in California che ospita il National Ignition Facility (Nif), ritengono di aver creato una quantità record di energia, migliorando i risultati dello scorso anno, da una reazione di fusione controllata. Si tratta di un altro segnale della bontà della direzione di questa ricerca, che potrebbe rivoluzionare nei prossimi decenni il futuro energetico dell’umanità. Ma serve cautela


Nelle settimane che avvicinano le sale cinematografiche italiane verso quello che molti definiscono il film dell’anno, “Oppenheimer” – già record di incassi negli Stati Uniti – dall’America, culla dell’energia atomica, giungono altre confortanti notizie sullo stato dell’avanzamento della ricerca sulla fisione nucleare, che si aggiunge alla recente scoperta di un nuovo materiale superconduttore.

I ricercatori del Lawrence Livermore National Laboratory, centro di ricerca di eccellenza con sede in California che ospita il National Ignition Facility (Nif) ritengono di aver creato una quantità record di energia, migliorando i risultati dello scorso esperimento condotto il 22 dicembre 2022, da una reazione di fusione controllata. Il risultato, se confermato, rafforzerà le speranze che la fusione nucleare possa un giorno fornire una fonte quasi illimitata di energia pulita.

Come confermato dai risultati del test, condotto il 30 luglio, rilasciati nella giornata di domenica, gli scienziati del laboratorio, finanziato a livello federale dal Dipartimento dell’Energia statunitense in collaborazione con la Nasa, hanno annunciato di aver ottenuto per la seconda volta un guadagno netto di energia, noto anche come ingition.

La fusione si ottiene ...


L'articolo di Alberto Prina Ceraicontinua a questo link:

https://formiche.net/2023/08/fusione-nucleare-energia-futuro/





GMG: a 10 giorni dall'evento, opinioni diverse a confronto (una dall'esterno ed una dall'interno) su cosa possa aver significato quell'evento

Gli eventi che tra il 1 e il 6 agosto si sono svolti a Lisbona hanno suscitato, come era inevitabile, reazioni diverse. Lodi sperticate e stroncature senza appello hanno attraversato la comunicazione pubblica ed anche ecclesiale. 


Quale esperienza del sacramento e della liturgia ha mediato l’evento? In quali categorie possiamo inquadrarlo? Si tratta di una iniziazione oppure di una guarigione o ancora di una vocazione? Proviamo a farlo a due voci, ragionando sul piano della medesima teologia, ma partendo da fuori e da dentro. Una voce (Andrea) farà considerazioni guardando al fenomeno dall’esterno, mentre l’altra (Marco) ragionerà avendo avuto diretta esperienza dell’evento stesso. Questo modo di leggere i fatti potrebbe favorire un reciproco riconoscimento e, nella speranza, una buona forma di riflessione sulla GMG di Lisbona, non apologetica e non trionfalistica, per quanto limitata soltanto al suo aspetto sacramentale.

L'intero dialogo a questo link:



Un bel colpo di Coda alla riforma della teologia.

Con una lunga intervista rilasciata all’Osservatore Romano il teologo Piero Coda, già presidente dell’ATI e Segretario della Commissione Teologica Internazionale, ha offerto diversi spunti per una rilettura delle principali sfide che stanno di fronte alla teologia cattolica contemporanea. Vorrei riprendere solo alcuni tra i molti spunti, particolarmente importanti in vista del dibattito ecclesiale in occasione delle prossime due Assemblee del Sinodo dei Vescovi.

L'intervento di Andrea Grillo si sviluppa in questi tre punti:

a) La centralità della questione antropologica

b) La arretratezza della visione del maschile e del femminile

c) Il compito del magistero

Per leggere l'intero testo a questo link:

https://www.cittadellaeditrice.com/munera/un-bel-colpo-di-coda-alla-riforma-della-teologia-intervista-allosservatore-romano/?fbclid=IwAR2VTCxZ_InR1VwL2IqVmO7vsYdOkcPtoNaG-xAbr-G_bIQGNnAzDdi5mzw

Assunzione di Maria - Lc 1,39-56

L’assunzione non è una cosa “straordinaria”, un premio, ma la condizione di quanti hanno cercato di rimanere fedeli alla volontà di amore del Padre che porterà a compimento i nostri sforzi, perché questo è il suo progetto di vita alla quale ha chiamato e continuamente senza interruzione chiama l’umanità in ogni istante.

