“Sarai pescatore di uomini” letteralmente “prenderai i vivi” cioè toglierai gli uomini dalla realtà nella quale possono trovare la morte: è quel “liberare i prigionieri” incontrato domenica scorsa nella citazione di Gesù del profeta Isaia.
In questo lungo periodo la Liturgia ci ha prima di tutto fatto notare che i primi che hanno accolto Gesù e ai quali lui si è manifestato sono gli ultimi e gli stranieri; poi ci ha posto davanti i temi che nella sua missione si appresta a vivere senza voler sostituire nulla ma innestando nella tradizione quello che serve per far scorrere di nuovo l’amore di Dio per l’umanità.
Oggi inizia a proporci le modalità concrete con le quali lui interpreta, vive e ci chiede di far nostro quell’annuncio dell’Anno di Grazia del Signore che desidera liberarci da tutto ciò che opprime e impedisce di vivere in pienezza.
Lasciata la Giudea Gesù ora sta “presso il lago di Gennésaret” e “la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio”. È in giorno qualsiasi e probabilmente si sta guardando attorno cercando di capire come fare per poter parlare a tutti e vede due barche. Una di queste era di Simone che aveva già conosciuto: era andato a casa sua ed aveva guarito sua suocera. Siede sopra quella barca, chiede di scostarla un poco da riva e da qui insegna. È quello con Simone un incontro casuale in un giorno feriale, mentre è attento nel consueto lavoro quotidiano, di riassetto delle reti dopo una notte passata a pescare senza prendere nulla; sta portando a termine la loro attività con tutta l’attenzione della competenza maturata negli anni.
Non siamo come in precedenza in un giorno festivo, in una Sinagoga assieme anche a Maestri della Legge. Questa volta è in una barca di pescatori, persone comuni che si guadagnano da vivere sudando, sporcandosi le mani, ma è da questa realtà e in questa realtà che questa volta viene proclamata la parola di Dio.
Non ci viene detto che cosa Gesù ha detto, ci viene raccontato un incontro e, come in qualsiasi rapporto vero, due persone poste l’una di fronte all’altra, avviene una presa di coscienza della propria specificità. Un rapporto è efficace quando porta due persone a conoscersi È piuttosto un cammino che avanza l’intero tempo che dura quell’amicizia fintantoché non si compie concludendosi. Se ci si pensa questo è nella nostra comune esperienza, il conoscere una persona è sempre un divenire, un crescere anche nostro; quindi anche l’incontro con il Signore non può non avere questa caratteristica. Conoscere l’altro è conoscere se stessi difronte all’altro nei propri pregi e nei propri difetti. È quanto ci viene raccontato da Luca; è quanto accade a Simone che di Gesù aveva conosciuto la capacità di guaritore ma non aveva ancora preso coscienza di sé difronte a lui.
Riprendendo la pericope di oggi, “la folla faceva ressa” attorno a Gesù “per ascoltare” non la sua parola ma quella di Dio. Non cercano un bel sermone culturalmente ricco, il loro desiderio è altro, è avere risposta alla ricerca di senso per la loro vita nell’incontro con il Dio Vivente che interpella, colpisce nel profondo, impegna. Simone e i suoi aiutanti non erano tra questi, vi sono coinvolti perché non rifiutano interrompendo il loro lavoro “di scostarsi un poco da terra” perché il Signore potesse insegnare “alle folle dalla barca”. È quindi una situazione non scelta da loro, ma accolta nella loro disponibilità. Anche nella nostra esperienza spesso gli incontri casuali si rivelano poi inaspettatamente proficui, ci portano gioia e ulteriore disponibilità per approfondire la conoscenza dell’altro. È quanto accade anche a Simone quando viene invitato (letteralmente) a prendere “il profondo” (“il largo”) e a gettare le reti per la pesca contro ogni logica dopo una notte di lavoro del tutto inefficace: non avevano preso nulla. Secondo il profeta Ezechiele l’abbondanza della pesca era segno della benedizione di Dio (Ez 47,1-12), quindi loro quel giorno decisamente non lo erano ma Simone si fida del “Maestro” (letteralmente “capo”) riconoscendo così un rapporto gerarchico “e presero una quantità enorme di pesci”, letteralmente “una moltitudine”. Poteva essere un ulteriore spreco di forze che avrebbe confermato le competenze di Simone, ma la fiducia come la speranza posta nel Signore porta i suoi frutti e ci dice che nell’azione pastorale non sono tante le nostre competenze, le nostre fatiche quanto la fiducia nell’opera del Signore attraverso le nostre mani che portano frutto abbondante, oltre ogni aspettativa.
Qui Simone (e ora Luca aggiunge il suo soprannome “Pietro” a significare la sua testardaggine) scopre la sua differenza con Gesù e gli chiede di allontanarsi ricevendo l’invito a “non temere” perché a lui non interessa la realtà presente ma il futuro del rapporto con lui e con tutti gli uomini. “Sarai pescatore di uomini” letteralmente “prenderai i vivi” cioè toglierai gli uomini dalla realtà nella quale possono trovare la morte: è quel “liberare i prigionieri” incontrato domenica scorsa nella citazione di Gesù del profeta Isaia. Allora Simone e suoi aiutanti “lasciarono tutto e lo seguirono”. Non c’è nessun invito di Gesù a questo, ma è il porre in evidenza che la Chiesa nasce come risposta alla parola di Dio annunciata da Gesù.
(BiGio)
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