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Questa 80 Mostra del Cinema, dove ci ha invitato e ci invita a guardare?

Attenzione agli ultimi, ai migranti, a cercare di non lasciare mai indietro nessuno e a fare attenzione al dolore dell’altro con l’invito ad avere la capacità di metterlo al centro della nostra vita, uscendo da ristretto cerchio del nostro ego.



Non da critico ma da appassionato di cinema posso dire che questa edizione della Mostra di Venezia, l’ottantesima, è stata particolare sia per una qualità media dei film più alta delle ultime edizioni sia e soprattutto perché tutti hanno affrontato temi sociali anche scottanti. Personalmente ho visto 62 film, due dei quali sono una serie televisiva francese di 12 episodi di 50 minuti ciascuno e sei cotometraggi.

I premi sono andati a film di proposte d’autore di alta qualità, capaci di cogliere fratture e sfide del nostro presente: dalla condizione della donna (il Leone d’Oro a Povere creature firmato da Yorgos Lanthimos) al rapporto con la natura (il film del giapponese Ryusuke Hamaguchi Il male non esiste). Il tema dei migranti è stato al centro di due film premiati per la qualità del lavoro espressa da Matteo Garrone e Agnieszka Holland sui “cercatori di futuro”. Io capitano riscatta la nutrita ma deludente pattuglia italiana presente, però lo stile del regista scivola nella fiaba e, a mio avviso, per questo non riesce ad emozionare). Molto più coinvolgente ed efficace è Green Border un film potente nella denuncia con il suo cupo bianco/nero del “Game” tra Bielorussia e Polonia, nel quale si intrecciano le vite dei migranti, il lavoro “sporco” svolto dai militari (uno dei quali esprime tutto il disagio della sua doppia vita alla quale è costretto) e il districarsi tra le leggi delle Associazioni che cercano di portare aiuto con grande rischio personale.

 

Ma se si dovesse cercare un filo conduttore dello sguardo dove questa Mostra invita a guardare, non è solo l’attenzione agli “ultimi”, ai migranti, sul dovere di offrire aiuto (anche Comandante si inserisce su questo filone), nell’invito a cercare di non lasciare mai indietro nessuno, è piuttosto sul fare attenzione al dolore dell’altro con l’invito ad avere la capacità di metterlo al centro della nostra vita, uscendo da ristretto cerchio del nostro ego.

Ecco allora Memory nel quale due feriti dalla loro esistenza, si sostengono con tenerezza fronteggiando una precoce demenza per la quale Peter Sarsgaard (Coppa Volpi maschile) interpreta uno struggente ruolo di un uomo fragile e ferito, che trova un sussulto di serenità grazie alla storia d’amore con Sylvia. La famiglia si fa invece protagonista in Bastarden, un affresco storico che fotografa il bisogno di condivisione, di costruire legami familiari per dare senso alla propria esistenza. Lo rivela anche la sofferta e complessa storia d’amore tra Felicia e Leonard Bernstein in Maestro, insieme nonostante i deragliamenti e tiri mancini della vita.

 

Nella brillante e grottesca favola dark che ha vinto stra meritevolmente il Leone d’Oro, la protagonista Emma Stone fa una performance incredibile che ha subito affascinato. Nella sua interpretazione di Bella un passaggio importante, a mio avviso, è quello nel quale lei, che ha sempre vissuto in una realtà protetta, scopre che ci sono persone che vivono in una povertà estrema. Tra i pianti dona tutto quello che ha fino a rendersi lei stessa povera e “costretta” a sperimentare anche la prostituzione per poter sopravvivere. Certo, tutto in modo onirico compresi i paesaggi e le città, con quell’ingenuità che pervade tutto il film di una donna alla scoperta del mondo senza inibizioni e convenzioni sociali a lei totalmente estranee.