 


L’Immacolata Concezione e l’Assunzione di Maria sono due feste che desiderano sottolineare cos’era l’umanità prima del “peccato originale” e realtà alla quale è chiamata ad essere nella Parusia alla fine dei tempi, ma che non hanno alcun fondamento nella Scrittura.

Ma fin dagli inizi la fede cristiana ha avuto coscienza che Dio non ha creato l’uomo per la morte ma per la vita e per far capire bene questo, alla “pienezza del tempo” (Gal 4,4) ha inviato il suo Figlio. Questa festa desidera ricordarci che agli occhi del Padre siamo come quella perla preziosa scovata dal commerciante che vende tutto per poterla acquistare, siamo così importanti che ci desidera accanto a sé.

Se comprendiamo questo desiderio del Signore, siamo allora stimolati a corrispondergli con una vita nella pienezza della sequela di suo Figlio; con una vita capace di essere tale da essere degna di essere resa indistruttibile e, per questo, capace di durare per sempre.

Anche per Maria è stato così. La sua vita resa eterna, “assunta alla gloria del cielo”, non è stato un premio ricevuto per meriti speciali, ma la logica conclusione della sua esistenza sempre diretta verso scelte di servizio (in fretta si alzò ed andò da sua cugina Elisabetta incinta di tre mesi …), di ascolto della Parola, della capacità di accoglierla e farla propria anche quando era tutt’altro che facile. Le sue sono sempre state scelte verso la “vita” e si è sempre fidata fino in fondo di Dio, non come Pietro quando (nell’Evangelo di domenica scorsa) chiede a Gesù di poterlo raggiungere camminando sulle acque. La sua è stata una richiesta fatta in tono di sfida, Gesù l’ha accolta, ma Pietro non l’ha retta ed ha dovuto chiedere aiuto ed essere salvato.

Maria, una donna che come tutte le donne anche oggi scontano spesso l’essere emarginate, viene riscattata ed elevata a nostro modello. Della sua vita sappiamo ben poco, ma questo quasi nulla, ci deve essere sufficiente per capire che tutto il Padre nella potenza del suo amore può trasformare in “grandi cose”, al di là di ogni nostra immaginazione. Anche le nostre colpe, i nostri peccati, le nostre infedeltà come canta il preconio pasquale la Notte Santa delle Risurrezione, situazioni che diventano una “felice colpa!”.

Allora l’assunzione non è una cosa “straordinaria”, un premio, ma la condizione di quanti hanno cercato di rimanere fedeli alla volontà di amore del Padre che porterà a compimento i nostri sforzi, perché questo è il suo progetto di vita alla quale ha chiamato e continuamente senza interruzione chiama l’umanità in ogni istante.


Questa festa è un augurio per noi di poter cantare alla fine dei nostri giorni quel cantico che l’Evangelo di oggi ci propone: io ringrazio il Signore perché nella mia povertà ha saputo e voluto rendere grande il suo nome.

Un Signore che non guarda alle nostre qualità e capacità umane se non quella di accogliere i suoi doni gratuiti senza alcun nostro merito. È questo quell’essere suoi servi; è l’aver posto la nostra vita a sua disposizione per abbiamo capito quale sia il suo progetto su di noi.

Così, pur se saremmo stati degli sconfitti in questo mondo, in questa nostra realtà, ci scopriremo essere stati destinatari delle tenerezze del Signore che non è “onnipotente” e per questo fa ciò che vuole, ma è il Potente che, rispettoso delle leggi del creato e della nostra libertà, riesce a compiere prodigi d’amore sempre inattesi e sorprendenti.

Egli è il misericordioso attento e premuroso, che si commuove di fronte alle disgrazie, al dolore di chi è colpito in qualsiasi modo, da qualsiasi cosa e si fa vicino attraverso di noi come quel Samaritano sulla via di Gerico.

Il suo essere misericordioso non è un sentimento astratto, una semplice commiserazione, è contemporaneamente sempre una assunzione di responsabilità, un impulso irrefrenabile a soccorrere. 

Dunque questo canto di Maria non è l’invito ad attendere pazientemente che Dio intervenga per risolvere i nostri problemi: è l’annuncio di un mondo nuovo, di quel Regno dei Cieli di cui suo Figlio sarà l’araldo. È invito a rimboccarci le maniche per far in modo che, nella sequela di Gesù attraverso l’amore converta i cuori ribaltando i rapporti di forza: i potenti sono rovesciati e i miseri elevati. 

