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Pensierino domenicale: III di Quaresima (Gv. 2,13-25)

  Il Tempio di Dio è la nostra umanità: non dobbiamo renderla un mercato 



Le nostre domande su chi sia Gesù che ci hanno accompagnato lungo il Tempo Ordinario, ci hanno introdotto nella Quaresima e, nelle prime due Domeniche, hanno trovato delle prime indicazioni. È un Dio che si fa vicino a noi ed è in tutto simile a noi, tanto da vivere come noi nella continua tentazione di mettere il nostro “io” davanti al progetto di Dio. Gesù assume nella solidarietà e nella compassione questa nostra vita sempre tentata, per cambiarla di segno e ha mostrato nella sua trasfigurazione quello a cui siamo chiamati. Non si può però bruciare o saltare la porta stretta della passione, della croce. Non ci sono sconti, non ci sono stati per Gesù, non ci sono per noi.

Oggi l’Evangelo ci presenta l’episodio della purificazione del Tempio. Quest’ultimo era il luogo di incontro tra Dio e il suo popolo. Gesù però nella sua Trasfigurazione ci ha mostrato una umanità secondo il progetto del Padre (è questo il senso dell'Alleanza proclamata dalla prima Lettura), nella quale c'è l'incontro tra Lui e la nostra umanità. Vale a dire che, innanzitutto la sua, ma anche la nostra umanità è chiamata ad essere il nuovo Tempio. Lo afferma bene S. Paolo quando scrive che Il tempio del Dio vivente siamo noi (2Cor 6,16).


Accade però che Israele aveva (legalmente) trasformato il luogo dell’incontro con Dio in un mercato ed allora Gesù lo “purifica”. In questo modo ci invita a fare attenzione a non far diventare tale la nostra umanità. Una Comunità Cristiana che annunci la parola dell’Evangelo di questa Domenica, deve farsi carico della denuncia di tutte quelle situazioni in cui l’umanità è mercanteggiata, è considerata, trattata o resa come una "cosa": in questo modo profanandola, perché Gesù vuole che ogni persona sia sempre la casa del Padre suo, come la sua storia e la sua vita lo sono state.


Distruggerete questo tempio ed io in tre giorni lo farò risorgere”. È un ulteriore preciso invito per noi perché, dopo aver incontrato un Dio tentato e insieme un Dio che ci propone un’umanità trasfigurata perché è il suo Tempio, dobbiamo essere capaci di vedere ciò che deturpa ogni uomo e farlo nuovamente risplendere dandogli gli strumenti per poter realizzare ciò a cui è stato chiamato. Ovunque si leggano i segni di una umanità umiliata, siamo chiamati ad operare perché possa essere ricostruita, risorgere.


Marco annota che i discepoli compresero queste sue parole solo dopo la sua morte e risurrezione. Vale a dire che siamo chiamati a capire che la nostra umanità passa sì attraverso la sofferenza e la morte, ma Dio non l’abbandonerà e la farà risorgere. 


Di fronte a questo possiamo essere increduli come i molti che chiedono segni o che credono per i segni. Quante volte anche noi trasformiamo le nostre chiese, i nostri santuari in un mercimonio; le nostre celebrazioni in una miriade di segni che rischiano quasi di portarci a non credere, a non riconoscere più quel segno unico che è Gesù. In fondo non è più neanche un segno, ma è la Sua presenza viva: il tempio di Dio in mezzo a noi al quale noi siamo chiamati a partecipare, a diventare nel e per il mondo intero.


Dopo averlo visto tentato e trasfigurato, avendo compreso che questa storia e questa vita è il nuovo tempio di Dio, la grande proposta che ci fa Gesù è quella di diventare esperti di umanità. Abbiamo la possibilità di essere come Gesù: qualcuno che impara e sa quello che c’è nel cuore di ogni uomo. Questa sapienza è la strada che Gesù ci sta insegnando, anche se assomiglia ad una strada in salita, anche se ci porta con fatica dietro a lui fino a Gerusalemme.


Lieta Domenica a tutti!

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