Domenica delle Palme: Mc 11,1-10
Oggi la liturgia fa compiere uno scatto, un salto deciso. Non è più tempo di camminare ponendoci domande su Gesù e ricevendo risposte. È tempo di decidere: seguirlo o abbandonarlo anche noi. L’Evangelo di Marco fa notare come all’inizio le folle che lo ascoltavano crescevano sempre di più, poi iniziano a scemare fino a ridursi una manciata donne, discoste, sotto la croce.
Eppure oggi Marco ci narra e ci invita a far nostra l’attenzione minuziosa che ha Gesù fino alla fine per coloro che gli sono stati affidati, senza chiedere nulla in cambio. In un Evangelo stringato come di Marco, oggi si sofferma sui dettagli proprio per dirci questo, non per sorprenderci con la sua capacità di leggere e anticipare quanto accadrà.
Inoltre, fino a questo momento aveva sempre rifiutato e tacitato chi voleva affermare la sua realtà. Oggi invita i discepoli a dire al padrone dell’asino che “il Signore (il Kyrios) ne ha bisogno” e si affretta a raccomandargli di rassicurarlo “lo rimanderà subito”, Gesù non è un padrone dispotico che ritiene suo possesso tutto (anche se, come Creatore, tutto gli appartiene), rispetta chi ne ha l’uso dal quale dipende il suo sostentamento quotidiano.
Come viene ricambiato? Viene equivocato “gli gridano: Osanna” che, di per sé è una invocazione: “Dio, aiutaci, salvaci!”. Qui invece assume un altro significato, non è una invocazione, è l’affermazione con atteggiamento scostante di presuntuosa sicurezza, che Gesù ora realizzerà “il regno del nostro padre Davide”. Gesù però aveva passato la sua vita tra di loro annunciando che Dio si era fatto presente, vicino a ciascuno, che aveva assunto la realtà di ognuno per trasformarla dall’interno, per offrire a tutti la possibilità di vivere in pienezza ciò per cui si è venuti al mondo; questo è il Regno d’amore del Padre che era venuto, viene e verrà. Non quello relativo a un potere temporale come quello realizzato da Davide.
Allora quel grido “Osanna” non è più una invocazione di aiuto, la disponibilità di accogliere l’amore di Dio, è la pretesa di dirgli cosa deve fare. È la tentazione di tutti, sia di chi lo precede quasi a volergli indicare la strada, sia chi a ruota lo segue; cioè sia di chi ha “ruolo”, sia di chi non ne ha, di chi supinamente si accoda alle grida degli influencer del momento; ieri come oggi, in ogni ambito.
Non tengono conto, non gli interessa che lui venga da Betania, che significa la Casa del Povero, vogliono che realizzi la loro volontà, le loro attese, le loro pretese, i loro progetti e non quelli del Padre, anche se più volte avevano già tentato di ucciderlo.
Dieci versetti intensi su cui confrontare la nostra vita, la nostra preghiera, il nostro rapporto con il Signore, la nostra realtà quotidiana.
Lieta Domenica a tutti!
Nessun commento:
Posta un commento