Ma attenzione, non è una “vendetta”, non è una sostituzione di una classe di sfruttatori con un’altra. Se fosse così Dio sarebbe entrato nella storia per recitare la parte di protagonista nel copione che a suo dispetto gli uomini hanno creato. 

Ma vi entra per farsi pane per chi ha fame, servo per amore, per donare un cuore nuovo di carne al posto di quello di pietra (Ez 36, 26-27). 

 

Sarà così? Maria ne è certa e, alla sua sequela, ci invita ad esserne certi anche noi.

(BiGio)

Maria si alzò in fretta

Maria è andata da Elisabetta per dirci il valore infinito delle relazioni, il cui primo e spesso unico valore è l’incontro stesso, è quella reciprocità di abbracci che spiega tutto

 


Maria andò velocemente a trovare un’altra donna, a visitare una mamma straordinaria, incinta, come lei, per un intervento divino. Colpisce quel ‘in fretta’, che ricollega Maria a molte altre donne della Bibbia. La Bibbia e i Vangeli sono popolati di donne che camminano, si spostano, e quasi sempre "di fretta". Maria "andò in fretta" da Elisabetta; Maria di Betania "di fretta" va incontro a Gesù per dirgli della morte di Lazzaro; e "abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli". Camminano e corrono; amano con le mani e con i piedi. Questa agape di fretta si chiama Maria. 

La fede e la pietà continuano la loro corsa nel mondo perché uomini e donne continuano a correre lungo la via. E in questa comune corsa, i piedi delle donne corrono diversamente e di più. 

Le donne della Bibbia, molto più degli uomini, non amano restare dentro relazioni malate. E, esperte dei tempi della vita e del corpo, sanno che nelle relazioni importanti il tempo è il fattore decisivo - il tempo e lo spazio sono amici, ma qualche volta il tempo è superiore. 

Maria è diventata nei secoli molte cose, ma è molto bello ed importante che il suo primo gesto fuori casa sia una visita ad una donna, sia un camminare verso un’altra persona, per portarle il suo saluto, che sia un evento di sororità. 

Non sappiamo perché Maria andò, Luca non ce lo dice. Forse perché le donne spesso si incontrano per la sola ragione inscritta in quell’incontro, perché la sua ragione è intrinseca a quel bene relazionale, perché, diversamente da molti maschi, incontrare e salutare un’amica è una ragione sufficiente per partire, senza nessun altro motivo esterno a questo abbraccio di corpi, di guance e di lacrime. ‘A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?’: lo devi, Elisabetta, soltanto al valore intrinseco di questo incontro, lo devi alla bellezza di una visita ad una amica. Per Luca il valore di quell’incontro è teologico e narrativo; ma una volta che Luca ha scritto quell’incontro e ce lo ha raccontato, quella visita è diventata altro, è diventata molte altre cose impreviste dallo stesso autore - ciò è vero in tutti i grandi racconti, quindi è vero anche per il racconto dei vangeli. Anche se Luca non lo sapeva, Maria è andata da Elisabetta per dirci il valore infinito delle relazioni, il cui primo e spesso unico valore è l’incontro stesso, è quella reciprocità di abbracci che spiega tutto. Luca non voleva dircelo, ma noi lo abbiamo capito. Perché nei grandi racconti i personaggi diventano più grandi del loro autore, che presta la penna a un daimon e le sue creature diverse continuano a vivere, crescono, muoiono e risorgono molte volte, e fanno risorgere anche il loro autore, richiamato alla vita dal grido: “Vieni fuori!”. Se non fosse così, l’esperienza del leggere perderebbe quasi tutta la bellezza di esperienza generativa e creativa, spesso a dispetto dell’autore. Anche i vangeli vanno letti così: capire bene l'intenzione dell'autore poi ringraziarlo, salutarlo e iniziare il nostro canto libero.

 

(Luigino Bruni)

Ferragosto o Assunzione, di quando la Chiesa ammise la morte di Maria

Il biblista Alberto Maggi racconta la storia della festa religiosa, che si sovrappone a quella di metà estate e la diatriba sulla morte della madre di Gesù, risolta da Papa Wojtyla nel 1997


“Maria, la madre di Gesù, è morta? Per rispondere a questa la Chiesa ci ha messo 2mila anni”. La considerazione è di padre Alberto Maggi, biblista e direttore del centro studi biblici di Montefano (Macerata), che con l’AGI riflette sul significato religioso del Ferragosto. Questo quesito infatti si è portato dietro per secoli una disputa teologica collegata alla celebrazione dell’Assunzione di Maria in cielo, proprio il 15 di agosto e alle modalità in cui la madre di Cristo lasciò questa Terra. Secondo la tradizione "l'Immacolata Vergine, preservata immune da ogni macchia di colpa originale, finito il corso della sua vita terrena, fu assunta alla celeste gloria in corpo e anima", come scritto nella bolla di definizione del dogma dell’Assunzione contenuta nel Lumen Gentium del 1964. 
“Eppure fu proprio Giovanni Paolo II in un’udienza generale il 25 giugno 1997 ad infrangere un tabù e ad ammettere la morte di Maria” ...


