Gesù non invita mai ad imitarlo, piuttosto a seguirlo

Seguire Gesù significa mettersi umilmente in cammino dietro di Lui: farsi guidare dalla sua parola, farsi custodire dal suo amore, farsi accompagnare dai fratelli nella fede



Gesù «costringe» i discepoli a partire sulla barca: inizia così il Vangelo di questa domenica. Sembra quasi che ci fosse, da parte loro, come una resistenza, e Gesù li obblighi con forza ad allontanarsi. Gesù aveva appena compiuto la prima moltiplicazione dei pani: c'è da pensare che si fosse creato un clima di esaltazione fra la gente che era presente. E, come reazione, Lui impone ai suoi di partire, congeda la folla e si ritira da solo sul monte a pregare. È la decisa presa di distanza da qualsiasi ricerca di successo, di ovazione, di celebrazione. È lo stile caratteristico di Gesù. Fin dall'inizio del suo ministero (cfr. Mc 1,32-39), Egli si allontana dalla gente - che prima aveva accolto nel suo bisogno di guarigione e di parola - perché totalmente alieno al successo, al guadagno, al risultato, al riconoscimento. Gesù non ha fretta quando c'è la necessità di capire, di soccorrere; invece ha sempre fretta quando si crea una situazione di un'esaltazione, di un trionfo. Da tale ovazione porta via i suoi discepoli.     
 
Questo per insegnare alla Chiesa che il suo vero posto non sta nell'autoesaltazione, ma sta - come per i discepoli - sulla barca, con tutta l'incertezza della traversata. Il Signore Gesù è con loro, tanto che poi li raggiunge camminando sulle acque, ma questo non li esime dalle prove, dalle contrarietà e dalle sofferenze comunitarie: altro che i successi! L'acqua, per gli ebrei, è sempre una situazione di incertezza e di debolezza: ma è molto meno "pericolosa" nella solida terra dove la gente ti ammira, ti loda, ti esalta.     
Poi Matteo dice che «la barca era agitata dalle onde»: è la Chiesa che vive le sofferenze comunitarie al suo interno. Non solo gli scandali, ma la fatica a fare veramente famiglia, in tutte le sue dimensioni.           
«Infatti il vento era contrario»: da una parte sono le fatiche del vivere reale di ogni uomo, ma, dall'altra, sono anche le ostilità e le contrarietà che vengono dalle opposizioni del male. La vita cristiana non è esente da fatiche, sofferenze e contrarietà. Se si pensa che il Signore debba essere un riparo contro ogni negatività si fa di Lui davvero un fantasma. La vita cristiana è una lotta, da combattere con le armi della grazia (cfr. Ef 6,10-18).
 
Gesù viene incontro ai suoi discepoli minacciati dal mare. Può ricordare il cammino dell'esodo e l'attraversamento del mare. Lì Dio si rivela a Israele come il vero Dio, e qui Gesù si avvicina loro dicendo il nome divino: «Io sono», colui che è presente e agisce nella storia e fra gli avvenimenti. Anche a Elia Dio si rivela come Dio: non nel vento, non è nel terremoto, non è nel fuoco, ma nel mormorio di un silenzio. Elia scopre Dio non nei segni grandi, clamorosi, come quelli che lui aveva invocato, ma in un quasi silenzio. Non il Dio delle ovazioni, ma il Dio che sembra tacere, proprio quando imperversano le acque e il vento.
 
Allora può avvenire veramente l'affidamento al Signore nella preghiera: «Signore, salvami!». Attraverso tale affidamento, Pietro capisce una realtà fondamentale della fede che non aveva capito e che anche noi dobbiamo imparare. Pietro chiede a Gesù di camminare sulle acque, come Lui, il Signore, sta camminando. Pensa che la fede consista nell'essere tesi a fare come ha fatto Gesù, a compiere i suoi gesti, ad avere nel cuore le stesse parole da dire. La fede equivale, così, a tendere a voler «imitare» Gesù Cristo. Ma Gesù, fin dalla chiamata dei primi discepoli - fra i quali c'era anche Pietro - non invita mai ad imitarlo, piuttosto a seguirlo. Sin dall’AT, il credente è chiamato a seguire con umiltà il suo Signore: la «sequela» è mettersi con umiltà dietro a Gesù, senza avere la pretesa di fare come fa Lui (A. Mello). Il voler imitarlo si trasforma in arroganza di fare senza di Lui. Dunque la fede di Pietro la vediamo non nel credere di poter camminare come Gesù sulle acque, piuttosto sta nel suo grido di aiuto: «Signore, salvami!». Quando naufragano le realtà alle quali ci siamo attaccati come sicurezze (denaro, successo, relazioni, realizzazioni, concezioni di fede e di vita) allora ci attacchiamo veramente al Signore, con la supplica del suo aiuto.
 
Seguire Gesù significa, allora, mettersi umilmente in cammino dietro di Lui: farsi guidare dalla sua parola, farsi custodire dal suo amore, farsi accompagnare dai fratelli nella fede.
C'è però un’unica eccezione a non essere chiamati ad imitarlo. Quando Gesù dice addirittura che bisogna imitare il Padre celeste: nell'amore gratuito, quello verso anche i nemici. Imitarlo proprio nella cosa più difficile per gli uomini. Forse è un orizzonte, ci arriveremo nei tempi finali e definitivi. Ma è commovente pensare quanto Gesù creda nell'uomo, anche se non è illuso e ne conosce il male. Ma lo spera e lo attende sempre, avvolgendolo di tale amore.         
 

(Alberto Vianello)

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