Nella Peschiera una comunità di eguali

La Peschiera, Chiesa della Madonna della Neve, il giardino - secoli XVI-XIX, Santa Fiora , Monte Amiata (Grosseto)

Da colonizzare con opere d'arte graziosamente parcheggiate da multinazionali, da "valorizzare" e"riqualificare"con piani di resilienza internazionali, da vendere a pezzi a chi offre di più: mai come oggi i borghi italiani sembrano andare di moda. Eppure, tutto questo non è altro che l'ennesimo sfruttamento, l'ennesimo consumarli, l'ennesimo tentativo di estrarne una rendita: trattandoli come un mezzo, mai come un fine. E dicendoci pure che li staremmo aiutando, i borghi.

E invece sono i borghi che potrebbero aiutare noi, donne e uomini delle metropoli. Con la loro misura, con i loro ritmi diversi, con la dimensione umana di comunità in cui il passato è vivo, e salvifico. In cui i tempi sono compresenti, e le persone sono volti e non statistiche.
Prendiamone uno: Santa Fiora, sul Monte Amiata. Una orgogliosa cittadina, onusta di storia e di memorie, che conobbe l'apice della sua gloria ottocento anni fa. Un luogo dove i ricci di castagne e le mele cotogne hanno il loro monumento rinascimentale, che le tramanda all'eternità nel colore vivo della terracotta invetriata.

Ma è della Peschiera che voglio parlare: un luogo che, secondo Cesare Brandi, da solo vale il viaggio.
Le fonti del fiume Fiora, che nasce qui dalla roccia per iniziare la sua corsa verso la Maremma e il mare, sedussero gli abitanti del borgo: che con la chiesa della Madonna della Neve, costruita letteralmente sopra di esse, resero grazie al Cielo, e con una larga peschiera la misero a frutto

allevandovi le trote. E che, lungo i secoli dell'era moderna, vi costruirono accanto un giardino in- cantato.
Anche nei giorni più caldi dell'estate ci tira sempre un vento fresco, gli alberi altissimi si specchiano nell'acqua gelida e cristallina, anatre multicolori vi crescono i propri piccoli. Infinita è la malia di questa fonte Aretusa portata in volo dall'Ortigia all'Amiata: di questo giardino in cui, dopo un po', non distingui più l'opera della natura e quella dell'uomo, fuse in comunione perfetta.

E in questo giardino, rigorosamente aperto a tutti, non trovi milionari in viaggio o benefattori pelosi, ma nonni con i nipoti, famiglie di immigrati nel solo giorno libero, coppie di amanti e padroni felici di cani felici. Una comunità di eguali in uno spazio pubblico. E non ti sfiora l'idea che ci sia bisogno di valorizzare e riqualificare: perché è quel luogo bello e giusto che valorizza e riqualifica chi ha la ventura di sostarvi.

Esattamente la lezione che abbiamo dimenticato: e che potrebbe tornare a farci liberi.


Tommaso Montanari

(in Il Venerdì del 13 agosto 2021)

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