L'intero racconto della storia di questa festa continua a questo link:



In Israele la destra «Ha preso di mira la minoranza cristiana»

Gruppi di religiosi israeliani in più di una occasione nelle ultime settimane hanno tentato di assaltare il monastero Stella Maris e la chiesa cattolica di Elia (Mar Elias) di Haifa dove, affermano, si troverebbero tombe ebraiche. In una di queste, qualche giorno fa, sono riusciti a infiltrarsi nel cortile del monastero innescando tafferugli con i fedeli cristiani presenti.


L’episodio, oltre a suscitare clamore e preoccupazione, ha spinto le autorità cattoliche a installare una recinzione attorno al monastero fondato dai Carmelitani presenti in quella zona sin dal XII secolo. Inevitabile il richiamo dell’attenzione sul numero di attacchi di questi ultimi mesi contro i cristiani e i loro luoghi sacri – anche con scritte offensive – da parte di coloni e religiosi israeliani più volte denunciati dal Patriarca di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, convinto che il governo di estrema destra religiosa guidato dal premier Netanyahu abbia creato un clima che porta ad ignorare le aggressioni di israeliani a danno dei palestinesi cristiani, a Gerusalemme e in Israele. «Queste persone si sentono protette...l’atmosfera culturale e politica attuale porta a giustificare, o tollerare azioni contro i cristiani», ci dice Wadih Abu Nassar, coordinatore e portavoce del Forum dei cristiani in Terra Santa, fondato per proprio per denunciare e diffondere informazioni su queste aggressioni. Ad Abu Nassar abbiamo rivolto qualche domanda su quanto accade.

L'intervista continua a questo link:

 

Terra Santa: Gerusalemme, incontro tra Polizia e capi delle Chiese su come affrontare i crimini di odio verso i cristiani

Al centro del confronto il tema dei ripetuti attacchi nei confronti di fedeli e clero cristiani nella Città Vecchia. Secondo la Polizia, ad oggi, sono stati aperti 16 fascicoli di indagine e 21 persone arrestate. Il commento del custode Patton


Incontro, nel pomeriggio di ieri, nella Città Santa, tra il comandante del distretto di Gerusalemme, il vice commissario Doron Turgeman, quello del distretto di David, il comandante Avi Cohene altri suoi ufficiali, con i capi delle comunità cristiane e cattoliche di Gerusalemme. Lo scopo della riunione, recita un comunicato della Polizia, quello di implementare il dialogo, la collaborazione e i contatti tra la polizia israeliana e i rappresentanti delle Chiese, delle comunità cristiane e cattoliche di Gerusalemme. Particolarmente dibattuto, spiega la nota della Polizia che ha voluto la riunione, è stato il tema dei ripetuti “crimini di odio” nei confronti di fedeli, religiosi e clero cristiani nella Città Vecchia.


L'articolo di Daniele Rocchi continua a questo link:

https://www.agensir.it/mondo/2023/08/09/terra-santa-gerusalemme-incontro-tra-polizia-e-capi-delle-chiese-su-come-affrontare-i-crimini-di-odio-verso-i-cristiani/?utm_source=mailpoet&utm_medium=email&utm_campaign=la-newsletter-di-agensir-it_2


Domenica XIX PA - Mt 14,22-33

Pietro è l’immagine della nostra condizione esitante, il dubbio che abbiamo sulla la nostra capacità di andare fino in fondo ci fidiamo ma non fino in fondo. Abbiamo bisogno di aiuto. 


