In occasione della solennità della Trasfigurazione del Signore, particolarmente cara alla Comunità di Bose, e di grande rilevanza ecumenica (la tradizione monastica ortodossa la conosce come la “Pasqua dell’estate”) il sito del Monastero di Bose offre un’intensa meditazione di p. Lev Gillet, il “monaco della chiesa d’oriente”, dedicata proprio a questa festa. Vi si potrà cogliere tanto la fedeltà alla tradizione spirituale ortodossa a cui questo monaco apparteneva, quanto l’eco della sua personale esperienza di preghiera.
La seconda delle grandi feste estive è la Trasfigurazione di Nostro Signore Gesù Cristo, che celebriamo il 6 agosto.
Proviamo a considerare alcuni aspetti del racconto evangelico della Trasfigurazione. Gesù porta con sé i suoi tre discepoli più intimi. Dio talora si manifesta ai peccatori in maniera straordinaria. Ma, in generale, il privilegio di contemplare Dio ed entrare nella gioia della Trasfigurazione è riservato a coloro che hanno a lungo e fedelmente seguito il Maestro. Gesù conduce i suoi discepoli su un alto monte. ... L'aspetto abituale di Gesù è cambiato. Il suo viso ora brilla "come il sole". La sua veste diventa "bianca abbagliante". In questo consiste la Trasfigurazione. Questo Gesù che i discepoli conoscevano bene e il cui aspetto nella vita quotidiana non differiva da quello degli altri uomini appare loro improvvisamente in una forma nuova e gloriosa.
Un'esperienza simile può verificarsi nella nostra vita interiore in tre modi. A volte la nostra immagine interiore di Gesù diventa (agli occhi della nostra anima) così luminosa, così splendente, che ci sembra davvero di vedere la gloria di Dio sul suo volto: la divina bellezza di Cristo diventa in qualche modo per noi un oggetto di esperienza. A volte sperimentiamo anche in modo intenso che la luce interiore, questa luce donata ad ogni uomo che viene in questo mondo per guidare il suo pensiero e la sua azione, si identifica con la persona di Gesù Cristo: la forza della legge morale si fonde con la persona del Figlio, l'attrattiva del sacrificio ci fa intravedere il Salvatore immolato e ascoltare la sua chiamata. A volte, infine, diventiamo consapevoli della presenza di Gesù in quest’uomo o in questa donna che Dio ha posto lungo il nostro cammino, soprattutto quando ci viene dato di chinare lo sguardo con compassione sulle loro sofferenze: quest'uomo o questa la donna è trasfigurata in Gesù Cristo, attraverso gli occhi della fede. Potremmo, da quest'ultimo fatto, individuare un preciso metodo di spiritualità, un metodo di trasfigurazione applicabile a tutti, ovunque e sempre.
Accanto a Gesù compaiono Mosè ed Elia. Mosè rappresenta la legge. Elia rappresenta i profeti. Gesù è il compimento di ogni legge e profezia. È il termine finale di tutta l'Antica Alleanza. Egli è la pienezza di tutta la rivelazione divina. Mosè ed Elia parlano a Gesù della sua passione imminente. Questo aspetto della Trasfigurazione generalmente non viene notato abbastanza. Non possiamo, nella vita di Gesù, separare i misteri gloriosi dai misteri dolorosi. È quando Gesù si prepara alla sua passione che viene trasfigurato. Entreremo nella gioia della Trasfigurazione solo se, nella nostra stessa vita, accettiamo la croce. Pietro vorrebbe stabilirsi nella beatitudine della Trasfigurazione. Suggerisce a Gesù di costruire tre tende. Allo stesso modo un credente, all'inizio della sua vita spirituale, desidera prolungare le "consolazioni", i momenti di intima dolcezza. Gesù lascia senza risposta il suggerimento di Pietro. Né ai primi discepoli, né a noi, è concesso di sottrarsi alle fatiche della pianura e di stabilirsi fin da ora in una pace che appartiene solo alla vita futura.
