Dove ci porta la paura? Cosa dobbiamo fare nelle difficoltà?

Papa Francesco a Cracovia (2016) nel suo discorso ha parlato della paura ...


"I discepoli, hanno vissuto momenti difficili, hanno passato momenti in cui sono stati pieni di paura, in cui sembrava che tutto crollasse. La paura e l’angoscia che nascono dal sapere che uscendo di casa uno può non rivedere più i suoi cari, la paura di non sentirsi apprezzato e amato, la paura di non avere altre opportunità. Hanno sperimentato la paura che porta in un unico posto. Dove ci porta, la paura? Alla chiusura. E quando la paura si rintana nella chiusura, va sempre in compagnia di sua “sorella gemella”, la paralisi; sentirci paralizzati. Sentire che in questo mondo, nelle nostre città, nelle nostre comunità, non c’è più spazio per crescere, per sognare, per creare, per guardare orizzonti, in definitiva per vivere, è uno dei mali peggiori che ci possono capitare nella vita, e specialmente nella giovinezza. La paralisi ci fa perdere il gusto di godere dell’incontro, dell’amicizia, il gusto di sognare insieme, di camminare con gli altri. Ci allontana dagli altri, ci impedisce di stringere la mano, tutti chiusi in piccole stanzette di vetro - e ha aggiunto - Dio viene ad aprire tutto ciò che ci chiude. Ci invita a sognare, vuole farci vedere che il mondo con noi, con te può essere diverso"

Papa Francesco, discorso alla veglia di preghiera con i giovani a Cracovia, 30 luglio 2016.

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Chi di noi non ha mai avuto paura e non ha chiesto aiuto? Le occasioni possono essere state le più diverse e l’esigenza di affidarsi a qualcuno viene spontanea….

Anche la pandemia, che stiamo vivendo da un anno e mezzo, ci ha fatto percepire l’essere immersi in una tempesta con amici, conoscenti, famigliari colpiti e purtroppo a volte morti. L’insicurezza e la diffidenza nell’altro si è impadronita di noi e, come ha detto anche il Papa nello spezzone del discorso sopra riportato, ci ha fatto ripiegare, rinchiuderci in noi stessi, a guardare speranzosi fuori di noi, nella scienza e in chi ci guidava nella situazione di emergenza…. quanti poi si sono trovati a chiedere aiuto perché in difficoltà economiche, senza più lavoro o con una cassa integrazione insufficiente alle esigenze familiari …

Anche le morti “bianche” che continuiamo a contare con la ripresa dell’economia e del lavoro, assieme ai femminicidi ci lasciano sgomenti e ci guardiamo attorno cercando di capire come fermare questi eventi, da cosa dipendano, da chi debba intervenire per salvare queste vite…

Il brano della tempesta sedata certamente ci porta anche al ricordare tante barche in difficoltà mentre cercano di raggiungere la nostra riva del Mediterraneo, a tanti che affondano con quelle carrette malconce, sovraffollate, che partono già sapendo di non avere carburante a sufficienza e lasciate a sé stesse, al loro destino. Anche loro sperano nell’aiuto di qualcuno che li aiuti a raggiungere la possibilità non garantita di un futuro forse migliore. Forse perché, per esempio, le condizioni della raccolta dei pomodori assomiglia più allo schiavismo che a un lavoro….

 

Tutte situazioni che ci fanno chiedere l’intervento di un aiuto, di un “salvatore”… dimenticando però una cosa: l’evento Gesù Cristo incarnato-morto-risorto e, soprattutto, l’Ascensione e la Pentecoste appena celebrate, seguite dalle feste della Trinità e del Corpus Domini, che ci hanno riassunto il cammino che la liturgia ci ha condotto a fare passo a passo alla sequela del Signore, ricordandoci che siamo stati inviati ed abilitati a continuare la sua missione.

Gesù lungo la sua vita ha posto dei “segni” come l'evangelista Giovanni li chiama, ma il termine greco può essere tradotto anche con “cenni” o “segnali” e viene usato anche per “seme”. Vale a dire che i miracoli di Gesù sono stati dei “semi” posti nella vita dell’uomo e che ora sta a noi continuare a far in modo che germinino e portino frutto anche se non sappiamo come, ci veniva detto domenica scorsa.

Quelli che Gesù ha posto sono state delle “spie” del Regno che si sta avvicinando. I miracoli non sono la soluzione dei problemi immediati del suo tempo e di ogni tempo, ma sono una iniezione di speranza che cerca di attivare in noi la sua stessa logica, il suo impegnarsi per gli altri. Oggi siamo noi chiamati nelle situazioni di difficoltà a porre semi, cioè azioni di speranza. Per questo siamo stati immersi nel Battesimo nella sua vita, per questo siamo stati confermati nello Spirito, per questo siamo stati da lui inviati quando è stato assunto in cielo. 

 

Ecco perché, come indicato nel post di analisi della pericope dell’Evangelo di oggi, quando ci chiediamo nelle situazioni di difficoltà: “Dio, dove sei?” è una domanda “atea”, mentre la risposta corretta alla paura nelle tempeste, è quella di continuare a porci nel medesimo modo nel quale si è posto Gesù: a favore di chi è in difficoltà, offrendogli gli strumenti per poterne venir fuori. Il continuare a chiederci “Chi è costui?” vuol dirci proprio questo: “Cosa avrebbe fatto lui? Cosa dobbiamo fare noi?

(BiGio)



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