Abbiamo lasciato due domeniche fa Gesù che, dopo aver capito l’inutilità di cercare di comunicare senza parafrasi il suo messaggio e aver deciso di provare raccontando delle parabole, alla fine aveva chiesto ai discepoli se avevano finalmente capito, ricevendo una immediata risposta positiva. Però domenica scorsa, nella Trasfigurazione, aveva di nuovo dovuto intervenire il Padre a correggere la reazione di tre discepoli che avevano invece dimostrato di non aver capito nulla. Avevano infatti avanzato la proposta di realizzare tre tende mettendo al posto d’onore (al centro) quella di Mosè, evidentemente continuando a pensare che Gesù fosse un messia secondo la linea dell’osservanza della Legge anche da imporre, se necessario, con la forza come aveva fatto Isaia che scannò personalmente quattrocentocinquanta sacerdoti di un’altra divinità.

Il Padre interviene correggendo questa falsa visione ed è qui che i tre si spaventano, cadono con la faccia a terra davanti a Gesù in un atteggiamento di sottomissione, affermando così di aver capito e di essere disposti ad ascoltarlo, di affidarsi a lui. Sarà vero?

 

Oggi un nuovo episodio di questo cammino difficile di comprensione dei discepoli. L’Evangelo inizia dicendo “Subito dopo…”. Se non ci fosse stata la festa della Trasfigurazione, la liturgia ci avrebbe proposto l’episodio della prima moltiplicazione dei pani con la quale Gesù ha cercato nuovamente di far comprendere la sua proposta di un mondo nuovo. La folla aveva messo a disposizione di Gesù, tutto ciò che aveva e, quel cibo distribuito secondo i criteri della condivisione che sono i criteri di Dio, si era rivelato non solo sufficiente, ma sovrabbondante per tutti.

Subito dopo Gesù costrinse i discepoli (a salire sulla barca) e a precederlo sull’altra riva”. Ma perché i discepoli, che avevano promesso di dare ascolto al Padre che li aveva invitati ad ascoltare suo Figlio, si dimostrano così renitenti ad accogliere l’indicazione di precederlo sulla riva orientale del lago di Tiberiade? Quella zona non è terra di Israele, ma pagana. Quando Gesù aveva dato loro istruzioni su come svolgere la loro missione, si era raccomandato di non andare tra i pagani, di non entrare nelle città dei samaritani, di rivolgersi invece alle pecore perdute della casa di Israele (Mt, 10,3). Dunque quell’invito di Gesù per loro era in contraddizione con quanto aveva loro indicato, quindi avevano posto resistenza anche perché li aveva invitati a farlo su quella barca dalla quale aveva fatto gran parte del discorso in parabole poco discosta dalla riva. La barca è l’immagine della Chiesa, della Comunità, salirci sopra significa aver accolto ed accettato di seguire Gesù fino in fondo, fino al dono totale di sé stessi per amore.

Ecco perché, nonostante le loro affermazioni sono riluttanti e il racconto di Matteo lo sottolinea quando evidenzia che Gesù “congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo”. Ugualmente accade in una sola altra occasione, sul monte degli ulivi, dopo l’Ultima Cena. Anche qui rimane solo a pregare e sono due momenti di crisi per il suo gruppo. L'evangelista vuole così sottolineare che Gesù percepisce come i discepoli pur accompagnandolo, non lo seguono e continuano a non capire.

È notte, ci sono perciò le tenebre sul mare e inizia a soffiare un forte vento contrario, la barca “è agitata” diventa difficile da governare. È l’immagine di una loro situazione di disorientamento e di un percepirsi soli, senza guida. Potrebbe essere la descrizione di molte delle nostre situazioni ecclesiali di difficoltà, di smarrimento in cui ci si deve confrontare con ogni tipo di difficoltà; a volte ci sembrano insuperabili e l’impegno di annunciare il Vangelo inutile, si è tentati di lasciar cadere le braccia, di scoraggiarsi. Inoltre possono pure esserci le onde della mondanità, i valori dietro i quali corrono tutti e le difficoltà che vengono da dentro la Chiesa: gli scandali, la durezza di cuore nell’ascolto della Parola di Dio, l’attaccamento a tradizioni obsolete.

Sul finire della notte” Gesù si avvicina alla barca “agitata” camminando sulle onde del mare; al vederlo i discepoli sono “sconvolti” e si può dire, come durante la Trasfigurazione, “presi da un grande timore”, quello che prende quando ci si trova alla presenza dell’Altissimo. Realtà confermata dal libro di Giobbe (9,8), nel quale Dio è presentato proprio come colui che cammina sulle onde del mare. I discepoli sono sorpresi, non riescono a capire e a decidersi tra una visione del Divino e un fantasma: cosa spaventa di più? “Ma subito Gesù parlò loro dicendo: coraggio Io sono non abbiate paura”. Lo stesso invito a non temere che risuona ad ogni apparizione del Divino che Gesù conferma di essere tanto è vero che il testo greco suona non “sono io” come nella nostra traduzione bensì “Io sono” cioè il “nome” con il quale Dio si presenta a Mosè.

