La parola di Dio ha come mèta il cuore dell'uomo e tende a suscitare una risposta che sia di tutto l’essere, senza divisione tra lingua e cuore, tra dire e fare, tra esistenza e culto. L’affermazione di Gesù circa l’origine interiore, nel cuore, di ciò che rende impuro l’uomo, è importante perché lega l’impurità al peccato, che è allontanamento dalla parola di Dio. dalla sua volontà d'amore e fallimento umano.
Soprattutto invita il credente a ricercare in sé l’origine del male che compie e a non rifugiarsi in sistemi di autogiustificazione in base a cui si accusano gli altri per discolpare sé stessi.
Le parole evangeliche riguardano usanze giudaiche, ma il meccanismo denunciato da Gesù è attivo in ogni sistema religioso e facilmente individuabile anche nel cristianesimo.
Occorrerebbe sempre passare al vaglio del vangelo le priorità che noi cristiani ci assegniamo: sul piano pastorale o morale o altro ancora. Occorrerebbe sempre porsi la domanda: che cosa è davvero irrinunciabile, talmente centrale da non poter essere tralasciato nella vita e nell’annuncio cristiano?
Come criterio di discernimento essenziale e minimale al tempo stesso, va ricordato ciò che diceva Isacco della Stella: “È la carità, l’agape, il criterio di ciò che nella chiesa deve essere conservato o cambiato”. Questo discernimento è importante all’interno di una riforma ecclesiale che cerca di riportare all’essenziale e all’irrinunciabile il vissuto di fede.
La dialettica fra comandamento o parola di Dio e “tradizioni”, presente nelle parole di Gesù, è echeggiata dai Padri della chiesa che distinguono verità e consuetudine. “Nel Vangelo il Signore dice: Io sono la verità. Non dice: Io sono la consuetudine” (Agostino).
Il rischio è che la consuetudine prevarichi sulla verità divenendo tradizione immutabile e sacralizzata quando altro non è che cattiva o pessima abitudine: “La consuetudine non deve impedire che la verità prevalga. Infatti, la consuetudine senza la verità è errore inveterato” (Cipriano).
Una consuetudine, magari nata “da una certa ignoranza o da dabbenaggine, con l’andar del tempo si radica sempre più e si trasforma in prassi abituale, e così ad essa ci si appella in opposizione alla verità” (Tertulliano).
E così, una pagina che affronta tematiche distanti dai nostri vissuti e dalla nostra sensibilità si svela incredibilmente attuale e capace di parlare al nostro oggi ecclesiale.
(dal sito: www.monasterodibose.it)
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