Domenica XIX PA - Mt 14,22-33

Pietro è l’immagine della nostra condizione esitante, il dubbio che abbiamo sulla la nostra capacità di andare fino in fondo ci fidiamo ma non fino in fondo. Abbiamo bisogno di aiuto. 


Abbiamo lasciato due domeniche fa Gesù che, dopo aver capito l’inutilità di cercare di comunicare senza parafrasi il suo messaggio e aver deciso di provare raccontando delle parabole, alla fine aveva chiesto ai discepoli se avevano finalmente capito, ricevendo una immediata risposta positiva. Però domenica scorsa, nella Trasfigurazione, aveva di nuovo dovuto intervenire il Padre a correggere la reazione di tre discepoli che avevano invece dimostrato di non aver capito nulla. Avevano infatti avanzato la proposta di realizzare tre tende mettendo al posto d’onore (al centro) quella di Mosè, evidentemente continuando a pensare che Gesù fosse un messia secondo la linea dell’osservanza della Legge anche da imporre, se necessario, con la forza come aveva fatto Isaia che scannò personalmente quattrocentocinquanta sacerdoti di un’altra divinità.

Il Padre interviene correggendo questa falsa visione ed è qui che i tre si spaventano, cadono con la faccia a terra davanti a Gesù in un atteggiamento di sottomissione, affermando così di aver capito e di essere disposti ad ascoltarlo, di affidarsi a lui. Sarà vero?

 

Oggi un nuovo episodio di questo cammino difficile di comprensione dei discepoli. L’Evangelo inizia dicendo “Subito dopo…”. Se non ci fosse stata la festa della Trasfigurazione, la liturgia ci avrebbe proposto l’episodio della prima moltiplicazione dei pani con la quale Gesù ha cercato nuovamente di far comprendere la sua proposta di un mondo nuovo. La folla aveva messo a disposizione di Gesù, tutto ciò che aveva e, quel cibo distribuito secondo i criteri della condivisione che sono i criteri di Dio, si era rivelato non solo sufficiente, ma sovrabbondante per tutti.

Subito dopo Gesù costrinse i discepoli (a salire sulla barca) e a precederlo sull’altra riva”. Ma perché i discepoli, che avevano promesso di dare ascolto al Padre che li aveva invitati ad ascoltare suo Figlio, si dimostrano così renitenti ad accogliere l’indicazione di precederlo sulla riva orientale del lago di Tiberiade? Quella zona non è terra di Israele, ma pagana. Quando Gesù aveva dato loro istruzioni su come svolgere la loro missione, si era raccomandato di non andare tra i pagani, di non entrare nelle città dei samaritani, di rivolgersi invece alle pecore perdute della casa di Israele (Mt, 10,3). Dunque quell’invito di Gesù per loro era in contraddizione con quanto aveva loro indicato, quindi avevano posto resistenza anche perché li aveva invitati a farlo su quella barca dalla quale aveva fatto gran parte del discorso in parabole poco discosta dalla riva. La barca è l’immagine della Chiesa, della Comunità, salirci sopra significa aver accolto ed accettato di seguire Gesù fino in fondo, fino al dono totale di sé stessi per amore.

Ecco perché, nonostante le loro affermazioni sono riluttanti e il racconto di Matteo lo sottolinea quando evidenzia che Gesù “congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo”. Ugualmente accade in una sola altra occasione, sul monte degli ulivi, dopo l’Ultima Cena. Anche qui rimane solo a pregare e sono due momenti di crisi per il suo gruppo. L'evangelista vuole così sottolineare che Gesù percepisce come i discepoli pur accompagnandolo, non lo seguono e continuano a non capire.

È notte, ci sono perciò le tenebre sul mare e inizia a soffiare un forte vento contrario, la barca “è agitata” diventa difficile da governare. È l’immagine di una loro situazione di disorientamento e di un percepirsi soli, senza guida. Potrebbe essere la descrizione di molte delle nostre situazioni ecclesiali di difficoltà, di smarrimento in cui ci si deve confrontare con ogni tipo di difficoltà; a volte ci sembrano insuperabili e l’impegno di annunciare il Vangelo inutile, si è tentati di lasciar cadere le braccia, di scoraggiarsi. Inoltre possono pure esserci le onde della mondanità, i valori dietro i quali corrono tutti e le difficoltà che vengono da dentro la Chiesa: gli scandali, la durezza di cuore nell’ascolto della Parola di Dio, l’attaccamento a tradizioni obsolete.

Sul finire della notte” Gesù si avvicina alla barca “agitata” camminando sulle onde del mare; al vederlo i discepoli sono “sconvolti” e si può dire, come durante la Trasfigurazione, “presi da un grande timore”, quello che prende quando ci si trova alla presenza dell’Altissimo. Realtà confermata dal libro di Giobbe (9,8), nel quale Dio è presentato proprio come colui che cammina sulle onde del mare. I discepoli sono sorpresi, non riescono a capire e a decidersi tra una visione del Divino e un fantasma: cosa spaventa di più? “Ma subito Gesù parlò loro dicendo: coraggio Io sono non abbiate paura”. Lo stesso invito a non temere che risuona ad ogni apparizione del Divino che Gesù conferma di essere tanto è vero che il testo greco suona non “sono io” come nella nostra traduzione bensì “Io sono” cioè il “nome” con il quale Dio si presenta a Mosè.

Allora Pietro (è il suo soprannome negativo che indica la sua testardaggine) lo sfida come fece il diavolo nel deserto: “Signore, se sei tu comandami di venire verso di te sulle acque. Ed egli disse: Vieni!”. lo invita cioè di arrivare dove lui si trova facendo cioè le sue stesse scelte fino a quel dono della vita che aveva detto loro e che loro avevano rifiutato (Mt 16,22b). Pietro accetta, va verso il Maestro, ma poi comincia ad avere paura di quella scelta, donare la vita, lo spaventa. A un certo punto, pensa proprio di non farcela ed inizia ad affondare nei flutti; però riesce ancora a chiede al Signore di salvarlo, comunicargli la sua stessa forza e questo accade.

Poi Pietro risale con Gesù sulla barca, tutto si acquieta e i discepoli si prostrano dicendo “Davvero tu sei il Figlio di Dio”. Avranno realmente capito questa volta? E noi?

 

Pietro è l’immagine della nostra condizione di discepoli incerti, esitanti. Il dubbio che ci assale è quello che il dono della vita, per amore, non sia la scelta che vale la pena fare. Il dubbio riguarda la nostra capacità di andare e seguire Gesù: è il segno della nostra poca fede, ci fidiamo ma non fino in fondo.

 

(BiGio)

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