Allora Pietro (è il suo soprannome negativo che indica la sua testardaggine) lo sfida come fece il diavolo nel deserto: “Signore, se sei tu comandami di venire verso di te sulle acque. Ed egli disse: Vieni!”. lo invita cioè di arrivare dove lui si trova facendo cioè le sue stesse scelte fino a quel dono della vita che aveva detto loro e che loro avevano rifiutato (Mt 16,22b). Pietro accetta, va verso il Maestro, ma poi comincia ad avere paura di quella scelta, donare la vita, lo spaventa. A un certo punto, pensa proprio di non farcela ed inizia ad affondare nei flutti; però riesce ancora a chiede al Signore di salvarlo, comunicargli la sua stessa forza e questo accade.

Poi Pietro risale con Gesù sulla barca, tutto si acquieta e i discepoli si prostrano dicendo “Davvero tu sei il Figlio di Dio”. Avranno realmente capito questa volta? E noi?

 

Pietro è l’immagine della nostra condizione di discepoli incerti, esitanti. Il dubbio che ci assale è quello che il dono della vita, per amore, non sia la scelta che vale la pena fare. Il dubbio riguarda la nostra capacità di andare e seguire Gesù: è il segno della nostra poca fede, ci fidiamo ma non fino in fondo.

 

(BiGio)

Gesù non invita mai ad imitarlo, piuttosto a seguirlo

Seguire Gesù significa mettersi umilmente in cammino dietro di Lui: farsi guidare dalla sua parola, farsi custodire dal suo amore, farsi accompagnare dai fratelli nella fede



Gesù «costringe» i discepoli a partire sulla barca: inizia così il Vangelo di questa domenica. Sembra quasi che ci fosse, da parte loro, come una resistenza, e Gesù li obblighi con forza ad allontanarsi. Gesù aveva appena compiuto la prima moltiplicazione dei pani: c'è da pensare che si fosse creato un clima di esaltazione fra la gente che era presente. E, come reazione, Lui impone ai suoi di partire, congeda la folla e si ritira da solo sul monte a pregare. È la decisa presa di distanza da qualsiasi ricerca di successo, di ovazione, di celebrazione. È lo stile caratteristico di Gesù. Fin dall'inizio del suo ministero (cfr. Mc 1,32-39), Egli si allontana dalla gente - che prima aveva accolto nel suo bisogno di guarigione e di parola - perché totalmente alieno al successo, al guadagno, al risultato, al riconoscimento. Gesù non ha fretta quando c'è la necessità di capire, di soccorrere; invece ha sempre fretta quando si crea una situazione di un'esaltazione, di un trionfo. Da tale ovazione porta via i suoi discepoli.     
 
Questo per insegnare alla Chiesa che il suo vero posto non sta nell'autoesaltazione, ma sta - come per i discepoli - sulla barca, con tutta l'incertezza della traversata. Il Signore Gesù è con loro, tanto che poi li raggiunge camminando sulle acque, ma questo non li esime dalle prove, dalle contrarietà e dalle sofferenze comunitarie: altro che i successi! L'acqua, per gli ebrei, è sempre una situazione di incertezza e di debolezza: ma è molto meno "pericolosa" nella solida terra dove la gente ti ammira, ti loda, ti esalta.     
Poi Matteo dice che «la barca era agitata dalle onde»: è la Chiesa che vive le sofferenze comunitarie al suo interno. Non solo gli scandali, ma la fatica a fare veramente famiglia, in tutte le sue dimensioni.           
«Infatti il vento era contrario»: da una parte sono le fatiche del vivere reale di ogni uomo, ma, dall'altra, sono anche le ostilità e le contrarietà che vengono dalle opposizioni del male. La vita cristiana non è esente da fatiche, sofferenze e contrarietà. Se si pensa che il Signore debba essere un riparo contro ogni negatività si fa di Lui davvero un fantasma. La vita cristiana è una lotta, da combattere con le armi della grazia (cfr. Ef 6,10-18).
 
