Il vertice di Gedda ha segnato un momento importante non solo per la guerra in Ucraina, ma per la futura costruzione del nuovo ordine mondiale post-conflitto. L’incontro tra Paesi del Nord e del Sud del mondo racconta che, nonostante le distanze, ci sono spazi di cooperazione sui grandi dossier, anche grazie ad attori che si stanno costruendo il ruolo di pontieri, come l’Arabia Saudita
Pensare che la riunione internazionale organizzata a Gedda, in Arabia Saudita, sia stata soltanto un incontro di dialogo per ascoltare Kyiv e trovare una via per avviare un negoziato attorno all’aggressione russa sarebbe limitante. Basta valutare che al meeting hanno partecipato funzionari operativi dall’alto valore (strategico) nei governi che rappresentavano: per esempio, l’Italia ha inviato l’ambasciatore Francesco Maria Talò, consigliere massimo di politica internazionale di Palazzo Chigi; gli Stati Uniti avevano sia il quasi omologo (per funzione e valore) di Talò, il consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan, che la vice segretaria di Stato Victoria Nuland; la Cina era rappresentata da Liu Hui, diventato noto alle cronache di questi mesi perché è l’uomo da cui il Partito/Stato ha scelto di essere rappresentato quando si parla di Ucraina, ma il suo ruolo al ministero è ben più ampio (gestisce parte dei rapporti più operativi con la Russia).
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