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Domenica XXIII PA - Mt 18,15-20

Va’ e ammoniscilo”.  Attenzione però perché si è propensi a concentrarsi sul secondo verbo (ammoniscilo) mentre l’attenzione va posta sul primo che è un imperativo e letteralmente significa “andare sotto”, cioè mettersi al suo servizio.

 


La Liturgia in queste domeniche ci ha accompagnato nel cammino fatto dai discepoli nel percorso di comprensione di chi fosse Gesù fra alterne vicende, alternando intuizioni ad altri dove sopravveniva il pensiero legato alle diverse attese messianiche presenti nelle spiritualità e teologie dell’epoca.

Tipico il confronto con elementi di durezza tra Pietro e Gesù di domenica scorsa dove il primo, in modo riservato, ha cercato di convincere il secondo che la prospettiva annunciata della sua passione-morte-risurrezione era opera del divisore. Gesù aveva risposto rigettando su di Pietro l’essere un satana, un oppositore alla sua missione e invitandolo a seguirlo non a cercare di insegnarli cosa fare secondo le logiche del mondo. Poi ripeteva ai discepoli le sue scelte di vita invitandoli a scegliere se continua a mettere al centro i loro progetti o il bisogno degli altri, mettendo in conto che questo avrebbe potuto metterli in difficoltà e farli soffrire; questo significa il “seguirlo”. 

 

Oggi la Liturgia ci conduce a riflettere sul fatto che le relazioni stanno alla base della realtà umana e, queste, portano a confronti che a volte conducono a discussioni, contrasti, incomprensioni. Capita ovviamente e ne abbiamo tutti esperienza anche all’interno delle Comunità cristiane. A volte si  può giungere a constatare che qualcuno sta facendo scelte che possono portare lontano da quella sequela nella quale si desidera vivere. Si può essere in buona fede ma, deviando, può capitare di trovarsi su sentieri che conducono lontano dalla volontà del Signore. Siamo tutti coscienti che l’albero buono si vede dai frutti che porterà (Mt 7,15-20) e che non si ha alcuna certezza immediata su dove porteranno le scelte fatte. Per questo, per aiutare nel discernimento, nelle Comunità ci sono tre livelli: quello personale, quello comunitario e quello di chi preside; tutti e tre sottostanno alla fedeltà all’Evangelo ma, a volte, nemmeno questo non basta a compiere le scelte corrette o a correggere quelle sbagliate; allora che cosa fare? come comportarsi?

Gesù essendo pienamente uomo parla il nostro linguaggio ma non si perde in lunghi discorsi di fronte a possibilità di screzi, difficoltà relazionali, individuazioni di percorsi non consoni di qualcuno e invita ad un atteggiamento: “Va’ e ammoniscilo”.  Attenzione però perché si è propensi a concentrarsi sul secondo verbo (ammoniscilo) mentre l’attenzione va posta sul primo che è un imperativo e letteralmente significa “andare sotto”, cioè mettersi al suo servizio. Quindi non con il cipiglio del maestro che dall’alto indica la strada corretta, ma di chi con dolcezza suggerisce di farne un tratto assieme e convincere, cioè “vincere assieme”. Quello che deve guidare è il desiderio di aiutare l’altro, non di schiacciarlo e condannarlo (a volte a priori). È questo l’”ammonimento” evangelico come S. Paolo scrive (2Tim 3,16), la Parola va proposta per convincere non per imporre qualcosa. 

Anche quando è l’altro a commettere una colpa contro di te, devi essere tu ad andare verso di lui, a fare il primo passo come Dio l’ha fatto e continua a farlo nei tuoi confronti venendoti a cercare quando sei smarrito.

Questo movimento dell'amore Gesù lo ha già ricordato in un altro grande discorso quello della montagna: «Se dunque tu presenti la tua offerta all'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va' prima a riconciliarti con tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono» (Mt 5, 23s.). Se non si vive la comunione con colui che in ogni caso rimane tuo fratello, come si può pensare che la si sta vivendo con Dio?

A volte può non essere sufficiente il rapporto personale ed allora vengono suggeriti altri due passaggi, andare con le medesime intenzioni ed attenzioni con altri amici comuni e poi far prendere la parola anche alla Comunità. Se ogni tentativo fallisce? In ogni caso qualcosa di positivo c’è: il tuo cammino fatto prima da solo, poi con alcuni ed infine con la Comunità. Nei confronti di colui che non ravvede la propria posizione non rimane altro che un atteggiamento forte, dirompente schioccante: fargli capire che in questo modo si pone fuori della comunione. Questo non significa interrompere ogni rapporto, non significa che questa persona a causa del dissidio vada esclusa dall’amore della comunità e neanche dall’amore di colui che è stato eventualmente offeso, ma significa che questo amore sarà senso unico come quello verso i nemici. Quindi non significa escludere questa persona dall’amore ma di amarlo in perdita, a senso unico.

La “scomunica” deve mirare in ogni caso al ravvedimento, a reintegrare, non all’esclusione permanente. Infatti cosa faceva Gesù coi pubblicani e i peccatori? Erano quelli di cui lui si prendeva più cura, perché erano i più bisognosi del suo amore e del suo affetto stando loro vicino.

 

Una promessa e una raccomandazione chiudono il brano evangelico di oggi.

La promessa è “ciò che legherete sulla terra, sarà legato anche in cielo, ciò che scioglierete sulla terra, sarà sciolto anche in cielo” Abbiamo già sentita rivolta Pietro e adesso è estesa a tutta la comunità. Legare e sciogliere significa saper discernere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, ciò che è vita e ciò che è morte.

Poi viene la raccomandazione: ”Se due di voi, uniranno la loro voce sulla terra, per chiedere qualunque cosa, sarà loro concessa dal Padre mio che è nei cieli, infatti, dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro. Due o tre è il minimo per fare una comunità. 

Ci sono due le forme di preghiera, quella personale e quella comunitaria, hanno funzioni diverse ed è necessario non fare della preghiera comunitaria una preghiera personale o pensare sia sufficiente la prima…

(BiGio)

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