Gesù viene incontro ai suoi discepoli minacciati dal mare. Può ricordare il cammino dell'esodo e l'attraversamento del mare. Lì Dio si rivela a Israele come il vero Dio, e qui Gesù si avvicina loro dicendo il nome divino: «Io sono», colui che è presente e agisce nella storia e fra gli avvenimenti. Anche a Elia Dio si rivela come Dio: non nel vento, non è nel terremoto, non è nel fuoco, ma nel mormorio di un silenzio. Elia scopre Dio non nei segni grandi, clamorosi, come quelli che lui aveva invocato, ma in un quasi silenzio. Non il Dio delle ovazioni, ma il Dio che sembra tacere, proprio quando imperversano le acque e il vento.
 
Allora può avvenire veramente l'affidamento al Signore nella preghiera: «Signore, salvami!». Attraverso tale affidamento, Pietro capisce una realtà fondamentale della fede che non aveva capito e che anche noi dobbiamo imparare. Pietro chiede a Gesù di camminare sulle acque, come Lui, il Signore, sta camminando. Pensa che la fede consista nell'essere tesi a fare come ha fatto Gesù, a compiere i suoi gesti, ad avere nel cuore le stesse parole da dire. La fede equivale, così, a tendere a voler «imitare» Gesù Cristo. Ma Gesù, fin dalla chiamata dei primi discepoli - fra i quali c'era anche Pietro - non invita mai ad imitarlo, piuttosto a seguirlo. Sin dall’AT, il credente è chiamato a seguire con umiltà il suo Signore: la «sequela» è mettersi con umiltà dietro a Gesù, senza avere la pretesa di fare come fa Lui (A. Mello). Il voler imitarlo si trasforma in arroganza di fare senza di Lui. Dunque la fede di Pietro la vediamo non nel credere di poter camminare come Gesù sulle acque, piuttosto sta nel suo grido di aiuto: «Signore, salvami!». Quando naufragano le realtà alle quali ci siamo attaccati come sicurezze (denaro, successo, relazioni, realizzazioni, concezioni di fede e di vita) allora ci attacchiamo veramente al Signore, con la supplica del suo aiuto.
 
Seguire Gesù significa, allora, mettersi umilmente in cammino dietro di Lui: farsi guidare dalla sua parola, farsi custodire dal suo amore, farsi accompagnare dai fratelli nella fede.
C'è però un’unica eccezione a non essere chiamati ad imitarlo. Quando Gesù dice addirittura che bisogna imitare il Padre celeste: nell'amore gratuito, quello verso anche i nemici. Imitarlo proprio nella cosa più difficile per gli uomini. Forse è un orizzonte, ci arriveremo nei tempi finali e definitivi. Ma è commovente pensare quanto Gesù creda nell'uomo, anche se non è illuso e ne conosce il male. Ma lo spera e lo attende sempre, avvolgendolo di tale amore.         
 

(Alberto Vianello)

Chiediamoci: Perché quella paura?

Chiediamoci: Perché quella paura? Perché la nostra paura nel nostro cammino di fede ed ecclesiale anch’esso scosso da turbolenze e contrarietà? 


Il testo evangelico si apre presentando un Gesù che desidera solitudine, che ha bisogno di ritiro, di distanza dai suoi discepoli e dalle folle. Egli allontana i discepoli da sé, li costringe a salire sulla barca e a precederlo dall’altra parte del lago e poi licenzia le folle (Mt 14,22). E sta in disparte, da solo, senza distrazioni, senza presenze altre, solo lui con se stesso, lui con il suo Dio: Solus erat ibi (Mt 14,23). Solo spazio della sua preghiera è la solitudine, solo tempo della sua preghiera è il silenzio, solo giudice della sua verità è la sua coscienza, il luogo intimo e a tutti inaccessibile che fonda la sua stabilità e nutre la sua forza, il luogo del suo dialogo con il Padre che orienta anche il suo muoversi nel mondo tra gli uomini, il suo scegliere, il suo parlare, il suo tacere, il suo rimproverare, il suo consolare, il suo curare.

