Un decennio fa il leader cinese Xi lanciava la sua iniziativa-faro che oggi sembra aver perso smalto. Inoltre, presto potrebbe dover fare a meno dell’Italia, primo e unico Paese del G7 ad avervi aderito con il governo Conte. Per il futuro, occhio alla parte “green”
Dieci anni fa, nel corso di una visita in Kazakistan, il leader cinese Xi Jinping lanciava la sua iniziativa-faro: l’infrastruttura geopolitica denominata “Belt and Road Initiative”. “Promuovere l’amicizia tra le persone e creare un futuro migliore” era il titolo del suo discorso tenuto alla Nazarbayev University di Astana. Cinque anni e mezzo più tardi l’Italia sarebbe diventata il primo e unico Paese del G7 ad aderire al progetto per collegare la Cina al Medio Oriente e all’Europa.
Oggi l’iniziativa, in Italia più nota come Via della Seta, compie dieci anni. Il governo Meloni sembra deciso a non rinnovare il memorandum d’intesa siglato dal governo Conte I. Anche alla luce della ricorrenza e della rilevanza dell’Italia, l’uscita sta avvenendo in modo silenzioso. Nella recente missione in Cina di Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri italiano, entrambe le parti hanno voluto evidenziare che il partenariato strategico che unisce i due Paesi dal 2004 è più forte del memorandum.
Ma a che punto è la Via della Seta? Jacob Mardell, esperto di Cina già al centro studi tedesco Merics e oggi coordinatore editoriale di n-ost, ha analizzato la situazione in cinque punti.
L'analisi di Gabriele Carrer e Emanuele Rossi continua a questo link:
https://formiche.net/2023/09/dieci-anni-via-della-seta-mardell/
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