Una nuova iniziativa editoriale sottolinea l'importanza della dimensione fisica della fede: una prospettiva che l'Occidente ha trascurato e che, invece, l'esperienza del cattolico giapponese Paolo Nagai, colpito dall'atomica di Nagasaki, mostra in tutta la sua radicalità
L'autore del libro si convertì al cristianesimo negli anni Trenta, Nagai era molto legato alla storia delle persecuzioni anticattoliche in Giappone, in particolare all’ultima ondata coincisa con la fine dello shogunato Edo e l’inizio dell’era Meiji, tra il 1865 e il 1875. In quegli anni segnati dal braccio di ferro con le potenze occidentali, le autorità giapponesi perseguitarono in particolare la comunità cristiana di Urakami, un insieme di villaggi tre chilometri a nord di Nagasaki convertitisi in massa nella seconda metà del Cinquecento e capaci di conservare per secoli, in clandestinità, la fede portata da Francesco Saverio. Onde ottenerne l’abiura, quei rozzi contadini venduti alla falsa religione degli stranieri — così li vedevano le autorità — furono deportati, detenuti in condizioni disumane, torturati e sottoposti all’indottrinamento di maestri dello shintoismo. Nagai racconta in particolare la storia di 37 cristiani confinati presso il passo di montagna di Tsuwano e lì morti senza abiurare, dopo aver resistito alle torture in nome della Vergine Maria. Da essa vengono il nome della località che dà il titolo al volume, il Passo della Vergine, Otome Toge, e il sottotitolo Storia dei martiri cristiani di Tsuwano.
La recensione del libro di Marco Ventura è a questo link:
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