Ed ecco che sul finire della notte Gesù si fa presente ai suoi che stanno tribolando in una faticosa e contrastata traversata delle acque agitate dal vento contrario. E vedendolo camminare sulle acque essi sono sconvolti e si fanno prendere dalla paura. Lo stesso Pietro, che in un primo momento fa fiducia Gesù che gli chiede di andare verso di lui camminando sulle acque, quando vede il vento e non più il Signore, diviene preda della paura e inizia ad affondare. Chiediamoci: Perché quella paura? Perché la nostra paura nel nostro cammino di fede ed ecclesiale anch’esso scosso da turbolenze e contrarietà? Forse perché non si ritiene che le contrarietà (il vento contrario) e le sofferenze comunitarie (la barca tormentata dalle onde) debbano far parte del cammino di vita a cui il Signore ci ha chiamati. Forse per scoraggiamento o per ribellione verso colui che ci ha affascinato ma da cui poi ci siamo sentiti abbandonati, lasciati in balìa delle onde. Forse perché non pensavamo che la pur difficile sequela fosse addirittura impossibile come camminare sulle acque del mare. Forse perché pensavamo che in noi stessi c’erano le risorse per andare fino in fondo senza dover andare anche a fondo. Forse perché non avevamo preso sul serio le parole di Gesù “dove sono io voglio che sia anche il mio servo” e “chi vuol salvare la propria vita la perderà”. Forse perché, come i discepoli sulla barca avevamo preso l’abitudine a parlare di Gesù tralasciando di parlare a lui, di pregarlo, come i discepoli che di lui dicono “È un fantasma” mentre a lui diranno nella preghiera comune: “Tu sei veramente il Figlio di Dio”.

(dal commento di Luciano Manicardi)

La formazione dei presbiteri è fondata su equivoci

Fa piacere leggere nell’introduzione alla nuova Ratio fundamentalis (2016) per la formazione dei preti che «il discepolo sacerdote proviene dalla comunità cristiana e a essa ritorna» (n. 3). Piacevole e appagante, peccato che non è vero.


O meglio, potrebbe anche esserlo, dipende da cosa intendiamo per “comunità cristiana”: se la si intende in maniera generica, come l’insieme dei battezzati, il popolo di Dio, allora siamo d’accordo, ma in questo caso la frase perde di significato, perché il “discepolo sacerdote” non ritorna alla comunità, dato che da essa non esce, dal popolo proviene e nel popolo resta.

Se invece la si intende come una “precisa comunità di fedeli”, secondo la definizione che il codice di diritto canonico offre della parrocchia (can. 515), allora tutto sfuma, perché questa “precisa” comunità nessuno la conosce, è una chimera, un po’ come l’uomo di Diogene. Da chi è costituita? Da tutti i battezzati che abitano nel territorio della parrocchia? E quelli che vengono a messa ogni domenica ma abitano fuori dai confini parrocchiali? E come funziona una comunità cristiana, intesa come parrocchia? L’unica cosa certa è che solo il parroco la rappresentata (can. 532), ma anche su questo piovono dubbi: i preti diminuiscono, la geografia delle parrocchie non si discute, quindi si moltiplicano i casi di parroci con più parrocchie, ma come possono rappresentarle tutte senza farne parte?

La comunità manca di una propria identità
La soluzione c’è e non sarebbe neanche difficile adottarla ...


(In calce all'articolo 5 interessanti link su questo medesimo tema)

L'intera riflessione di Cesare Baldi (*) continua a questo link:

https://www.viandanti.org/website/la-formazione-dei-presbiteri-e-fondata-su-equivoci/

(*) Presbitero della diocesi di Novara. Direttore dell’Istituto di pastorale dell’Università Cattolica di Lione

Famiglia, legge e desiderio in Iran

Le reti familiari si intrecciano con quelle politiche e sono cruciali nella distribuzione nella gestione del potere. Scombinano l'opposizione tra libertà individuale e oppressione, per molti sono la chiave di lettura delle proteste che continuano in Iran 

Una giovane donna manifesta per le strade contro uno Stato che la reprime. Questa è l’immagine simbolo delle proteste e delle violenze che nell’autunno-inverno 2022-23 hanno attraversato l’Iran in seguito all’uccisione da parte della polizia di Mahsa Amini, una giovane curda arrestata perché non indossava un velo conforme alle attese della ronda che l’aveva fermata.

Sarebbe riduttivo attribuire le recenti proteste in Iran solo alla questione del velo. Non vanno trascurate né la difficile situazione economica in cui versa il Paese soggetto a dure sanzioni internazionali, né l’incapacità dello Stato di soddisfare una classe media allo stremo, in un paesaggio internazionale instabile. Né il velo va considerato come un simbolo univoco in ambito musulmano. Al contrario, mentre continua a essere un capo d’abbigliamento legato alla moda e uno strumento di devozione, da almeno cento anni è anche usato per le più svariate e spesso opposte rivendicazioni politiche. Questa volta, sostengono molti analisti e media, nell’Iran contemporaneo si contrappongono libertà individuale e dominio statale.

L'interessante analisi di  a questo link: