Uomini che uccidono le donne

Perché ancora si raccontano i femminicidi normalizzando i gesti degli assassini? Perché l’idea che l’esistenza delle donne valga meno di quella dei maschi non è affatto tramontata, e si infila dappertutto. Allora ci sono dei passi seri da fare, ci sono delle responsabilità a cui nessuno può sottrarsi. Chiese e “uomini perbene” inclusi.


Una interessante, articolata e profonda riflessione del Consiglio di Presidenza del Coordinamento Teologhe Italiane sui femminicidio che continuano quasi uno al giorno. 

La parola “femminicidio” – diceva già anni fa Michela Murgia – non indica il sesso della morta; indica il motivo per cui è stata uccisa.

Siamo ancora qui – per fortuna insieme a tante altre – a denunciare il modo in cui questi crimini vengono raccontati sui mass media. I quali sì, lo vedono bene che si tratta di una faccenda tra uomini e donne; ma la normalizzano. Perché lei era “bella e impossibile” o aveva un top nero, lei voleva lasciarlo (poi magari in una riga in mezzo all’articolo si scopre che erano anni che lui la picchiava) e lui soffriva tantissimo, ed è un brav’uomo che salutava sempre (quindi lei l’ha sicuramente esasperato, altrimenti non sarebbe successo) e ha avuto un raptus, e lei non aveva cucinato e usciva troppo, e lui non sopportava che lei avesse un altro… Quindi, per forza che poi succede che la uccide, no? “Per forza” in che senso?

La riflessione prosegue articolandosi nei seguenti punti:

  • La violenza contro le donne riguarda le Chiese
  • Come e a cosa educhiamo?
  • La questione è maschile

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