A guardare TV, giornali e web in questi mesi di revanscismo antisemita (+400% di atti antisemiti nei primi mesi del 2024 secondo l’Osservatorio Nazionale sull’Antisemitismo), noto che uno degli argomenti ricorrenti è la presunta compattezza delle comunità ebraiche dietro la politica di Netanyahu.
Parole che stupiscono in quanto rimuovono una dialettica interna, che, fedele al vecchio detto due ebrei tre opinioni, è ben viva oggi sia in Israele che nell’ebraismo diasporico. Tutto, Italia compresa. Poi, è chiaro, ognuno di noi, sempre per rimarcare la stessa vis polemica, si lamenta di essere escluso dall’altra parte, riflesso condizionato che pur rivela un certo modo di intendere la pratica del potere comunitario da parte di alcuni, ma qualcuno se la sentirebbe di affermare che HaKehillà è uguale a Shalom, che, non so, la giunta della Comunità di Firenze è dello stesso indirizzo di Roma o Milano? E Livorno, Casale? Per citare due comunità storiche dell’ebraismo italiano? Se, poi, si guarda al più ampio dibattito intellettuale ebraico, la forbice fra le opinioni si allarga ancora di più ...
L'intera riflessione di Davide Assael è a questo link:
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