La nube luminosa della Presenza divina copre la cima del monte. In mezzo alla nube si sente una voce: "Questo è il mio Figlio prediletto, il mio eletto, ascoltatelo!". Le stesse parole, o quasi, erano già state pronunciate dalla stessa voce, durante il battesimo di Gesù. Esse danno alla scena della Trasfigurazione tutto il suo significato. Perché Gesù cambia aspetto? Perché si riveste di luce? Non è per offrire agli apostoli uno spettacolo impressionante e rassicurante. È per tradurre in modo esteriore la testimonianza solenne che il Padre rende a suo Figlio. E il Padre stesso dà una conclusione pratica a questa visione: "Ascoltatelo!". Una grazia straordinaria produce il suo effetto solo se ci rende più attenti e più obbedienti alla Parola divina.
I discepoli sono sopraffatti dalla paura. Gesù li tocca e li rassicura. "Ed essi, alzando gli occhi, non videro più nessuno se non Gesù, solo (Mt 17,8)". Possiamo trovare in questa frase vari significati, ugualmente veri. Da un lato, la condizione normale del discepolo di Gesù in questo mondo è quella di attaccarsi alla persona di Gesù, senza che questa persona assuma gli attributi esteriori della gloria divina; il discepolo deve vedere "Gesù solo", Gesù nella sua umiltà; se, in rari momenti, la sua immagine ci sembra avvolta di luce, e se crediamo di sentire la voce del Padre che designa il Figlio al nostro affetto, questi lampi non durano; e dobbiamo subito trovare Gesù dov'è di solito, in mezzo ai nostri doveri quotidiani umili e talvolta difficili. Vedere "Gesù solo" significa ancora: concentrare la nostra attenzione e il nostro sguardo solo su Gesù, non lasciarci distrarre dalle cose del mondo o dagli uomini e dalle donne che incontriamo, insomma, rendere Gesù il supremo e unico scopo nella nostra vita. Questo significa forse che dobbiamo chiudere gli occhi al mondo che ci circonda e che spesso ha bisogno di noi? Alcuni sono chiamati a rimanere assolutamente soli con il Maestro: siano fedeli a questa vocazione. Ma la maggior parte dei discepoli di Gesù, vivendo in mezzo al mondo, può interpretare le parole “Gesù solo” in un altro modo ancora. Senza rinunciare a un contatto riconoscente con le cose create, a un contatto amoroso e pieno di dedizione con gli uomini, costoro possono raggiungere un grado di fede e di carità nel quale Gesù diventerà trasparente attraverso gli uomini e le cose; tutta la bellezza naturale, tutta la bellezza umana diventerà la “frangia” della bellezza stessa di Cristo; vedremo il suo riflesso in tutto ciò che, negli altri, attira e merita la nostra simpatia. In breve, avremo “trasfigurato” il mondo e in tutti quelli sui quali apriremo gli occhi troveremo “Gesù solo”.
Il mistero della Trasfigurazione ha ancora un altro aspetto che i testi scritturistici della festa non indicano chiaramente, ma che gli inni liturgici sottolineano. «Per mostrare la trasformazione della natura umana ... durante il tuo Secondo e temibile Avvento ... o Salvatore ... ti sei trasfigurato ... O tu che hai santificato l'intero universo con la tua luce ...». Queste parole, che cantiamo al Mattutino, alludono al carattere cosmico ed escatologico della Trasfigurazione. Tutta la natura - che ora soffre le conseguenze del peccato, causa del male fisico - sarà liberata, rinnovata, quando il Cristo ritornerà gloriosamente alla fine dei tempi. Questa trasformazione del mondo è offerta alla nostra fede, alla nostra speranza, alla nostra attesa. Tuttavia, dobbiamo stare attenti a non esagerare questo aspetto della Trasfigurazione a scapito degli altri. I Vangeli ci mostrano che il primo, fondamentale significato della Trasfigurazione riguarda la persona stessa di Nostro Signore, che suo Padre glorifica prima di lasciarlo andare verso la Passione. Le effusioni verso il mistero della trasfigurazione della "terra" non devono oscurare questa verità: che la Trasfigurazione è prima di tutto la Trasfigurazione del Figlio amato.
Infine, la Trasfigurazione è anche rivelazione del Padre e dello Spirito. Solleva il velo che copre per noi, in questa vita terrena, la vita intima delle tre Persone divine. Diciamo con tutta la Chiesa, nell'Ode nona del Mattutino: «Stiamo spiritualmente nella città del Dio vivente e guardiamo con ammirazione alla divinità immateriale del Padre e dello Spirito che risplende nel Figlio Unigenito!».
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