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Piccola Rassegna Stampa: una selezione di temi .... (9 segnalazioni)

Questa piccola "Rassegna Stampafatta di indicazioni di articoli (con relativo link) su temi che si ritengono interessanti per le attenzioni spesso sollecitate nella nostra Comunità. Un breve sommarietto ne anticipano il contenuto così si può scegliere quello che eventualmente interessa. In ogni caso anche solo la titolazione e il sommarietto offrono una informazione.


 

Questa edizione è divisa in blocchi ordinati:

·      3 articoli di Chiesa e Spiritualità

     (un altro intervento sulla catechesi di Papa Francesco - Evangelizzare e l’illusione di possedere - Segni di speranza che vanno custoditi)

4 articoli di carattere sociale 

(sui minori: abuso e sorveglianza on-line - Si può esportare la democrazia? - La rotta balcanica - Quel che resta della “Rivoluzione dei Gelsomini”)

·      2 articoli di riflessione sull’Afganistan

(Possibile sia finita così? - Quello che l’Occidente non ha mai compreso)

  

Chiesa e spiritualità

 

di Riccardo Di Segni in la Repubblica del 2 settembre 2021

Il confronto, severo, continua sulla catechesi di Papa Francesco della lettera ai Galati, che ha suscita la reazione del rabbinato di Israele. All'intervento dell'arcivescovo de La Plata apparso sull'Osservatore Romano il 30 agosto risponde il rabbino capo di Roma: "Sarebbe utile usare la lezione del Baal Shem Tov non per fargli dire cose che non ha mai sognato di dire, ma per insegnare il rispetto reciproco, che in questo caso non c'è stato."

 

 

di Fulvio Ferrario in Confronti del settembre 2021

Le Chiese hanno bisogno di evangelo, di parola di Dio. Anzitutto per sé stesse. L'ossessione immediatamente missionaria («come portare la buona notizia ai lontani di questo tempo?») tradisce l'illusione di possedere, o almeno conoscere, ciò che si vorrebbe annunciare. Non è così.

 

 

di Erio Castellucci in Avvenire del 2 settembre 2021

Prefazione al libro del domenicano francese Adrien Candiard: 'La speranza non è ottimismo. Note di fiducia per cristiani disorientati'. Secolarizzazione. Non è finito il cristianesimo; è finita la cristianità. L'annuncio della buona notizia. Don Milani e le due diverse preghiere: «Signore perdonali perché non sono qui con Te» e «Signore perdonaci perché non siamo là con loro».

Società

·       Apple, gli abusi sui minori e l’incubo della sorveglianza globale

Il 5 agosto Apple ha annunciato un cambiamento nelle sue politiche da attuare entro la fine dell’anno (inizialmente negli Usa per poi espandere anche ad altri paesi). L’idea è di combattere in maniera più efficace gli abusi sessuali sui minori, e intende farlo in tre modi1) sui sistemi operativi Apple la app di ricerca e Siri indirizzeranno le ricerche su argomenti relativi all’abuso sessuale su minori a risorse utili per segnalare eventuali abusi o ottenere aiuto; 2) alla app Messaggi verrà aggiunto un “controllo parentale”, che oscurerà le immagini sessualmente esplicite per i minori di 18 anni, e sarà inviato ai genitori un avviso se un minore di 12 anni visualizza o invia immagini di questo tipo; 3) le immagini caricate su iCloud Photos saranno scansionate per verificare la presenza di materiale pedopornografico il quale sarà segnalato ai moderatori Apple che potranno trasmetterlo al NCMEC (National Center for Missing and Exploited Children, organizzazione senza scopo di lucro che lavora a fianco delle forze dell'ordine, che usa il software Microsoft photoDNA). Le modifiche annunciate, secondo le comunicazioni di Apple, sono destinate a proteggere maggiormente i minori da abusi, violenze e sfruttamenti, e Apple sostiene di avere adeguatamente tenuto in considerazione le problematiche di privacy, ma molte voci critiche si sono sollevate contro tali cambiamenti. Al punto che Apple è dovuta tornare più volte a spiegare nei dettagli cosa realmente intende fare, pubblicando ulteriori documenti per fare chiarezza, senza però riuscire a placare del tutto le voci contrarie. Apple alla fine si è appellata alla fiducia dei suoi utenti, ma ci sono troppe problematiche e non possono essere risolte solo con la fiducia.

 

 

di Gaetano Azzariti in il manifesto del 2 settembre 2021

Il tragico epilogo dell'occupazione militare in Afghanistan dovrebbe aver almeno spazzato via il grande inganno: non esistono «guerre umanitarie». Al limite può essere invocato il diritto di resistenza contro il tiranno ovvero contro l'invasore, ma l'uso della forza comporta sempre azioni contro l'umanità. Non si tratta di essere pacifisti, ma solo di essere contrari alla guerra. Lo ha detto Gino Strada, lo ha stabilito la nostra costituzione.