 

Anche in Dogman, che ha visto una performance stupefacente di Caleb Landry Jones, in lizza fino in fondo per la Coppa Volpi, interpreta un personaggio che da bambino ha subito molti abusi e maltrattamenti dal padre, tanto da convincersi che gli unici capaci di amore e fedeltà sono i cani e di questi si circonda. In una delle scene finali la psichiatra, che sta cercando di comprenderlo una volta che lui è finito in carcere, gli pone la domanda sul perché si sia confidato con lei e la sua risposta è stata “perché ho percepito che anche in te c’è dolore”. Quasi che questo sia la caratteristica che può unire gli esseri umani. Un film carico di simbolismo religioso, dalle sfumature cristologiche. Un film denso e importante.

Pure in La Bête (un film sul quale la critica si è divisa) in più parti compare la paura di poter soffrire in un rapporto con l’altro e, per questo vi sfugge continuamente. In una delle sequenze finali una veggente on-line dice all’interprete che non può dirgli nulla di più perchè lei è troppo chiusa nel suo io e per questo incapace di guardare a quanto accade attorno a lei. Quando alla fine i due personaggi potrebbero finalmente coronare il loro sogno d’amore, lei esplode in un grido disperato.

 

Mi ha lasciato sorpreso la Coppa Volpi femminile all’interprete di Priscilla mentre, a mio avviso, l’interpretazione maiuscola, raffinata, di Carey Mulligan, coprotagonista di “Maestro” avrebbe maggiormente meritato il premio.

 

Zobieta Z… (Woman off..) un film di forte problematicità ed intensità, affronta invece il tema di un uomo sposato (con un figlio) nel quale riemerge la sua natura di donna repressa fin dall’infanzia. Il cammino di conversione e riconoscimento della sua vera identità è complicato e reso improbo anche dalle leggi polacche. 

Il film non segue solo la traiettoria del protagonista nel suo faticoso percorso, ma allarga il campo anche ai suoi famigliari: in testa la moglie, che sulle prime si dimostra indignata e ferita, poi capace di perdonare ed essere solidale nella battaglia del marito tanto da giungere a promettergli che, quando sarà tutto finito, gli proporrà una scampagnata tra sole ragazze.

L’opera, non completamente ben riuscita, insiste sul senso d’amore e solidarietà che non deve mancare tanto in famiglia quanto nella società. Va però colto lo sforzo di costruire un film che favorisca dialogo e comprensione. 

 

El conde di Pablo Larrain ha vinto il premio per la miglior sceneggiatura, io direi che l’idea rileggere il trauma della dittatura di Pinochet tratteggiandolo come un vampiro insaziabile, era certamente buona ed alcune invenzioni, come quella di fare un frullato al gin con i cuori degli uccisi per assumerlo e così ringiovanire. Una storia dark, gotica e sarcastica girato in uno splendido bianco/nero (molti film hanno visto questa soluzione per esprimersi al meglio). Un film politico che mette sotto accusa non solo il dittatore cileno, ma anche altre figure dello stesso periodo (per esempio Margareth Thatcher) ma anche la Chiesa. L’originalità però finisce per perdersi in più di un rivolo che alla fine il film non decolla.


Tra gli altri film possono essere segnalati per l'attenzione che mettono su temi sociali Tatami sulle condizioni di pressione illiberale anche nel mondo dello sport che viene vissuta in Iran dalle donne (siamo nelle vicinanza dell'anniversario della morte di Mahsa Amini) e Yurt (Dormitory) sul tema di giovani che vivono compressi tra una Turchia laica e quella di Erdogan. Anche Holly, un film non riuscitissimo ma capace di far riflettere sulla capacità di suggestionare una giovane (bullizzata a scuola) che si autoconvince di avere poteri soprannaturali quando la sua unica capacità, che è un dono raro, è quella di saper ascoltare gli altri e farsi confidente delle loro difficoltà o problemi.


Chiudo citando altri due film che vale la pena di essere visti: Ferrari e lo splendido ironico affascinante giallo fuori concorso Hit man.

(Gianni Bacci)

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