 

·       Dai trafficanti di esseri umani all’impiego di tecnologie avanzate di controllo e sorveglianza: il business della rotta balcanica

Se fin dagli anni ‘70 con “rotta balcanica” si intendeva principalmente la rete di traffico di droga - soprattutto eroina - che si dirama per la penisola balcanica, nel 2015 l’espressione ha infatti assunto un significato inedito. Circa 1,5 milioni di rifugiati e richiedenti asilo, perlopiù in fuga dalla guerra in Siria, si sono messi in marcia attraversando la Turchia, la Grecia e i Balcani occidentali con l’obiettivo di raggiungere l’Europa centro-occidentale. Nel marzo del 2016 la rotta balcanica è stata ufficialmente chiusa, tramite la costruzione di barriere lungo i confini, l’aumento dei controlli frontalieri, affidati sovente all’agenzia UE Frontex, e la velocizzazione dell’analisi delle richieste di asilo. L’erezione di muri nel 2016 ha ampliato il mercato dei trafficanti di esseri umani. All’aumento di insidie, difficoltà e pericoli nello spostarsi per ciascun paese della rotta e, soprattutto, nell’attraversare un confine, corrisponde una maggior disponibilità a pagare del migrante, soggetto vulnerabile con solitamente uno spettro molto limitato di opzioni tra cui scegliere. Dunque, più margine di guadagno per i trafficanti. Che hanno, inoltre, capitalizzato la pandemia da COVID-19. Complessivamente, il “business” della rotta balcanica frutta ai trafficanti tra i 35 e i 50 milioni di euro all’anno. Ma i contrabbandieri di uomini non sono gli unici soggetti che prosperano grazie alla politica di securitarizzazione delle migrazioni con cui gli Stati UE provano ad arroccarsi. Si sta formando un comparto tecnologico-industriale che deve il proprio sviluppo a questa politica.

 

 

·       Dalla rivoluzione dei gelsomini alla crisi costituzionale dopo le proteste del 25 luglio: il presidente Kais Saied decisore ultimo della democrazia tunisina


Il 25 luglio in Tunisia è la festa della Repubblica. In quella stessa giornata, al termine di una lunga giornata di manifestazioni in tutto il paese contro il governo del premier Hichem Mechichi e assalti alle sedi locali del partito di ispirazione islamica Ennahda, il presidente della Repubblica Kais Saied ha deciso di applicare l’articolo 80 della Costituzione determinando di fatto “uno stato di pericolo imminente”. Con questa decisione, Saied ha congelato le attività parlamentari per almeno 30 giorni; ha tolto l’immunità ai deputati e ha sciolto il governo. Nella notte tra il 23 e il 24 agosto, attraverso un comunicato su Facebook il presidente ha esteso i poteri straordinari “fino a nuovo avviso”. D’ora in avanti i poteri esecutivo, legislativo e giudiziario riuniti nella stessa persona non hanno scadenza. Teoricamente privo di poteri reali, bilanciati dal ruolo del parlamento e del governo, con una dubbia lettura costituzionale e il sostegno di gran parte della popolazione, Saied si trova a essere il decisore ultimo della democrazia tunisina. Capire oggi le sue intenzioni è pressoché impossibile. In questo articolo Matteo Garavoglia ricostruisce come siamo arrivati alla situazione attuale.

 

 


Afganistan

 

·       Afghanistan, il buio oltre i riflettori

Possibile che sia finita così? Lo shock del collasso del governo afghano, della fuga del presidente Ashraf Ghani, dell’entrata trionfale dei Taleban nelle città è superato solo dall’inaudita constatazione che la guerra in Afghanistan è finita. Ma è davvero così, o il 15 agosto 2021 non segna piuttosto l’inizio di un nuovo capitolo nella serie di crisi politiche che tormentano il paese da oltre quattro decenni? Riguadagnati a un altissimo costo di vite umane i canonici cinque minuti di notorietà sul palcoscenico globale, l’Afghanistan si avvia di nuovo verso una crisi che rimarrà pietosamente ignota ai più. L’ossessiva attenzione mediatica per il dramma all’aeroporto di Kabul nasconde la cecità del nostro mondo riguardo a tutto quello che succede al di fuori del suo interesse immediato e contingente, dettato dalla presenza dei ‘nostri’ e opportunamente pilotato dalla narrazione americana, che si sforza di identificare nell’evacuazione una missione di ripiego in cui riportare un successo, se non altro emotivo, che ci sciolga da impegni futuri.

·   Afghan papers: per 18 anni l’opinione pubblica americana è stata ingannata da governo ed esercito sulla guerra in Afghanistan [articolo 2019]

 

 

·       Lezioni di Storia / L’Afghanistan che l’Occidente non ha mai compreso

Era il marzo del 2001. A New York le Twin Towers ancora svettavano nel bel mezzo della skyline di Manhattan, ignare che di lì a pochi mesi sarebbero state ridotte a un cumulo di macerie, e una notizia raggiungeva l’Occidente: a Bamiyan, valle a circa 250 km da Kabul, in Afghanistan, i Talebani, il gruppo di studenti coranici fondamentalisti che aveva preso nel 1996 il comando del paese, avevano distrutto due giganteschi Buddha scolpiti nella roccia della vallata, considerandoli pericolose espressioni di idolatria. Questo fatto, che all’epoca suscitò un’ampia eco internazionale, fu un tassello fondamentale per costruire sia in Oriente che in Occidente la “nuova immagine” dell’Afghanistan talebano. I Talebani lo usarono per accreditarsi come rappresentanti dell’Islam più fanatico e intransigente, scavalcando persino il vicino Iran sciita, di cui sono avversari perché sono musulmani sì, ma sunniti. In Occidente invece servì a proporre la narrazione di un Afghanistan primitivo, un paese arretrato, quasi un fossile vivente, che doveva essere aiutato in ogni modo, anche con un intervento militare, a trovare la strada per entrare nella modernità. A tutt’oggi questa è l’immagine che la maggioranza degli Occidentali ha introiettato di questo paese: un posto povero e desolato che sa produrre solo tagliagola fanatici o popolazioni inermi alla loro mercé. Ma l'Afghanistan è stata la vera terra di mezzo. Crocevia di culture, da millenni è al centro di scontri militari e politici ferocissimi in virtù della sua posizione geografica strategica, che lo rende la porta terrestre verso l’Oriente e l’India e viceversa. Non c’è stato un solo periodo nella storia umana in cui questo lembo di terra non sia stato conteso fra i più diversi imperi.

 

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